Illegittimo il DIVIETO GENERALIZZATO di esercizi di somministrazione
[color=red][b]Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21/03/2017, n. 1276[/b][/color]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7803 del 2013, proposto da:
Societa' B.E. S.n.c. di L.S. e C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Sandra Bonfe' C.F. (...), con domicilio eletto presso Paola Mastrangeli in Roma, via Mondragone, n. 10;
contro
Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Wilma Marina Bernardi C.F. (...), con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, via Caio Mario, 7;
nei confronti di
Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini non costituiti in giudizio;
Coop. P.E. Soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Luigino Biagini C.F. (...), con domicilio eletto presso Fabrizio Brochiero in Roma, via Ulpiano 29/B;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 00124/2013, resa tra le parti, concernente adozione variante normativa al piano dell'arenile - limite numerico dei pubblici esercizi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rimini e della Coop. P.E. Soc. coop. a r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2017 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Sandra Bonfè, Luigi Fedeli Barbantini, per delega dell'avvocato Wilma Marina Bernardi, e Luigi Biagini;
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna respingeva il ricorso proposto dalla Società B.E. s.n.c., di L.S. & C. (d'ora innanzi B.E.), nella qualità di gestore di uno stabilimento balneare, avverso le delibere (del Comune di Rimini e della Regione Emilia Romagna) approvative del Piano dell'arenile, nella parte in cui prevedeva, all'art.23, comma 4, lett. d) delle NTA, il divieto dell'apertura di nuovi esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la società B.E., criticandone la correttezza, ribadendo le argomentazioni intese a dimostrare l'illegittimità della suddetta norma pianificatoria e concludendo per l'annullamento di quest'ultima, previa riforma della decisione appellata.
Resisteva il Comune di Rimini, eccependo l'inammissibilità dell'appello, siccome asseritamente violativo dell'onere di puntuale contestazione della decisione appellata, rilevandone, in ogni caso, l'infondatezza nel merito e concludendo per la conferma della statuizione impugnata.
Si costituiva in giudizio anche la Cooperativa pubblici servizi di spiaggia di Rimini, soc. coop. a r.l., contestando la fondatezza dell'appello e domandandone il rigetto.
Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 16 marzo 2017.
Motivi della decisione
1.- Dev'essere, innanzitutto, disattesa l'eccezione, formulata dal Comune di Rimini, di inammissibilità dell'appello, siccome asseritamente formulato in difetto dell'articolazione di specifici motivi di censura all'indirizzo della decisione impugnata.
Se è vero, infatti, che la corretta applicazione del primo comma dell'art.101 del c.p.a. esige che l'appellante deduca, a sostegno dell'impugnazione, specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, pena l'inammissibilità dell'appello (Cons. St., sez. IV, 17 novembre 2015, n. 5220), è anche vero che, nella fattispecie in esame, l'onere ut supra codificato risulta ritualmente assolto dalla società B.E., come si ricava agevolmente dalla semplice lettura del ricorso in appello, nel quale risultano articolate puntuali critiche, rivolte perlopiù a contestare l'erroneo apprezzamento degli interessi di tutela ambientale come idonei a legittimare la decisione pianificatoria controversa.
[b]2.- Nel merito è controversa la legittimità della norma del Piano dell'arenile di Rimini, adottato e approvato ai sensi dell'art.3, comma 2, della L.R. dell'Emilia Romagna n. 9 del 2002 e che comprende la disciplina urbanistica ed edilizia della parte del territorio comunale di Rimini compresa tra il lungomare e la battigia, che impedisce l'apertura di nuovi esercizi di somministrazione di alimenti e bevande nuovi, consentendo, quindi, solo la prosecuzione delle attività già autorizzate al momento dell'adozione dello strumento urbanistico.[/b]
Il Tribunale di prima istanza ha giudicato tale previsione immune dai vizi ad essa ascritti, ritenendola, in particolare, giustificata dall'esigenza di tutela ambientale, sottesa alla scelta pianificatoria censurata, e dalla sua prevalenza sugli interessi commerciali.
La società appellante critica il giudizio pronunciato dal TAR, insistendo nel sostenere l'illegittimità della norma di piano impugnata, sia in quanto violativa della normativa statale ( artt. 3, comma 1, D.L. n. 223 del 2006 e 64 D.Lgs. n. 59 del 2010 ), sia in quanto espressiva di una scelta discrezionale irragionevole e contraddittoria.
3.- L'appello è fondato, alla stregua delle considerazioni che seguono, e va accolto.
[color=red][b]4.- La previsione del Piano di Arenile che non permette l'apertura di nuovi esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, ulteriori rispetto a quelli già esistenti al momento della sua adozione, si rivela, infatti, sia confliggente con la disciplina normativa sulla "liberalizzazione" delle attività commerciali, sia affetta dal vizio di eccesso di potere, consistente nella irragionevolezza e nella contraddittorietà della scelta, per gli spazi di discrezionalità ammessi dalla suddetta disciplina legislativa, consacrata nella norma di piano in esame.[/b][/color]
5.- In ordine al primo profilo, osserva il Collegio che il combinato disposto degli artt. 3, comma 1, D.L. n. 223 del 2006 e 64 D.Lgs. n. 59 del 2010 descrive un sistema di regole che, per un verso, esclude la possibilità di limitare e contingentare le attività di somministrazione di alimenti e bevande, in coerenza con la dichiarata finalità di apertura alla concorrenza del relativo settore di mercato, e, per un altro, consente ai Comuni una programmazione limitativa dell'apertura di nuovo esercizi solo nelle situazioni in cui la salvaguardia dei preminenti valori della sostenibilità ambientale o sociale, non diversamente tutelabili, impediscano l'aggravio del carico urbanistico implicato dall'insediamento di nuove attività.
Si tratta, quindi, di un regime fortemente liberalizzato e che ammette restrizioni programmate all'accesso al settore commerciale in questione di nuovi esercenti solo nei casi, eccezionali e limitati, in cui la protezione di interessi generali, superiori a quello connesso alla libertà d'impresa, esige una proporzionata ed adeguata limitazione dell'apertura di nuovi esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
Orbene, così decifrati contenuti e finalità della normativa di riferimento, resta agevole rilevare che un divieto rigido ed assoluto di insediamento di nuovi esercizi pubblici in un ambito territoriale particolarmente esteso del territorio comunale, come quello imposto dall'art.23 del Piano dell'arenile del Comune di Rimini, confligge chiaramente con i precetti di liberalizzazione del settore commerciale considerato, nella misura in cui impediscono, se non per ragioni eccezionali di tutela di valori pubblici superiori, limitazioni quantitative all'accesso al mercato, basate su parametri oggettivi e inderogabili (come nella fattispecie in esame).
6.- Né vale, di contro, obiettare che la scelta limitativa in questione risulta ascrivibile entro i margini che la stessa normativa di riferimento (art.64, comma 3, D.Lgs. n. 59 del 2010 ) riconosce espressamente alla funzione programmatoria comunale.
[b]Se è vero, infatti, che ai Comuni resta consentita la fissazione di divieti o limitazioni all'apertura di nuovi esercizi, è anche vero che la relativa potestà resta confinata nell'ambito della sola programmazione commerciale e che, in ogni caso, quand'anche si ammettesse la sua esercitabilità nell'ambito della (diversa) funzione di pianificazione urbanistica, come nel caso di specie (il Piano dell'arenile è un piano particolareggiato di iniziativa pubblica), la scelta censurata resterebbe affetta dal vizio di eccesso di potere.[/b]
Premesso, infatti, che, per quando discrezionale, la decisione pianificatoria (e limitativa) in esame resta soggetta alle regole di azione stabilite dalla diposizione legislativa di riferimento e, in ogni caso, ai canoni generali della ragionevolezza e della proporzionalità (cfr. ex multis Cons St., sez. IV, 16 aprile 2015, n.1949), appare agevole il rilievo che la contestuale previsione della possibilità di aumentare la superficie degli esercizi esistenti, fino a mq 200, rivela palesi profili di contraddittorietà e di illogicità, che si traducono nel vizio di eccesso di potere per uso sviato della discrezionalità.
[b]A fronte, infatti, dell'ammissione dell'incremento della superficie degli esercizi esistenti, l'argomentazione relativa all'esigenza di tutela ambientale e paesaggistica si rivela del tutto inattendibile e incapace di giustificare il contestuale divieto di insediamento di nuove attività.[/b]
Le dichiarate esigenze di tutela dell'ambiente risultano, infatti, smentite e contraddette proprio dalla incoerente previsione della possibilità di aumento della superficie destinata all'esercizio delle attività esistenti di somministrazione di alimenti e bevande.
Quest'ultima misura, infatti, si rivela potenzialmente lesiva dei valori ambientali allo stesso modo dell'insediamento di nuovi esercizi, sicchè il divieto di quest'ultimo non può intendersi giustificato dall'allegazione delle suddette esigenza di tutela.
Non solo, ma il combinato disposto delle due misure rivela anche un significativo profilo di sviamento, integrato dal sintomo di una decisione preordinata a cristallizzare l'assetto di mercato esistente al momento dell'adozione della delibera, impedendo, in chiave anticoncorrenziale, l'accesso ad esso di nuovi esercenti.
7.- La disposizione di piano censurata dev'essere, quindi, giudicata illegittima, in quanto affetta dalle violazioni sopra accertate, e annullata, con conseguente assorbimento del secondo motivo di appello.
8.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l'accoglimento dell'appello e, in riforma della decisione impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, l'annullamento, limitatamente all'art.23 del Piano dell'arenile, delle delibere impugnate.
9.- Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della decisione appellata e in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla in parte qua le delibere con lo stesso impugnate e condanna le parti appellate, in solido tra loro, a rifondere alla società ricorrente le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 10.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere