Data: 2012-02-27 18:48:55

SILENZIO ASSENSO SU DOMANDA CONDONO EDILIZIO

SECONDO VOI, L'UFFICIO PREPOSTO DEL COMUNE PUO' CHIUDERE UN PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO SU UNA DOMANDA DI CONDONO EDILIZIO (CONDONO '95) DI UNA STRUTTURA NON ADIBITA A CIVILE ABITAZIONE SU UN AREA DEMANIALE SOTTOPOSTA A VINCOLO PAESAGGISTICO DI CUI ALL'ART. 33 LEGGE 47/85 PER MATURATO SILENZIO ASSENZO??

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Data: 2012-02-27 22:20:49

Re:SILENZIO ASSENSO SU DOMANDA CONDONO EDILIZIO


SECONDO VOI, L'UFFICIO PREPOSTO DEL COMUNE PUO' CHIUDERE UN PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO SU UNA DOMANDA DI CONDONO EDILIZIO (CONDONO '95) DI UNA STRUTTURA NON ADIBITA A CIVILE ABITAZIONE SU UN AREA DEMANIALE SOTTOPOSTA A VINCOLO PAESAGGISTICO DI CUI ALL'ART. 33 LEGGE 47/85 PER MATURATO SILENZIO ASSENZO??
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L'orientamento prevalente è in senso negativo


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T.A.R.

Toscana

Sezione III

Sentenza 19 marzo 2007, n. 441

(Pres. Potenza, Est. Musilli)

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA

- III SEZIONE-

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 3134/1999 proposto dalla sig.ra G. M., rappresentata e difesa dagli avv. ti Rosalba Farulli e Roberto Cartei ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Giuseppe Pozzi in Firenze, via Verdi n. 12;

contro

- il COMUNE DI LIVORNO, in persona del Sindaco pro tempore ,

non costituitosi in giudizio;

- il DIRIGENTE U.O. URBANISTICA DEL COMUNE DI LIVORNO, non costituitosi in giudizio;

per l‘annullamento

previa sospensione dell’esecuzione

- della “Disposizione” n. 177 in data 5.6.1999 con cui il Dirigente dell’Unità Operativa Urbanistica del Comune di Livorno ha negato l’autorizzazione paesaggistica prevista dalla norma dell’art. 32 L. 28.2.1985 n. 47, nonché del Parere espresso dalla Commissione Edilizia Integrata del Comune di Livorno nella seduta del 31.3.1995 e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

Visto il ricorso e la relativa documentazione;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, alla pubblica udienza del 22 giugno 2006 - relatore il Consigliere Filippo Musilli -, l’avv. M. Musotto delegato da R. Cartei;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente, proprietaria di un terreno della superficie di mq. 4000 situato nel territorio del Comune di Livorno in località Limoncino, espone di aver chiesto, con istanza in data 13.2.1997, la sanatoria edilizia relativamente al cambio di destinazione d’uso di un annesso agricolo, a suo tempo costruito sulla base della prescritta concessione edilizia, trasformato in un “monolocale” per destinarlo a propria abitazione.

La stessa soggiunge che a distanza di oltre 5 anni dalla suddetta richiesta di sanatoria le è stato notificato l’atto impugnato con cui il Dirigente dell’Unità Operativa del Comune di Livorno, richiamato il parere contrario espresso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta del 5.5.1999, ha negato l’autorizzazione paesaggistica ex art. 32 della legge 28.2.1985, n. 47.

Avverso tale atto è stata interposta la presente impugnativa per i seguenti motivi.

1) Violazione delle norme di cui agli artt. 32 e 35 della L. 28.2.85 n. 47. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione.

Si sostiene che sulla domanda di condono si è formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della legge sopracitata o, in subordine, che detto silenzio-assenso si è comunque formato proprio sul richiesto parere dell’Amministrazione preposta al vincolo.

2) Violazione dell’art. 31 e segg. della L. 28.2.85 n. 47 nel testo modificato dall’art. 39 della L. 23.12.1994 n. 724. Violazione e falsa applicazione dell’art. 82 del D.P.R. n. 616/1977 come modificato dall’art. 1 della L. 8.8.1985 n. 431. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, del difetto di istruttoria, della illogicità e manifesta ingiustizia, della disparità di trattamento.

Si lamenta sostanzialmente che il provvedimento impugnato è stato reso in assenza di un’adeguata motivazione ed istruttoria.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

DIRITTO

Con il primo motivo si formulano due distinte censure: in primo luogo si afferma che sulla domanda di condono si è ormai formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della L. 28.2.1985, n. 47; in subordine si sostiene che anche sul richiesto parere si è formato il silenzio-assenso attesa la formulazione dei commi 1 e 2 dell’art. 32 della legge citata per cui ove detto parere non viene espresso entro centoventi giorni dalla domanda lo stesso “si intende reso in senso favorevole”.

Riguardo al primo punto si osserva che, se è vero che ai sensi dell’ art. 35 della legge n. 47/85 una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio-assenso ove siano trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda, è altrettanto vero che detto silenzio- assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico.

La giurisprudenza ha in proposito affermato che il rilascio della concessione in sanatoria per abusi realizzati su aree soggette a vincolo, in virtù del combinato disposto dell’art. 32, 1 comma, e 35 della legge n. 47/85 soprarichiamata, presuppone in ogni caso il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e non anche in caso di parere negativo; è stato in proposito rilevato che l’eventuale inerzia dell’Amministrazione non può far conseguire agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai ottenere con l’emanazione espressa del provvedimento (fra le tante vd. in tal senso Cons. di St. sez. IV, 8.4.2004 n. 1998 e TAR Campania, Napoli, 19.6.2003, n. 7596).

Va del pari disattesa la censura di silenzio-assenso dedotta nei riguardi del parere reso oltre il termine di centoventi giorni previsto dall’art. 32 della ripetuta legge n. 47/85 in quanto, anche in termini di pareri, nulla esclude che l’Amministrazione a ciò preposta possa assumere un provvedimento di diniego espresso pur dopo la formazione del silenzio-assenso: provvedimento che si sostituisce all’assenso tacito, quale ulteriore rinnovata espressione del potere di cui l’Amministrazione medesima era (e rimane) titolare, quantomeno in via di autotutela (vd. TAR Piemonte Torino, sez. I, 18.10.2004, n. 2505).

Il primo motivo è pertanto infondato.

Si appalesa invece fondato il secondo motivo in particolare per quanto attiene alle dedotte censure di difetto di motivazione e di illogicità in relazione al parere espresso dalla Commissione Edilizia Integrata che costituisce il presupposto del diniego di cui alla “Disposizione 177” impugnata.

Infatti, stante il tenore testuale del parere così congegnato: “contrario al cambio d’uso in quanto si incrementerebbe ulteriormente una situazione peggiorativa per la qualità dell’ambiente con un aumento del carico urbanistico insostenibile all’ambiente stesso, oltre al fatto che la tipologia non appare idonea per finalità abitative. Parere favorevole agli altri interventi in quanto non si introducono incongrui elementi di alterazione dell’ambiente” si rileva una evidente incongruenza del giudizio espresso tenuto presente che lo stesso è rivolto avverso un cambio d’uso che – come esattamente rilevato nella memoria di parte ricorrente del 10 giugno 2006 – non comporta di per sé una trasformazione della costruzione.

La formulazione suddetta, infatti, per quanto attiene al contrasto con i valori ambientali tutelati si limita, come visto, ad affermare del tutto genericamente che “la tipologia non appare idonea per finalità abitative” senza ulteriore specificazione circa le caratteristiche strutturali o le tecniche costruttive del manufatto e quali di esse possano costituire un disvalore paesaggistico. Tanto più che viene espresso parere favorevole per gli interventi che comportano proprio delle modifiche a tale manufatto (cioè la costruzione di due tettoie, la recinzione, il pozzo e sistemazioni esterne) con la precisazione che con gli stessi “non si introducono elementi di alterazione dell’ambiente”.

Inoltre, non vengono spiegate le ragioni di come la nozione di carico urbanistico, che oltretutto va rapportata ad un “monolocale” che per sua natura è destinato ad essere fruito solo da un ridotto numero di persone, possa incidere in modo negativo sui valori paesaggistici protetti in mancanza di qualsivoglia indicazione riguardo alle caratteristiche naturali ed oggettive che connotano la zona interessata e tali da rendere la costruzione di cui trattasi incompatibile, con riferimento al cambio d’uso, con l’ambiente circostante.

Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va accolto.

Conseguentemente vanno annullati gli atti impugnati. Salve le ulteriori determinazioni dell’Autorità Amministrativa.

Le spese di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe,lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti indicati in epigrafe. Salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, il 22 giugno 2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

Dott. Raffaele POTENZA - Presidente f.f.

Dott. Vincenzo FIORENTINO - Consigliere

Dott. Filippo MUSILLI - Consigliere, est. F.to Raffaele Potenza

F.to Filippo Musilli

F.to Mara Vagnoli - Collaboratore di Cancelleria

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 19 MARZO 2007

Firenze, lì 19 marzo 2007

Il Collaboratore di Cancelleria
F.to Mara Vagnoli

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Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 7 gennaio 2008, n. 22

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da D. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Felice Laudadio e Ferdinando Scotto, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 46, IV B, presso lo studio del dott. Giammarco Grez;

contro

il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, in persona del Ministro p.t., non costituitosi in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. IV^, n. 338 del 25.01.2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore per la pubblica udienza del 6 novembre 2007 il Consigliere Polito Bruno Rosario;

Udito l’avv.to Scotto per la ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1). Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Campania la sig.ra D. M. impugnava per dedotti profili di illegittimità il decreto del Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia di annullamento - nell’esercizio dei poteri di controllo previsti dall’art. 82 del d.P.R. 24.07.1978, n. 616, come integrato dall’art. 1 della legge 08.08.1985, n. 431 - del provvedimento del Sindaco del Comune di Napoli con il quale era stato rilasciato parere favorevole, ai sensi degli artt. 32 della legge n. 47/1985 e 7 delle legge n. 1497/1939, ai fini del rilascio di concessione edilizia in sanatoria in ordine ad un fabbricato, destinato a civile abitazione, realizzato in zona di dichiarata con d.m. 22.06.1967 e d.m. 06.11.1995 di notevole interesse paesistico ai sensi della legge n. 1497/1939.

A sostegno della statuizione di annullamento il Soprintendente in particolar rilevava:

- l’assenza di motivazione del provvedimento sindacale circa la compatibilità dell’ intervento con il contesto ambientale tutelato in cui viene ad inserirsi;

- l’ inidoneità del manufatto per dimensioni, tipologia, e materiali usati, ad armonizzarsi con il contesto ambientale

- l’ introduzione di alterazione nei tratti paesaggistici della località protetta in relazione anche alla previsione di “protezione integrale” di cui al piano paesistico Agnano/Camaldoli.

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Avverso al decisione reiettiva la sig.ra D. ha proposto atto di appello ed ha dedotto motivi inerenti all’irrilevanza delle misure di protezione integrale della zona di cui al p.t.p., perché introdotte successivamente alla consumazione dell’ abuso (1986); l’avvenuta estensione del controllo di legittimità del Soprintendente al merito tecnico del provvedimento sindacale; la tardiva adozione della determinazione di annullamento.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non si è costituito in giudizio.

All’ udienza del 6 novembre 2007 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1). L’ appello è fondato.

2). Parte istante fondatamente censura il nucleo centrale della motivazione dell’atto di annullamento, che fa perno sulla disciplina del piano paesistico della zona Agnano/Camaldoli che assoggetta a normativa di “tutela integrale” l’area si cui ricade la costruzione per la quale è stata avanzata domanda di condono edilizio, precludendo ogni intervento modificativo del sito.

Come posto in rilievo dalla Sezione in fattispecie analoghe si versa a fronte di previsione che - nella sua valenza impeditiva di ogni edificazione nella zona vincolata - si configura riconducibile ai casi previsti dall’art. 33, comma primo, lett. a), della legge n. 47/1985, che tra l’altro esclude dall’applicazione della speciale normativa sulla sanatoria postuma degli abusi edilizi le opere che si pongano in contrasto con vincoli di inedificabilità introdotti a tutela di interessi paesistici. La disposizione citata precisa, tuttavia, che l’ inibitoria di inedificabilità deve ricondursi “a vincoli che siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere”.

Nella fattispecie di cui è causa l’intervento modificativo dell’assetto dei luoghi per il quale è stata avanzata domanda di condono edilizio in data 29.03.1986 è stato realizzato nel 1982. La prescrizione del piano paesistico sui limiti di edificazione non può, quindi, assurgere a condizione impeditiva del perfezionamento della pratica di condono edilizio, perché introdotta con d.m. 06.11.1995 di approvazione del p.t.p., successivamente al momento di consumazione dell’abuso.

2.1). Non sorregge la statuizione di annullamento l’ascrizione all’autorizzazione del Sindaco del comune di Napoli del vizio di difetto di motivazione.

Il provvedimento sindacale, nel fare propria la motivazione della Commissione Edilizia Beni Ambientali, dà atto di avere apprezzato la consistenza dell’opera abusiva in raffronto della disciplina di vincolo della zona, valutando in particolare - onde pervenire al rilascio del nulla osta - che la costruzione “si situa in un’ area che complessivamente ha perso le originali connotazioni paesistiche che furono all’ origine nel vincolo e non più recuperabili attraverso un intervento sanzionatorio isolato”. Risulta quindi esternato, in contrario a quanto ritenuto dal Soprintendente, il percorso valutativo osservato dall’ Autorità comunale e le ragioni che hanno indotto a consentire la sanatoria postuma dell’abuso, prendendo in considerazione il livello di protezione della zona esigibile nell’attualità in raffronto alle finalità di recupero degli insediamenti abusivi perseguite dalla legge n. 47/1985, e ciò in relazione al carattere relativo e non assoluto del vincolo di protezione della zona classificata come bellezza di insieme.

2.2). Accertata, per quanto innanzi esposto, l’inapplicabilità della disciplina vincolistica di cui al p.t.p. approvato con d.m. 06.11.1995, dopo al realizzazione del fabbricato oggetto della domanda di condono edilizio, ed il carattere generico del contenuto prescrittivo del vincolo paesistico che grava sulla zona introdotto con d.m. 22.06.1967, non impeditivo in assoluto di interventi modificativi, l’autorizzazione sindacale, diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R., non si pone in contraddizione con le previsioni di tutela, che non consumano la sfera di discrezionalità del Sindaco circa la graduazione degli interventi compatibili.

2.3). Si configura in conseguenza fondato il motivo, rinnovato in sede di appello, con il quale si censura l’atto di annullamento del Soprintendente per avere esteso il sindacato di competenza al merito dell’atto autorizzatorio rilasciato dal Sindaco.

Il vincolo di cui al d.m. 22.06.1967 qualifica, infatti, il valore paesaggistico/ambientale di talune porzioni della zona interessata (versante interno del cratere di Agnano e zona degli orli craterici degli “Astroni” e dei “Pisani”) senza introdurre specifiche misure interdittive di ogni attività edificatoria o di modifica dei luoghi, in particolare per quanto riguarda le aree poste all’ esterno ai siti innanzi individuati in cui è stata realizzata l’edificazione. Non emergono precisi e puntuali parametri di indirizzo sulla tipologia e consistenza degli interventi ammissibili, di talché la violazione di una specifica previsione possa risolversi in vizio di legittimità dell’atto riscontrabile nell’esercizio del potere di controllo previsto dall’art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, n. 616, come integrato dall’art. 1 della legge n. 431/1985.

Il controllo dell’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune di Napoli ha, quindi, debordato dai limiti di stretta legittimità quali previsti dalle norme innanzi richiamate, dando luogo alla sovrapposizione di una nuova ed autonoma valutazione di merito a quella espressa dall’Autorità delegata, con esercizio di un potere che per pacifica giurisprudenza non è riconducibile al procedimento di riesame in argomento.

L’ appello va quindi accolto, restando assorbito il quarto motivo; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il provvedimento con esso impugnato.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento con esso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 6 novembre 2007 con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone Presidente

Carmine Volpe Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Aldo Scola Consigliere

Bruno Rosario Polito Consigliere relatore ed estensore

Presidente

CLAUDIO VARRONE

Consigliere Segretario

BRUNO ROSARIO POLITO STEFANIA MARTINES

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 7/01/2008.

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Cass. Sez. III n. 14312 del 14 aprile 2010 (CC 16 mar. 2010)
Pres. Petti Est. Mulliri Ric. Cacace
Urbanistica. Condono e silenzio assenso

In forza della modifica apportata all’art. 32 L. 47\85 dalla L. 326/03, è scomparso ogni riferimento alla figura del silenzio-assenso anche per le opere di ampliamento.





UDIENZA del 16.03.2010

SENTENZA N. 457

REG. GENERALE N.            39844/2009     

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dai Signori:


1. dr. Ciro Petti                                Presidente
2. dr. Aldo Fiale                              Consigliere
3. dr. Amedeo Franco                      Consigliere
4. dr. Silvio Amoresano                    Consigliere

5. dr.ssa Guida Mulliri                      Consigliere rel.

all'esito dell'udienza in camera di consiglio del 16 marzo 2010 ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
- Cacace Domenico, nato a Piano di Sorrento il XX.XX.XXXXX indagato artt. 44/c D.P.R. 380/01 e 181 D.L.vo 42/04
- avverso l'ordinanza del Tribunale per il Riesame di Napoli in data 6.7.09
- Sentita la relazione del cons. Guicla Mùlliri;
- Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Alfredo Montagna, che ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;


osserva


1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - Oggetto di impugnazione è la decisione con cui il Tribunale per il Riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo disposto dal G.i.p. in relazione ad una parte di immobile (mc. 408,56) rispetto alla maggiore volumetria di mc. 1308,56. Per una parte della volumetria residenziale dell'edificio, demolito e ricostruito, vi era stato rilascio di permesso di costruire (perché trattavisi di struttura fatiscente) e si erano poi aggiunte delle opere rurali di ampliamento per le quali era stato richiesto condono edilizio.


Un primo punto controverso tra la ricostruzione operata dal P.M., avallata dal G.i.p. e dal Tribunale per il Riesame, e la tesi difensiva riguarda le dimensioni dell'immobile precedente: per l'accusa, ammontavano a mc. 900 (che, sottratti a quella finale di 1308,56, danno appunto l'ammontare di 408,56 mc sequestrati); per la difesa del ricorrente, si sarebbe, invece trattato di 970,70 MC (come risultante da una CTU disposta nel corso di una causa civile).


Inoltre, si fa notare che le opere di ampliamento erano state non residenziali (consistendo in cellai e pollai) ditalché l'unica condizione per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica era che esse fossero state realizzate prima dell'1.10.83. Nel caso in esame, ciò sarebbe avvenuto in forza del silenzio-assenso maturatosi dopo i 120 gg_ dalla presentazione dell'istanza di sanatoria nel 1986 (in forza degli artt. 32 L. 47/85 e 39 co. 7 L. 724/94 in base ai quali per "ampliamenti o tipologie di abuso che non comportano aumento di superficie o di volume, il parere deve essere rilasciato entro 120 giorni; trascorso tale termine il parere stesso si intende reso in senso favorevole"). Il ricorrente contesta la replica data dal Tribunale per il Riesame secondo cui l'intero art. 32 è stato sostituito dall'art. 32 co. 43 DL 269/03 (conv. con L. 326/03) si che "è scomparso ogni riferimento alla figura del silenzio assenso", anche per le opere di ampliamento, essendo solo prevista la possibilità di impugnare il silenzio-rifiuto.


Si fa, infatti, notare che si è in presenza di un'erronea applicazione dell'art. 32 D.L.269/03 perché, in sede di conversione, fu aggiunto il co. 43 bis secondo cui "le modifiche apportate con il presente articolo, concernenti l'applicazione delle leggi 28.5.85 n. 47 e 23.12.94 n. 724, non si applicano alle domande già presentate ai sensi delle predette leggi".


In realtà — si dice - i giudici, per confermare il sequestro, hanno dovuto operare una disapplicazione parziale del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Piano di Sorrento il 30.8.07, in attuazione delle disposizioni del P.R.G., ricorrendo ad una motivazione che, secondo la giurisprudenza di legittimità, oltrepassa i limiti del potere del giudice penale di sindacare l'atto amministrativo.


2. Motivi della decisione - Il ricorso è infondato.


Ripercorrendo sinteticamente le vicende dell'art. 32 L. 47/85 si coglie quanto segue.
Nella sua formulazione originaria, la norma prescriveva - quale condizione per la concessione o l'autorizzazione in sanatoria delle opere abusive costruite in zone soggette a vincolo paesaggistico ambientale (fatte salve le fattispecie previste dal successivo art. 33) - il rilascio di parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non fosse stato reso dalle suddette amministrazioni entro 120 giorni dalla domanda, esso si intendeva "reso in senso negativo".
L'art. 12 del D.L. 12.1.88, n. 2 trasformò in silenzio-assenso la mancata prestazione dello stesso parere. La disposizione venne dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (sent. n. 302/1988) ma l'art. 39, co. 7, L. 23.12.94, n. 724 modificò l'art. 32 della legge n. 47/1985, reintroducendo l'istituto del silenzio-assenso attraverso la previsione che: "per le opere eseguite su immobili soggetti alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, relativi ad ampliamenti o tipologie d'abuso che non comportano aumento di superficie o di volume, il parere deve essere rilasciato entro 120 giorni; trascorso tale termine il parere stesso si intende reso in senso favorevole".
Con l'art. 2, co. 44, L. 23.12.96, n. 662 l'art. 32 in questione ha subito nuove modifiche nel senso che "Il rilascio della concessione edilizia o dell'autorizzazione in sanatoria per le opere eseguite su immobili soggetti alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 ed al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché in relazione a vincoli imposti da leggi statali e regionali e dagli strumenti urbanistici, a tutela di interessi idrogeologici e delle falde idriche nonché dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali qualora istituiti prima dell'abuso, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga reso entro 180 giorni dalla domanda il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto dell'amministrazione".


Infine, in seguito al D.L. 30.9.03, n. 269 (cony., L. 24.11.03, n. 326) il 1° comma dell'art. 32 L.. 47/85 è stato riscritto nel senso che: "Fatte salve le fattispecie previste dall'art. 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro 180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto ..."


Tutto ciò puntualizzato sul piano della normativa, passando al caso specifico della sentenza che qui occupa, non si può fare a meno di notare che l'istituto del silenzio- assenso ha avuto breve vita e che, in ogni caso, il permesso di costruire, nella specie è stato rilasciato il 30.8.07 sì che non vi è dubbio che debbano applicarsi le norme vigenti in epoca successiva al 2007, quella di realizzazione dell'opera di cui trattasi, (risultando irrilevante il fatto che, per una parte preesistente del fabbricato, potesse anche essere intervenuta una sanatoria).


A tale stregua, se è vero che il comma 43 bis dell'art. 32 (come modificato in forza della L. 326/03) prevede l'inapplicabilità - alle domande già presentate - delle modificazioni apportate a tale articolo (tra cui l'esclusione del silenzio-assenso) è altresì vero che la stessa norma non dispensa dall'osservanza della nuova disciplina in tema di lavori di ampliamento, ristrutturazione e ricostruzione di manufatti preesistenti (quali sono, per l'appunto, le opere di cui si va qui trattando).


Conseguentemente, corretto è l'argomentare del Tribunale per il Riesame quando, in primo luogo, ai fini dell'individuazione dei lavori oggetto di condono, richiama l'attenzione sulla infedeltà delle dichiarazioni fatte in sede di rilascio del permesso visto che - in base alle dichiarazioni del colono (che ha condotto in mezzadria il terreno fino al 1993) ed ai rilievi aerofotogrammetrici - è possibile affermare che "il permesso di costruire non solo ha riguardato manufatti non aventi natura residenziale ma anche opere abusive non condonate". Per l'effetto, "per i manufatti non residenziali oggetto di istanza di condono ... il permesso di costruire in sanatoria non può essersi perfezionato per il mero decorso del tempo" perché il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per le opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo come quello in esame "è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. L'amministrazione in esame ha un tempo di centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere per pronunciarsi, decorso il quale, però, non si forma alcun silenzio-assenso ma solo un silenzio-rifiuto impugnabile da parte dell'interessato".


In secondo luogo, per tutto quanto fin qui osservato, ineccepibile è anche la conclusione del Tribunale a proposito del fatto che, in forza della modifica apportata all'art. 32 dalla L. 326/03, "è scomparso ogni riferimento alla figura del silenzio-assenso anche per le opere di ampliamento". Non costituisce, quindi, alcuna invasione di competenza da parte dell'A.G. penale il sindacato incidentale sulla legittimità del permesso di costruire, effettuato nella specie, essendo previsto dal sistema, ed avallato dalla giurisprudenza di questa S.C. (Sez. III, 22.4.08, Papa, Rv. 240728), il principio che qualora venga realizzata un'opera sulla base di una concessione edilizia in sanatoria, il giudice penale ha l'obbligo di sindacare in via incidentale l'eventuale illegittimità dell'atto amministrativo perché la conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica stessa (Sez. III 2.10.07, Emelino,Rv. 237995).


Nel respingere il ricorso, seguono, per legge, pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.


rigetta


il ricorso e


condanna


il ricorrente al pagamento delle spese processuali


Così deciso in Roma nell'udienza del 16 marzo 2010


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  14 APR. 2010

riferimento id:3785

Data: 2012-02-28 11:22:10

Re:SILENZIO ASSENSO SU DOMANDA CONDONO EDILIZIO

Anche se i vari pareri di altri enti per esempio quello paesaggistico sono favorevoli????

Se ho capito bene, il comune non poteva chiudere il procedimento con il silenzio assenso, ma si doveva esprimere in senso negativo alla domanda di condono???

grazie

riferimento id:3785

Data: 2012-02-28 21:15:11

Re:SILENZIO ASSENSO SU DOMANDA CONDONO EDILIZIO

Come detto l'orientamento giurisprudenziale sembra chiaro e specifico "[color=red]silenzio- assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico[/color]", anche se vi è parere favorevole. Andrà rilasciata la concessione in sanatoria in forma espressa.

riferimento id:3785
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