Data: 2016-11-17 07:11:16

SUOLO PUBBLICO: va autorizzato anche su strada priva di accessi sulla viabilità

L'occupazione di suolo pubblico richiede sempre una licenza da parte del Comune

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[color=red][b]T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 7 novembre 2016, n. 10997[/b][/color]


[b]COMMENTO[/b]: http://www.quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000166100

[b]SENTENZA[/b]:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9828 del 2016, proposto da:
Soc. G. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Mancini C.F. (...), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale del Lido, 78;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Alessandro Rizzo C.F. (...), domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
Roma Capitale - Municipio I non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della determinazione del 17.08.2016 con la quale è stata disposta la rimozione dell'occupazione abusiva del suolo pubblico accertata il 6.05.2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

[b]Con il ricorso in epigrafe, la società G. a r.l. ha chiesto l'annullamento della Determinazione dirigenziale rep. n. CA/2256/2016, prot. (...) del 17/8/2016 con la quale Roma Capitale le ha ordinato la rimozione dell'occupazione abusiva di suolo pubblico accertata dal Corpo della Polizia Locale con V.A.V. del 6 maggio 2016 e del 5/2/2016, antistante l'esercizio sito in via del Foro di traiano n. 1/B-2, per l'immediato ripristino dello stato dei luoghi, nonché la chiusura del predetto esercizio per un periodo pari a cinque giorni, quest'ultima da eseguire dal settimo giorno successivo a quello di notifica.[/b]
Il provvedimento è stato adottato a cagione della occupazione di "suolo pubblico con tettoia, pedana, tavoli, sedie, banco, frigo, elementi di illuminazione e cancello a chiusura del tratto strada interessato alla o.s.p. per totali mq. 64,80" senza essere in possesso della relativa concessione".
Parte ricorrente deduce:
a) nullità del provvedimento per contrasto con l'ordinanza cautelare resa dal C.d.S. in data 7/6/2016;
b) eccesso di potere perché già alla data del 6 maggio, e comunque in epoca antecedente all'adozione dell'atto impugnato, la società aveva provveduto spontaneamente, pur senza prestare acquiescenza, alla rimozione delle opere;
c) violazione degli artt. 38 e 47 della L. n. 47 del 1985 in quanto l'ordine di rimozione della tenda è in contrasto con l'istanza di condono edilizio, che risulta peraltro definita positivamente;
d) violazione dell' art. 18 del D.Lgs. n. 42 del 2004 poiché nel provvedimento del 5 maggio 1992 la Sovrintendenza ha autorizzato l'apposizione delle insegne sulla tenda di tela;
e) eccesso di potere e violazione di legge in relazione al regime giuridico dell'area su cui insiste l'occupazione, siccome priva dei requisiti per essere considerata soggetta a servitù di uso pubblico.
Si è costituita in giudizio Roma Capitale.
Alla Camera di consiglio dell'11 ottobre 2016 la causa, chiamata per l'esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere decisa nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell'art. 60 del c.p.a., previe le ammonizioni di rito alle parti presenti in camera di consiglio circa la completezza e regolarità del contraddittorio e dell'istruttoria.
Viene in rilievo, per la sua forza dirimente, il motivo di gravame con il quale parte ricorrente contesta l'esistenza sull'area de qua di una servitù di uso pubblico.
L'interessata fonda la censura sul rilievo che si tratterebbe di "spiazzo privo di sbocchi rispetto al sistema viario capitolino ed privo di utilità di sorta, se non per i condomini dello stabile che, attraverso il regolamento del 1979, che assegna l'accesso dal portone retrostante esclusivamente al ristorante ... vi hanno abdicato a favore del ristorante Ulpia".
La censura non è persuasiva.
Il Collegio richiama sul punto specifico la sentenza della Sezione n. 7967/2016 che, nel rigettare i ricorso proposto dalla società G.F. srl in liquidazione, proposto avverso la D.D. 489/2015 ed afferente la medesima questione sostanziale in ordine al locale sito in via del Foro di Traiano n. 1/B-2, ha ritenuto che l'area de qua "risulta di fatto e da sempre interessata dal pubblico passaggio".
In disparte quanto sopra, il Collegio svolge sul punto le seguenti, ulteriori considerazioni.
La determinazione impugnata, nel riportare il contenuto degli accertamenti della violazione effettuati dal Gruppo di Polizia Locale, non contiene ulteriori riferimenti riguardo la natura pubblica dell'area, ma tale qualificazione risulta congruamente ed adeguatamente comprovata dalle allegazioni di parte resistente, desunte dalla documentazione esistente nel fascicolo.
Orbene, risulta in atti che l'area in questione, consistente nella rientranza dell'area di circolazione, civici 1b, 2 e 3, denominata Foro Traiano (già Piazza Colonna Traiana), è pervenuta al Comune con "Motu Proprio di Pio IX del 1/10/1847". L'area è stata "iscritta nell'inventario dei beni immobili del comune di Roma alla matricola (...) del libro A) beni demaniali".
La nota del Dipartimento Patrimonio, protocollo 18805 del 9/7/2009, certifica tale circostanza.
[color=red][b]Ciò posto, va rilevato che, in assenza di atti formali costituitivi di diritti sull'area, ogni altra circostanza - come ad esempio l'iscrizione di una strada nell'elenco delle vie gravate da uso pubblico o l'iscrizione, come nella specie, nell' inventario dei beni immobili del Patrimonio di Roma Capitale (matricola (...) del libro A) beni demaniali, come da nota del Dipartimento Patrimonio in data 9/7/2009) - pur non avendo natura costitutiva e portata assoluta, tuttavia pone una presunzione di pubblicità dell'uso che è superabile con la prova contraria della natura della strada e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte di coloro che sono al riguardo legittimati mediante un'azione negatoria di servitù.[/b][/color]
Conseguentemente, la controversia circa la sussistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, posto che essa investe l'accertamento dell'esistenza e dell'estensione di diritti soggettivi, dei privati ovvero del Comune medesimo (cfr. Cass. Civ., SS.UU., 17 marzo 2010, n. 6406); né diversamente accade per l'accertamento dei presupposti di una servitù di pubblico passaggio di cui dell' istituto della dicatio ad patriam, parimenti rientrante nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario (cfr. sul punto Cass. Civ., SS.UU., 18 marzo 1999, n. 158 ).
Il giudice amministrativo, invece, ai sensi dell'art. 8 del Cod. proc. amm., può e deve risolvere la questione del carattere pubblico ovvero privato di una strada, nonché la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada privata - eventualmente costituita anche mediante dicatio ad patriam - allorquando sia richiesto di risolverla non già come questione principale, sulla quale pronunciarsi con efficacia di giudicato, ma come questione preliminare ad altra, ovvero alla questione, dedotta in via principale - e all'evidenza rientrante nella sua giurisdizione - concernente la legittimità di un provvedimento del tipo di quelli qui impugnati (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2006 n. 5209).
[color=red][b]Dall'analisi della documentazione versata in atti non si rinvengono elementi di fatto sufficienti per escludere che sull'area de qua si sia formato il diritto di godimento (passaggio pubblico) a favore della collettività.[/b][/color]
I fatti e la documentazione versati in ricorso dalla società (regolamento di condominio del 1979; spiazzo privo di sbocchi rispetto al sistema viario capitolino) costituiscono circostanze non rilevanti e comunque non sufficienti e/o idonei a comprovare il diritto della società ricorrente ad occupare l'area ad essa prospiciente.
Assume invece rilevanza il fatto notorio del pubblico passaggio sull'area, come anche comprovato dalle stesse riproduzioni fotografiche dell'area allegate dalla medesima ricorrente, nonché la circostanza che l'area in questione costituisce la prosecuzione fisica del marciapiede di via del Foro Traiano destinata per la percorrenza indiscriminata dei pedoni che la utilizzano, per la sua particolare esposizione, come "affaccio terrazzato" sui resti archeologici del Foro Traiano.
[color=red][b]Gli indici di prova forniti dall'Amministrazione sono idonei e sufficienti a comprovare, nei limiti del sindacato consentito al giudice della legittimità dell'atto impugnato, che l'area è di fatto messa a disposizione della collettività indifferenziata da sempre e che non ne è stato sottratto alla stessa, nel tempo, il suo uso pubblico: ciò comporta - indipendentemente dal regime dominicale del bene - l'assunzione da parte del bene stesso delle caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale, con conseguente assoggettamento alla disciplina in materia di Osp e di Cosap di cui alla regolamentazione comunale della Delibera di C.C. n. 75 del 2010.[/b][/color]
Proprio lo strumento della concessione Osp e del pagamento del canone consente di compensare la diminuzione dell'utilitas di passaggio (pur sempre consentito) subita dalla collettività per la presenza degli arredi collocati sull'area e sono atti che contemperano altresì i distinti interessi pubblici e privati convergenti nella stessa fattispecie (viabilità pedonale, tutela architettonica, libera attività imprenditoriale, esercizio del diritto di proprietà).
[b]La determinazione impugnata si regge, pertanto, su congruenti presupposti di fatto.[/b]
[color=red][b]Ne consegue, che l'occupazione dell'area in questione realizzata mediante "tettoia, pedana, sedie, banco, frigo, elementi di illuminazione e cancello a chiusura del tratto di strada interessato dalla o.s.p., per totali mq 64,80 è illegittima siccome priva di titolo concessorio.[/b][/color]
Va chiarito che la determinazione impugnata non indica, tra gli arredi censiti come abusivi, la "tenda di tela con l'insegna Ristorante Ulpia", che parte ricorrente dichiara oggetto di apposita istanza di condono edilizio, per cui le doglianze di parte ricorrente appaiono in parte qua inconferenti.
Ad ogni modo, anche per la corretta regolazione del rapporto sostanziale, resta inibito all'Amministrazione perseguire tale tipo di arredo prima che venga definita la pratica di condono edilizio.
In conclusione, il ricorso in esame è infondato e va, perciò, respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste in favore di Roma Capitale.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 1.000,00 (mille/00) oltre accessori di legge
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Mariangela Caminiti, Consigliere

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