N. 00855/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01040/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2010, proposto da:
Velasco Esposito, rappresentato e difeso dagli avv.ti Anna Farina e Anita Taglialatela, con domicilio eletto presso A.T.A.P. in Milano, piazza Cinque Giornate, 10;
contro
Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Antonello Mandarano ed Alessandra Montagnani Amendolea, domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in Milano, via Andreani 10;
Asl Città di Milano, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Cialone e Simona Falconieri, con domicilio eletto presso l’Area Legale dell’ASL di Milano, in Milano, corso Italia 19;
nei confronti di
Lamberto Lovo e Giovanna Villa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Umberto Pillitteri e Bruno Amadio, con domicilio eletto presso gli stessi in Milano, via San Barnaba 32;
Lucio Antonio Carbone, rappresentato e difeso dagli avv.ti Elena Tanzarella e Giancarlo Tanzarella, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Milano, piazza Velasca 5;
Elisabetta Boselli, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
1) della nota prot. n. 104516 del 10.2.2010 adottata dal Comune di Milano con la quale il Dirigente del Servizio ha comunicato all’odierno ricorrente le risultanze dell’istruttoria compiuta dai competenti enti locali circa il “recupero dei sottotetti in Via Pietro da Cortona, 9 da parte dei Sigg. Lovo Lamberto/Villa Giovanna e Carbone Lucio Antonio”,
2) di tutti gli atti presupposti, preparatori, consequenziali e/o comunque connessi, anche se interni e/o non noti, tra i quali: 2.1) la circolare n. 6/2002 adottata dal Comune di Milano – Servizio Concessioni edilizie; 2.2) il parere dell’ASL Città di Milano prot. n. 8661 del 13.11.2002 che esprime parere favorevole al recupero dei sottotetti Lovo-Villa; 2.3) la concessione edilizia prot. 126/2003; 2.4) la DIA prot. 781/2003; 2.5) la DIA prot. 6618/2003 ovvero il silenzio dell’Amministrazione su di essa; 2.6) la DIA prot. 3151/2006 ovvero il silenzio serbato su di essa dall’Amministrazione nonché per la condanna delle resistenti al risarcimento dei danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano, dell’Asl Città di Milano, di Lamberto Lovo, di Giovanna Villa e di Lucio Antonio Carbone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2012 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori: Anna Farina, Anita Taglialatela, Antonello Mandarano, Simona Falconieri, Chiara Figura e Aldo Travi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. Esposito è proprietario di talune unità immobiliari nell’ambito dell’edificio condominiale sito in Milano, via Pietro da Cortona n. 9.
Nell’ambito di tale edificio sono stati realizzati, a partire dall’anno 2002, due differenti interventi di recupero del sottotetto in due distinte porzioni immobiliari, di proprietà rispettivamente dei signori Lovo-Villa e dei signori Carbone-Boselli.
Ritenendo illegittimi entrambi gli interventi, il sig. Esposito presentava, nell’anno 2005, una denuncia alla Procura della Repubblica di Milano ed un’altra denuncia al Comune.
Nel 2009 era presentato un sollecito all’Amministrazione comunale, che con nota del 10.2.2010 riscontrava negativamente la denuncia dell’esponente, confermando la correttezza dell’istruttoria svolta dagli uffici a fronte delle pratiche edilizie di cui sopra.
Contro la citata nota comunale del 10.2.2010 e contro una serie di altri atti – fra cui i titoli edilizi relativi al recupero dei due sottotetti – era proposto il presente ricorso, con domanda di risarcimento dei danni, per i motivi che possono così essere sintetizzati:
I) violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990, del regolamento edilizio e del regolamento di igiene del Comune di Milano, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità manifesta, violazione del principio del giusto procedimento e del legittimo affidamento; nel quale si denuncia la presunta violazione dell’art. 51 del regolamento edilizio, sulle caratteristiche dei cortili;
II) violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 e 3 della legge 241/1990, del DPR 380/2001, della LR 18/2001, della LR 22/1999, della LR 15/1996, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità manifesta, violazione del principio del giusto procedimento e del legittimo affidamento, nel quale si lamenta in particolare:
A) l’inesistenza dei sottotetti;
B) l’inesistenza del condono edilizio in merito all’intervento dei signori Lovo-Villa;
C) l’illegittima edificazione su aree condominiali da parte dei signori Carbone-Boselli.
Si costituivano in giudizio le parti intimate, fatta eccezione per la signora Boselli, concludendo per l’inammissibilità sotto vari profili ed in ogni caso per il rigetto nel merito del gravame.
Alla pubblica udienza dell’8.3.2012, il difensore dei signori Villa-Lovo depositava, senza opposizione di controparte, taluni documenti e la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
I controinteressati Villa-Lovo hanno eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del presente ricorso cumulativo, in quanto volto a denunciare due distinti interventi edilizi, realizzati da diversi proprietari su porzioni differenti del medesimo edificio condominiale.
L’eccezione deve rigettarsi, in conformità alla giurisprudenza della scrivente Sezione, per la quale non è inammissibile il ricorso cumulativo contro atti relativi a titoli edilizi diversi, rilasciati però nell’ambito del medesimo compendio immobiliare, qualora siano comuni taluni motivi di gravame ed il cumulo delle impugnative non sia tale da determinare un rallentamento dell’attività giurisdizionale (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 22.2.2011, n. 518).
In merito alle altre eccezioni pregiudiziali sollevate a vario titolo dalle parti intimate, reputa il Collegio di prescindere dal loro esame, attesa la complessiva infondatezza del presente ricorso, per le ragioni che si esporranno.
1. Nel motivo I), il ricorrente lamenta la presunta inosservanza dell’art. 51 del regolamento edilizio, relativo alle caratteristiche dei cortili, in quanto, sempre a detta dell’esponente, né il Comune né l’ASL avrebbero effettuato correttamente le verifiche previste dalla citata previsione regolamentare, verifiche volte ad accertare l’idoneo rapporto aero-illuminante, vale a dire l’adeguatezza dell’area cortilizia ad assicurare aria e luce agli ambienti interni.
La censura appare priva di pregio, per le seguenti considerazioni.
Ai fini della valutazione di cui sopra, il Comune si è avvalso del parere dell’ASL Città di Milano, ai sensi dell’art. 220 del RD 1265/1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie), parere da quest’ultima rilasciato il 13.11.2002 (cfr. doc. 3 del ricorrente e doc. 4 del Comune).
L’art. 220 del Testo Unico di cui sopra è stato abrogato dall’art. 136 del DPR 380/2001 a far data dall’entrata in vigore di quest’ultimo decreto (vale a dire dal 30.6.2003, ex art. 138 del DPR 380/2001), sicché il medesimo art. 220 rimane applicabile ratione temporis alla presente fattispecie.
Secondo l’articolo da ultimo citato, tutti i progetti edilizi che possono incidere sulla salubrità delle case esistenti devono essere sottoposti al visto del Comune, previo parere dell’ufficiale sanitario (così nel 1934, oggi la competenza è attribuita all’Azienda Sanitaria Locale).
La valutazione dell’autorità sanitaria pubblica copre evidentemente tutti gli aspetti legati all’igiene e relativi all’intervento costruttivo, quindi anche quelli del corretto rapporto aero-illuminante del cortile, rapporto alla cui disciplina è dedicato l’art. 51 del regolamento edilizio.
Nel caso di specie, appare provato che il cortile dell’edificio di via Pietro Da Cortona n. 9 non ha il carattere di spazio chiuso, in quanto un lato è aperto verso via Pellizzone ed i muri interni sono “a mezza altezza”, cioè non sono alti più di due o tre metri (cfr. doc. 10 del ricorrente, vale a dire la copia del verbale di sommarie informazioni rese alla Polizia Giudiziaria dal tecnico dell’ASL, sig. D’Andrea).
L’ASL ha – di conseguenza – ritenuto che la conformazione fisica dei cortili dell’edificio garantisse l’adeguata ventilazione ed illuminazione degli ambienti abitati ed ha pertanto rilasciato parere favorevole agli interventi edilizi; parere che – come già ricordato – ha carattere omnicomprensivo di tutti gli aspetti igienico-sanitari e quindi anche di quelli alla cui tutela è preordinato l’art. 51 del regolamento edilizio.
Non si dimentichi poi che la valutazione espressa dall’ASL costituisce senza dubbio manifestazione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di manifesta illogicità (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. IV, 27.6.2011, n. 3862), da reputarsi però insussistente nel caso di specie, non ravvisandosi elementi in fatto per ritenere manifestamente erronea l’attività dell’ASL di Milano.
Sul punto, si ricordi altresì che il Giudice per le indagini preliminari (GIP), presso il Tribunale di Milano, con provvedimento del 13.5.2009, ha archiviato la denuncia presentata dal sig. Esposito in relazione agli interventi edilizi di cui è causa, su conforme richiesta del Pubblico Ministero e rigettando l’opposizione all’archiviazione proposta dal medesimo sig. Esposito (cfr. docc. 6 e 7 dei signori Lovo-Villa).
2. Nel motivo II-A), l’esponente sostiene che i sottotetti dei quali è stato effettuato il recupero, non sarebbero in realtà esistiti al momento di richiesta dei titoli edilizi da parte dei controinteressati.
La doglianza è però smentita in fatto: per quanto riguarda la posizione dei signori Lovo-Villa, gli stessi, con denuncia di inizio attività (DIA) del 15.5.2002, avevano provveduto alla parziale copertura di un terrazzo per la formazione di un deposito senza permanenza di persone (cfr. doc. 7 del Comune e doc. 1 Lovo-Villa).
Tale spazio chiuso destinato a deposito, avente le caratteristiche di un sottotetto, era stato successivamente oggetto di una domanda di concessione edilizia per recupero di sottotetto in data 1.8.2002, ai sensi dell’allora vigente legge regionale 15/1996, successivamente integrata con le leggi regionali n. 22/1999 e n. 18/2001 (cfr. doc. 2 del Comune e doc. 2 Lovo-Villa).
A tale proposito, si ricordi che – secondo il combinato disposto delle leggi regionali sopra citate – il recupero del sottotetto era ammesso purché di quest’ultimo fosse stato eseguito il rustico e fosse stata completata la copertura (cfr. art. 1, comma 4°, della legge regionale 15/1996, come modificato dalla legge regionale 18/2001).
In merito, invece, alla posizione del sig. Carbone, il recupero del sottotetto è stato effettuato attraverso DIA dell’8.10.2003; dall’esame della stessa e della documentazione tecnica allegata, risulta l’esistenza di un sottotetto (cfr. doc. 8 del Comune e doc. 2 Carbone), per cui la censura dell’esponente appare anche in tal caso priva di pregio.
Da ultimo, si richiama altresì il già menzionato provvedimento di archiviazione del GIP di Milano, nel quale il magistrato penale ha accolto la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, escludendo che i signori Lovo-Villa avessero falsamente dichiarato l’esistenza di un sottotetto (cfr. ancora i documenti n. 6 e n. 7 Lovo-Villa).
Si conferma, pertanto, il rigetto del secondo motivo.
3. Nel mezzo n. II-B), riferito ai soli signori Lovo-Villa, l’esponente lamenta la presunta falsità della dichiarazione contenuta nella domanda di concessione edilizia dell’1.8.2002, nella quale i richiedenti danno atto che le opere comportano modifiche ai locali già oggetto di concessione in sanatoria n. 1661 del 6.7.1989 (cfr. doc. 2 del Comune, pag. 2, si tratta della copia dell’istanza di concessione edilizia).
Il ricorrente mette in dubbio l’esistenza di tale provvedimento di condono e sul punto deposita una nota del Comune di Milano del 22.2.2007, nella quale si attesta che non risultano inoltrate istanze di condono edilizio o di permessi in sanatoria a nome di LOVO (cfr. doc. 14 del ricorrente).
Il mezzo è però smentito dalla produzione documentale effettuata dal difensore dei signori Lovo-Villa nel corso dell’udienza pubblica (deposito effettuato, giova ribadirlo, senza opposizione della difesa ricorrente): in particolare sono stati versati in atti la copia della domanda di condono ai sensi della legge 47/1985, presentata dal sig. Lovo al Comune di Milano il 28.3.1986, PG 123263; oltre ad una nota del Comune in data 19.9.2006 inviata alla Procura della Repubblica, nella quale si dà atto che la pratica di sanatoria edilizia di cui sopra (PG 123263/1986) non è rintracciabile presso l’Ufficio Condono, anche se l’esistenza della pratica stessa si rinviene nella Banca Dati Edilizia presso il Comune di Milano.
In allegato alla citata nota del 19.9.2006, l’Amministrazione comunale indica la trasmissione della copia della concessione edilizia n. 1661/1989.
Ciò premesso, visti i documenti suindicati e tenuto conto anche della già menzionata archiviazione dell’indagine penale da parte del GIP di Milano, non pare possa sostenersi l’erroneità o la falsità dell’indicazione della concessione in sanatoria del 1989, contenuta nella domanda di concessione del 2002 presentata dai signori Lovo-Villa.
In conclusione, deve rigettarsi anche il terzo motivo.
4. Il motivo II-C) concerne il solo intervento del sig. Carbone, per il quale il ricorrente sostiene che il controinteressato avrebbe realizzato l’illegittima occupazione di aree di proprietà del condominio, nonostante la contrarietà di quest’ultimo, espressa nel corso di un’assemblea condominiale.
Anche tale censura appare però smentita dall’esame dei documenti di causa: in particolare, nel corso dell’assemblea condominale del 23.12.2003, era dapprima consentito al sig. Carbone l’accorpamento del corridoio dei solai sino al confine di proprietà ed il rifacimento del tetto con copertura piana (cfr. doc. 4 Carbone, pag. 03).
Successivamente, l’assemblea straordinaria del 18.3.2004 revocava la delibera del 21.12.2003 ed in tale sede il sig. Carbone rinunciava espressamente all’accorpamento del corridoio, confermando che avrebbe effettuato i lavori <<esclusivamente sulla propria proprietà>> (cfr. doc. 5 Carbone, pag. 10).
Non risulta, poi, che il sig. Carbone abbia, nel corso dei lavori, occupato porzioni condominiali, impendendo agli altri condomini la fruizione delle stesse.
Il Comune di Milano in particolare, nel corso di verifiche nel mese di giugno 2010, ha rilevato alcune difformità dal progetto originario, per le quali è stata presentata domanda di sanatoria parziale, ma non è stata rilevata occupazione di parti comuni (cfr. doc. 6 Carbone, copia verbale dell’8.6.2010 e doc. 8 Carbone, copia della domanda di parziale sanatoria).
Non pare pertanto che possa essere censurata l’attività istruttoria compiuta dal Comune di Milano a fronte della DIA del sig. Carbone del 2003 finalizzata al recupero del sottotetto, sotto il profilo indicato dal ricorrente, vale a dire quello dell’omesso rilevamento, da parte degli uffici dell’Amministrazione, dell’illegittima occupazione di parti dell’edificio condominiale.
D’altronde, l’attività della Pubblica Amministrazione, volta alla verifica del titolo di proprietà del soggetto richiedente un permesso di costruire o presentante una DIA (ai sensi degli articoli 11 e 23 del DPR 380/2001), non può spingersi al punto di imporre all’Amministrazione stessa minuziose analisi dei titoli civilistici o tanto meno la risoluzione di controversie fra privati proprietari (cfr., fra le tante, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 10.2.2012, n. 496).
Da ultimo, preme evidenziare che le questioni attinenti al presunto abuso edilizio del sig. Carbone, per il quale è stata presentata al Comune domanda di permesso di costruire a parziale sanatoria (cfr. docc. 11, 12 e 13 del Comune), esulano dalla trattazione del presente ricorso, essendo relative a vicende per le quali il sig. Esposito non ha mai promosso rituale impugnazione, neppure nella forma dei motivi aggiunti.
5. Il rigetto del ricorso implica la reiezione della domanda di risarcimento dei danni in esso contenuta.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a favore delle parti costituite, mentre non occorre provvedere nei confronti della sola parte non costituita.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Rigetta la domanda di risarcimento dei danni.
Condanna il ricorrente al pagamento a favore delle parti costituite delle spese di lite, che così liquida:
euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA) e spese generali a favore del Comune di Milano;
euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA) e spese generali a favore della ASL Città di Milano;
euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA) e spese generali a favore dei signori Lovo-Villa;
euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA) e spese generali a favore del sig. Carbone.
Nulla sulle spese per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Giovanni Zucchini, Primo Referendario, Estensore
Concetta Plantamura, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)