Sulla necessità della convenienza economica dell'affidamento in house per l'utilizzo del particolare modello.
[color=red][b]Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1519 del 3 aprile 2017[/b][/color]
Pubblicato il 03/04/2017
N. 01519/2017REG.PROV.COLL.
N. 06503/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6503 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
La xxxx Service Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Filippo Panizzolo, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
nei confronti di
yyyy Asl Ta S.r.l. Unipersonale non costituito in giudizio;
zzzz Italiana S.r.l. non costituito in giudizio;
wwww Società Cooperativa non costituito in giudizio;
per l’ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato - sez. III n. 5732/2015
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale di Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 il Cons. Francesco Bellomo e uditi per le parti gli avvocati Michele Perrone e Filippo Panizzolo;
1. Con il ricorso in epigrafe Rti xxxx Service Srl agisce per l'ottemperanza alla sentenza n. 5732/2015 del Consiglio di Stato, che ha respinto l’appello avverso la sentenza n. 3042/2014 emessa dal Tar Puglia, la quale, in accoglimento di due ricorsi (riuniti) proposti da zzzz Italiana s.r.l. e xxxx Service s.r.l., annullava gli atti con i quali l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto (ASL TA) aveva affidato in house servizio di pulizia e sanificazione e poi aveva affidato il servizio a yyyy ASL TA s.r.l., revocando la procedura di gara indetta per l’affidamento
Questi nel dettaglio gli atti autonomamente lesivi annullati:
a) DDG n. 603 del 14 maggio 2014 avente ad oggetto "yyyy ASL TA unipersonale: approvazione business plan e affidamento servizio di pulizia";
b) DDG n. 687 del 3 giugno 2014 avente a oggetto “yyyy ASL TA unipersonale: approvazione business plan e affidamento servizio di pulizia -differimento”
c) DDG n. 859 del 18 luglio 2014 avente ad oggetto "yyyy ASL TA unipersonale - deliberazioni n. 603 e 687/2014 - approvazione business plan e affidamento servizio di pulizia presso le strutture ospedaliere dell'Asl di Taranto - annullamento in autotutela - riapprovazione business plan e affidamento servizio alla società yyyy ASL TA unipersonale;
d) delibera n. 887/2014, con cui, tra l'altro, è stato formalizzato l'affidamento alla società in house yyyy e si è proceduto a revocare la procedura di gara indetta con deliberazione del C S n. 986/2010.
Nella ricostruzione operata dal Consiglio di Stato, il giudice di primo grado ha giudicato illegittima sia l’originaria delibera n. 603, in quanto approvativa di un business plan fondato su un computo del costo del lavoro inferiore a quello minimo previsto nella procedura inizialmente indetta (e poi revocata), sia la successiva delibera n. 859 del 2014 (adottata al fine di correggere il predetto errore), in quanto, in ogni caso, viziata dal difetto del presupposto della convenienza economica della gestione del servizio in house, così come deliberata, rispetto agli oneri che sarebbero stati sostenuti per effetto dell’affidamento dell’appalto in esito alla gara originariamente bandita.
2. Con l’unico motivo di appello l’ASL TA ha criticato la correttezza del giudizio relativo alla mancanza di convenienza economica dell’affidamento del servizio a yyyy, deducendo, in particolare, l’erroneità dell’assunzione, quale parametro di valutazione, del costo dell’appalto originariamente messo a gara ed assumendo, in ogni caso, l’idoneità del (secondo) business plan, approvato con la deliberazione n. 859 del 2014, ad attestare la congruità degli oneri della contestata assegnazione dell’appalto alla propria società in house.
Il Consiglio di Stato, dopo aver premesso che in un precedente su analoga questione l’affidamento in house era stato ritenuto precluso ai sensi dell’art. 4, commi 7 e 8, del d.l. 95/2012, conv. nella legge 135/2012, ha respinto tale censura, ritenendo corretta la valutazione del Tar.
Ha pertanto concluso «che il contestato affidamento diretto dell’appalto alla yyyy dev’essere giudicato illegittimo, siccome fondato sull’erroneo presupposto della sua convenienza economica (rispetto agli oneri che avrebbe sopportato l’Azienda con l’esternalizzazione del servizio)».
3. A fronte dell’inerzia dell’ASL TA nell’ottemperare a detta sentenza, il Rti xxxx Service Srl ha domandato ai sensi dell’art. 112 c.p.a. l’adozione degli opportuni provvedimenti di esecuzione, eventualmente un commissario ad acta, nonché la condanna ex art. 114 c.p.a. l'Amministrazione al pagamento di una sanzione per il ritardo nell’esecuzione.
Con motivi aggiunti depositati il 6 ottobre 2016 ha domandato la declaratoria di nullità, per violazione e/o elusione del giudicato degli atti successivamente adottati, ossia:
- deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Locale di Taranto, n. 1619 del 28.7.2016 avente ad oggetto "Servizio di pulizia presso le Strutture Sanitarie Territoriali e le aree comuni delle Strutture Ospedaliere della ASL Taranto-Sentenza del Consiglio di Stato n. 5732/2015-Decreto Legislativo n. 50 del 18/04/2016-articolo 192 "Regime degli affidamenti in house" - Provvedimenti";
- deliberazione DG n. 1544 del 23.10.2015 avente ad oggetto l'approvazione del disciplinare tecnico; della nota dell'Azienda Sanitaria Locale di Taranto-Area Gestione del patrimonio, prot. n. 063804/B del 5.8.2016, trasmessa via p.e.c. in pari data, di comunicazione della deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Locale di Taranto n. 1619 del 28.7.2016.
Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, che nella memoria depositata il 27 febbraio 2017 ha eccepito l’incompetenza del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 113 c.p.a., posto che la sua sentenza si è limitata a respingere l’appello.
Con memoria depositata il 4 marzo 2017 la Cascina ha replicato a tale eccezione, osservando che il contenuto conformativo della sentenza di appello è diverso e più ampio della sentenza di primo grado, che è stata confermata con motivazione in parte diversa.
La causa è passata in decisione alla udienza camerale del 16 marzo 2017.
4. Preliminarmente il Collegio deve esaminare la propria competenza a decidere, che ha natura funzionale inderogabile (art. 14, comma 3 c.p.a.).
Ai sensi dell’art. 113 c.p.a. “il ricorso si propone al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado”.
La ricorrente assume la competenza del Consiglio di Stato sul presupposto che la propria sentenza n. 5732/2015 abbia confermato con diversa motivazione la sentenza n. 3042/2014 del Tar Lecce (in verità la ricorrente si è spinta ad affermare – tanto nel ricorso introduttivo quanto nei motivi aggiunti – che il Consiglio di Stato abbia riformato parzialmente la sentenza del Tar, ma verosimilmente si tratta di un’improprietà lessicale).
Ciò perché il Tar ha affermato che «l’istituto dell’in house providing, più che un’eccezione al diritto comunitario degli appalti e delle concessioni, è a sua volta espressione di un principio generale riconosciuto sia dal diritto dell’Unione che dall’ordinamento nazionale: trattasi, segnatamente, del principio di auto-organizzazione amministrativa o di autonomia istituzionale, in forza del quale gli enti pubblici possono organizzarsi nel modo ritenuto più opportuno per offrire i loro servizi o per reperire le prestazioni necessarie alle loro finalità istituzionali», laddove il Consiglio di Stato ha invece sostenuto che «il modello organizzativo dell’in house providing è stato recentemente decifrato da questa Sezione (Cons. St., sez. III, 7 maggio 2015, n.2291) come modalità eccezionale, rispetto a quella ordinaria della scelta dell’affidatario in esito a procedure concorrenziali, e, con particolare riferimento ad una situazione identica a quella qui controversa (affidamento diretto alla yyyy ASL BR s.r.l. da parte della A.S.L. di Brindisi del servizio di pulizia e di sanificazione), precluso dal combinato disposto dell’art.4, commi 7 e 8, d.l. n.95 del 2012(che obbligano, per un verso, le pubbliche amministrazioni ad acquisire beni e servizi mediante procedure concorrenziali e che consentono, per un altro verso, l’affidamento diretto a società a totale partecipazione pubblica nelle sole ipotesi di gestione di servizi di interesse generale, mentre quello in questione esula dall’ambito di tale eccezione, attenendo a un servizio strumentale all’amministrazione affidataria del servizio) ».
In effetti potrebbe dubitarsi che tra le due proposizioni esista un insanabile contrasto rispetto al thema decidendum.
[b]Nel precedente menzionato – effettivamente relativo a vicenda analoga – la Sezione aveva ritenuto l’affidamento in house illegittimo per violazione dell’art. 4, comma 7, del d.l. 95/2012, il quale, al dichiarato fine di “evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale”, ha stabilito che a decorrere dall’1 gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni “nel rispetto dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo”.[/b]
Il Tar, invece, aveva respinto il motivo di censura proposto dalla ricorrente alla luce del successivo comma 8, secondo cui “l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house”, ritenendo tale possibilità sopravvissuta alla sentenza della Corte costituzionale n. 229/2013 (che aveva dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni dell’art. 4, tra cui il predetto comma 8), in quanto la disposizione era ricognitiva dei principi comunitari sull’in house nel campo degli appalti e dei servizi pubblici.
Più precisamente il Consiglio di Stato aveva bensì ritenuto l’in house un’eccezione al diritto comunitario della concorrenza, il quale richiede che l’affidamento degli appalti pubblici avvenga mediante la gara, ma sempre considerando che la disciplina comunitaria (oggi contenuta nell’art. 12 della direttiva 24/2014/UE) consente tale forma di affidamento, lasciando al legislatore nazionale la facoltà di limitarla.
In altri termini, il ragionamento della Sezione era preordinato a rilevare l’operatività del divieto di cui 4, comma 7, del d.l. 95/2012, stigmatizzando sotto tale aspetto il convincimento del Tar, che aveva ritenuto di neutralizzarlo alla luce dei principi comunitari.
Nel presente caso, invece, il Tar non si è pronunciato sull’applicabilità o meno di tale norma, che nella sua sentenza non viene neppure citata.
Ma, al di là dell’esistenza di una contrapposizione tra le sentenze di primo e secondo grado in ordine alla legittimità dell’affidamento in house sotto tale profilo, il Collegio ritiene che tale punto non faccia parte del giudicato e la conferma della sentenza del Tar sia avvenuta sulla base della stessa motivazione.
In primo luogo, nel dispositivo è statuito semplicemente che «Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra tutte le parti le spese di giudizio».
In secondo luogo, nella motivazione in nessun punto si fa riferimento ad una conferma della sentenza “con diversa motivazione”.
Al contrario, la motivazione è quasi interamente riservata allo scrutinio della questione relativa alla convenienza economica dell’affidamento in house, che il Tar aveva escluso, con valutazione ritenuta corretta dal Consiglio di Stato:
«Occorre, al riguardo, rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il TAR non ha arbitrariamente sindacato il merito della scelta dell’affidamento in house ma ha correttamente scrutinato l’attendibilità della motivazione dichiaratamente assunta dalla stessa amministrazione a sostegno di quella decisione e, cioè, la convenienza economica dell’affidamento diretto alla propria società, rispetto alla selezione del contraente in esito ad una pubblica gara.
[b]Così chiarito che la verifica della fondatezza delle ragioni addotte dalla stessa Azienda a sostegno della scelta dell’internalizzazione del servizio di pulizia e di sanificazione attiene direttamente alla disamina della coerenza e della correttezza della stessa motivazione della contestata opzione gestoria (e non si estende fino ad un inammissibile sindacato del merito della relativa scelta), rileva il Collegio, per un verso, che il TAR ha correttamente assunto come parametro di valutazione della legittimità di quest’ultima proprio la stima dei costi operata dalla ASL TA negli atti della gara inizialmente indetta (da valersi quale l’unico criterio razionale di esame della convenienza economica della gestione in house del servizio, rispetto alla sua esternalizzazione) e, per un altro, che la determinazione controversa risulta fondata su una ricostruzione inattendibile (ovviamente, se confrontata con gli importi preventivati nell’ambito della procedura selettiva poi revocata) dei dati di costo delle prestazioni contrattuali dovute dal gestore del servizio.[/b]
[color=red][b]E’ sufficiente, al riguardo, osservare che nel (secondo) business plan (approvato con la delibera n.859 del 2014), a fronte di un modesto incremento, rispetto all’oggetto dell’appalto messo inizialmente a gara, delle ore lavorative annue e delle superfici da pulire (che incide in maniera trascurabile sul costo totale delle prestazioni), il corrispettivo complessivo del servizio risulta irragionevolmente superiore, sia a quello a base d’asta, sia a quello offerto in sede di gara dalla xxxx Service s.r.l. (che ha presentato la prima offerta non anomala).[/b][/color]
A ben vedere, infatti, a fronte del corrispettivo offerto dalla xxxx Service s.r.l. (pari ad Euro 14.796.000), quello corrisposto alla yyyy (pari a circa Euro 18.000.000) risulta superiore di oltre Euro 3.200.000 al costo che l’Azienda avrebbe sostenuto affidando il servizio in esito alla procedura concorrenziale inizialmente bandita, con conseguente, palese smentita del presupposto (logico e giuridico) dell’internalizzazione del servizio: la convenienza economica della gestione in house, rispetto all’assegnazione dell’appalto mediante una gara pubblica.
Né vale ad inficiare la correttezza di tale (matematico) rilievo la prospettazione con cui l’Azienda appellante tenta di spiegare la composizione delle voci di costo assunte a fondamento del computo del corrispettivo dovuto alla propria società in house, in quanto la stima degli oneri relativi alla principale componente, e, cioè, il costo del lavoro, si rivela fallace, in quanto basata su elementi errati.
E ciò sia perché nel monte ore sono state erroneamente computate le ore necessarie per le sostituzioni del personale assente (posto che il costo delle ore effettive di servizio comprende già quello delle sostituzioni, come chiarito, tra le tante, da Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n.1020), sia perché l’incremento del monte ore da 315.484 (così stimato negli atti della procedura revocata) a 322.353 non risulta giustificato da allegazioni attendibili e verificabili (soprattutto tenendo conto che il primo dato era stato computato con riferimento all’orario effettivo e non a quello teorico e che le superfici aggiuntive presentano un’estensione molto ridotta).
[b]Ma, in ogni caso, quand’anche si giudicasse plausibile il computo del monte ore contenuto nel secondo business plan, l’incremento di 6.900 ore effettive di servizio non appare in alcun modo sufficiente a giustificare un aumento del costo complessivo dell’appalto di Euro 3.200.000.[/b]
3.4- Ne consegue, in definitiva, che il contestato affidamento diretto dell’appalto alla yyyy dev’essere giudicato illegittimo, siccome fondato sull’erroneo presupposto della sua convenienza economica (rispetto agli oneri che avrebbe sopportato l’Azienda con l’esternalizzazione del servizio) ».
La conclusione sigilla la piena continuità tra le due sentenze: «4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, quindi, la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata».
[b]In definitiva, l’unico passaggio su cui sembra reggersi la tesi della ricorrente è quello iniziale, in cui il Consiglio di Stato, dopo aver richiamato il precedente in cui la Sezione aveva applicato l’art. 4, commi 7 e 8, del d.l. 95/2012, conv. nella legge 135/2012, chiosava: «3.3- Così riscontrata la difformità dell’affidamento controverso dal paradigma legale di riferimento (e, quindi, la sua illegittimità), alla stregua delle argomentazioni assunte a fondamento della decisione citata (e da intendersi qui integralmente richiamate), occorre, in ogni caso, confermare la fondatezza delle (diverse) ragioni assunte a fondamento del gravato giudizio di illegittimità».[/b]
In realtà tale passaggio ribadisce che la sentenza del Tar viene confermata anche nella motivazione (né, per vero, avrebbe potuto essere diversamente, essendosi il Consiglio di Stato limitato a respingere le censure mosse con l’appello, rispetto alle quali non assume diretta rilevanza l’art. 4, commi 7 e 8, del d.l. 95/2012).
Il riferimento alla difformità dal quadro normativo che regola l’in house dell’affidamento in oggetto ha il valore di un mero obiter dictum, di cui l’Amministrazione può tener conto, onde evitare di cadere in illegittimità nel riesercizio del potere, ma che non è vincolante, perché estraneo al giudicato.
Dunque, la competenza è del Tar Lecce, che ha emesso la sentenza n. 3042/2014, integralmente confermata in appello.
La natura della decisione giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, dichiara la propria incompetenza e indica come competente il Tar Puglia, sede di Lecce.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Francesco Bellomo, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
Sergio Fina, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Lanfranco Balucani
IL SEGRETARIO