LUDOPATIA: legittime distanze dai luoghi sensibili anche per trasferimento (CdS 27/6/2017)
[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 27 giugno 2017 n. 3138[/b][/color]
Pubblicato il 27/06/2017
N. 03138/2017 REG.PROV.COLL.
N. 08470/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 8470 del 2016, proposto da:
Cattaruzza Michele, quale amministratore unico e legale rappresentante della Nordest Gaming s.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Lattanzi e Generoso Bloise, con domicilio eletto presso l’avvocato Filippo Lattanzi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 47;
contro
Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro, Raffaella Di Graci e Nicolò Paoletti, con domicilio eletto presso l’avvocato Nicolò Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 34;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Questura di Venezia, in persona del Questore pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. III n. 1078/2016, resa tra le parti, concernente la diffida sine die alla prosecuzione dell’attività di sala scommesse;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia, del Ministero dell’Interno e della Questura di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Francesco Cardarelli, in sostituzione dell’avv. Lattanzi, Ginevra Paoletti, in sostituzione dell’avv. N. Paoletti, e dello Stato Carmela Pluchino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Il signor Michele Cattaruzza, in qualità di legale rappresentante della Nordest Gaming s.r.l., titolare della sala pubblica da gioco sita in Venezia-Marghera, Piazza Mercato, n.13/C, ha chiesto al TAR per il Veneto l’annullamento del provvedimento del Comune di Venezia – prot. n.2016/255174 del 27 maggio 2016 – con il quale era stato diffidato all’esercizio della sala pubblica da gioco perché situata ad una distanza di 95 metri dal Municipio di Marghera ed a 295 metri da edifici scolastici, nonché dell’art. 30 del Regolamento Edilizio adottato con delibera del Commissario Straordinario con i poteri del Consiglio Comunale n.42 del 2 aprile 2015, che indica tali luoghi come “sensibili”.
L’impugnativa è stata affidata ai seguenti sei motivi: 1.Violazione dell’art. 30 del regolamento edilizio del Comune di Venezia n.42 del 2 aprile 2015, eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento, travisamento dei presupposti e difetto di istruttoria; 2.Eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento, violazione degli artt. 12 e 23-ter d.p.r. n.380/2001, dell’art. 29 della l. reg. n.11/2004 e della l. n.1902/1952; 3.Nullità dell’atto per violazione delle norme relative alla sua formazione, eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento, travisamento dei presupposti e difetto di istruttoria, violazione degli artt. 7, 21-quinquies, 21-octies e 21-nonies l. 241/90, erroneo esercizio dei poteri inibitori e/o di autotutela ed acquiescenza, violazione del diritto alla partecipazione all’iter amministrativo di formazione del provvedimento pregiudizievole da parte del privato destinatario dell’atto; 4.In via subordinata violazione dell’art. 7, comma 10 d. l. n.158/2012, convertito con l. n.189/2012, nonché in subordine dell’art. 20, comma 3 l. reg. n.6/2015, eccesso di potere, difetto assoluto di competenza, anche con riferimento all’art. 1, comma 534-bis, l. n.208/2015; 5.In via di ulteriore subordine violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento; 6.Violazione degli artt. 22, 23 e 26 e ss. dello Statuto del Comune di Venezia, eccesso di potere, illogicità e difetto assoluto di istruttoria.
2. L’adito tribunale, nella resistenza del Comune di Venezia, con la sentenza segnata in epigrafe, rilevato preliminarmente il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno, ha respinto il ricorso, giudicando infondati tutti i motivi di censura articolati.
In particolare: a) quanto alla prima censura, concernente l’applicabilità del divieto di cui all’art. 30 del regolamento edilizio alle sole aperture di nuove sale giochi e non ai trasferimenti di queste in nuovi locali, il tribunale ha sottolineato che essa trascura il fatto che la “apertura” della (medesima) sala giochi in locali diversi dai precedenti va intesa in senso fisico-materiale, con specifico riferimento alla predisposizione dei locali ove viene effettivamente collocata la sala giochi, anche perché una diversa interpretazione, quale quella invocata, porterebbe sostanzialmente ad una disapplicazione parziale del divieto; b) quanto al secondo motivo, concernente la mancata entrata in vigore del regolamento edilizio e l’estraneità della materia trattata rispetto all’art. 30, il tribunale ha osservato che la sua infondatezza deriva dal trovarsi il regolamento in regime di salvaguardia e dal fatto che è demandata alla sfera discrezionale del Comune dettare le norme che stabiliscano divieti all’uso di immobili da parte dei privati, anche qualora tale uso non comporti cambio di destinazione urbanistica rilevante ai sensi dell’art. 23-ter D.P.R. n.380/2001, dal momento che il contrasto con l’approvando Regolamento Edilizio può sussistere anche nelle ipotesi in cui la categoria urbanistica rimanga invariata e ciononostante l’uso concreto che viene fatto dell’immobile venga reputato in contrasto con il regolamento edilizio in corso di approvazione; c) era poi infondato il terzo motivo, con il quale il ricorrente insinuava un’acquiescenza del Comune al suo trasferimento e la mancata adesione della Questura di Venezia alle determinazioni comunali, giacché non vi era stato alcun comportamento inequivoco del Comune cui ricollegare la pretesa acquiescenza al trasferimento della sala giochi e non poteva neppure sostenersi la formazione di un silenzio-assenso, atteso che l’interessato non aveva mai inoltrato al Comune alcuna istanza in tal senso, né poteva invocarsi l’istituto dell’autotutela, in quanto il gravato provvedimento comunale non annullava, né revocava alcun precedente provvedimento autorizzatorio; tanto meno poteva invocarsi la violazione di garanzia partecipativa, trattandosi di attività amministrativa vincolata, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, prima alinea, l. 241 del 1990. Nemmeno poteva apprezzarsi il dedotto difetto di istruttoria, giacchè, qualora il Comune avesse richiesto informazioni alla Questura di Venezia ed avesse appreso che l’autorizzazione del 28 aprile 2015 concerneva il mero trasferimento di sala giochi preesistente, il provvedimento comunale impugnato non avrebbe potuto anche in questo caso avere un diverso contenuto, stante l’applicazione in ogni caso del divieto di cui all’art. 30 cit. per le ragioni sopra esposte; d) era infondato anche il quarto motivo proposto in via subordinata, con il quale si sosteneva la nullità del regolamento edilizio comunale in quanto adottato in assenza di una norma che conferisse il potere di istituire divieti specifici riguardanti la rete di offerta di gioco pubblico: secondo il T.A.R., la definizione delle distanze minime tra le sale da gioco e determinati luoghi “sensibili”, sia che la si voglia ricomprendere nella categoria di “tutela della salute” o nella categoria di “governo del territorio”, rientrava nella potestà legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, con la conseguenza di non appartenere alla esclusiva competenza statale, né si poteva giungere ad una pronuncia di illegittimità mediante l’art. 7, comma 10, d. l. n.158 del 2012, convertito con l. 189 del 2012, poiché tale norma parla di mera “pianificazione” tra lo Stato e la Conferenza Unificata in merito alla “progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco”; quanto poi alla censura concernente la data di adozione del Regolamento Edilizio (2 aprile 2015) prima della l. reg. n.6 del 2015 (il cui articolo 20 conferisce espressamente ai Comuni il potere di stabilire la distanza minima tra le sale da gioco ed i luoghi reputati sensibili), è stata sottolineato il carattere di norma di salvaguardia del regolamento non ancora approvato in sede regionale, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n.220/2014 e la cospicua giurisprudenza amministrativa ivi citata, secondo le quali il generale potere normativo regolamentare previsto in materia di pianificazione e di governo del territorio di cui all’art. 50, comma 7, d. lgs n.267/2000 giustifica comunque il potere regolamentare del Comune di arginare il fenomeno della ludopatia; e) era infondato pure il quinto motivo non essendo irragionevolezza la previsione della misura della distanza “in linea d’aria”, essendo l’unica che consentisse una certezza univoca della distanza tra due luoghi; f) ugualmente infondato era infine il sesto motivo di ricorso (concernente l’omessa motivazione nel regolamento del richiamo ai pareri negativi espressi da alcune municipalità del Comune di Venezia e la mancata partecipazione della Consulta cittadina per il decoro della città), atteso che lo stesso art. 3, comma 2, della l. 241 del 1990 esclude l’obbligo di motivazione agli atti normativi e non sussistevano specifiche disposizioni dello Statuto del Comune di Venezia che prevedevano come necessaria la partecipazione della predetta Consulta al procedimento di formazione ed adozione del Regolamento Edilizio.
3. Con atto di appello notificato il 25 ottobre 2016 il signor Michele Cattaruzza, nella qualità in atti, ha chiesto la riforma della predetta sentenza, deducendo: a) difetto di motivazione e contraddittorietà, violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del regolamento edilizio del Comune di Venezia adottato con delibera del commissario straordinario con i poteri del consiglio comunale n. 42 del 2 aprile 2015. Eccesso di potere, illogicità e disparità di trattamento, travisamento dei presupposti e difetto d’istruttoria: il giudice di primo grado non poteva asserire che il regolamento intendesse cristallizzare la situazione delle sale da gioco, evitando di indicare coloro che già gestivano sale a distanza inferiore a 500 m. da “luoghi sensibili”; il regolamento intendeva solamente impedire l’aumento delle predette sale, anche perché la sede preesistente si trovava già allora a distanza inferiore di 500 m. dai predetti luoghi e l’assimilazione del trasferimento ad una domanda nuova comportava distorsione della concorrenza e ulteriore sviluppo del fenomeno; b) Difetto e perplessità della motivazione, eccesso di potere per illogicità e disparità di trattamento. Violazione degli artt. 12 e 13 ter del d.p.r. 380 del 2001 e dell’art. 29 della l. reg. del Veneto n. 11 del 2004 e della l. 3 novembre 1952 n. 1902: la decisione del giudice di primo grado sull’applicabilità delle misure di salvaguardia relative al regolamento edilizio è errata, così come lo è altrettanto l’inserimento di norme di dettaglio trattate alla stregua di misure di salvaguardia; la fattispecie non riguardava cambi di destinazione urbanistica, le disposizioni attuative di norme di legge e dunque la stessa non poteva essere trattata alla stregua di una norma di principio; c) Nullità dell’atto per violazione delle norme relative alla sua formazione, eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento, travisamento dei presupposti e difetto d’istruttoria. Violazione dell’art. 7 e degli artt. 21 quinquies, 21 octies, 21 nonies l. 7 agosto 1990 n. 241: le informative della Questura e l’intervento del Comune dopo un anno dal trasferimento facevano maturare gli estremi dell’acquiescenza, né l’autotutela poteva essere esclusa ed ancora non vi erano ragioni per escludere la partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo; d) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d. l. n.158 del 2012 convertito nella l. 189 del 2012, nonché dell’art. 20 co. 3 della l. reg. n. 6 del 2015. Difetto di competenza e di istruttoria, motivazione insufficiente: la legge regionale del Veneto che istituisce il potere in forza del quale il Comune è intervenuto è successiva all’approvazione del regolamento e dunque è errata la sentenza di primo grado laddove non ammette la persistente vigenza all’epoca della competenza statale espressa dalla l. 189 del 2012, in ogni caso priva di una previsione generale in materia di limiti di distanza, intervenuti per le sole nuove aperture con la legge regionale del 2015; e) Violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere, difetto di motivazione, illogicità e disparità di trattamento: l’appellante ha criticato sul punto la sentenza impugnata e ha ribadito il difetto d’istruttoria del provvedimento in quanto mancante di una previa elencazione dei luoghi sensibili e basato su inadeguate misurazioni in linea d’aria, in luogo del criterio del percorso pedonale più breve; f) Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dello Statuto del Comune di Venezia ed in particolare degli artt. 22 e 23 e dei successivi artt. 26 e ss. Eccesso di potere, difetto assoluto di istruttoria ed illogicità: sono state rinnovate le censure concernenti il difetto di motivazione da cui sarebbe affetto il regolamento e la mancata presa in considerazione dei pareri delle municipalità, peraltro espressione della volontà cittadina.
4. Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia, il quale ha sostenuto l’improcedibilità dell’appello per l’avvenuta approvazione del nuovo regolamento in materia che in ogni caso vanificherebbe le aspettative dell’interessato e, comunque, la sua infondatezza.
5. Alla pubblica udienza del 18 maggio 2017 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
6. La Sezione ritiene di poter prescindere dall’eccezione di improcedibilità dell’appello, sollevata dall’amministrazione appellata, stante l’infondatezza nel merito del gravame, anche sulla scorta della recentissima sentenza della Corte Costituzionale 11 maggio 2017 n. 108, la quale ha affrontato molti delle tematiche della controversia.
6.1. L’occasione della citata pronuncia del giudice delle leggi è stata data dalla questione di legittimità costituzionale della legge regionale Puglia n. 43 del 2013, la quale all’art. 7 comma 2 ha stabilito che, fuori dei casi previsti dall’art. 110, comma 7, del TULPS – che individua apparecchi per il gioco lecito di ridotta “pericolosità” sotto il profilo considerato – “l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette”.
E’ da rilevare che il contestato art. 30 del regolamento edilizio di Venezia n. 42 del 2 aprile 2015 stabilisce:
“1.A tutela di determinate categorie di soggetti maggiormente vulnerabili e per prevenire fenomeni da gioco d’azzardo patologico, è vietata l’apertura di sale pubbliche da gioco e la nuova collocazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito in locali che si trovino ad una distanza inferiore a 500 m. da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali operanti in ambito sanitario o socio sanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile o pertinenze di luoghi di culto a frequentazione esterna (patronati, oratori, casa della solidarietà, case di accoglienza),
2.Costituiscono luoghi sensibili da cui rispettare le distanze minime già individuate al precedente comma anche i seguenti luoghi: parchi pubblici, caserme, aree a servizi sportivi, cliniche, luoghi di particolare valore civico, edifici pubblici e musei:
3.La distanza va calcolata in “linea d’aria” dal luogo sottile e qualsiasi sua pertinenza e tutti gli ingressi al pubblico del locale ospitante i giochi oggetto del presente articolo”.
[b]La Corte Costituzionale sul punto ha ritenuto del tutto condivisibile il criterio secondo il quale la distanza lineare indicata dalla norma regionale pugliese – del tutto identico a quello della previsione regolamentare veneziana – segna il distacco minimo delle attività avute di mira rispetto alle aree tutelate (luoghi sensibili), sia pure in presenza di un’infelice doppia negazione che rende l’interpretazione non immediata e che è assente invece della norma che governa la controversia ora in esame.[/b]
Ciò è sufficiente a determinare l’infondatezza del quinto motivo di appello.
[b]6.2. La Corte Costituzionale ha richiamato poi la propria costante giurisprudenza sull’assenza di una violazione dell’art. 117, comma 2, lett. h della Costituzione, ossia dell’invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006): non si possono ricondurre infatti a tale materia previsioni che prevedano distanze minime dai luoghi “sensibili” per la collocazione di sale e apparecchi da gioco (sentenza n. 300 del 2011), poiché la ratio e la finalità della disciplina stabilita non sono quelle di contrastare il gioco legale, né di disciplinare direttamente le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti e nemmeno per individuare i giochi leciti, aspetti questi che ricadono nell’ambito della materia “ordine pubblico e sicurezza”, ma riguardano essenzialmente una misura di “prevenzione logistica” della “dipendenza da gioco d’azzardo” che è stata dapprima sperimentata a livello locale tramite regolamenti e ordinanze di autorità comunali, di cui quindi la Corte Costituzionale riconosce la piena ammissibilità e legittimità tanto da affermare che “con la formula «discipline regolatorie […] emanate a livello locale» il legislatore intendeva riferirsi a quelle adottate dai comuni, in applicazione delle norme che regolano i poteri dei relativi organi rappresentativi: norme che – come riconosciuto anche da questa Corte (con particolare riguardo ai sindaci, sentenza n. 220 del 2014) – si prestano ad essere interpretate come idonee a legittimare l’adozione di misure di contrasto della ludopatia, anche per quanto attiene all’imposizione di distanze minime delle sale da gioco rispetto ai luoghi “sensibili” – per essere poi disciplinata più organicamente a livello legislativo da larga parte delle Regioni. Nello specifico rientra plausibilmente la previsione di distanze minime delle sale da gioco rispetto a luoghi cosiddetti “sensibili”: frequentati, cioè, da categorie di soggetti che si presumono particolarmente vulnerabili di fronte alla tentazione del gioco d’azzardo.[/b]
Ciò è utile per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della “dipendenza da gioco d’azzardo”: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo.
Ed è innegabile che la disposizione in esame persegue in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia di legislazione concorrente «tutela della salute» – art. 117, terzo comma, Cost.) – materia insistita nel rango della cosiddetta potestà concorrente Stato -Regioni, in cui può rientrare la protezione delle fasce di consumatori psicologicamente deboli a fronte dell’offerta dei giochi in termini di prevenzione di “forme di gioco cosiddetto compulsivo” (sentenza n. 300 del 2011). Perciò in questo campo l’autorità comunale o autonomamente o facendo applicazione di leggi regionali può inibire un’attività pure autorizzata senza invadere il campo demandato alle valutazioni dell’autorità di pubblica sicurezza.
Ad abundantiam si deve rammentare che analoghi regolamenti comunali hanno previsto distanze non inferiori ai 1000 m. – vedi Comune di Bologna (Cons. Stato, III, 10 febbraio 2016 n. 579).
[b]Sulla scorta di quanto osservato e dell’interesse pubblico perseguito non può pertanto condividersi la distinzione, su cui insiste l’appellante, tra apertura di una nuova sala da giochi ed il suo mero trasferimento in altro locale, anche a distanza ridotta: se la distanza dai “luoghi sensibili” costituisce una misura ragionevole ed utile per mettere un freno alla ludopatia, sarebbe del tutto illogico ammettere il superamento delle distanze in caso di trasferimento di una sala da giochi già esistente.[/b]
Ma il principio vale anche allorché, come nel caso di specie, la presenza prima del trasferimento di una sala giochi ricada al di sotto dei discussi 500 metri; se questa è una realtà preesistente a qualsiasi disposizione contenente il divieto in questione, disposizione che secondo la Corte Costituzionale può intervenire anche su iniziativa comunale anche in assenza di una corrispondente legge regionale, così come avvenuto nella generalità dei casi, non potranno certo intervenire provvedimenti repressivi, poiché il fine delle disposizioni è comunque quello di “porre un freno” all’esistente.
Alla stregua di tali considerazioni sono da respingere il primo, il secondo ed il quarto motivo di censura.
6.3. Restano da esaminare le censure di cui al terzo ed al sesto motivo, il primo concernente una presunta acquiescenza al trasferimento da parte degli uffici comunali e il mancato rispetto delle norme concernenti l’autotutela ed il coinvolgimento dell’interessato nel procedimento ed il secondo la mancata considerazione dei pareri delle municipalità cittadine.
Quanto al primo profilo, la Sezione è dell’avviso che le generiche ed apodittiche argomentazioni dell’appellante non sono idonee a scalfire le ragionevoli e convincenti conclusioni dei primi giudici, non essendo stato in alcun modo provato che il Comune abbia tenuto comportamenti obiettivamente idonee a dimostrare la pretesa “acquiescenza” trasferimento della sala giochi, tanto più che alcuna istanza o comunicazione in tal senso risulta essere stata presentata dall’interessato, il che esclude tanto la configurabilità di un’ipotesi di “silenzio-assenso” che di un’eventuale revoca del provvedimento autorizzatorio implicito ed esclude altresì la pretesa violazione delle garanzie procedimentali, l’atto de qua essendo evidentemente un atto vincolato.
Quanto al preteso vizio di motivazione da cui sarebbe affetto il regolamento per la asserita mancata considerazione dei pareri delle municipalità cittadine non merita censura la motivazione della sentenza impugnata che ha richiamato il principio, espresso dall’art. 3 l. 241 del 1990 e successive modificazioni, secondo cui gli atti normativi regolamentari non hanno necessità di essere motivati; ciò senza contare che non è stata fornita alcuna prova di una eventuale diversa previsione statutaria, come correttamente evidenziato dai primi giudici.
7. Per le ragioni ora esposte l’appello deve essere respinto.
La peculiarità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaele Prosperi Carlo Saltelli