Data: 2012-03-05 19:13:25

Variante SUAP - la conferenza NON è obbligatoria - sentenza 24/2/2012

Variante SUAP - la conferenza NON è obbligatoria - sentenza 24/2/2012

TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.02.2012 n. 618



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N. 00618/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02569/2011 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2569 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
- Beton Team S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, e sig.ra Claudia Di Maggio, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Mario Bertacco, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, C.so Monforte, 39;
contro
- Comune di Desio, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Galleria San Babila, 4/A;
per l'annullamento
> quanto al ricorso introduttivo:
- del provvedimento prot. n. 17713, ord. n. 126 del 20.05.2011 di ingiunzione a demolire opere edilizie, nonché di ogni atto connesso, presupposto e conseguente e, in particolare, della Delibera Commissariale n. 2 dell'11.01.2011, recante <<Individuazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale…>>;
> e, quanto ai motivi aggiunti depositati il 16.11.2011:
- del provvedimento prot. n. 26831 dell’ 8.8.2011, di diniego di attivazione della procedura di S.U.A.P. - sportello unico attività produttive.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Desio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2012 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con l’odierno ricorso, notificato il 21.07.2011 e depositato il successivo 08.09.2011, gli esponenti hanno impugnato l’ordinanza di demolizione in epigrafe specificata assumendone la illegittimità sotto più profili.
In particolare, riferiscono gli istanti di avere eseguito una serie di manufatti, all’interno dell’area contraddistinta al Catasto Terreni del Comune di Desio al mappale 298 del foglio 41, per i quali hanno presentato distinte domande di sanatoria, entrambe rigettate dall’amministrazione.
Il diniego relativo alla domanda di sanatoria presentata dalla Beton Team è stato impugnato con ricorso dinanzi a questo Tribunale n. 2677/2007 R.G., respinto con sentenza n. 2061 del 01.04.2009.
L’altro diniego, sulla domanda di sanatoria presentata dalla sig.ra Di Maggio, è stato pure impugnato dinanzi a questo T.A.R. con separato ricorso, rubricato al n. 2291/2010, discusso nel merito alla stessa udienza pubblica fissata per la definizione dell’odierno gravame.
Anche il ricorso n. 2291/2010 cit. è stato respinto.
Con sopralluogo del 20.04.2010 il Comune ha accertato l’effettiva consistenza delle opere abusive, che sono risultate essere in parte, ulteriori e, in altra parte, non corrispondenti, sia con quanto rappresentato nelle domande di condono in precedenza citate, che con quanto riportato nell’allegato alla domanda di nulla osta all’esercizio dell’attività, presentata il 01.10.2001 presso lo Sportello Unico per le Imprese.
Da ciò l’ordinanza di demolizione n. 126/2011 del 20.05.2011, avente ad oggetto tutti i manufatti abusivi accertati nel sopralluogo del 20.04.2011, così come evidenziati nell’allegato A all’ingiunzione n.126 cit.
L’ordinanza richiama, altresì, nelle premesse, la deliberazione del Commissario prefettizio n. 2 dell’11.1.2011, di individuazione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza.
Contro tali atti è stato interposto l’odierno gravame introduttivo, affidato a tre motivi, con cui si deduce:
1) l’eccesso di potere per difetto di interesse pubblico in relazione alla pendenza dei giudizi amministrativi sui dinieghi di condono edilizio; nonché, per illogicità della motivazione e per perplessità del dispositivo.
2) la violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, non potendosi considerare taluni degli interventi oggetto dell’ingiunzione di demolizione come realizzati in assenza di permesso di costruire, stante il difetto dei presupposti, trattandosi di opere funzionali al ciclo tecnologico di un insediamento produttivo.
3) la violazione dell’art. 31, co. 3 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione alla determinazione dell’area da acquisire, che non esclude neppure il sedime delle opere preesistenti a quelle realizzate dagli odierni ricorrenti.
Si è costituito il Comune di Desio con controricorso, controdeducendo alle censure avversarie.
Con motivi aggiunti depositati il 16.11.2011 l’impugnazione è stata estesa al provvedimento dell’8.08.2011, con cui il Comune di Desio ha negato l’attivazione della procedura di sportello unico per le attività produttive.
Con essi si deduce, in sintesi:
1) la violazione degli artt. 4 e 5 del d.P.R. n. 447/1998 (laddove nel diniego impugnato si include, fra i motivi ostativi, l’abusività delle opere edilizie oggetto del progettato intervento di sostituzione edilizia);
2) la violazione dell’art. 1 della legge n.241/1990 (per mancata attivazione di un procedimento amministrativo, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti);
3) il vizio di eccesso di potere per motivazione incongrua e sviamento.
Anche rispetto ai suddetti motivi aggiunti si è costituito il Comune di Desio, che ha controdedotto alle censure avversarie, sollevando, altresì, due eccezioni di inammissibilità, per difetto di interesse e per difetto di notifica alle società controinteressate.
Entrambe le parti hanno depositato memorie in vista dell’udienza di merito.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
Esaminando dapprima il ricorso introduttivo, il Collegio deve subito rilevare l’infondatezza del primo motivo, poiché, per giurisprudenza costante, l'ordinanza di demolizione costituisce esplicazione di un potere vincolato, sicché essa è congruamente motivata con la descrizione delle opere abusive e il richiamo all'accertata abusività delle stesse, senza necessità di indicare alcun interesse pubblico ulteriore (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 08 giugno 2011, n. 5082; T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 07 aprile 2011, n. 611; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 06 aprile 2011, n. 105; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 02 marzo 2011, n. 1273; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 11 novembre 2010, n. 3902). Non vi sono margini, quindi, per dedurre vizi di eccesso di potere per difetto di ponderazione di interessi.
Non sussiste, poi, alcuna perplessità del dispositivo ai fini dell’inquadramento del provvedimento in questione come ingiunzione di demolizione, dovendo essere valutata la motivazione dell’ordinanza nella sua interezza, senza estrapolare da essa singole parti, da interpretare in modo avulso rispetto al contesto di riferimento.
In tal senso, proprio una lettura complessiva della motivazione dell’ordinanza de qua dà chiaramente conto della sua immediata lesività, quanto meno con riferimento all’ordine, attuale, di demolizione delle opere abusive (entro il termine perentorio, ivi assegnato, di 90 giorni, e con l’avvertenza che, in mancanza, si procederà all’acquisizione gratuita ai sensi dell’art. 31 d.P.R. n. 380/2001).
Quanto al secondo motivo, con cui si contesta, in sostanza, la definizione delle opere abusive come nuova costruzione, è opportuno precisare come:
- il manufatto edilizio indicato nell’ordinanza sub n.1, è stato già oggetto di domanda di condono edilizio avanzata dalla sig.ra Di Maggio in data 10.12.2004 e denegata dal Comune con provvedimento del 16.06.2010, che ha qualificato l’opera come nuova costruzione non suscettibile di sanatoria;
- il manufatto indicato sub n.5, è stato anch’esso oggetto di domanda di condono edilizio avanzata da Beton Team e respinta dal Comune con provvedimento del 28.09.2007, che ha qualificato l’opera come nuova costruzione non suscettibile di sanatoria;
- le restanti opere, meglio descritte sub nn. 2, 3, 4 e 6 dell’ordinanza di demolizione, risultano edificate senza titolo e sono qualificate dal Comune come interventi di nuova costruzione.
Gli esponenti contestano tale qualificazione, affermando che si tratta di opere di manutenzione funzionali all’attività produttiva della Beton Team.
Sennonché, l’affermazione di parte ricorrente, al di là della sua genericità, non può essere condivisa, atteso che le opere descritte ai nn. 2, 3, 4 e 6 dell’ordinanza (meglio rappresentate nell’allegato sub A dell’ordinanza, prodotto in atti dalla difesa comunale) appaiono idonee, per dimensioni e destinazione, ad alterare in modo permanente il suolo inedificato (cfr. art. 27 co. 1 lett. e 3 legge reg. n. 12/2005).
D’altro canto, neppure la connotazione come prefabbricati, sostenuta per alcune di esse dagli esponenti, è idonea ad escluderne la riconducibilità al novero delle nuove costruzioni, stante il chiaro disposto dell’art. 27 cit., co. 1 lett. e 5), e trattandosi qui di manufatti che non risultano affatto “diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
Quanto all’accenno fatto nel ricorso alla Circolare del Ministero del Lavori Pubblici del 4 (rectius 16) novembre 1977, n. 1918, allo scopo di sostenere la sanabilità delle opere de quibus, in quanto funzionali al ciclo produttivo, va, in primo luogo, chiarito come tale atto sia per sua stessa natura inidoneo ad introdurre deroghe alla normativa vigente.
In ogni caso, va precisato come l’apporto di chiarificazione da essa fornito sia nel senso di considerare esclusi dall'obbligo della concessione (ora permesso di costruire) soltanto i «lavori concernenti piccole modifiche interne, insuscettibili di incidere sulle parti interessate alla salvaguardia della struttura dell'edificio». Si tratta, quindi, soltanto di interventi di manutenzione ordinaria che, con riferimento agli impianti industriali, sono meglio declinati come quegli <<interventi intesi ad assicurare la funzionalità dell'impianto ed il suo adeguamento tecnologico; sempreché tali interventi, in rapporto alle dimensioni dello stabilimento, non ne modifichino le caratteristiche complessive, siano interne al suo perimetro e non incidano sulle sue strutture e sul suo aspetto. Le opere in questione, inoltre, non debbono… richiedere nuove opere di urbanizzazione e, più in generale, di infrastrutturazione; determinare alcun pregiudizio di natura igienica ovvero effetti inquinanti; essere, comunque, in contrasto con specifiche norme di regolamento edilizio o di attuazione dei piani regolatori in materia di altezze, distacchi, rapporti tra superficie scoperta e coperta, ecc.>>.
Ebbene, nessuna dimostrazione è stata resa dagli esponenti in ordine alla ricorrenza, nel caso in esame, delle condizioni indicate nella predetta circolare, al fine di giustificare l’esclusione dei manufatti sopra specificati dalla regola generale che ne impone la qualificazione come intervento di nuova costruzione, soggetto a titolo edilizio (cfr. con specifico riguardo all’applicazione della richiamata circolare: Cassazione penale, sez. III, 18 novembre 1981, secondo cui:<<La costruzione di una tettoia di protezione con pilastri in acciaio destinata al riparo di mezzi e attrezzature, è soggetta all'obbligo di licenza edilizia. Non è applicabile in tal caso la circolare del 16 novembre 1977 del ministero dei lavori pubblici - dir. gen. urbanistica, per la quale sono escluse dall'obbligo della concessione tutte le opere di ordinaria amministrazione, intese ad assicurare la funzionalità dell'impianto e il suo adeguamento tecnologico>>).
Consegue da ciò l’infondatezza del secondo motivo.
Infine, in relazione al terzo motivo, con cui si lamenta l’illegittimità della deliberazione del Commissario prefettizio n.2/2011, di delimitazione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza, va notato come detta deliberazione contenga un esauriente riepilogo dei criteri seguiti per la determinazione della superficie da acquisire, che sfugge alle critiche di sommarietà espresse dai ricorrenti.
Risulta, peraltro, che la superficie utile di pavimento dei manufatti abusivi sia pari a 363,15 mq e che la superficie da acquisire sia stata fissata dall’amministrazione in 3.160 mq circa, tenendo conto dei 240 mq di superficie complessiva dei manufatti preesistenti, non oggetto del procedimento sanzionatorio.
Non risultano, quindi, violati i parametri di riferimento di cui all’art. 31, co. 3 d.P.R. n. 380/2001.
Anche il terzo motivo deve essere, quindi, respinto.
Passando ad esaminare i motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.
La soc. Beton Team ha presentato al Comune di Desio una richiesta di avvio di procedimento di Sportello Unico ai sensi del d.P.R. n. 447/1998, allegando ad essa un progetto edilizio che prevede la riqualificazione e l’ampliamento dell’insediamento produttivo mediante sostituzione dei corpi di fabbrica oggetto dei provvedimenti sanzionatori comunali. Si tratta, in particolare, di progetto comportante variante al P.G.T. vigente, posto che quest’ultimo impone all’area d’intervento una destinazione agricola.
Da ciò la necessità, rappresentata dalla società Beton Team, di avviare la procedura di S.U.A.P. ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. cit.
Sennonché, il Comune ha respinto l’istanza con provvedimento dell’8.08.2011, evidenziando come la valutazione di accessibilità al procedimento ex art. 5 cit. debba necessariamente muovere da presupposti di piena legittimità dell’attività e non possa, invece, essere considerata come un procedimento di sanatoria di abusi edilizi. Indi, l’ente stesso ha rimarcato l’inadeguatezza del progetto edilizio, già stigmatizzata col diniego di permesso di costruire del 23.03.2011.
Ebbene, sulla base di tali premesse, il Collegio ritiene di poter soprassedere dall’esame delle eccezioni di rito, stante l’infondatezza nel merito anche dei motivi aggiunti.
La disciplina dettata dal D.P.R. 20-10-1998 n. 447 è finalizzata a semplificare i procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione degli impianti produttivi (cfr. Con. Stato, Sez. IV, sent. n. 2170 del 14-04-2006). Detta semplificazione amministrativa si risolve in un procedimento che, attraverso la conferenza di servizi indetta dal responsabile del procedimento, porta alla formazione di una proposta di variante sulla quale il Consiglio comunale si pronuncia "definitivamente" (cfr. Cons. Stato,Sez. IV, sent. n. 1644 del 11-04-2007). Trattasi, comunque, di uno strumento di natura eccezionale, che non costituisce in alcun modo un mezzo ordinario di modifica dell'assetto urbanistico, azionabile in base alle soggettive preferenze e convenienze dell'imprenditore (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 1038 del 03-03-2006).
A fortiori, deve escludersi che la suindicata procedura di semplificazione possa risolversi in uno strumento di sanatoria di abusi edilizi preesistenti, al di fuori e, anzi, in violazione, delle norme eccezionali di disciplina della sanatoria medesima.
Nel caso in esame, in effetti, i manufatti di cui si chiede di autorizzare la realizzazione insistono su area che, al momento dell’adozione del provvedimento di diniego della procedura di S.U.A.P., era già stata interessata dall’ordinanza di demolizione n. 165/2011 (oggetto del gravame introduttivo).
Sennonché, nell’istanza del 19.07.2011, formulata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 5 d.P.R. cit., nel descrivere il progetto di riqualificazione sul quale viene richiesta la convocazione della conferenza di servizi, si dà atto che esso <<prevede contestualmente la demolizione dei manufatti …delle quali il Comune ha ingiunto la demolizione con ordinanza ingiunzione n. 126 del 20.05.2011, in quanto non autorizzate>> (così l’istanza di autorizzazione cit., all. 2 ai motivi aggiunti).
Non v’è dubbio che, così come descritto, l’intervento sul quale gli esponenti hanno richiesto l’autorizzazione non poteva che essere stigmatizzato dal Comune, posto che la demolizione dei manufatti abusivi doveva essere autonomamente attuata in forza dell’ordinanza n. 126/2011 cit., e non presentata come fase di un più ampio progetto di riqualificazione dell’area.
D’altro canto, ai sensi dell’art. 5 cit., l’attivazione del procedimento ivi disciplinato non consegue obbligatoriamente all’istanza di parte, disponendosi al riguardo che:
<<1. Qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento rigetta l'istanza. Tuttavia, allorché il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro ma lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato, il responsabile del procedimento può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi, disciplinata dall'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , come modificato dall'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 , per le conseguenti decisioni, dandone contestualmente pubblico avviso. Alla conferenza può intervenire qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell'impianto industriale>>.
Consegue da ciò che, pur ispirandosi la disciplina in rassegna a evidenti criteri di favore per l'insediamento di attività produttive, tale ratio economico-sociale non può essere spinta sino al punto da sovvertire il ruolo fondamentale che spetta al comune nell'ambito dell’ordinario procedimento in materia urbanistica. Ne consegue che la conferenza non deve essere sempre e comunque convocata qualora il progetto proposto non contrasti con divieti specifici ambientali e sanitari, poiché ragionando in tal modo si giunge ad esautorare il comune dei suoi poteri discrezionali di programmazione e di governo dell'ordinato sviluppo del territorio (così, Consiglio di Stato, sez. IV, 03 marzo 2006, n. 1038, per cui: <<si deve affermare da un lato che la determinazione comunale di non avviare il procedimento è di per sé pienamente consentita dall'ordinamento di settore, il quale configura l'utilizzo di una procedura pur sempre derogatoria come meramente facoltativo da parte dell'ente locale; dall'altro che, nel merito, tale determinazione costituisce il frutto dell'esercizio di un potere discrezionale e quindi può legittimamente fondare - anche indipendentemente da precisi divieti ambientali - su valutazioni di ordine generale, purché razionalmente ed equilibratamente rapportate, in relazione alla natura ed entità dell'intervento, all'esigenza di evitare la compromissione di valori paesaggistici, urbanistici o comunque inerenti la tutela dell'assetto del territorio>>).
Deve, pertanto, escludersi – in generale - la configurabilità di un obbligo di attivazione della procedura de qua in capo al responsabile dello S.U.A.P.
Nello specifico, poi, in relazione al caso che qui occupa, gli esponenti non hanno neppure consentito all’amministrazione di accertare la conformità del progetto presentato alle norme vigenti in materia ambientale, né hanno fornito alcuna dimostrazione sull’assenza di aree destinate all'insediamento di impianti produttivi nello strumento urbanistico vigente.
Come evidenziato dalla difesa comunale, infatti, le istanti non hanno depositato la documentazione richiesta dal Comune nel preavviso di diniego del 24.02.2011 ove, tra l’altro, in relazione al vincolo di elettrodotto ricadente nel lotto di intervento, si richiedeva di produrre apposito nulla-osta da parte dell’autorità competente (Terna spa. cfr punto 1 del preavviso).
Analogamente prive di riscontro sono rimaste le richieste del Comune in ordine alla documentazione sull’esame dell’impatto paesistico e sul rispetto della disciplina acustica e del relativo piano di zonizzazione approvato con d. C.C. n.86/2001 (cfr. punti 9 e 10 del preavviso cit.).
Ne consegue che, il diniego dell’8.08.2011 risulta adeguatamente motivato con riferimento, sia all’inadeguatezza del progetto edilizio presentato, che alla inidoneità della procedura ex art. 5 cit. ad essere utilizzata come procedimento di sanatoria di abusi edilizi già, peraltro, sanzionati dalla stessa amministrazione.
Per le superiori considerazioni, il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti in epigrafe specificati devono essere respinti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Pone le spese di lite a carico delle parti ricorrenti e a favore dell’amministrazione resistente, liquidandole in euro 2.000,00 complessivi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Giovanni Zucchini, Primo Referendario
Concetta Plantamura, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Data: 2016-01-11 09:34:01

Re:Variante SUAP - la conferenza NON è obbligatoria - sentenza 24/2/2012

VARIANTE SUAP - nuova sentenza Consiglio di Stato

[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 8 gennaio 2016 n. 27[/b][/color]

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