Un circolo privato vuole passare dalla somministrazione ai soli soci alla somministrazione al Pubblico indistinto, creando un vero e proprio Pubblico Esercizio. Posto che dal punto di vista urbanistico-edilizio non sussistono ostacoli, come è possibile l'apertura del locale al pubblico se lo stesso non ha accesso dalla pubblica via? Si troverebbe in fondo ad una strada privata: potrebbe essere sufficiente un accordo tra privati per consentire l'accesso al pubblico? In questo modo la strada privata diventerebbe di uso pubblico, ma non sarebbe pubblica.
Un altro aspetto: il locale attiguo che continuerà ad ospitare l'associazione (con i tesserati) deve essere necessariamente separato fisicamente dal P.E.?
Un circolo privato vuole passare dalla somministrazione ai soli soci alla somministrazione al Pubblico indistinto, creando un vero e proprio Pubblico Esercizio. Posto che dal punto di vista urbanistico-edilizio non sussistono ostacoli, come è possibile l'apertura del locale al pubblico se lo stesso non ha accesso dalla pubblica via? Si troverebbe in fondo ad una strada privata: potrebbe essere sufficiente un accordo tra privati per consentire l'accesso al pubblico? In questo modo la strada privata diventerebbe di uso pubblico, ma non sarebbe pubblica.
Un altro aspetto: il locale attiguo che continuerà ad ospitare l'associazione (con i tesserati) deve essere necessariamente separato fisicamente dal P.E.?
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Salve,
se la strada che collega attualmente la viabilità pubblica al circolo è aperta, senza ostacoli fisici e normalmente utilizzata dalla collettività, anche se di natura priivata è di fatto gravata da servitù di uso pubblico (o potrebbe essere una vicinale). Quindi tale circostanza rende possibile la trasformazione in pubblico esercizio.
IN OGNI CASO, anche qualora fosse privata, se questa rappresenta l'unico accesso all'esercizio (quindi l'unica porta dà proprio su questa strada) non si pongono problemi di sorvegliabilità (anche nei bar "normali" la porta di ingresso può essere preceduta da vialetti privati!).
QUINDI da quanto descritto non vedo ostacoli.
Quanto all'associazione, questa può ben rimanere anche in locali collegati a quelli del pubblico esercizio, non essendovi ostacoli.
Volevo un chiarimento ulteriore: la superficie attualmente adibita a circolo è molto estesa poichè situata all'interno di capannone dove, oltre agli arredi del bar, si trovano una sala di lettura, una sala per laboratori creativi, una palestra di arrampicata, ecc...
La trasformazione della destinazione d'uso dell'intera superficie da industriale a commerciale risulterebbe essere eccessivamente onerosa, quindi volevo approfondire laddove si dice che l'Associazione che si occuperebbe delle attività ludico-creative può coesistere anche in locali collegati.
Quindi potrebbe essere obbligatoria la separazione fisica tra bar (superficie di somministrazione, magazzini, uffici, servizi) e porzione di immobile in cui si svolge l'attività ludico-ricreativa ai fini della non modifica della destinazione d'uso dell'intera superficie?
Volevo un chiarimento ulteriore: la superficie attualmente adibita a circolo è molto estesa poichè situata all'interno di capannone dove, oltre agli arredi del bar, si trovano una sala di lettura, una sala per laboratori creativi, una palestra di arrampicata, ecc...
La trasformazione della destinazione d'uso dell'intera superficie da industriale a commerciale risulterebbe essere eccessivamente onerosa, quindi volevo approfondire laddove si dice che l'Associazione che si occuperebbe delle attività ludico-creative può coesistere anche in locali collegati.
Quindi potrebbe essere obbligatoria la separazione fisica tra bar (superficie di somministrazione, magazzini, uffici, servizi) e porzione di immobile in cui si svolge l'attività ludico-ricreativa ai fini della non modifica della destinazione d'uso dell'intera superficie?
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In linea di principio NON occorre il cambio di destinazione d'uso se la superficie prevalente non muta. Quindi se l'attività ludica copre più del 50% della S.U.L. (superficie utile lorda) allora si potrà destinare la restante parte a commerciale senza cambio di destinazione.
Altrimenti o comunque se vi fossero norme edilizie più restrittive, è sempre possibile anche il CAMBIO PARZIALE, cioè di una porzione dell'immmobile corrispondente all'area effettivamente adibita a commerciale/somministrazione.
Vi sarei molto grata se mi indicaste qualche riferimento normativo...
riferimento id:41626
Vi sarei molto grata se mi indicaste qualche riferimento normativo...
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Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 detta la disciplina generale (vedi articolo sotto).
l'articolo non trova applicazione nelle regioni che hanno adottato una propria disciplina specifica, ad esempio nella regione Lombardia con l'art. 51 della legge reg. n. 12 del 2005; si veda la Circolare regionale 20 luglio 2017, n. 10)
https://www.indicenormativa.it/sites/default/files/2017-07/circolare-10-2017-modulistica-edilizia-unificata-profili-applicativi.pdf
LEGGENDO LA CIRCOLARE REGIONALE TUTTAVIA SI VERIFICA CHE LA REGIONE LOMBARDIA RITIENE DI ESSERE ALLINEATA ALLA DISCIPLINA NAZIONALE
[b]Mutamenti di destinazione d’uso
Quanto affermato all’art. 52, comma 1, della L.R. n. 12/2005, ovvero “i mutamenti
di destinazione d’uso, conformi alle previsioni urbanistiche comunali, connessi alla
realizzazione di opere edilizie, non mutano la qualificazione dell’intervento”, non
opera più, dovendosi ormai riferire alla classificazione degli interventi ex art. 3
comma 1, del T.U. statale, per il quale la modifica della destinazione d’uso rileva ai
fini della qualificazione dell’intervento edilizio, fermo restando che debbano
essere conformi alle previsioni urbanistiche comunali (si vedano, in particolare, le
definizioni di manutenzione straordinaria e di restauro-risanamento conservativo,
quest’ultima appena modificata dall’art. 65 bis del D.L. n. 50/2017, convertito con
la legge 21 giugno 2017, n. 96).
Per contro, nella nostra Regione non trova applicazione l’art. 23 ter del D.P.R. 380
(introdotto con il D.L. n. 133/2014, convertito in legge n. 164/2014), che, facendo
espressamente “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali”, detta una
disciplina del mutamento d’uso urbanisticamente rilevante cui la legislazione di
Regione Lombardia risulta già sostanzialmente allineata (cfr. art. 51 della L.R. n.
12/2005).[/b]
INFATTI LA LR 12/2005 DISPONE:
Art. 52. (Mutamenti di destinazione d’uso con e senza opere edilizie)
1. I mutamenti di destinazione d’uso, conformi alle previsioni urbanistiche comunali, connessi alla realizzazione di opere edilizie, non mutano la qualificazione dell’intervento e sono ammessi anche nell’ambito di piani attuativi in corso di esecuzione.
(comma disapplicato dovendosi riferire alla classificazione degli interventi ex art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, per il quale la modifica della destinazione d’uso rileva ai fini della qualificazione dell’intervento edilizio, fermo restando che debbano essere conformi alle previsioni urbanistiche comunali; si vedano, in particolare, le definizioni statali di manutenzione straordinaria e di restauro-risanamento conservativo; si veda la Circolare regionale 20 luglio 2017, n. 10)
2. I mutamenti di destinazione d’uso di immobili non comportanti la realizzazione di opere edilizie, purché conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alla normativa igienico-sanitaria, sono soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell’interessato al comune. Sono fatte salve le previsioni dell’articolo 20, comma 1, del d.lgs. 42/2004 in ordine alle limitazioni delle destinazioni d’uso dei beni culturali.
(comma così modificato dalla legge reg. n. 4 del 2008)
3. Qualora la destinazione d’uso sia comunque modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione.
3-bis. I mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire.
(comma introdotto dall'art. 1, legge reg. n. 12 del 2006)
3-ter. I mutamenti di destinazione d'uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla realizzazione o all'ampliamento di sale giochi, sale scommesse e sale bingo sono subordinati a permesso di costruire. Ai fini del rilascio del permesso di costruire, il comune, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 36, provvede alla verifica del limite della distanza da luoghi sensibili previsto dall'articolo 5, comma 1, della l.r. 8/2013.
(comma introdotto dalla legge reg. n. 11 del 2015)
QUINDI, AL MASSIMO SI TRATTA DI PRESENTARE UNA COMUNICAZIONE DI MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D'USO SENZA OPERE (SE SI RITIENE VALIDO QUANTO AFFERMATO NELLA CIRCOLARE).
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D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
Art. 23-ter. Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante
(articolo introdotto dall'art. 17, comma 1, lettera n), legge n. 164 del 2014)
1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
[b]2. La destinazione d'uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di [color=red]superficie utile[/color].
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3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.