Primi effetti della incostituzionalità della legge sulla dirigenza. Ammissibili i rinnovi degli incarichi dirigenziali
[color=red][b]Corte dei Conti-Lazio, Sez. contr., Delib., 5 dicembre 2016, n. 118[/b][/color]
[b]COMMENTO[/b]: http://www.quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000167302
[b]SENTENZA[/b]:
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DIRITTO
Il Collegio, dato atto dell’avvenuta produzione in sede istruttoria della dichiarazione di
insussistenza delle cause di inconferibilità dell’incarico richiesta dalla normativa
anticorruzione ed in particolare dall’art. 20 del d.lgs. 39/2013, è chiamato ad affrontare
la questione dell’obbligatorietà della procedura di pubblicità e di previa selezione
comparativa contemplata dall’art. 19, comma 1-bis, del d.lgs. 165/2001, come con tale
disposizione integrato dall’art. 40, comma1, lett. b) del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150,
nell’ipotesi di rinnovo di incarico dirigenziale di seconda fascia, senza soluzione di
continuità, a naturale scadenza di precedente rapporto di assegnazione al medesimo
ufficio del dirigente incaricato.
In via principale, infatti, le contestazioni si appuntano non già sull’ammissibilità
sostanziale del rinnovo, peraltro espressamente contemplata dal comma 2 dello stesso
art. 19, quanto piuttosto sul suo acclarato perfezionamento in violazione del richiamato
comma 1-bis, cioè senza aver attivato il procedimento di natura concorsuale ivi
previsto, con conseguente illegittimità del provvedimento che lo ha disposto.
Siffatta opzione ermeneutica, ancorché presente in alcune pronunzie di controllo (cfr.
Sez. controllo Emilia Romagna deliberazioni nn. 138/2014/PREV e 180/2014/PREV),
appare superata da più recenti orientamenti della Sezione centrale controllo di
legittimità, dai quali il Collegio non ritiene di discostarsi in questa sede.
Ed invero, posto che il detto procedimento è finalizzato a tutelare le esigenze ed
aspirazioni professionali dei dirigenti, garantendone la parità di accesso agli incarichi e
l’accrescimento della professionalità, in contemperamento con gli obiettivi di
funzionalità dell’amministrazione in cui si sostanzia il buon andamento (così Sezione
centrale controllo legittimità deliberazioni n. 21/2010/PREV, 3/2013/PREV e
24/2014/PREV), non si può ignorare come - nell’impianto complessivo dell’art. 19 del
d.lgs. 165/2001, quale venutosi a determinare nell’attuale vigenza per effetto di
numerose modificazioni ed integrazioni - tale modalità di conferimento si attagli
all’assegnazione di posti funzione ai dirigenti di ruolo dell’amministrazione statale, già
reclutati con concorso pubblico, e coesista con la facoltà di far fronte al fabbisogno con i
reclutamenti a tempo determinato di cui ai commi 5-bis e 6.
Ne deriva che le procedure di cui al comma 1-bis, da un lato non vanno confuse con il
momento genetico del rapporto di lavoro dirigenziale, dall’altro vengono a
rappresentare modalità non esclusiva di preposizione ad uffici di livello dirigenziale.
In questi termini, il richiamo espresso all’applicazione delle disposizioni dell’art. 19
nella sua interezza per i conferimenti degli incarichi dirigenziali presso le
amministrazioni statali, contenuto nel comma 2 del medesimo art. 19, è in sé neutro e
non costituisce perciò apprezzabile elemento testuale volto a sostenere univocamente la
generale indefettibilità della procedura del comma 1-bis in materia e neppure ad
orientare nella relativa applicabilità alla fattispecie del rinnovo, anch’essa ammessa
dalla norma in argomento e per sua stessa natura avente a presupposto un precedente
conferimento.
In effetti, il comma 1-bis sostituisce l’unico preesistente limite espresso circa
l’assegnazione di incarichi disponibili ai dirigenti di ruolo, consistente nel riferimento
generico al principio di rotazione (comma 1, dell’art.19, nel testo originario), venendo
così ad istituzionalizzare ordinariamente la necessità di procedure comparative per il
primo conferimento, ma lascia in tutto aperto il problema delle modalità di rinnovo.
Nella scarna formulazione della norma, soccorre la considerazione che la rinnovabilità
degli incarichi è stata, pacificamente e nel tempo, concepita come facoltà di conferma
del dirigente sul posto di funzione già ricoperto, discrezionale nell’an e perciò
alternativa ad una nuova assegnazione, facoltà attivabile sulla base di una delibazione
motivata delle esigenze di funzionalità degli uffici e, perciò, essa stessa servente al
principio di buon andamento, al quale gli interessi individuali e le aspirazioni di carriera
dei singoli dipendenti sono destinati a soggiacere.
Orbene, ritenere che il rinnovo sia ammissibile solo a valle di una procedura
comparativa, non solo ne rideterminerebbe il perimetro applicativo, ma snaturerebbe
l’istituto, trasformandolo da consapevole modalità di esercizio della discrezionalità ad
una mera evenienza concreta, peraltro legata a circostanze di fatto non ipotizzabili a
priori e non normate positivamente, con possibili effetti di vulnus al buon andamento.
Si tratta di una tesi che, ad avviso del Collegio, oltre a non trovare fondamento
nell’ambito dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001, non è sostenibile neanche in base ad
argomenti sistematici dati dalle disposizioni dei Contratti Collettivi Nazionali di
Lavoro, richiamate in fatto, e dalla rinnovata valorizzazione del principio di rotazione
degli incarichi nell’ambito della normativa anticorruzione.
Invero, le prime, in quanto chiaramente ispirate, per la stessa fonte di collocazione, a
garantire la tutela delle posizioni dei dirigenti del comparto, non fanno che confermare
l’ordinarietà di procedure comparative quale meccanismo selettivo funzionale alla
tutela di interessi individuali di carriera, senza porre in ombra la necessaria e prevalente
considerazione del buon andamento.
Quanto, poi, alla normativa anticorruzione, anche a voler tacere del puntuale
orientamento espresso dall’ANAC nella deliberazione n. 13 del 4 febbraio 2015 inteso a
reputare ammissibile il contemperamento della “rotazione del personale maggiormente
esposto ai rischi di corruzione…. quale misura fondamentale di prevenzione della
corruzione” con l’esigenza sostanziale di non sottrarre “competenze professionali
specialistiche da uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico”, non se ne
può di per sé far derivare la cogenza generalizzata del comma 1bis, attese le diverse
finalità della norma.
E ciò, per la considerazione che il ricorso alle procedure comparative non garantisce e
non garantirebbe il ricambio effettivo ai vertici degli uffici, considerate quale misura di
prevenzione della corruzione, essendo innegabile che le dette procedure possono sfociare
in una conferma nell’incarico in tutto identica a quella conseguibile con un rinnovo
diretto, effetto in entrambi i casi evitabile solo in base ad un sistema articolato di
misure, quale ricavabile dalla normativa primaria dedicata (d.lgs. 190/2012 e d.lgs.
39/2013) nonché dai pertinenti Piani anticorruzione.
Per quanto sopra, in assenza di fondamenti normativi de jure condito, l’affermazione
dell’estensione generalizzata delle procedure di interpello di cui al comma 1-bis non si
ritiene condivisibile.
Conforta, del resto in questa direzione, che l’applicazione di tali procedure anche per il
primo rinnovo in incarichi dirigenziali abbia formato oggetto di espressa delega
legislativa nella legge n. 124/2015 (art. 11, comma 1, lett. h), quale criterio da
perseguire nell’ambito della prevista riforma della dirigenza pubblica, con possibilità di
ulteriore rinnovo per anni due senza alcuna procedura selettiva.
Se ne ricava, infatti, da un lato ed a contrariis l’esistenza di un attuale vuoto normativo
al riguardo, dall’altro la necessità di introdurre norme positive che disciplinino funditus
la materia in sede di attuazione della delega ed in coerenza con i generali, profondi
cambiamenti cui andrà improntato il nuovo regime della dirigenza stessa.
Sgombrato il campo dalla censurabilità dell’atto sottoposto a controllo per violazione di
legge, rimane da considerare il diverso profilo di censura, attinente al corretto esercizio
della scelta discrezionale, compiuta nella specie dall’Amministrazione con la decisione
di procedere al rinnovo dell’incarico in capo al dott. Zottola, senza attivarsi per la
ricerca di altri potenziali aspiranti e perciò assumendo l’infungibilità delle prestazioni
del medesimo rispetto alle esigenze funzionali dell’Ufficio di assegnazione.
Va in proposito evidenziato che, se lo spazio di discrezionalità in materia è innegabile
per quanto sopra osservato, esso incontra rinnovati e specifici limiti nel contesto delle
modifiche apportate all’art. 19 nonché alla luce della riproposizione, sia pure in altro
plesso normativo, del principio di rotazione negli incarichi apicali.
Né in direzione diversa può deporre il richiamo - pure effettuato in atti
dall’Amministrazione interessata a sostegno della generale rinnovabilità degli incarichi
dirigenziali - alle disposizioni del D.M. Interno 15 luglio 2015, per il quale “solo il
mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero l’inosservanza delle direttive impartite
determina l’impossibilità di rinnovare l’incarico”, giacché gli espressi limiti sanzionatori
in argomento, derivanti dalle previsioni dell’art. 21 del d.lgs. 165/2001, non consentono
di escludere la presenza degli altri limiti pure ricavabili dalla normativa di riferimento.
Venendo, infatti, il rinnovo a configurare ipotesi di sostanziale conferimento diretto di
incarico dirigenziale, esso è da considerare, in presenza del comma 1bis e cioè
dall’entrata in vigore del d.lgs. 150/2009, alternativo e derogatorio rispetto al sistema
ordinario.
Ne deriva che si tratta di fattispecie la cui ammissibilità è da intendersi fisiologicamente
subordinata all’avvenuto conferimento iniziale mediante procedura di natura
concorsuale, presupposto oggettivo per deflazionarne eventuali utilizzi inconciliabili
con le esigenze di trasparenza cui la procedura stessa è parimenti preordinata.
Inoltre, detta facoltà va intesa come scelta di prolungamento della permanenza
nell’incarico di un dirigente che - originariamente individuato quale idoneo alla
copertura del posto in comparazione e confronto curriculare con altri interessati –
risulta avere dato buona prova e che, perciò, è in grado di soddisfare in modo ottimale
l’interesse al buon andamento, in termini di continuità dell’azione amministrativa
rispetto a peculiari esigenze di funzionamento, elementi che devono emergere, con
puntualità ed in modo non generico, dalla motivazione del provvedimento.
Entrambi i requisiti, ad avviso del Collegio, sono riscontrabili nella fattispecie
all’esame, atteso che il dott. Zottola risulta in possesso di requisiti di professionalità
coerenti con l’incarico affidatogli, già vagliati in fase di originaria preposizione al
Servizio Contabilità e gestione finanziaria della Prefettura di Roma a seguito di
procedura di mobilità ordinaria, come ampiamente desumibili in atti istruttori e
confermati dai positivi risultati conseguiti in passato alla guida del medesimo Ufficio.
Inoltre, il rinnovo dell’incarico è motivato da richiami espliciti nel provvedimento alla
complessità delle funzioni affidate all’Ufficio stesso, che costituiscono in gran parte un
unicum rispetto a quelle svolte presso gli uffici omologhi delle altre Prefetture, in
quanto concernenti la gestione di programmi di spesa di pertinenza del Ministero
affidati nella gestione e nell’attuazione all’Ufficio diretto dal dott. Zottola e
comportanti strette relazioni con altre amministrazioni ed in particolare con l’ente
Roma Capitale. In questa stessa direzione le motivazioni della scelta sono state
ulteriormente e dettagliatamente esposte in istruttoria ed in contraddittorio, sedi nelle
quali l’Amministrazione ha rappresentato le esigenze funzionali di continuità ad esse
sottese nonché l’oggettiva difficoltà che, nella situazione generale dell’organico della
Prefettura stessa e di quello generale del Ministero incontrerebbe il reperimento di altra
unità di personale in possesso di capacità tecniche equivalenti a quelle del dott.
Zottola.
Gli elementi forniti in atti non sono, perciò sindacabili, a meno di non sconfinare in
giudizio sul merito delle scelte, precluso in questa sede di controllo.
Circa il paventato contrasto del rinnovo dell’incarico di cui trattasi con limiti di
ragionevole durata che ne assicurino la piena compatibilità a sistema con i principi di
rotazione e le prescrizioni imposte dalla normativa anticorruzione, valorizzati in una
recente decisione della Sezione centrale Controllo di legittimità (cfr. deliberazione
SCCLEG/7/2016), va chiarito che, non incontrando il rinnovo alcun limite di tipo
numerico a legislazione vigente, non è possibile attribuire rilievo assorbente nella specie
alla considerazione che il dott. Zottola sia già stato confermato una prima volta
nell’incarico de quo.
Ciò che viene in evidenza, invece, è che per effetto del provvedimento all’esame, il
prolungamento della permanenza nelle funzioni del dirigente si attesta su complessivi
anni nove.
Orbene, ritiene il Collegio che l’attrazione o meno di tale periodo nell’alveo della
ragionevole durata, non possa prescindere dall’utilizzo di parametri obiettivi e certi.
Detti parametri non sono fissati direttamente dalla normativa vigente ma da essa
ricavabili solo in via presuntiva in anni dieci, assumendo a riferimento la durata
massima ammissibile del primo incarico (anni 5) e quella del primo rinnovo parimenti
ammissibile per un periodo equivalente. Il detto lasso temporale, poi, non contrasta
neppure con i criteri fissati, de jure condendo, nella legge delega n. 124/2015, per i quali
ogni incarico è conferibile per quattro anni rinnovabili una prima volta per identica
durata e una seconda volta per ulteriori anni due. Non si ritiene, quindi, possibile
sostenere che il rinnovo all’esame realizzi una durata irragionevole nella preposizione
del dott. Zottola al Servizio contabilità della Prefettura di Roma, né de jure condito né
in chiave prospettica.
Rimane, peraltro, ferma la considerazione per la quale “la normativa anticorruzione
delinea un quadro di principi che esprimono disfavore nei confronti della permanenza
eccessivamente protratta in un posto di funzione” (cfr. così SCCLEG deliberazioni n. 24 e
25 entrambe del 2014), del resto già recepita dal Ministero dell’Interno nel proprio nel
proprio Piano Anticorruzione 2016-2018 con richiamo alla necessità di rotazione almeno
triennale nella tipologia di posti esposti a particolare rischio corruttivo, fra cui anche
quello oggetto dell’attuale assegnazione, quale principale misura di prevenzione da
adottare, in prospettiva, in modo non episodico o punitivo e, perciò, anche mediante il
rafforzamento di misure complementari volte a favorire la piena professionalizzazione
del personale in vista di una maggiore fungibilità delle prestazioni richieste.
Su tali principi, pertanto, si ritiene doveroso richiamare espressamente l’attenzione
dell’Amministrazione pro-futuro.
P.Q.M.
Ammette al visto e alla conseguente registrazione il decreto prefettizio n. 0244220 in
data 26 luglio 2016, avente ad oggetto il conferimento dell’incarico di Dirigente del
Servizio Contabilità e Gestione finanziaria della Prefettura di Roma al dott. Marcello
Zottola, dirigente di seconda fascia dell’Area I del Ministero dell’Interno per la durata
di anni tre ed a titolo di conferma di precedente incarico dirigenziale di preposizione al
medesimo Ufficio.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 21 ottobre 2016.
IL MAGISTRATO RELATORE
f.to Maria Luisa Romano
IL PRESIDENTE
f.to Carlo Chiappinelli
Depositato in Segreteria il 5 dicembre 2016
Il Direttore del Servizio di Supporto
f.to Emanuele Landolina