Salve,
di recente ho avuto modi di imbattermi nella situazione di seguito rappresentata e di cui chiedo una vostra interpretazione.
Per un lotto di terreno di 3000 mq., su cui insiste un manufatto in pietra a secco ante 1940, è stato richiesto al Comune un permesso per l’edificazione di un vano totalmente interrato a uso deposito, in adiacenza a tale manufatto.
Il Comune di circa 5000 abitanti è ubicato nel territorio della Regione Puglia.
A seguito della richiesta effettuata dall’avente diritto, il Comune rappresentava la situazione riveniente dal Programma di Fabbricazione che, attualmente, individua l’area per cui è stata richiesto il titolo abilitativo come [b]zona D1 “industriale”[/b], a seguito dell’approvazione della variante al Programma di Fabbricazione nell’anno 1978, manifestando altresì che la costruzione di ogni opera su dette zone risulta subordinata all’approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata. [b]Ad oggi, a distanza di trentanove anni, nessun piano finalizzato allo sviluppo di tale area è stato mai approvato o presentato.[/b]
Pertanto, da un’analisi disposta dal Responsabile dell’Ufficio, gli interventi invocati dal titolare del bene risultano non compatibili e non realizzabili, stante la destinazione urbanistica dei beni e la mancanza dello strumento attuativo che legittimerebbe la nuova edificazione.
Da indagini compiute presso gli Uffici comunali, si rilevava che a seguito dell’approvazione della suddetta variante veniva individuata, [b]in altra parte del territorio comunale, la zona “D artigianale” [/b]per la quale è stato predisposto il [b]Piano Insediamenti Produttivi – PIP - approvato con Delibera G.R. n.7702 del 10.12.1979[/b], attualmente in essere e con la presenza di un congruo numero di attività e di opere di urbanizzazione.
Nelle norme tecniche di attuazione a corredo della variante di P.d. F. sono dettate le specifiche degli interventi da realizzarsi nel capitolo denominato [b]“ art. 15 Prescrizioni per le zone D” [/b]che tratta ampiamente le caratteristiche e i parametri per l’edificazione senza fare alcun riferimento alle [b]“zone D1” [/b]che posseggono oggettivamente caratteristiche diverse dalle zone “D- artigianale” .
Ad oggi,quindi, per le zone [b]D1 [/b]non è stato presentato e approvato nessun piano di lottizazione convenzionata ed altresì nelle N.T.A. non vengono riportate le specifiche per la zona D1 ma vengono indicate le prescrizioni per la zona D, che risulta identificata sulle tavole di variante come zona artigianale e non come zona industriale.
Si richiede un vostro parere sulla bontà del provvedimento negativo espresso dall’amministrazione comunale e sulla decadenza dei termini previsti per la presentazione del piano di lottizzazione convenzionata.
L'occasione è gradita per porgere distinti saluti.
Salve,
di recente ho avuto modi di imbattermi nella situazione di seguito rappresentata e di cui chiedo una vostra interpretazione.
Per un lotto di terreno di 3000 mq., su cui insiste un manufatto in pietra a secco ante 1940, è stato richiesto al Comune un permesso per l’edificazione di un vano totalmente interrato a uso deposito, in adiacenza a tale manufatto.
Il Comune di circa 5000 abitanti è ubicato nel territorio della Regione Puglia.
A seguito della richiesta effettuata dall’avente diritto, il Comune rappresentava la situazione riveniente dal Programma di Fabbricazione che, attualmente, individua l’area per cui è stata richiesto il titolo abilitativo come [b]zona D1 “industriale”[/b], a seguito dell’approvazione della variante al Programma di Fabbricazione nell’anno 1978, manifestando altresì che la costruzione di ogni opera su dette zone risulta subordinata all’approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata. [b]Ad oggi, a distanza di trentanove anni, nessun piano finalizzato allo sviluppo di tale area è stato mai approvato o presentato.[/b]
Pertanto, da un’analisi disposta dal Responsabile dell’Ufficio, gli interventi invocati dal titolare del bene risultano non compatibili e non realizzabili, stante la destinazione urbanistica dei beni e la mancanza dello strumento attuativo che legittimerebbe la nuova edificazione.
Da indagini compiute presso gli Uffici comunali, si rilevava che a seguito dell’approvazione della suddetta variante veniva individuata, [b]in altra parte del territorio comunale, la zona “D artigianale” [/b]per la quale è stato predisposto il [b]Piano Insediamenti Produttivi – PIP - approvato con Delibera G.R. n.7702 del 10.12.1979[/b], attualmente in essere e con la presenza di un congruo numero di attività e di opere di urbanizzazione.
Nelle norme tecniche di attuazione a corredo della variante di P.d. F. sono dettate le specifiche degli interventi da realizzarsi nel capitolo denominato [b]“ art. 15 Prescrizioni per le zone D” [/b]che tratta ampiamente le caratteristiche e i parametri per l’edificazione senza fare alcun riferimento alle [b]“zone D1” [/b]che posseggono oggettivamente caratteristiche diverse dalle zone “D- artigianale” .
Ad oggi,quindi, per le zone [b]D1 [/b]non è stato presentato e approvato nessun piano di lottizazione convenzionata ed altresì nelle N.T.A. non vengono riportate le specifiche per la zona D1 ma vengono indicate le prescrizioni per la zona D, che risulta identificata sulle tavole di variante come zona artigianale e non come zona industriale.
Si richiede un vostro parere sulla bontà del provvedimento negativo espresso dall’amministrazione comunale e sulla decadenza dei termini previsti per la presentazione del piano di lottizzazione convenzionata.
L'occasione è gradita per porgere distinti saluti.
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la valutazione è troppo complessa per poter essere risolta nel forum.
Stando però a quanto descritto il provvedimento di diniego sembra corretto sulla base dell'attuale disciplina aqnche se la mancata definizione delle prescrizioni per la zona D1 potrebbe costituire un elemento valorizzabile dall'interessato per un ricorso o per l'attivazione di una procedura di variante SUAP.