Compatibilità paesaggistica e parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza
Regione Lombardia, D.G. Sistemi Verdi e Paesaggio, Coordinamento Giuridico e Amministrativo, parere 16.03.2012
QUESITO
L'art. 167, comma 5, del D.Lgs. 42/2004, prevede la facoltà per il proprietario, possessore o detentore a
qualsiasi titolo di un immobile o di un'area interessati dagli interventi realizzati in assenza o difformità
dall'autorizzazione paesaggistica (meglio indicati al comma 4 del medesimo articolo), di presentare
apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della
compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si deve pronunciare sulla
domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza
da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.
Ordunque, il problema che spesso molti enti si trovano ad affrontare, è l'assenza del parere vincolante
rilasciato da parte della soprintendenza all'autorità preposta alla gestione del vincolo. Tale autorità,
pertanto, oltre ad essere obbligata alla richiesta del parere, dovrebbe anche non dicostarsene. Pertanto, ai
fini dell'emanazione del provvedimento finale di accertamento della compatibilità paesaggistica, si ritiene
di assoluta necessità la presenza di tale parere, pena l'impossibilità ad emanare il provvedimento.
Orbene, molti enti, spirati i novanta giorni previsti dal comma 5, e comunque pur attendendo invano il
parere entro il centottantesimo giorno, provvedono ad emanare il provvedimento di compatibilità,
appellandosi erroneamente al silenzio della soprintendenza da intendersi quale assenso, in ossequio all'art.
20, comma 1, della L. 241/1990, dimenticando però (più o meno consapevolmente) il comma 4 del
medesimo articolo, che espressamente dispone la non applicabilità della disciplina del silenzio-assenso agli
atti e procedimenti riguardanti - tra gli altri - il patrimonio paesaggistico.
Un'altra soluzione che potrebbe essere adottata riguarderebbe la diffida al rilascio del parere nei confronti
della soprintendenza, restando sempre aperta però la questione relativa al fatto che, qualora la
soprintendenza non dovesse emettere alcun parere vincolante pur essendo diffidata, l'ente si ritroverebbe
nella medesima condizione iniziale, impossibilitato a provvedere all'emanazione del provvedimento.
L'ipotesi che si vorrebbe vagliare, e che si sottopone pertanto alla DG Sistemi Verdi e Paesaggio per una
valutazione anche con l'Avvocatura regionale, in merito al possibile perdurare del silenzio della
soprintendenza nel procedimento di accertamento di compatibilità previsto dall'art. 167 del D.Lgs.
42/2004, riguarda la possibilità di ricorrere all'istituto della conferenza di servizi, disciplinato dall'art. 14 e
seguenti della L. 241/1990.
L'art. 14, comma 1, della L. 241/1990, disciplina infatti che, qualora sia opportuno effettuare un esame
contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione
procedente può indire una conferenza di servizi. Nel caso di specie si potrebbe ritenere che vi sia una
molteplicità di interessi pubblici coinvolti, sia perchè già a partire dal preambolo alla Convenzione europea
per il paesaggio si dichiara che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano
culturale, ecologico, ambientale e sociale, sia perchè l'ente preposto al rilascio del provvedimento finale di
compatibilità ha l'interesse affinchè il procedimento sia concluso entro il termine di centottanta giorni
previsto dal comma 5, al fine di non consentire al soggetto destinatario del provvedimento la proposizione
del ricorso giurisdizionale nei confronti dell'inadempimento dell'ente.
Valutata preliminarmente, ad avviso dello scrivente, la possibilità di applicare al silenzio della
soprintendenza - decorsi i novanta e comunque entro i centottanta giorni - l'istituto della conferenza di
servizi, si ritiene possa venire in aiuto una delle modifiche introdotte dalla L. 122/2010, che con la modifica
all'art. 14-ter, comma 7, della L. 241/1990, ha disciplinato che è da considerarsi acquisito l'assensodell'amministrazione, ivi comprese - tra le altre - quelle preposte alla tutela paessaggistico-territoriale, il
cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà
dell'amministrazione rappresentata.
Si potrebbe ritenere pertanto che, una volta convocata la conferenza di servizi con le modalità previste
dall'art. 14-ter della L. 241/1990, qualora il silenzio della soprintendenza al rilascio del parere vincolante
dovesse perdurare, l'ente preposto alla gestione del vincolo potrebbe emanare legittimamente il
provvedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica, citando all'interno del provvedimento sia le
risultanze della conferenza di servizi, sia quanto disposto dall'art. 14-ter, comma 7, della L. 241/1990.
Ringraziando per la collaborazione, e chiedendo cortesemente di restare informato relativamente al parere
della vostra DG e dell'Avvocatura regionale sulla questione sottoposta, colgo l'occasione per porgere
cordiali saluti.
RISPOSTA
Facendo seguito alla e-mail di codesto Comune (Area Tecnica – Settore Urbanistica ed Edilizia Privata),
sotto allegata, sentita anche l’Unità Organizzativa “Giuridico” di questa Regione, si fornisce riscontro ai
quesiti posti, con i quali, in sostanza, si chiede:
1. se possa ritenersi legittimo emettere un provvedimento senza ottenere il parere dell’autorità
preposta al vincolo
2. ovvero se possa ritenersi legittimo il provvedimento di compatibilità paesaggistica emesso
dall’ente compente a seguito della convocazione della conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14
comma 7 della l.n. 241/90 (in particolare, è stato chiesto di verificare se una volta convocata
regolarmente la conferenza di servizi, con le modalità previste dall’art. 14 ter, della L.n.
241/1990, qualora il silenzio della Soprintendenza al rilascio del parere dovesse perdurare, l’ente
competente possa emette il provvedimento di compatibilità paesaggistica, dando per
acquisito il parere della soprintendenza).
Con riguardo al punto 1
In materia di tutela del paesaggio, l’ente competente detiene un mero potere di proposta e nessun
potere decisorio (né di taglio positivo né di taglio negativo). Solo all’organo statale può essere
riconosciuto l’insindacabile potere di tutela del paesaggio/ambiente e quest’organo non può che essere
la Soprintendenza, articolazione periferica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In questa
cornice, all’Ente locale residua soltanto la potestà di verifica della conformità edilizia dell’intervento e
solo se tale valutazione assume un profilo negativo, è possibile denegare il rilascio del titolo a
sanatoria, previo parere dell’organo preposto alla gestione del vincolo, per quanto concerne l’aspetto
paesaggistico. Il parere della Soprintendenza, Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ha
natura obbligatoria e vincolante e, quindi, assume una connotazione non solamente consultiva, ma tale
da possedere un’autonoma capacità lesiva della sfera giuridica del destinatario, lesività non superabile
e perciò attuale quando l’interessato non abbia prodotto alcuna osservazione. L’indicato parere,
pertanto, è autonomamente ed immediatamente lesivo e di conseguenza ex se impugnabile in sede
giurisdizionale (…)”.(Ta.r.. Puglia Lecce, Sezione I, 3 dicembre 2010, n. 2784; T.a.r. Campania, Salerno,
Sezione I, sentenza n. 1955 del 7 dicembre 2011 ,cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 12 gennaio 2010 n. 17;
T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 21 luglio 2009 , n. 2062). Quanto argomentato induce a ritenere che un eventuale diniego del permesso di costruire in sanatoria, che non dia conto del parere dall’organo
preposto alla gestione del vincolo, è manifestamente illegittimo. Infatti, la mancata trasmissione della
documentazione alla locale Soprintendenza, seguita dalla autonoma valutazione di conformità
paesaggistica delle opere da sanarsi ad opera dell’Ente locale, determina un’indebita sostituzione
dell’autorità competente al rilascio del titolo edilizio rispetto a quella preposta alla gestione del
vincolo, con conseguente violazione delle prerogative istituzionali che la stessa Costituzione riconosce
allo Stato (e solo allo Stato) in materia di “tutela dell’ambiente”.
Con riguardo al punto 2
Nel caso di specie, si esclude anche la possibilità di applicare il comma 7 dell’art. 14 ter della ln. 241/90
nella parte in cui prevede la possibilità, nell’ambito della conferenza di servizi, di considerarsi
acquisito l’assenso dell’amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, il cui
rappresentante all’esito dei lavori della conferenza non abbia espresso definitivamente la
volontà dell’amministrazione rappresentata. L’esclusione è determinata dal fatto che il legislatore
non ha espressamente previsto che questa deroga si applica anche ai provvedimenti di compatibilità
paesaggistica di cui all’art. 167 del codice dei beni culturali. Infatti l’art. 183 del codice dei beni culturali
dispone che le leggi non possono introdurre deroghe ai principi del decreto legislativo, se non mediante
espressa modificazione delle sue disposizioni. Ne consegue che la possibilità di prevedere il superamento
del parere della soprintendenza attraverso il richiamo dell’art. 14 ter comma 7 L.n.241/1990 per essere
applicabile avrebbe dovuto essere espressamente indicato.
In conclusione:
Il parere della Soprintendenza, Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ha natura
obbligatoria e vincolante. Un eventuale diniego del permesso di costruire in sanatoria, che non dia conto
del parere dall’organo preposto alla gestione del vincolo, è manifestamente illegittimo.
La mancata trasmissione della documentazione alla locale Soprintendenza, seguita dalla autonoma
valutazione di conformità paesaggistica delle opere da sanarsi ad opera dell’Ente locale, determina
un’indebita sostituzione dell’autorità competente al rilascio del titolo edilizio rispetto a quella preposta
alla gestione del vincolo, con conseguente violazione delle prerogative istituzionali che la stessa
Costituzione riconosce allo Stato (e solo allo Stato) in materia di “tutela dell’ambiente.
La conferenza dei servizi, per quanto possa essere utile, richiede la necessaria partecipazione della
Soprintendenza che deve esprimere il proprio parere. Si esclude anche la possibilità di applicare al caso
di specie il comma 7 dell’art. 14 ter della ln. 241/90. L’esclusione è determinata dal fatto che il legislatore
non ha espressamente previsto, a differenza di quanto fatto per l’autorizzazione paesaggistica di cui
all’art. 146 comma 9 del codice dei beni culturali, che questa deroga si applica anche ai provvedimenti di
compatibilità paesaggistica. Infatti l’art. 183 del codice dei beni culturali dispone che le leggi non
possono introdurre deroghe ai principi del decreto legislativo, se non mediante espressa modificazione
delle sue disposizioni.
*** In relazione all'argomento trattato, si informa che questa Direzione Generale si è già attivata,
unitamente alle altre Regioni, per proporre al MIBAC l’opportuna modifica dell’art. 167 del Codice Urbani,
che consenta espressamente la superabilità dell’inerzia della Soprintendenza.
Cordiali saluti,
Carmen Liberti
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D.G. Sistemi Verdi e Paesaggio
Coordinamento Giuridico e Amministrativo
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http://www.ptpl.altervista.org/quesiti/2012/regione_lombardia_16032012_compatibilita_paesaggistica.pdf