Buongiorno ci vengono chiesti chiarimenti in merito all'applicazione dell'art. 178 della Legge 4 Agosto 2017 n.124 che "esclude dall'obbligo dalla denuncia dell'esercizio e della correlata licenza fiscale gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini", così come riportato da una Circolare dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 29 Agosto 2017.
Pertanto giriamo a voi il quesito in merito al fatto che i pubblici esercizi debbano o meno fare comunicazione alle Dogane ed in caso affermativo se tale comunicazione debba essere fatta presso gli Uffici o tramite il portale del SUAP in congiuntamente alla SCIA.
Ringrazio anticipatamente per la collaborazione.
Buongiorno ci vengono chiesti chiarimenti in merito all'applicazione dell'art. 178 della Legge 4 Agosto 2017 n.124 che "esclude dall'obbligo dalla denuncia dell'esercizio e della correlata licenza fiscale gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini", così come riportato da una Circolare dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 29 Agosto 2017.
Pertanto giriamo a voi il quesito in merito al fatto che i pubblici esercizi debbano o meno fare comunicazione alle Dogane ed in caso affermativo se tale comunicazione debba essere fatta presso gli Uffici o tramite il portale del SUAP in congiuntamente alla SCIA.
Ringrazio anticipatamente per la collaborazione.
[/quote]
CONFERMIAMO che l'obbligo di denuncia è soppresso per gli esercizai citati nell'art. 1 comma 178 del D.Lgs. 26/10/1995, n. 504
Non ho trovato la circolare citata mentre segnalo questo approfondimento del Centro Studi del Senato
****************
Articolo 1, comma 178
(Soppressione dell'obbligo di denuncia di deposito di prodotti alcolici per pubblici esercizi)
Il comma 178 esonera dall’obbligo di denunciare il deposito di prodotti alcolici gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini.
In particolare, la norma in commento introduce una deroga all’obbligo di denuncia di deposito di prodotti alcolici, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, operante per:
gli esercizi pubblici;
gli esercizi di intrattenimento pubblico;
gli esercizi ricettivi;
i rifugi alpini.
Si ricorda, in proposito, che il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 reca il Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative. L’art. 29 del citato Testo unico, al comma 1, dispone che gli esercenti impianti di trasformazione, di condizionamento e di deposito di alcole e di bevande alcoliche assoggettati ad accisa devono denunciarne l'esercizio all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane, competente per territorio. Il successivo comma 2 assoggetta alla denuncia in questione anche gli esercizi di vendita ed i depositi di alcole denaturato con denaturante generale in quantità superiore a 300 litri. La norma in commento modifica il comma 2 esonerando dall’obbligo di denuncia gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini.
La disciplina relativa agli esercizi pubblici è da rinvenire nel Capo II del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al Regio decreto n. 773/1931, e successive modificazioni. In particolare, l’art. 86 del citato Testo unico subordina alla licenza del questore gli alberghi, le locande, le pensioni, le trattorie, le osterie, i caffè o gli altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, nonché le sale pubbliche per biliardi o altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili. La norma prevede inoltre che per la somministrazione di bevande alcooliche presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci, è necessaria la comunicazione al questore e si applicano i medesimi poteri di controllo degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza previsti per le attività di cui al primo comma. Con particolare riferimento agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, si segnala che essi sono disciplinati dalla L. n. 287/1991, così come modificata dal D.Lgs. n. 59/2010 e successive modificazioni. In particolare, l’art. 1, comma 1, identifica la somministrazione come la vendita per il consumo sul posto, che si esplicita in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati. L’art. 5 della L. n. 287/1991 enumera poi tra le tipologie di tali esercizi pubblici: a) gli esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari); b) gli esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari); c) gli esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari; d) gli esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
In proposito, si ricorda che il D.L. n. 14/2017, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, ha introdotto alcune modifiche al citato Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. In particolare, tali norme sono contenute:
nell’art. 8, in relazione al potere del sindaco di adottare ordinanze in materia di sicurezza, di natura contingibile o non contingibile, con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche;
nell’art. 12, relativamente alla facoltà del questore di disporre la sospensione dell’attività dei pubblici esercizi, nelle ipotesi di reiterata inosservanza delle ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 50, commi 5 e 7, del TUEL, in materia di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche. L’art. 100 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali affida infatti al questore il potere di sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.
nell’art. 12-bis, in relazione al potere del questore di sospendere la licenza di un esercizio per tumulti o gravi disordini.
Si ricorda inoltre che i requisiti per l'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, sono stati individuati dall'art. 71, co. 6, del D.Lgs. n. 59/2010, come modificato dall'art. 8 del D.Lgs. n. 147/2012.
Anche gli esercizi di intrattenimento pubblico sono assoggettati dall’art. 68 del TULPS alla licenza del questore.
Con riferimento, invece, agli esercizi ricettivi, si ricorda che la L. n. 135/2001, di riforma della legislazione nazionale del settore turistico, ha distribuito le competenze in materia tra Stato, regioni e autonomie territoriali, contestualmente abrogando la legge quadro n. 217/1983, che aveva stabilito i criteri fondamentali di classificazione delle strutture ricettive, nonché i requisiti per l’esercizio delle professioni turistiche. La legge non è diventata immediatamente operativa in quanto il relativo D.P.C.M. attuativo(85) , volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, è stato emanato a distanza di oltre un anno, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e le associazioni degli operatori turistici e dei consumatori(86) . Tale decreto, al fine di assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, ha stabilito, tra l’altro, i requisiti e gli standard minimi delle attività ricettive, nonché i criteri relativi alla classificazione delle strutture ricettive. Il citati decreto ha quindi recepito l’Accordo è stato recepito con il D.P.C.M. 13 settembre 2002 che, oltre a disporre l’approvazione dei principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, così come definiti dal citato Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, rinviando alle regioni la determinazione delle caratteristiche dell'offerta turistica italiana attraverso intese fra le stesse e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché la determinazione degli standard minimi comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.
Con riferimento, infine, ai rifugi alpini, si rileva che la relativa normativa, dapprima contenuta nel Testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini (D.P.R. 918/1957), è stata superata dalla legge quadro sul turismo (L. 217/1983, poi abrogata), che classificava i rifugi come “locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri abitati”. Non sussistendo, allo stato, una normativa che disciplini a livello unitario la materia dei rifugi, le regioni, alle quali è stata demandata la determinazione dei criteri per la classificazione delle strutture, non hanno provveduto in maniera uniforme alla definizione relativa(87) . La localizzazione in zone di montagna di alta quota rappresenta la caratteristica comune presente nelle definizioni contenute nella legislazione regionale sui rifugi alpini.
85) D.P.C.M. 13 settembre 2002, emanato ai sensi dell’art. 2, co. 4, della L. n. 135/2001.
86) Il ritardo nell’adozione del decreto è da ricollegare all’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della Costituzione, in seguito alla quale la materia del turismo, secondo un indirizzo largamente affermato, si ritiene debba essere annoverata, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, tra le materie di competenza residuale delle Regioni. L’esistenza di una legge-quadro indicante i criteri e i limiti entro i quali le regioni potevano legiferare sembrava dunque porsi in contrasto con quanto stabilito dalla riforma costituzionale; ciò spingeva alcune regioni (in particolare: Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria) a presentare ricorso dinanzi alla Corte costituzionale avverso alcune norme recate dalla legge n. 135 del 2001. Il contrasto è stato superato con l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, con il quale sono stati definiti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 29 marzo 2001, n. 135, rinviando ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.
87) A titolo esemplificativo, si osserva che la legge regionale del Piemonte n. 31 del 15/04/1985 definisce i rifugi alpini come “le strutture idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene, o per periodi limitati anche con strade o altri mezzi di trasporto ed ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni ”; la legge della regione Valle d’Aosta n. 11 del 29/05/1996 li definisce invece come “le strutture ricettive ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni, idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti ed escursionisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene o anche con strade non aperte al pubblico transito veicolare o mediante impianti a fune; la legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 2 del 16 gennaio 2002, n. 2 li definisce come “le strutture custodite, idonee ad offrire ricovero e ristoro in zone montane di alta quota ed eventualmente utilizzate quali base logistica per operazioni di soccorso alpino, irraggiungibili mediante strade aperte al traffico ordinario o mediante impianti di risalita in servizio pubblico, ad eccezione degli impianti scioviari”.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/1029805/index.html?part=
***************
[b]D.Lgs. 26/10/1995, n. 504
[/b]Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.
Pubblicato nella Gazz. Uff 29 novembre 1995, n. 279, S.O.
Art. 29 Deposito di prodotti alcolici assoggettati ad accisa [Art. 25 T.U. spiriti 1924 - Artt. 5 e 6 R.D.L. n. 23/1933 - Artt. 20 e 22 D.L. n. 1200/1948 - Art. 20 D.L. n. 142/1950 - Artt. 4 e 13 D.L. n. 3/1956 (178) - Art. 14-bis D.L. n. 216/1978 (179) - Art. 8 legge 11 marzo 1988, n. 67 - Art. 5 legge 28 marzo 1968, n. 415]
In vigore dal 29 agosto 2017
1. Gli esercenti impianti di trasformazione, di condizionamento e di deposito di alcole e di bevande alcoliche assoggettati ad accisa devono denunciarne l'esercizio all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane, competente per territorio. (180)
2. Sono soggetti alla denuncia di cui al comma 1 anche gli esercizi di vendita, [color=red][b]ad esclusione degli esercizi pubblici, degli esercizi di intrattenimento pubblico, degli esercizi ricettivi e dei rifugi alpini[/b][/color], ed i depositi di alcole denaturato con denaturante generale in quantità superiore a 300 litri. (183)
3. Sono esclusi dall'obbligo della denuncia gli esercenti il deposito di:
a) alcole, frutta allo spirito e bevande alcoliche, confezionati in recipienti di capacità non superiore a 5 litri ed aromi alcolici per liquori o per vermouth e per altri vini aromatizzati confezionati in dosi per preparare non più di un litro di prodotto, muniti di contrassegno fiscale, ai sensi dell'art. 13, comma 2 (181);
b) alcole non denaturato, aromi alcolici per bevande diverse dai liquori, bevande alcoliche, frutta sotto spirito e profumerie alcoliche prodotte con alcole non denaturato, in quantità non superiore a 20 litri;
c) aromi alcolici per liquori in quantità non superiore a 0,5 litri o a 0,5 chilogrammi, non destinati alla vendita;
d) profumerie alcoliche prodotte con alcole non denaturato, condizionate secondo le modalità stabilite dall'amministrazione finanziaria in quantità non superiore a 5000 litri;
e) birra, vino e bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra se non destinate, queste ultime, a distillerie;
f) vini aromatizzati, liquori e acquaviti, addizionati con acqua gassata, semplice o di soda, in recipienti contenenti quantità non superiore a 10 centilitri ed aventi titolo alcolometrico non superiore all'11 per cento in volume (184).
4. Gli esercenti impianti, depositi ed esercizi di vendita obbligati alla denuncia di cui ai commi 1 e 2 sono muniti di licenza fiscale, valida fino a revoca, soggetta al pagamento di un diritto annuale e sono obbligati a contabilizzare i prodotti in apposito registro di carico e scarico. Sono esclusi dall'obbligo della tenuta del predetto registro gli esercenti la minuta vendita di prodotti alcolici e gli esercenti depositi di profumerie alcoliche condizionate fino a litri 8.000 anidri. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere modificati i casi di esclusione di cui al comma 3 e possono essere stabilite eccezioni all'obbligo della tenuta del predetto registro. La licenza è revocata o negata a chiunque sia stato condannato per fabbricazione clandestina o per evasione dell'accisa sull'alcole e sulle bevande alcoliche. (182) (185)
(178) Il riferimento al D.L. n. 3/1956 riguarda il decreto-legge 11 gennaio 1956, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 marzo 1956, n. 108.
(179) Il riferimento al D.L. n. 216/1978 riguarda il decreto-legge 26 maggio 1978, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 1978, n. 388.
(180) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. ee), n. 1, D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, a decorrere dal 1° aprile 2010, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, comma 1 del medesimo D.Lgs. 48/2010.
(181) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. ee), n. 2, D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, a decorrere dal 1° aprile 2010, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, comma 1 del medesimo D.Lgs. 48/2010.
(182) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. ee), n. 3, D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, a decorrere dal 1° aprile 2010, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, comma 1 del medesimo D.Lgs. 48/2010.
(183) Comma così modificato dall'art. 1, comma 178, L. 4 agosto 2017, n. 124.
(184) In relazione ai limiti di applicabilità delle norme contenute nel presente comma, vedi il comma 4 dell'art. 20, D.M. 27 marzo 2001, n. 153.
(185) In relazione ai limiti di applicabilità delle norme contenute nel presente comma, vedi il comma 4 dell'art. 20, D.M. 27 marzo 2001, n. 153. Vedi, anche, il D.M. 26 giugno 1997, n. 219 e la Det. 26 settembre 2007.