Buongiorno,
scrivere con vernice alcune parole su un edificio pubblico concretizza il reato previsto dall'articolo 639 C.P.
http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-xiii/capo-i/art639.html
oppure no, considerato che
https://www.laleggepertutti.it/108871_danneggiare-i-beni-di-unaltra-persona-non-e-piu-reato
Rientrano nel danneggiamento semplice, e quindi non costituiscono più reato, i danni arrecati a:
– cose/arredi contenuti in edifici: per esempio l’imbrattamento di muri di un’abitazione o di un palazzo, la forzature porte, la rottura vetri (sul punto però c’è giurisprudenza che assimila tali beni a quelli esposti alla pubblica fede, quindi puniti come danneggiamento aggravato
Grazie
La questione dell'abrogazione dell'art. 639 è ben descritta in questa ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale
N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2017
Ordinanza del 1° febbraio 2017 del Tribunale di Aosta nel
procedimento penale a carico di Daldossi Andrea e Comuniac Alice.
Reati e pene - Deturpamento e imbrattamento di cose altrui -
Deturpamento e imbrattamento di cose mobili altrui, fuori dei casi
di cui all'art. 635 cod. pen. - Trattamento sanzionatorio.
- Codice penale, art. 639, primo comma.
(GU n.24 del 14-6-2017 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI AOSTA
Il giudice, dott. Marco Tornatore,
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 24 gennaio
2017, ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, di rimessione alla Corte
costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 639, comma 1, del
codice penale nella parte in cui, sotto la rubrica «Deturpamento e
imbrattamento di cose altrui» prevede che «Chiunque, fuori dei casi
preveduti dall'art. 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui e'
punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro
103», anziche' la sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro
ottomila, prevista dall'art. 4, comma 1 del decreto legislativo n.
7/2016 nei confronti di colui che «distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
altrui, al di fuori dei casi di cui agli articoli 635, 635-bis,
635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale».
Ritenuto in fatto
La questione di legittimita' costituzionale e' rilevata d'ufficio
nel giudizio di appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di
Pace di Aosta in data 29 aprile 2016, n. 108, nel procedimento a
carico di Daldossi Andrea, nato a Seriate (BG) il 28 settembre 1981,
residente in Torre Bordone (BG), via L. Da Vinci n. 3, e Comuniac
Alice, nata a Novara il 9 maggio 1977, residente in Galliate (NO),
v.le Beato Quagliotti n. 49, difesi entrambi dall'avv. Maria Giovanna
Fadda del foro di Novara, imputati «del reato di cui agli artt. 110,
81, 594, 639 c.p., perche' in concorso tra loro, imbrattavano
l'autovettura di Amato Giorgio e ne offendevano l'onore ed il decoro
con atti di carattere dispregiativo, quali sputi e imbrattamenti
della sua autovettura. In particolare, gli imputati sputavano
ripetutamente sul parabrezza dell'auto lasciando evidenti segni di
saliva lungo il vetro, appendevano al tergicristallo del lunotto
posteriore un assorbente igienico usato e imbrattavano di sostanza
rossa, presumibilmente sangue, le maniglie delle portiere anteriori e
il vetro della portiera anteriore destra. Fatti commessi in Sarre il
27 settembre 2009». Nel procedimento e' parte civile costituita Amato
Giorgio, nato ad Aosta il 20 gennaio 1966, ivi residente in via delle
Regioni n. 3, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Benini del foro
di Ravenna.
Con la sentenza n. 108/16, emessa il 29 aprile 2016 e depositata
il successivo 13 maggio 2016, il Giudice di Pace di Aosta assolveva i
due imputati dal reato di cui all'art. 594 c.p. perche' il fatto non
era piu' previsto dalla legge come reato, per sopravvenuta
depenalizzazione a seguito dell'entrata in vigore del decreto
legislativo n. 7/2016, e li condannava alla pena di euro 103 di multa
ciascuno in relazione al concorrente reato di cui all'art. 639, comma
1 c.p., oltre al pagamento in favore della costituita parte civile di
una provvisionale liquidata in euro 1.500.
Daldossi Andrea e Comuniac Alice proponevano appello avverso la
sentenza di primo grado, articolando tre motivi concernenti:
1. l'errore del primo giudice nell'avere pronunciato condanna
per un delitto procedibile a querela, pur in assenza della querela
proposta dalla persona offesa nei confronti degli imputati;
2. l'erronea valutazione delle prove acquisite nel corso del
giudizio di primo grado, che avrebbe condotto all'ingiusta condanna
dei due appellanti;
3. l'eccessivita' del danno liquidato a titolo di
provvisionale, in rapporto alla reale entita' degli imbrattamenti
dell'autovettura.
Dopo la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado,
nella Gazzetta Ufficiale del 22 giugno 2016, n. 25, della 1ª Serie
speciale, veniva pubblicata l'ordinanza del 26 aprile 2016 emessa dal
Tribunale di Milano (R. Ord. n. 120), con la quale il giudice
remittente sollevava in riferimento all'art. 3 della Costituzione la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 639, comma 2 c.p.
nella parte in cui prevede che se il fatto e' commesso su beni
immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica,
anche quando non vi e' stata violenza alla persona o minaccia ovvero
quando il fatto non e' stato commesso in occasione di manifestazioni
che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto
previsto dall'art. 331 c.p., la pena della reclusione da uno a sei
mesi o della multa da 300 a 1.000 euro anziche' la sanzione
pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila.
All'udienza del 24 gennaio 2017, il Giudice monocratico del
Tribunale di Aosta, in funzione di giudice di appello, rilevata la
pendenza della citata questione di costituzionalita', si riservava di
sollevare d'ufficio autonoma questione di costituzionalita' dell'art.
639, comma 1 c.p.
Considerato in diritto
1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel
giudizio penale.
E' rilevante la questione della legittimita' costituzionale
dell'art. 639, comma 1 c.p. nel giudizio penale in corso, in quanto,
ove la disposizione citata non venisse dichiarata incostituzionale
per le ragioni che verranno esposte tra breve, il giudice di appello
potrebbe essere tenuto a confermare la sentenza di primo grado,
proprio in relazione al reato della cui costituzionalita' il medesimo
giudice di appello dubita, con conseguente affermazione della
responsabilita' penale e civile degli imputati.
La questione non puo' essere risolta in via interpretativa
pronunciando una sentenza di assoluzione perche' il fatto non e' piu'
previsto dalla legge come reato.
Infatti, in assenza di una disposizione che sancisca
l'abrogazione espressa dell'art. 639 c.p., non e' consentito
pervenire ugualmente all'abrogazione di tale norma argomentando sulla
base delle novita' legislative che hanno inciso sull'art. 635 c.p.
Neppure ricorrono i presupposti (incompatibilita' tra le nuove
disposizioni e le precedenti o introduzione di una nuova legge che
regoli l'intera materia gia' disciplinata dalla legge anteriore) per
affermare che vi sia stata la tacita abrogazione dell'art. 639 c.p.,
quanto meno in relazione al comma 1.
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale.
Va premesso che la presente questione di costituzionalita' segue
un percorso argomentativo analogo a quello proposto nella gia' citata
ordinanza emessa dal Tribunale di Milano in data 26 aprile 2016. I
medesimi profili d'incostituzionalita' prospettati dal primo giudice
remittente in relazione al reato di cui all'art. 639, comma 2 c.p.
valgono, per le ragioni che verranno esposte tra breve, anche in
rapporto alle previsioni dell'art. 639, comma 1 c.p., non rilevanti
nel giudizio in corso dinanzi al Tribunale di Milano.
Tanto doverosamente premesso, si osserva che nel testo del codice
penale in vigore in epoca antecedente alle modifiche introdotte dal
decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, la tutela penale della
proprieta', sotto il particolare aspetto della tutela dell'integrita'
della cosa nella sua sostanza o nella sua utilizzabilita' rispetto
alle aggressioni provenienti da terzi, trovava sede negli articoli
635 («danneggiamento») e 639 («deturpamento e imbrattamento di cose
altrui») c.p.
Il quadro normativo originario affidava interamente allo
strumento penale la repressione delle condotte direttamente
aggressive del patrimonio ed era articolato nelle due fattispecie
principali sopra indicate, poste in rapporto di sussidiarieta' tra
loro, ed era arricchito da un nutrito corredo di circostanze
aggravanti che scandivano in senso ascendente la progressiva risposta
sanzionatoria dell'ordinamento in presenza di aggressioni reputate
dal legislatore di maggiore gravita'.
Il sistema poteva essere cosi' riassunto:
1. chi, senza esercitare violenza alla persona o minaccia,
danneggiava cose mobili o immobili altrui era punito con la
reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro (art. 635,
comma 1);
2. chi, esercitando violenza o minaccia alla persona o in
presenza delle ulteriori circostanze aggravanti previste dall'art.
635, comma 2 c.p., danneggiava cose mobili o immobili altrui era
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (art. 635, comma 2);
3. chi, fuori dai casi previsti dall'art. 635, deturpava o
imbrattava cose mobili altrui era punito con la multa fino a 103 euro
(art. 639, comma 1);
4. chi, fuori dai casi previsti dall' art. 635, deturpava o
imbrattava beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati era
punito con la reclusione da uno a sei mesi o con la multa da 300 a
1.000 euro (art. 639, comma 2).
L'art. 2, n. 1, lettera l), del decreto legislativo 15 gennaio
2016, n. 7 («disposizioni in materia di abrogazione di reati e
introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma
dell'art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67») ha
circoscritto la rilevanza penale della condotta di chi distrugge,
disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose
mobili o immobili altrui ai soli casi in cui tali azioni siano
alternativamente compiute:
1. con violenza alla persona o minaccia ovvero in occasione
di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico o del delitto previsto dall'art. 331 (nuovo art. 635, comma
1);
2. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o
all'esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico
ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri
storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di
ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o
risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7)
dell'art. 625 (nuovo art. 635, comma 2, n. 1);
3. sulle opere destinate all'irrigazione (nuovo art. 635,
comma 2, n. 2);
4. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o
boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al
rimboschimento (nuovo art. 635, comma 2, n. 3);
5. sulle attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire
o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive (nuovo art.
635, comma 2, n. 4).
Nei casi non ricadenti nelle previsioni sopra citate,
corrispondenti al previgente art. 635, comma 1 c.p., gli articoli 3 e
4, n. 1, lettera c), del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7,
stabiliscono ora che «soggiace alla sanzione pecuniaria civile da
euro cento a euro ottomila chi, distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
fuori dai casi previsti dall'art. 635 del Codice penale»:
L'art. 639, comma 1 c.p. e' invece rimasto invariato. Esso
infatti continua a prevedere che e' punito in sede penale colui che
deturpa o imbratta una cosa mobile altrui, sebbene chi la distrugga o
la disperda o la renda inservibile risponda esclusivamente in sede
civile.
Piu' in particolare, il quadro normativo vigente puo' essere
cosi' riassunto:
1. chi, senza esercitare violenza alla persona o minaccia e
se il fatto non e' commesso in occasione di manifestazioni che si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto
previsto dall'art. 331, danneggia cose mobili o immobili altrui
soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro
ottomila (articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.
7);
2. chi, esercitando violenza o minaccia alla persona ovvero
in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico o del delitto previsto dall'art. 331, danneggia
cose mobili o immobili altrui e' punito con la reclusione da sei mesi
a tre anni (art. 635, comma 1 c.p.);
3. chi, fuori dai casi previsti dall'art. 635, deturpa o
imbratta cose mobili altrui e' punito con la multa fino a 103 euro
(art. 639, comma 1 c.p.);
4. chi, fuori dai casi previsti dall'art. 635, deturpa o
imbratta beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati, e'
punito con la reclusione da uno a sei mesi o con la multa da 300 a
1.000 euro (art. 639, comma 2 c.p.).
Per quanto riguarda la distinzione tra i reati previsti dagli
articoli 635 e 639 c.p., la giurisprudenza di legittimita' ha
chiarito che «il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 c.p. si
distingue da quello di deturpamento o imbrattamento previsto
dall'art. 639 c.p., in quanto il primo produce una modificazione
della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o
ne impedisce anche parzialmente l'uso, dando cosi' luogo alla
necessita' di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della
funzionalita' della cosa stessa mentre il secondo produce solo
un'alterazione temporanea e superficiale della res aliena, il cui
aspetto originario, quale che sia la spesa da affrontare, e' comunque
facilmente reintegrabile» (Cass., sez. V, sentenza n. 38574 del 21
maggio 2014.
Tale orientamento trova espressa conferma nella clausola di
riserva presente nell'art. 639 c.p. («fuori dai casi preveduti
dall'art. 635»), da cui si ricava, che il reato di «deturpamento e
imbrattamento di cose altrui» e' sussidiario del rispetto a quello di
«danneggiamento».
Come noto, il principio di sussidiarieta' si fonda su un rapporto
gerarchico fra norme che tutelano il medesimo bene giuridico da
aggressioni in rapporto di progressione.
Una norma e' quindi sussidiaria rispetto ad un'altra, considerata
norma principale, quando quest'ultima punisce un grado di offesa piu'
elevato allo stesso bene protetto dalla prima. Tenuto conto di tali
premesse, e' agevole constatare che gli articoli 639 e 635 c.p.,
sanzionano aggressioni di intensita' crescente al diritto
all'integrita' della cosa nella sua sostanza e nella sua
utilizzabilita'.
L'art. 635, infatti, e' la norma principale, atteso che reprime
condotte che incidono sulla cosa altrui diminuendone in modo
apprezzabile il valore o impedendone l'uso, mentre l'art. 639 e' la
norma sussidiaria in quanto preserva il medesimo bene giuridico da
offese di minore intensita', quali l'alterazione temporanea o
superficiale della res il cui aspetto originario e' comunque
facilmente reintegrabile.
A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 15
gennaio 2016, n. 7, la norma che punisce offese al patrimonio di
minore intensita' (vale a dire l'art. 639, comma 1 c.p.) costituisce
tuttora reato, mentre la norma che reprime offese al patrimonio di
maggiore intensita' (vale a dire gli articoli 3 e 4, n. 1 lettera c),
del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7) costituisce un
illecito civile punito con sanzioni di carattere pecuniario.
In definitiva, a seguito del citato intervento normativo, una
norma sanziona in modo meno grave condotte maggiormente offensive,
mentre l'altra, in modo del tutto irragionevole, sanziona piu'
gravemente condotte meno offensive del medesimo bene giuridico
tutelato dall'ordinamento giuridico.
Il contrasto di tale quadro normativo con l'art. 3 della
Costituzione sorge allorche' si consideri il principio consolidato
della giurisprudenza costituzionale secondo il quale la
discrezionalita' di cui gode il legislatore nel delineare il sistema
sanzionatorio trova il limite della manifesta irragionevolezza e
dell'arbitrio, come avviene nel caso di sperequazioni tra fattispecie
omogenee non sorrette da alcuna ragionevole giustificazione (sentenze
della Corte costituzionale n. 81 del 2014, n. 68 del 2012, n. 161 del
2009, n. 324 del 2008).
E' dunque certamente irragionevole ed arbitraria la decisione di
sanzionare piu' severamente le condotte che cagionano un'offesa meno
grave (deturpare e imbrattare) rispetto a quelle che pregiudicano il
medesimo bene giuridico provocando un nocumento maggiormente
significativo (distruggere, disperdere, deteriorare, rendere, in
tutto o in parte, inservibile).
Alla luce di tali considerazioni, non e' manifestamente
infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 639, comma 1, del codice
penale nella parte in cui, sotto la rubrica «Deturpamento e
imbrattamento di cose altrui» prevede che «Chiunque, fuori dei casi
preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui e'
punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro
103», anziche' la sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro
ottomila, prevista dall'art. 4, comma 1 del decreto legislativo n.
7/2016 nei confronti di colui che «distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
altrui, al di fuori dei casi di cui agli articoli 635, 635-bis,
635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale».
P.Q.M.
visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
dichiara rilevante nel giudizio penale in corso e non
manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
639, comma 1 c.p., nella parte in cui, sotto la rubrica «Deturpamento
e imbrattamento di cose altrui» prevede che «Chiunque, fuori dei casi
preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui e'
punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro
103», anziche' la sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro
ottomila, prevista dall'art. 4, comma l del decreto legislativo n.
7/2016 nei confronti di colui che «distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
altrui, al di fuori dei casi di cui agli articoli 635, 635-bis,
635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale»;
dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
sospende il giudizio in corso e revoca l'udienza gia' fissata del
21 marzo 2017, riservandosi di fissare altra udienza al termine del
giudizio di costituzionalita';
ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
trasmessa alla Corte costituzionale; sia notificata alle parti in
causa e al Pubblico Ministero, nonche' al Presidente del Consiglio
dei ministri, e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del
Parlamento.
Aosta, 1° febbraio 2017
Il Giudice: Tornatore