Data: 2017-05-02 14:32:36

Parziali difformità: le violazioni entro il 2% sono irrilevanti.

[size=14pt][b]Parziali difformità: le violazioni entro il 2% sono irrilevanti.[/b][/size]
Il comma 2-ter dell'art. 34 del D.P.R.n. 380/2001 -a norma del quale "non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali"- non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia vera e propria.
Il che a significare non che ogni violazione eccedente il 2% considerato costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti.
In tal senso si esprime la [color=red][b]Sez. VI del Consiglio di Stato nella sentenza 30.03.2017 n. 1481 [/b][/color]in fattispecie nella quale si trattava di difformità consistenti nell'altezza esterna del fabbricato e interna del piano sottotetto, dovuta -ad avviso della ricorrente- di una copertura del tetto a doppia falda diversa da quella in progetto per la quale era stata presentata istanza per ottenere la sanatoria dell'abuso ai sensi dell'art. 34 T.U. 06.06.2001 n. 380 e, subordinatamente alla sanatoria, il recupero abitativo del piano sottotetto, ai sensi della specifica l.r. 15.11.2007 n. 33 della Puglia, ricevendo un diniego.
In primo grado il TAR aveva respinto il ricorso proposto contro il diniego ritenendo che l'intervento si dovesse considerare realizzato in difformità non parziale, ma totale dal titolo abilitativo, che pertanto la sanatoria, meglio detto la sanzione non demolitoria, di cui all'art. 34, comma 2, T.U. 380/2001 non fosse applicabile.
I giudici d'appello hanno invece ritenuto che:
  • la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria va valutata nella fase esecutiva del procedimento di repressione dell'abuso, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: è per tal motivo che la norma viene a costituire, in sostanza, un'ipotesi ulteriore di sanatoria, denominata di solito "fiscalizzazione dell'abuso";
  • l'amministrazione, tenuta a decidere sull'istanza della ricorrente appellante, doveva valutare anzitutto se l'abuso costituisse effettivamente una "parziale difformità", e in caso positivo se effettivamente non potesse essere demolito senza pregiudizio per la parte conforme;
  • la norma del comma 2-ter non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia. In altre parole, intende stabilire non che ogni violazione eccedente il 2% considerato costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti;
  • in tal senso, è anzitutto un argomento letterale: il testo della norma, contenuta nell'articolo dedicato appunto alle conseguenze della "parziale difformità", stabilisce quando la stessa "non si ha", e quindi un caso in cui l'abuso esula;
  • nello stesso senso, è anche l'argomento storico: la norma è stata aggiunta in un momento successivo, con l'art. 5 del decreto legge 70/2011, cd. "Decreto sviluppo", il cui dichiarato scopo è "liberalizzare le costruzioni private", scopo rispetto al quale è congruo un regime, appunto, di franchigia, volto ad alleggerire gli oneri che gravano sul privato i costi della sanzione applicata a qualsiasi a difformità, anche fra le più lievi;
  • a identico risultato conduce l'argomento logico sistematico: se effettivamente il comma 2-ter contenesse la nozione normativa di parziale difformità, ne seguirebbe che sarebbe abuso, e comporterebbe in via principale l'ordine di rimessione in pristino, ogni difformità rispetto alle misure di progetto, anche la più lieve, con risultati pratici assurdi, di moltiplicazione e complicazione del contenzioso.
La decisione conferma le conclusioni a cui eravamo giunti in questo commento al novellato art. 34: "Parziali difformità ex art. 34 TUE: la soglia del 2% secondo il DL Sviluppo", ossia che il legislatore nazionale, cui spetta dettare i principi fondamentali e generali dell'attività edilizia (art. 1 DPR 380/2001), ha ritenuto di non assoggettare a sanzione alcuna le variazioni al titolo comprese nella misura del 2% per altezza, distacchi, cubatura o superficie (commento tratto da e link a http://studiospallino.blogspot.it).
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MASSIMA
... per la riforma della sentenza 16.09.2015 n. 1251 del TAR Puglia-Bari, Sez. III, resa fra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento 25.06.2014 prot. n. 11.21992 del Comune di Corato, di reiezione dell’istanza proposta dalla Fe.Im. S.r.l. per la sanatoria del recupero a fini abitativi di vani sottotetto non abitabili siti a Corato, via ... 28 interni 36 e 37;
...
La ricorrente appellante è un’impresa di costruzioni che ha realizzato, in Comune di Corato (Ba), una lottizzazione denominata “Pandorea”, alla quale si accede per il viale omonimo, composta da varie unità abitative all’interno di villette di varia tipologia, sia unifamiliari sia plurifamiliari.
Per due di queste unità, di cui all’epoca dei fatti era ancora proprietaria, site all’interno di una villetta quadrifamiliare, al numero 28, interni 36 e 38, le veniva contestata una difformità nell’altezza esterna del fabbricato e interna del piano sottotetto, dovuta a suo dire all’impiego di una copertura del tetto a doppia falda diversa da quella in progetto.
Precisamente, secondo il provvedimento impugnato, di cui subito, al posto di una copertura di latero-cemento, priva di elementi a vista e caratterizzata da uno spessore del solaio finito pari a 0,20 mt, veniva impiegata, asseritamente per un migliore isolamento termico, una copertura di legno lamellare con elementi a vista, costituiti da travi e arcarecci di sostegno, spessa 0,375 metri, cui si aggiungono altri 0.165 metri per lo spessore delle travi; l’altezza risultava quindi incrementata del maggior spessore della diversa copertura (doc. 1 in primo grado ricorrente appellante, provvedimento impugnato, ove la descrizione dell’opera).
A fronte di ciò, la ricorrente appellante ha presentato al Comune istanza contestuale per ottenere la sanatoria dell’abuso ai sensi dell’art. 34 T.U. 06.06.2001 n.380 e, subordinatamente alla sanatoria, il recupero abitativo del piano sottotetto, ai sensi della specifica l.r. 15.11.2007 n. 33, ricevendo un diniego con il provvedimento meglio indicato in epigrafe (doc. 1 in primo grado ricorrente appellante, cit.)
Con la sentenza di cui pure in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto contro il diniego predetto, ed ha in sintesi ritenuto che l’intervento si dovesse considerare realizzato in difformità non parziale, ma totale dal titolo abilitativo, che pertanto la sanatoria, meglio detto la sanzione non demolitoria, di cui all’art. 34, comma 2, T.U. 380/2001 non fosse applicabile, ma si desse luogo alla sola demolizione, e che per conseguenza, trattandosi di opera abusiva non sanabile, il recupero abitativo del sottotetto fosse precluso.
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1. L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni e nei limiti di seguito esposti.
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7. Tutto ciò posto, il primo motivo di appello è fondato e va accolto.
In proposito, va ricordato quanto detto in premesse, ovvero che la ricorrente appellante presentò al Comune un’istanza dall’oggetto duplice: in primo luogo, l’applicazione della sanzione non pecuniaria di cui all’art. 34 T.U. 380/2001, poi il recupero abitativo del sottotetto creato con l’abuso. Vanno quindi, per chiarezza, richiamate le norme di riferimento, incominciando dalla prima.
8. L’art. 34 in questione dispone per quanto interessa al comma 1 che “gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso”.
Alla regola fa un’eccezione al comma 2, stabilendo che “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione” pecuniaria, commisurata nel caso che interessa, di immobile abitativo, al doppio del costo di produzione.
Infine, al comma 2-ter, aggiunto con d.l. 13.05.2011 n. 70, prevede che “ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”.
9. La giurisprudenza ha chiarito –per tutte, la sentenza della Sezione 12.04.2013 n. 2001- che la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria va valutata nella fase esecutiva del procedimento di repressione dell’abuso, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione: è per tal motivo che la norma viene a costituire, in sostanza, un’ipotesi ulteriore di sanatoria, denominata di solito “fiscalizzazione dell’abuso”.
10. Da ciò segue, secondo logica, che l’amministrazione, tenuta a decidere sull’istanza della ricorrente appellante, doveva valutare anzitutto se l’abuso costituisse effettivamente una “parziale difformità”, e in caso positivo se effettivamente non potesse essere demolito senza pregiudizio per la parte conforme.
11. In concreto, nel provvedimento impugnato in primo grado, l’amministrazione stessa si è fermata al primo punto, per ragioni tuttavia errate. Contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, infatti, la norma sopra riportata del comma 2-ter non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia. In altre parole, intende stabilire non che ogni violazione eccedente il 2% considerato costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti.
12. In tal senso, è anzitutto un argomento letterale: il testo della norma, contenuta nell’articolo dedicato appunto alle conseguenze della “parziale difformità”, stabilisce quando la stessa “non si ha”, e quindi un caso in cui l’abuso esula.
13. Nello stesso senso, è anche l’argomento storico: la norma, come si è visto, è stata aggiunta in un momento successivo, con l’art. 5 del decreto legge 70/2011, cd. “Decreto sviluppo”, il cui dichiarato scopo è “liberalizzare le costruzioni private”, scopo rispetto al quale è congruo un regime, appunto, di franchigia, volto ad alleggerire gli oneri che gravano sul privato i costi della sanzione applicata a qualsiasi a difformità, anche fra le più lievi.
14. Infine, ad identico risultato conduce l’argomento logico-sistematico: se effettivamente il comma 2-ter contenesse la nozione normativa di parziale difformità, ne seguirebbe che sarebbe abuso, e comporterebbe in via principale l’ordine di rimessione in pristino, ogni difformità rispetto alle misure di progetto, anche la più lieve, con risultati pratici assurdi, di moltiplicazione e complicazione del contenzioso (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.03.2017 n. 1481 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

FONTE: http://www.ptpl.altervista.org/

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Data: 2017-05-03 06:39:42

Re:Parziali difformità: le violazioni entro il 2% sono irrilevanti.

Alcuni tipi di abusi edilizi non comportano conseguenze sul versante urbanistico

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