Data: 2017-07-24 13:52:24

CONTINGIBILE per sgombero campo rom privo di requisiti minimi

CONTINGIBILE per sgombero campo rom privo di requisiti minimi

[color=red][b]TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 18 luglio 2017 n. 1632[/b][/color]

FATTO e DIRITTO

1.1. Nicoleta Gogu è proprietaria dal 20 giugno 2013 di un terreno in Milano, via Selvanesco 57, censito a foglio 668, particelle 22 e 23, del nuovo catasto dei terreni.

1.2. Sebbene l’area sia destinata a verde agricolo e sia inclusa nel parco agricolo sud Milano, e pertanto inedificabile, sulla stessa si è stanziato un folto nucleo di persone, in gran parte legate da vincoli di parentela con l’attuale proprietaria.

1.3.1. Nei confronti della Gogu, appunto quale proprietaria dell’area, il sindaco di Milano ha emesso l’ordinanza 3 ottobre 2013, qui in esame, nel cui preambolo si rappresenta, tra l’altro, che, in base a segnalazioni ricevute, il 27 settembre precedente era stato effettuato un sopralluogo congiunto dell’A.S.L. Milano, della polizia locale e del servizio comunale emergenze.

1.3.2. A seguito del sopralluogo, la A.S.L. aveva rilevato “la totale assenza dei requisiti minimi di vivibilità per le persone insediate nell’area, tra cui diversi minori … la contestuale presenza di rifiuti eterogenei ed organici con probabile infestazione di ratti”, segnalando altresì “la potenzialità del ripetersi di focolai di malattie infettive a trasmissione oro fecale e di conseguenza, ritenendo presenti i presupposti per l’emissione di una ordinanza contingibile e urgente”, ne aveva proposto l’emissione indicandone il contenuto, poi in parte recepito dal provvedimento emesso.

1.3.3. L’ordinanza, di seguito, dà atto “che la destinazione urbanistica a verde agricolo … esclude la possibilità di attuare interventi di regolarizzazione degli insediamenti abitativi presenti idonei a garantire ‘il ripristino delle condizioni minime di abitabilità dei luoghi’”, e richiama ancora la comunicazione del 30 settembre 2013 del comandante della polizia locale di Milano, in cui si ribadisce che l’area costituisce un “prato marcita” (percorso cioè uniformemente da un velo d’acqua in costante movimento) e pertanto non è idonea alla permanenza di insediamenti abitativi”.

1.3.4. Sulla base di tali elementi, e stante “l’urgenza di provvedere, ai sensi dell’art. 50, comma 5, del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nonché ai sensi dell’art. 32 della Legge 23 dicembre 1978 n. 833 al ripristino ed al mantenimento di idonee condizioni igienico-sanitarie ed ambientali dei luoghi, a tutela, in primis, della popolazione presente sull’area e in ogni caso della salute pubblica per le motivazioni” indicate dall’ASL, il sindaco di Milano ha ordinato alla proprietaria:

“di provvedere, entro 5 (cinque) giorni dal ricevimento del presente provvedimento, a quanto di seguito indicato:

1. rimuovere i rifiuti eterogenei presenti in conformità alle disposizioni di legge ed effettuare la completa pulizia dei luoghi;

2. effettuare i necessari interventi di derattizzazione, fino alla completa risoluzione del problema;

3. rimuovere le dimore precarie di qualsiasi tipologia presenti nell’area che, in base a quanto rilevato dall’A.S.L. Milano, risultano prive dei requisiti minimi di vivibilità, trasmettendo la relativa idonea documentazione attestante l’esecuzione delle operazioni eseguite”, con l’ulteriore precisazione che tutti gli interventi avrebbero dovuto essere eseguiti “tutelando la salute di persone e animali non target”.

2. Va anzitutto rilevato che, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, il ricorso non è generalmente divenuto improcedibile perché all’ordinanza sarebbe stata data integrale esecuzione coattiva: la persistenza dell’interesse alla decisione di merito si ricollega sia al rimborso delle spese affrontate dal Comune per eseguire il provvedimento, sia all’ipotetica reversibilità della situazioni di fatto determinatasi nell’area di proprietà.

3.1.1. La Gogu, con altri soggetti collegati all’area in questione – Superman Calin, Rodica Dumitru, Sorinel Ihaltea, Ion Ilie, Student Calin, Maria Mirabela Trifon, Costantin Madalin Ilie, Ionel Slarcat, Marin Ilie Ilie, Elvetia Brebenel e Christian Brebenel – ha allora impugnato l’ordinanza sindacale, censurandola anzitutto per violazione delle norme di legge in materia di procedimento amministrativo ex l. 241/1990

3.1.2. Nel ricorso si sostiene che la Gogu avrebbe acquistato la proprietà dell’area solo pochi giorni prima del provvedimento, e non avrebbe ricevuto, prima dell’ordinanza impugnata, alcuna comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 segg. l. 241/1990.

3.1.3. In ogni caso, come sarebbe dimostrato dalla documentazione fotografica prodotta, l’area di proprietà Gogu non sarebbe insalubre e sarebbe “priva di rifiuti”; la proprietaria, inoltre, si sarebbe “attivata immediatamente per effettuare un intervento di derattizzazione”.

3.1.4. Il provvedimento de quo non avrebbe dunque una motivazione adeguata, e, d’altra parte, mancherebbero comunque i presupposti di contingibilità e di urgenza per emetterlo, stante la preesistenza di insediamenti abusivi nella zona, che l’Amministrazione non avrebbe a suo tempo affrontato con gli strumenti ordinari.

3.2.1. Nel seguente motivo si afferma che l’ordinanza sindacale sarebbe illogica sotto diversi profili, anzitutto perché si riferisce alla contestuale presenza di rifiuti eterogenei ed organici con “probabile” infestazione di ratti, e tale incertezza sarebbe “indicativa della mancata fondatezza delle asserzioni contenute nell’ordinanza”, in ogni caso, l’area Gogu sarebbe “inserita nell’ordinanza solo in virtù della presenza di roulotte e non per un reale e concreto pericolo alla salute”.

3.2.2. Ancora, proseguono i ricorrenti, “non è dato capire in che modo saranno garantiti i requisiti minimi di vivibilità per le decine di persone presenti” dopo l’esecuzione della prescrizione, disposta dal Sindaco di Milano, di rimuovere le dimore precarie di qualsiasi tipologia presenti nell’area.

3.2.3. Invero, la rimozione delle roulotte, dove vivrebbero “decine di persone”, avrebbe l’effetto di “lasciarle prive di una sistemazione e in condizioni precarie a vagare per le vie di Milano”, e ciò mentre la ricorrente Gogu “si è attivata per ottenere l’energia elettrica e per avere dei WC chimici e all’AMSA di Milano ha già inviato l’ordine per i cestini dei rifiuti”.

3.3.1. Nel terzo motivo viene enunciata la “violazione dell’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dell’art. 11 del Patto internazionale diritti economici sociali e culturali, degli artt.126 e 34 della Carta europea dei diritti fondamentali, degli artt. 23, 30 e 31 della Carta sociale europea, degli artt.2, 3, 97 e 117 della Costituzione”.

3.3.2. Secondo quanto affermato nella censura, nell’obbligare i ricorrenti a rimuovere le loro dimore, il Comune avrebbe “esercitato illegittimamente un potere eccezionale senza aver alcun riguardo per le condizioni personali, familiari e abitative dei ricorrenti violando il diritto all’abitazione stanziale o nomade che sia”: e ciò in violazione di Convenzioni e raccomandazioni internazionali che, tra l’altro, accorderebbero una tutela particolare nei casi di sgomberi forzati, imponendo alle autorità pubbliche di trovare soluzioni alternative di alloggio prima di sgomberare i campi.

3.3.3. In specie, poi, l’ordinanza de qua, “in assenza di reali ragioni di igiene considerate le risultanze dei sopralluoghi”, si percuoterebbe “non solo sulla violazione al rispetto del domicilio ma intaccherebbe anche il diritto a conservare ‘l’identità zigana’ della ricorrente e a condurre una vita privata e familiare ad essa conforme”.

3.3.4. Inoltre, troverebbe qui applicazione l’art. 8 della Convenzione EDU, il quale andrebbe interpretato in termini di obbligazione positiva a offrire riparo e protezione: e la soluzione prospettata dal Comune, costituita dalla collocazione dei soggetti presenti nella proprietà Gogu nei campi di emergenza sociale esistenti a Milano, non sarebbe adeguata, sia per il ridotto numero di posti, sia perché limitata ad un intervallo di 200 giorni, superato il quale i ricorrenti dovrebbero forzatamente trasferirsi altrove, e con loro, i figli minori, ai quali invece l’ordinamento appronterebbe una particolare tutela, anche con riferimento alla continuità dell’obbligo scolastico.

[color=red][b]4.1. Le censure proposte sono tutte infondate.[/b][/color]

4.2.1. È anzitutto vero che nell’area di via Selvanesco 57 era presente un altro limitrofo insediamento abusivo (sul mappale 37 dello stesso foglio 668), oggetto esso pure di un’ordinanza sindacale di pari data e contenuto, egualmente impugnata dai proprietari e dagli occupanti (ricorso r.g. 2224/2013).

4.2.2. Peraltro, il tentativo tenere distinte le condizioni dei due insediamenti, operato dai ricorrenti Gogu, non trova riscontro nell’amplissima documentazione prodotta dall’Amministrazione.

4.2.3. Invero, bisogna intanto ricordare che, quando alla fine di gennaio 2014 è stata poi data esecuzione coattiva all’ordinanza de qua, sulla proprietà Gogu (particelle 22 e 23) sono state rinvenute dieci roulotte e un camper, tutti in pessime condizioni d’uso e manutenzione, eppure in buona parte abitate.

4.2.4. È poi certo in entrambi i terreni mancavano l’acqua corrente, i servizi igienici, una rete fognaria, e nulla fa supporre che sulla proprietà Gogu i rifiuti inevitabilmente prodotti fossero regolarmente smaltiti e asportati: poi, ben può essere che in alcune fotografie, presentate con il ricorso, non fossero presenti rifiuti, ma ciò non assurge a prova utile, tanto più in presenza di una relazione di sopralluogo ove si afferma l’opposto, formata dall’Amministrazione e dotata di fede privilegiata.

4.2.5. Sembra dunque al Collegio agevole affermare la sostanziale unicità dell’insediamento, dal punto di vista qui d’interesse, e cioè quello dell’igiene pubblica: è dunque giustificato che l’Amministrazione, nella fase istruttoria, abbia considerato in termini unitari i due spazi, simili per caratteristiche e destinazione, e a entrambi si riferisca la procedura istruttoria in esame.

4.3.1. Si può ora ricordare come l’art. 50, comma 5, del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, disponga che “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”: e il relativo potere “presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione” (C.d.S., V, 22 marzo 2016, n. 1189).

[b]4.3.2. Per vero, non vi può essere alcun dubbio che fosse qui legittimo e necessario intervenire con un provvedimento contingibile e urgente, ex art. 50, V comma, cit.: inutile era qualsiasi strumento ordinario, giacché si stava costì verificando una situazione tale da imporre un intervento indilazionabile, secondo quanto descritto nella relazione 18 giugno 2013 della A.S.L., e sopra ricordato sub § 1.3.2..[/b]

[color=red][b]4.4. In presenza di una siffatta emergenza sanitaria, la lamentata violazione degli artt. 7 segg. è certamente da respingere, anche soltanto perché “Non sussiste l’obbligo di avviso di avvio del procedimento nel caso di emanazione di un’ordinanza contingibile ed urgente, quando l’emanazione di siffatto provvedimento non possa tollerare il previo contraddittorio con l’interessato, a pena di svuotamento di quella effettività e particolare rapidità cui la legge preordina l’istituto in questione, con conseguente compromissione dei valori fondamentali quali quello della tutela della salute” (da ultimo C.d.S., V, 27 ottobre 2014, n. 5308).[/b][/color]

5. Passando agli ulteriori motivi, è intanto evidente che la differenza tra infestazione di ratti in atto e solo probabile è qui insignificante: di fatto, l’esistenza di svariate tane di tali animali nell’area è attestata dal verbale di sopralluogo del 15 ottobre 2013, in cui, tra l’altro si dà atto che l’ordinanza non è stata sostanzialmente eseguita; e, d’altra parte, è evidente che già la probabilità, unitamente agli altri elementi accertati, bastava a giustificare il provvedimento finale.

6.1. Per quanto riguarda le successive questioni proposte, queste possono essere esaminate congiuntamente, osservando anzitutto, che, in via generale, un provvedimento contingibile e urgente, emesso in un’accertata emergenza igienico-sanitaria, è legittimo in quanto si prefigga di darvi adeguata soluzione, e non è censurabile solo perché, contemporaneamente, non si pone lo scopo di fornire analoga tutela ad altri interessi, pubblici e privati, fermo restando il limite del rispetto dei principi generali dell’ordinamento, e, così, del principio di proporzionalità, e purché le prescrizioni adottate non comportino, per i loro prevedibili sviluppi, esiti opposti a quelli perseguiti con l’ordinanza.

6.2.1. Bisogna poi tenere presente che né l’ordinamento interno né quello internazionale – salvo sporadiche e specifiche pronunce, che non possono da sole condurre a conclusioni opposte – riconoscono un diritto attuale e personale all’abitazione, azionabile da qualsiasi individuo, e che gli attribuisca facoltà e poteri prevalenti su altrui posizioni soggettive e sulle normativa generale e speciale applicabili.

6.2.2. La massima parte delle norme richiamate dai ricorrenti individuano un obiettivo e fondano un indirizzo programmatico per la Comunità internazionale e i singoli Paesi, realizzato, ad esempio, con l’edilizia popolare; ma nessuna disposizione immediatamente cogente condiziona puntualmente lo sgombero di un’area occupata alla preventiva individuazione di soluzioni alternative d’alloggio, ferme restando le diverse valutazioni di merito delle competenti Autorità politico-amministrative.

6.2.3. Ancora, il diritto, per ogni persona, al rispetto “della propria vita privata e familiare” e “del proprio domicilio”, di cui all’art. 8, I comma, della Convenzione E.D.U., non esclude evidentemente legittime restrizioni, come lo stesso art. 8 stabilisce al II comma, laddove consente l’ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto, se prevista dalla legge e sia necessaria, tra l’altro, alla protezione della salute, ovvero dei diritti e delle libertà altrui.

[b]6.2.4. Insomma, salvo peculiari situazioni di necessità, che qui non si ravvisano, come non si può occupare un immobile altrui, egualmente non si può trasformare in abitazione – o addirittura in un insediamento – uno spazio inedificato, in contrasto pressoché con qualsiasi disposizione, da quelle in materia ambientale, a quelle urbanistico edilizie, a quelle igienico sanitarie, pretendendo poi di permanere nella situazione d’illegalità, in forza di un irretrattabile diritto all’abitazione, ovvero di un indefinito diritto a conservare ‘l’identità zigana’, il cui mantenimento (come facoltà inerente alla persona) non è in questione, finché non contrasti con norme positive cogenti, salva la loro eventuale incostituzionalità.[/b]

6.3.1. La tesi dei ricorrenti, per cui la conservazione dell’insediamento abusivo avrebbe dovuto essere comunque prevalente, anche sull’interesse collettivo alla salute, va allora respinta in radice.

Va peraltro subito soggiunto che, in disparte i toni suggestivi utilizzati nel ricorso (dove si immaginano decine di persone vaganti nell’area milanese dopo l’esecuzione, volontaria o coattiva, dell’ordinanza) non vi sono seri elementi che consentano di affermare che, in specie, i ricorrenti abbiano subito o abbiano potuto subire sproporzionati pregiudizi per effetto del provvedimento impugnato, anche riferendosi al gennaio 2014, quando all’ordinanza è stata data esecuzione dall’Amministrazione comunale.

Invero, dal verbale formato nell’occasione risulta che a tutti gli interessati, allontananti dall’insediamento abusivo, sia stata data possibilità di accoglienza nelle strutture comunali, accettata soltanto da sette persone, di cui tre bambini, di età peraltro ignota.

6.3.2. L’offerta di protezione e riparo temporaneo – ma nessuna norma positiva garantisce di più, e comunque la durata è discutibile – è stata dunque anche attuata; sebbene ciò non debba essere confuso con un generalizzato diritto all’abitazione, che, va ripetuto, non trova fondamento nell’ordinamento; e nulla inoltre dimostra che non sia stata garantita a qualcuno dei minori una continuità scolastica, che del tutto genericamente si afferma potenzialmente pregiudicata.

7. Il ricorso va, in conclusione, in parte respinto e in parte dichiarato improcedibile.

Le spese, compensate per metà, per la parziale soccombenza reciproca, sia pur virtuale, seguono per il resto la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione comunale, che liquida in € 4.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio addì 22 giugno 2017 con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente, Estensore

Fabrizio Fornataro, Consigliere

Roberto Lombardi, Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

Angelo Gabbricci

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