Impianti di telefonia mobile: il regolamento comunale per il corretto insediamento sul territorio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 5.5.2015
La Terza sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 5 maggio 2017 ha ripercorso gli orientamenti della giurisprudenza in ordine alla portata applicativa dell’art. 8, comma 6, della legge 36/2001 secondo la quale “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l´esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”, ha una formulazione così sintetica (e generica) da lasciare aperte diverse soluzioni interpretative, ed è stata oggetto di un’intensa elaborazione giurisprudenziale. Un primo approdo della giurisprudenza amministrativa è costituito dall’aver distinto detto potere regolamentare dalla tutela igienico-sanitaria in senso proprio - esaurientemente assicurata dalla fissazione, ad opera dello Stato, di livelli massimi di esposizione inderogabili – riconducendolo al generale potere di pianificazione delle utilizzazioni del territorio, in questo caso specificamente rivolto a conseguire finalità ulteriori di tutela paesaggistica e culturale (“corretto insediamento urbanistico e territoriale” degli impianti) e di tutela ambientale (“minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici”) sull´intero territorio comunale. Ad esso è seguita l’emersione della consapevolezza che l´esercizio dei poteri di pianificazione previsti (implicitamente) dall’art. 8, comma 6, ed in particolar modo la localizzazione dei siti di installazione degli impianti di radiotelefonia mobile, alla luce della qualificazione giuridica e delle caratteristiche delle reti di tale servizio pubblico, non possa avvenire applicando i procedimenti urbanistici ordinari, ma richieda la previa valutazione di compatibilità con le esigenze operative del servizio, attraverso un confronto dialettico con i gestori delle reti (i quali sono in possesso delle informazioni e conoscenze tecniche necessarie) e la loro partecipazione propositiva. Ad orientare decisamente l’interpretazione della norma verso principi consolidati, è intervenuta la Corte costituzionale che, nell’esaminare la legittimità costituzionale di disposizioni legislative che prevedevano distanze minime da una serie di categorie di siti sensibili, ha affermato, con le sentenze n. 331/2003 e n. 307/2003, il principio secondo il quale tali disposizioni sono illegittime se pongono limiti generali che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbero addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, con la conseguenza che i «criteri di localizzazione» si trasformerebbero in «limitazioni alla localizzazione». Mentre le disposizioni poste a tutela di siti sensibili sono legittime se comunque consentono «una sempre possibile localizzazione alternativa» e non determinano invece «l´impossibilità della localizzazione». Coerentemente a tali indicazioni, la giurisprudenza di questa Sezione può ormai dirsi consolidata, nel senso che: - non sono legittimi limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, III, n. 1955/2014), né limiti di carattere generale giustificati da un’esigenza di tutela generalizzata della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili (cfr. Cons. Stato, III, n. 1955/2014), il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici; - il regolamento comunale previsto dall’art. 8, comma 6, della legge 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall´esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale (cfr. Cons. Stato, III, n. 723/2014); - invece, deve ritenersi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell´impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8, cit., prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti purché sia comunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale (cfr. Cons. Stato, III, n. 306/2015); di conseguenza possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono (in generale) la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole ed ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree (cfr. Cons. Stato, n. 3085/2015). In sintesi, dunque, la pianificazione comunale di settore può interdire agli impianti anche ampie aree, purché ciò sia riconducibile ad uno degli interessi previsti dalla norma, e purché ciò, consentendo localizzazione in aree alternative, non determini difficoltà di funzionamento al servizio – circostanze che devono essere verificate in concreto attraverso il confronto con gli operatori. Aggiunge il Collegio che tale approccio metodologico - tenuto conto che si tratta di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti (ambiente, paesaggio) e che la disciplina conformativa prevede comunque un punto di equilibrio tale da salvaguardare la libertà di iniziativa economica - riguarda non soltanto le installazioni di nuovi impianti, ma anche la (eventuale) rilocalizzazione di quelli esistenti. Gli impianti esistenti non possono ritenersi esenti da qualunque intervento conformativo. Al contrario, la tutela della concorrenza e la rilevanza del legittimo affidamento degli operatori sulla possibilità di continuare a svolgere nel tempo l’attività autorizzata, si traduce nella necessità di una specifica motivazione in ordine alla possibilità di reperire siti di installazione alternativi, dove rilocalizzare gli impianti, a condizioni tecnicamente ed economicamente sostenibili. In ogni caso, l’individuazione di siti alternativi e la valutazione sulla loro idoneità non può che prendere avvio dall’iniziativa dei gestori, i quali, nel confronto procedimentale con i Comuni, sono gli unici soggetti in possesso di adeguate conoscenze sulle esigenze del servizio e sui margini di “elasticità” di organizzazione delle proprie reti, e quindi in grado di proporre delle soluzioni alternative adeguate (ovvero di far constare la mancanza di esse e la conseguente necessità di mantenere le installazioni esistenti)."
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