Data: 2017-07-23 05:27:32

autore dell’illecito, e proprietario dei terreni in caso di inquinamento

La Corte di giustizia UE si pronuncia su responsabilità solidale tra autore dell’illecito, e proprietario dei terreni in caso di inquinamento

[color=red][b]Corte di giustizia dell’Unione europea, sez. II, 13 luglio 2017, C-129/16, Ungheria c. Commissione europea[/b][/color]

Ambiente – Inquinamento – Responsabilità – Proprietario dei fondi – Ammissibilità- Condizioni.

Ambiente – Inquinamento – Sanzioni – Proprietario dei fondi – Condizioni.

Le disposizioni della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, lette alla luce degli articoli 191 e 193 TFUE devono essere interpretate nel senso che, sempre che la controversia di cui al procedimento principale rientri nel campo di applicazione della direttiva 2004/35, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, esse non ostano a una normativa nazionale che identifica, oltre agli utilizzatori dei fondi su cui è stato generato l’inquinamento illecito, un’altra categoria di persone solidamente responsabili di un tale danno ambientale, ossia i proprietari di detti fondi, senza che occorra accertare l’esistenza di un nesso di causalità tra la condotta dei proprietari e il danno constatato, a condizione che tale normativa sia conforme ai principi generali di diritto dell’Unione, nonché ad ogni disposizione pertinente dei Trattati UE e FUE e degli atti di diritto derivato dell’Unione (1).

L’articolo 16 della direttiva 2004/35 e l’articolo 193 TFUE devono essere interpretati nel senso che, sempre che la controversia di cui al procedimento principale rientri nel campo di applicazione della direttiva 2004/35, essi non ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, ai sensi della quale non solo i proprietari di fondi sui quali è stato generato un inquinamento illecito rispondono in solido, con gli utilizzatori di tali fondi, di tale danno ambientale, ma nei loro confronti può anche essere inflitta un’ammenda dall’autorità nazionale competente, purché una normativa siffatta sia idonea a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di protezione rafforzata e le modalità di determinazione dell’ammenda non eccedano la misura necessaria per raggiungere tale obiettivo, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. (2)

(1-2) I.- Con la sentenza in epigrafe, la Corte del Lussemburgo ritorna sul delicato tema dell’estensione della responsabilità da inquinamento nei confronti dei proprietari dei fondi interessati. Nella difficile opera di coordinamento fra i diversi ordinamenti nazionali e quello europeo, la Corte tenta una complicata opera di mediazione, partendo dalla disciplina europea e dai relativi principi. Nel caso de quopare legittimare una disciplina nazionale (quella ungherese) che presenta aspetti di notevole divergenza da quella italiana (ormai consolidatasi nel senso della mancanza di responsabilità in capo al proprietario incolpevole).
In particolare, la fattispecie rimessa alla Corte origina dall’impugnativa proposta da una impresa avverso un’ammenda inflitta a seguito dell’incenerimento illegale di rifiuti, avvenuto su un terreno di proprietà della stessa impresa, che aveva causato un inquinamento dell’aria.
In sede contenziosa il giudice ungherese, dubitando della conformità alla disciplina sovranazionale dell’ordinamento nazionale che estende la sanzione al proprietario del terreno interessato, ha rimesso la relativa questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato.
II.- La decisione della Corte europea, riassunta nelle due massime di cui in epigrafe, prende le mosse dalla ricostruzione della disciplina europea e di quella statale interessata.
In via preliminare la Corte:
a)    inquadra i principi del trattato evidenziando come, da un lato, l’articolo 191 - secondo cui la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela e si basa sul principio «chi inquina paga» - si limita a definire gli obiettivi generali dell’Unione in materia ambientale; dall’altro lato l’articolo 192 che affida al Parlamento europeo e al Consiglio, quindi secondo la procedura legislativa ordinaria, il compito di decidere le azioni da intraprendere per raggiungere detti obiettivi; alla stregua di tale inquadramento, pertanto, esclude che il principio “chi inquina paga” possa ex sé giustificare l’inapplicabilità della disciplina nazionale che punisce il proprietario incolpevole;
b)    formula un’ulteriore importante precisazione per delimitare l’operatività delle regole europee: l’inquinamento dell’aria non costituisce di per sé un danno ambientale contemplato dalla direttiva 2004/35, salvo che la lesione all’ambiente includa altresì il danno cagionato da elementi aerodispersi (nella misura in cui possono causare danni all’acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti, costituenti oggetto diretto della disciplina invocata).
Sulla scorta di tali precisazioni preliminari, la Corte precisa che il regime di responsabilità ambientale previsto dalla direttiva richiede che sia accertato dall’autorità competente un nesso causale tra l’azione di uno o più operatori individuabili e il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno. In definitiva, il regime di responsabilità istituito dalla direttiva 2004/35 si fonda sul principio di precauzione e sul principio «chi inquina paga»; a questo fine, tale direttiva impone agli operatori obblighi sia di prevenzione sia di riparazione.
Secondo la Corte, le regole europee prevedono la facoltà per gli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni più severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, compresa l’individuazione di altre attività da assoggettare ai precitati obblighi di prevenzione e di riparazione nonché l’individuazione di altri soggetti responsabili.
È in tale ottica che – nei termini riassunti nella prima massima - viene quindi scrutinata la più severa disciplina nazionale ungherese la quale, secondo la Corte, senza compromettere il principio della responsabilità ricadente in primo luogo sull’utilizzatore, ha la finalità di evitare una carenza di diligenza da parte del proprietario e di incoraggiare lo stesso ad adottare misure e a sviluppare pratiche idonee a minimizzare i rischi di danni ambientali; in tal modo essa contribuisce a prevenire il danno ambientale e conseguentemente a realizzare gli obiettivi della direttiva stessa.
Analoghe considerazioni sono svolte dalla Corte in merito alla sanzione amministrativa, nei termini riassunti nella seconda massima. In particolare, secondo la sentenza un’ammenda amministrativa inflitta al proprietario di un fondo a causa di un inquinamento illecito da lui non impedito e di cui non indica l’autore, può rientrare nel regime di responsabilità, purché la normativa che prevede un’ammenda simile, in conformità al principio di proporzionalità, sia idonea a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di protezione rafforzata perseguito dalla normativa che istituisce la responsabilità solidale, e le modalità di determinazione dell’ammenda non eccedano la misura necessaria per raggiungere tale obiettivo.
III.- Per completezza si segnala:
c)    per la più recente dottrina in materia di danno e ripristino ambientale alla luce dei principi europei, v. LEONARDI, La responsabilità in tema di bonifica dei siti inquinati: dal criterio soggettivo del “chi inquina paga” al criterio oggettivo del “chi è proprietario paga”? in Foro amm., 2015, 1; GRASSI, Bonifica ambientale di siti contaminati, in Diritto dell'ambiente, a cura di G. Rossi, Torino, 2015, 424 ss.; FERRARA - SANDULLI, inTrattato di diritto dell'ambiente, Milano, 2014; R. INVERNIZZI, Inquinamenti risalenti, ordini di bonifica e principio di legalità CEDU: tutto per l'“ambiente”, in Urbanistica e appalti, 2014, 8-9; AMOROSO, Nuovi rilievi sull'attività volta all'accertamento della responsabilità dell'inquinamento del sito, in Riv. giur. amb., 2006, 6; DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell'amministrazione del rischio, Milano, 2005; GOISIS, La natura dell'ordine di bonifica e ripristino ambientale ex art. 17 d. lgs. n. 22 del 1997: la sua retroattività e la posizione del proprietario non responsabile della contaminazione, in Foro amm.-C.d.S., 2004, n. 2; R. LOMBARDI, Il problema dell'individuazione dei soggetti coinvolti nell'attività di bonifica dei siti contaminati, in P.M. VIPIANA PERPETUA (a cura di), La bonifica dei siti inquinati: aspetti problematici, Padova, 2002, 111 ss.;
d)    sul principio “chi inquina paga”, cfr. Corte giustizia UE, sez. III, 4 marzo 2015, n. 534, in Foro it., 2015, IV, 293; Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario 2015, 3-4, 946, con nota di ANTONIOLI; Urbanistica e appalti, 2015, 635, con nota di CARRERA, secondo cui “La direttiva 2004/35/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi”;
e)    sulla natura e consistenza del danno ambientale cfr. Corte cost., 1 giugno 2016, n. 126 in Foro it. 2016, 11, I, 3409, (oggetto della News US 6 giugno 2016 ai cui riferimenti si rinvia), secondo cui “E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 311, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 Cost., nonché al principio di ragionevolezza, dal Tribunale ordinario di Lanusei”;
f)      sul riparto di responsabilità da inquinamento nell’ordinamento italiano cfr. Cons. Stato, Ad. plen., ordinanza 25 settembre 2013 n. 21 in Giornale dir. amm., 2014, 365 con nota di SABATO, e 13 novembre 2013 n. 25, in Corriere giur., 2013, 514, con nota di CARBONE; Giornale dir. amm., 2013, 729, con nota di BASSI; Urbanistica e appalti, 2013, 696, con nota di BECCARIA; Giur. it., 2014, 947 con nota di VIPIANA;
g)    per la applicazione concreta dei principi elaborati dalle decisioni della Corte di giustizia e dall’Adunanza plenaria, in relazione ai principi generali del diritto ambientale europeo (“chi inquina paga” e del “precauzione”), cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2015, n. 933 e 27 dicembre 2013, n. 6250; da ultimo, sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089 secondo cui “Ai sensi degli artt. 242 comma 1 e 244 comma 2, d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento, e cioè quelli che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato; d'altra parte se è vero, per un verso, che l'Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria - la quale impone al soggetto, che fa correre un rischio di inquinamento, di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione - per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra, pertanto, nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'accertamento del dolo o della colpa”;
h)    in sede legislativa, il recente decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 recante attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114;
i)      sul riparto di competenze legislative in materia di tutela dell’ambiente cfr. da ultimo l’ordinanza del T.a.r. per la Calabria 7 ottobre 2016 n. 1943 (oggetto della News US in data 12 ottobre 2016), secondo cui “Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della Legge Regionale n.8/2016 con riferimento all’art. 117 co. 2 lett. s ) Costituzione in quanto tale norma – che ha sospeso, nelle more dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, i procedimenti in corso per il rilascio delle valutazioni di impatto ambientale e delle autorizzazioni integrate ambientali per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento o recupero rifiuti sul o nel suolo - si pone in diretta violazione della disciplina nazionale, con cui il legislatore statale ha esercitato la propria competenza esclusiva; con gli artt. 11, comma 5, 13, commi 1 e 3, e 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) che stabiliscono termini certi per l’istruttoria e la definizione dei procedimenti autorizzatori, nonchè con gli artt. 11, 19, 25 26, 29 bis, 29 ter, 29 quater del medesimo Decreto Legislativo n. 152 nei quali si prevedono termini endoprocedimentali e di definizione del procedimento certi, dettati dal legislatore statale nell’esercizio del monopolio normativo che gli è riconosciuto”; Corte cost. 12 dicembre 2012, n. 278, in Foro it., 2013, I, 412 (cui si rinvia per ogni ulteriore riferimento); Diritto e giurisprudenza agraria, 2013, 2, 92 con nota di GORLANI, secondo cui “l'attribuzione esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema, di cui all'art. 117, comma 2, lett. s), cost., si riferisce all'"ambiente" in termini generali ed onnicomprensivi e premesso altresì che, in caso di sovrapposizione ad altri ambiti competenziali, la legislazione statale prevale rispetto a quella dettata dalle regioni o dalle province autonome, in materie di competenza propria, in considerazione della disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente, che inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto, configurandosi, quindi, la normativa statale come limite alla discrezionalità legislativa che le regioni e le province autonome hanno nelle materie di loro competenza”;
j)      Corte cost., 17 marzo 2015, n. 38, in Foro it. 2015, I, 1889 (cui si rinvia per ogni ulteriore approfondimento di dottrina e giurisprudenza), secondo cui: I) È incostituzionale l’art. 65 l.reg. Veneto 2 aprile 2014 n. 11, nella parte in cui prevede che la giunta regionale, con apposite linee guida, escluda determinati interventi a tutela della rete ecologica regionale «Natura 2000» dalla valutazione di incidenza ambientale (Vinca)”;II) “È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 l.reg. Veneto 2 aprile 2014 n. 11, nella parte in cui autorizza la giunta regionale a prevedere, nel rapporto con gli appaltatori, la compensazione dell’onere per la realizzazione dei lavori di manutenzione dei corsi d’acqua con il valore del materiale litoide estratto riutilizzabile, in riferimento all’art. 117, 2º comma, lett. s), cost.”; III) “È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 56, 1º e 4º comma, l.reg. Veneto 2 aprile 2014 n. 11, nella parte in cui consente la combustione controllata di materiali agricoli e vegetali sul luogo di produzione, effettuata secondo le normali pratiche e consuetudini, escludendo che essa costituisca attività di gestione dei rifiuti o di combustione illecita, in riferimento all’art. 117, 1º e 2º comma, lett. s), cost.”;

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