Vorreri aprire la discussione sulla sentenza emessa dal TAR Lazio allegata alla presente.
Io sinceramente, per come mi è sembrato di leggerla, sono sempre più confuso.
Saluti, Maurizio
[size=12pt][b]Pubblichiamo ad uso di tutti il testo integrale della sentenza e sottolineiamo i passaggi essenziali. GRAZIE per la segnalazione.[/b][/size]
[color=red][b]TAR Lazio sez. II ter 17/10/2016 n. 10337[/b][/color]
Pubblicato il 17/10/2016
N. 10337/2016 REG.PROV.COLL.
N. 14125/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14125 del 2015, proposto dalla Società “zzzz Societa' Unipersonale a rl”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Lombardi C.F. LMBNDR77B23H501C, Umberto Graziani C.F. GRZMRT56H13H501C, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, via Alcamo,14;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Siracusa C.F. SRCSRG70A26L845S, elettivamente domiciliata presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina in Roma, via Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
Società “yyyy Srl”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Umberto Graziani C.F. GRZMRT56H13H501C, Andrea Lombardi C.F. LMBNDR77B23H501C, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, via Alcamo,14;
e con l'intervento di
ad opponendum:
signora Rita xxxx, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucio Anelli C.F. NLLLCU57S29H501Q, Giuliana Raffaelli C.F. RFFGLN40T61Z133J, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via della Scrofa, 47;
[b]per l'annullamento, previa sospensiva,
della determinazione dirigenziale prot. CA/122467/2015 del 30.7.15 avente ad oggetto: ordine di cessazione dell’attivita' di cucina nell’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande svolta nel locale sito in via Sistina n. 9 dalla società ricorrente.[/b]
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della Società “yyyy Srl”;
Vista l’ordinanza n.5554 del 2015 che ha accolto la suindicata domanda cautelare ed ha fissato l’udienza di trattazione del merito alla pubblica udienza del 10 maggio 2016;
Vista l’ordinanza collegiale n. 6125/2016 che ha disposto l’integrazione del contradditorio ed ha fissato la trattazione del merito della controversia alla odierna udienza pubblica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2016 il Cons.Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società “zzzz - Societa' Unipersonale a rl”, esercente attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel locale in via Sistina n. 9, riferisce che il Municipio Roma I Centro ha notificato la Determinazione dirigenziale in data 30 luglio 2015, rep.CA/2325/2015, con la quale ha disposto nei confronti della stessa la cessazione dell’attività di cucina in esercizio all’interno del locale, entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento;
Tale determinazione è stata adottata sui seguenti presupposti: - i rapporti informativi in data 11.5.2015, a seguito di sopralluogo effettuato da personale appartenente alle U.O. GSSU in data 26.2.2015 congiuntamente a quello della ASL RM A, dal quale è emerso che il legale rappresentante della società “zzzz” in affitto di azienda dalla società “yyyy srl”, autorizzata alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande con cucina attrezzata, ha attivato tale cucina[color=red][b] in mancanza della prescritta canna fumaria “elemento e requisito strutturale obbligatorio ai sensi dell’art. 64 del regolamento di igiene del Comune e della norma UNI EN 13779/2008”, provvedendo a far espellere i fumi derivanti dalla cottura degli alimenti per mezzo di una cappa di aspirazione a carboni attivi il cui impianto terminava all’esterno del cortile interno dell’edificio, non facendo convogliare i predetti fumi in apposita canna fumaria prolungata oltre il colmo del tetto del fabbricato;[/b][/color] - la nota prot. n. 19880 del 9.3.2015 dell’Azienda USL Roma- A con la quale è stato evidenziato che la normativa vigente, art. 64 del Reg. d’Igiene del Comune di Roma e la norma UNI EN 13779/08, prevede ancora l’obbligo della captazione della esalazione e dei fumi provenienti dalla cottura degli alimenti attraverso cappa aspirante convogliata in una canna fumaria autonoma, esterna e prolungata oltre la sommità del tetto di copertura dello stabile dove insiste l’attività; - che l’adozione di impianti alternativi è da considerarsi al momento irregolare.
1.1. Avverso tale determinazione la società “zzzz a rl” ha proposto ricorso deducendo quali motivi: 1) Eccesso di potere per carenza di istruttoria ed errata rappresentazione dei fatti. Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 2 e 15 del Reg. regionale n. 1 del 2009: l’istruttoria alla base del provvedimento sarebbe lacunosa e basata sui rapporti amministrativi che avrebbero constatato solo l’assenza del tradizionale sistema di evacuazione dei fumi di cottura mediante la canna fumaria, senza aver riscontrato la presenza di un sistema alternativo ed efficiente di abbattimento e smaltimento dei fumi mediante filtri ai carboni attivi. Inoltre non sarebbe stata riscontrata la presenza di fumi o esalazioni in grado di nuocere la salute o arrecare disagi a terzi o ai dipendenti o pregiudicare gli standard igienico-sanitari imposti dalla legge per tale attività di somministrazione. Aggiunge altresì che ai sensi dell’art. 12, comma 2 del Reg. regionale n. 1 del 2009 all’interno degli esercizi commerciali operanti nell’ambito di contesti urbani di pregio architettonico, come quello in questione di via Sistina, sarebbe consentito l’utilizzo, in alternativa alle canne fumarie, di altri strumenti o apparati aspiranti e filtranti, come il sistema certificato usato dalla ricorrente; lamenta che Roma Capitale non avrebbe adeguato il proprio Regolamento a tali previsioni come imposto ai comuni destinatari della normativa regionale, entro 90 giorni dalla entrata in vigore della normativa regolamentare (art. 15 di tale Reg. regionale).
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e, in particolare dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa: nella Determinazione impugnata mancherebbe l’indicazione dell’interesse pubblico attuale e concreto quale presupposto della disposta cessazione dell’attività di cucina, con conseguente illegittimità del provvedimento in quanto sproporzionato e abnorme rispetto alle presunte infrazioni. Conclude con la richiesta di annullamento dell’atto impugnato, previa sospensione dell’efficacia dello stesso.
1.2. Si è costituita in giudizio Roma Capitale per resistere al ricorso, opponendosi all’accoglimento dello stesso in quanto infondato, alla luce di articolate e documentate argomentazioni.
Con atto di intervento ad opponendum la sig.ra Rita xxxx ha chiesto la reiezione del gravame atteso che il ristorante sarebbe privo di canna fumaria, precedentemente installata abusivamente e rimossa a seguito dell’ottemperanza al disposto del giudizio del 13.8.2012 di accoglimento del ricorso ex artt.1170 cod. civ e 703 cpc proposto dal Condominio di via Sistina n. 8 all’A.G.O (con ordine di rimozione); secondo l’interveniente l’impianto di aspirazione dei fumi con filtri a carboni attivi presente nel locale non assicurerebbe la salubrità, ma solo l’abbattimento delle emissioni di odori sgradevoli e inoltre la mancanza di autonoma canna fumaria sarebbe causa di notevoli disagi e danno alla salute, in quanto i fumi di cottura verrebbero espulsi nella chiostrina condominiale dove troverebbero apertura le finestre dell’appartamento di proprietà posto al di sopra del ristorante.
Con ordinanza n. 554 del 2015 è stata accolta la suindicata domanda cautelare, con fissazione dell’udienza di trattazione del merito alla odierna udienza pubblica.
In prossimità di tale udienza le parti hanno depositato documentazione e memorie; in particolare Roma Capitale ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in capo alla ricorrente tenuto conto della nota inviata dalla medesima società al Municipio in data 26.1.2016, prot. n. CA/11081, recante la comunicazione di cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande nei locali di via Sistina n.9, a seguito di risoluzione contrattuale, con conseguente reintestazione dell’attività di somministrazione alla società “yyyy srl” (di cui ha allegato copia).
Alla pubblica udienza del 10 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione e con ordinanza collegiale n. 6125 del 2016 è stato ordinato alla parte ricorrente di provvedere all’integrazione del contraddittorio della società “yyyy srl” ed è stata fissata la trattazione del merito alla odierna udienza pubblica.
La società ricorrente ha eseguito l’incombente disposto con la predetta ordinanza collegiale e ha depositato copia del ricorso ritualmente notificato alla società “yyyy srl”, la quale ha prodotto memoria difensiva, con conferma di quanto dedotto dalla ricorrente originaria con il ricorso introduttivo, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. La questione sottoposta all’esame del Collegio, riguardante la cessazione dell’attività di cottura esercitata nell’esercizio che concerne - come dichiarato nel ricorso introduttivo dall’originaria ricorrente e confermato nell’atto proposto dalla società “yyyy srl”, che ha reintestato l’autorizzazione dell’esercizio - la preparazione di cibi caldi, per attività di ristorante, vede investita questa Sezione, competente alla trattazione, di una crescita esponenziale dei relativi contenziosi che in parte sono stati definiti e alle decisioni già assunte si rinvia (n. 7973/2016, n. 8289/2016, n. 9164/2016).
2.1. Preliminarmente, ai fini dell’inquadramento della normativa applicabile nella specie, si rileva che la vigente normativa in materia di criteri di realizzazione e di utilizzo delle canne fumarie attiene alla tutela della salute e pubblica igiene (cfr. sul principio Cons. Stato, sez. VI, n.1 del 2015) e quindi è ripartita tra la competenza non esclusiva dello Stato e quella concorrente delle Regioni. [b]E’ tuttora vigente il D.M. 5 settembre 1994 che fissa l’elenco delle industrie insalubri di prima e seconda classe, includendo nell’elenco di seconda classe le “friggitorie”[/b]. In particolare la l.r. Lazio n. 21 del 2006, concernente la “disciplina dello svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande” demanda, per la sua attuazione, ad un regolamento regionale (art.7) “le previsioni di salvaguardia per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, con riferimento alle norme in materia di destinazione d'uso e ai regolamenti urbanistici ed edilizi, nell'ambito di contesti urbani di particolare pregio artistico ed architettonico”; mentre rimette alla regolamentazione comunale “l'utilizzo, da parte dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, di più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi, di preferenza senza immissione in atmosfera, e per la diminuzione dell'inquinamento acustico, con particolare riferimento ai centri storici”.
[color=red][b]L’art. 12 del Reg. Reg. n. 1 del 2009[/b][/color] dispone che i Comuni, nell'ambito degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi garantiscono l'equilibrio tra le esigenze di tutela dei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico e quelle di tutela della libera iniziativa economica e dei diritti acquisiti dagli esercizi già operanti all'interno dei contesti stessi; ulteriormente prevedendo che gli esercizi di cui al comma 1 (e cioè quelli che operano all’interno dei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico) “possono utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia” implicitamente, dunque, riconoscendo la possibilità del ricorso all’impiego di sistemi alternativi ( e cioè di “di più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi”) alla via di fumo tradizionale (id est: canna fumaria), ma subordinandolo alla circostanza (da accertarsi, dunque, in concreto) che esso assicuri un’efficienza di rendimento pari o superiore all’impiego della canna fumaria: esegesi questa che del resto si impone anche alla luce dei principi di derivazione comunitaria di precauzione e prevenzione (sulla conferma di una tale interpretazione in fattispecie del tutto simile a quella in trattazione, vedi Cons. Stato, sez. V, n. 4428 del 2008); e tanto fermo restando che:
[color=red][b]1- gli esercizi autorizzati, in linea di principio, ad avvalersi di vie di fumo diverse da quelle tradizionali sono solamente quelli siti in determinati contesti urbani di particolare pregio (e si rammenta a tal riguardo che, per le zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale sottoposte a tutela, l'apertura o il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, di cui alla l.n. 287 del 1991, sono soggetti ad autorizzazione e non a Scia: vedi art.64 commi 1 e 3 del d.lgs n.59 del 2010, come sostituito dall’art. 2 del d. lgs n.147 del 2012); ne consegue che gli esercizi esterni a tali contesti non beneficiano di analoga alternativa e sono tenuti, inevitabilmente, a dotarsi di canne fumarie (e tanto anche a mente del comma 6 dell’art.64 citato che subordina l'avvio e l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande “al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro”);[/b][/color]
[b]2 - l’idoneità degli impianti alternativi va accertata in concreto e secondo la normativa vigente in materia, che include tanto la normativa comunitaria quanto quella regolamentare[/b] (posto che la prescrizione in esame si limita a richiamare la normativa vigente, senza altre specificazioni); d’altro canto un’interpretazione costituzionalmente orientata delle predette norme regionali secondo ragionevolezza non può prescindere nella sua applicazione dal considerare le locali norme regolamentari, che, secondo i consueti principi di sussidiarietà e prossimità dei livelli di governo, assicurano l’effettività di tutela delle concrete esigenze dello specifico contesto territoriale, così evitando le conseguenze abnormi di un’applicazione del dato legislativo uguale per tutte le realtà urbane (come sarebbe, si immagini, la situazione in cui ci si troverebbe laddove, applicando acriticamente ed in maniera generalizzata il principio secondo il quale la canna fumaria deve sovrastare di una certa distanza il colmo del palazzo vicino, si dovesse pretendere un’altezza superiore a quella anche del più alto grattacielo confinante: cfr., sul principio, Cons. Stato, sez. V n.1 del 2015 cit.; idem, sez. V, 17 giugno 2014, n.3081 ove si afferma che <<ai sensi dell'art. 272, comma 1, del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modifiche, la canna fumaria in questione è considerata scarsamente inquinante, con conseguente suo assoggettamento ai "piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa" di fonte locale, ovvero ad una disciplina di fonte regionale à sensi dell'art. 271, comma 3, dello stesso T.U. e successive modifiche>>: disciplina che nella Regione Lazio tuttavia non risulta a tutt'oggi emanata se non nei termini sopra indicati);
Va aggiunto inoltre che [color=red][b]a livello regolamentare locale l’art. 59 del Reg. Ed. dispone[/b][/color] quanto ai “Condotti di fumo” che [b]“Ferme restando le disposizioni contenute nel Regolamento di igiene, è vietato di far esalare il fumo inferiormente al tetto o stabilire condotti di fumo con tubi esterni ai muri prospettanti sul suolo pubblico" (per quanto attiene alla correlazione tra la disciplina del commercio e quella urbanistico-edilizia, e tra queste ed il regolamento igienico-sanitario comunale, cfr. Tar Lazio, sez. II ter, n. 11129 del 2015; Cons.Stato, sez. V, n. 3262 del 2009; Tar Campania, Napoli, n. 10058 del 2008 e n. 556 del 2010); mentre, sempre al medesimo livello normativo, l’art. 64 del Reg. Igiene non impone necessariamente l’utilizzo della canna fumaria; esso difatti, all’ultimo periodo dispone che “L'Ufficio d'Igiene potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l'uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori”.[/b]
Pertanto, e fermo restando l’impiego ordinario delle vie di fumo tradizionali, [color=red][b]la normativa consente anche il ricorso a vie di fumo alternative che dovranno essere valutate caso per caso. Tale disciplina è da considerarsi tuttora vigente in quanto non in contrasto con l’art.12 del Reg. reg. 1 del 2009 che prescrive l’accertamento dell’idoneità della via di fumo alternativa “secondo la normativa vigente in materia” (e dunque non pregiudica l’operatività di detta norma regolamentare). [/b][/color]Né l’implicita abrogazione dell’art. 64 può derivare dall’art. 15 del Reg. reg. citato: e ciò in quanto tale previsione nulla dispone con riguardo alle conseguenze della mancata adozione, entro il termine di 90 giorni prescritto, della normativa regolamentare locale di adeguamento (che può essere sollecitata da chi vi abbia interesse con il ricorso ai normali strumenti processuali); va solo meglio chiarito che un adeguamento si impone allorché la norma locale pre-esistente sia incompatibile con la superiore previsione regionale, ma ciò è da escludersi nel caso di specie, non vietando il locale Regolamento d’Igiene il ricorso a “più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi”, ma limitandosi ad imporne, a tutela di un interesse primario quale, come dianzi ricordato, quello della salute, il preventivo accertamento); al che accede la chiara infondatezza delle censure che poggiano sulla violazione della citata normativa regionale nonché sull’interpretazione di tali disposizioni così come dedotto in gravame.
2.2.Inoltre va rilevato che a livello comunitario vengono in considerazione più normative tecniche (vedi UNI EN 15251:2008, recante “Criteri per la progettazione dell’ambiente interno e per la valutazione della prestazione energetica degli edifici, in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico, all’illuminazione e all’acustica” e applicabile ad abitazioni individuali, condomini, uffici, scuole, ospedali, alberghi e ristoranti, impianti sportivi, edifici ad uso commerciale all’ingrosso e al dettaglio; UNI EN 15239:2008 e UNI EN 15240:2008 entrambe descriventi una metodologia per l’ispezione degli impianti); e fra queste in particolare la normativa UNI EN 13779:2008 (Requisiti prestazionali dei sistemi per l’edilizia non residenziale) che prevede dettagliate classificazioni di aria nell’ambiente, in particolare l’aria esterna (ODA) e l’aria interna (IDA) e che classifica quest’ultima in quattro categorie collocando all’interno di quella più dannosa per la salute umana (“aria estratta con altissimo livello di inquinamento”), l’aria proveniente, fra l’altro, da “cappe aspiranti per uso professionale, piani cottura e scarichi locali di cucine” in quanto contenente odori ed impurità dannosi per la salute in concentrazioni sensibilmente più elevate di quelle permesse per l’aria interna nelle zone occupate.
Le norme UNI EN, elaborate dal CEN (Comité Européen de Normalisation), sono preordinate ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa e devono ritenersi (non solo regole di buona tecnica ma, altresì) norme vincolanti in presenza di leggi o di regolamenti di recepimento (cfr. sul principio, Corte Cost.,18 giugno 2015, n.113 nonché Corte Cass., seconda sezione civile,15 dicembre 2008, n. 29333; vedi anche Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n.3081 cit. laddove con riguardo alle modalità di intubamento della canna fumaria asservita ad una pizzeria con forno a legna sottolinea la necessità di renderla sicuramente conforme alla tuttora vigente norma UNI 10683 Ed. marzo 1998 "Generatori di calore a legna. Requisiti di installazione", nonché l'ulteriore disciplina tecnica successivamente intervenuta).
La normativa tecnica “UNI EN 13779 Ventilazione degli edifici non residenziali - Requisiti di prestazione per i sistemi di ventilazione e di climatizzazione” è espressamente richiamata nell’All. B al d.m. 26.6.2009 (vedi altresì, in precedenza, art.7 dell’abrogata legge n.46 del 1990 nonché, per quanto riguarda le attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici, il d.m. n.38 del 2007, all’art.5, comma 3 e all’art.6 comma 1) e quindi trova applicazione nel vigente Ordinamento; e preso atto che la norma tecnica che essa indica in tutti i casi di scarico dell’aria esausta diversa da quella della cat. EHA 1 (che è nella catalogazione sopra richiamata quella considerata la meno dannosa per la salute ed è qualificata come “aria estratta con basso livello di inquinamento” da ambienti come uffici, classi scolastiche, scalinate, corridoi ecc.) è data dalla seguente prescrizione: “In tutti gli altri casi lo scarico dovrebbe essere posto sulla cima del tetto. Come regola, l’aria esausta è condotta sopra la sezione più alta dell’edificio e scaricata verso l’alto”.
[b]2.3. Sulla base di quanto sin qui esposto, deriva (in tutti i casi di scarico non collocabili nella predetta cat. EHA 1) l’obbligo di dotare gli impianti dei locali di cottura all’interno dei locali di ristorazione di sistemi di scarico posti sulla cima del tetto ovvero sulla sezione più alta dell’edificio: vincolo questo che rende inapplicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990, a norma del quale sono esclusi dall’ambito dell’applicazione della segnalazione ivi meglio disciplinata i casi in cui sussistano (i) “vincoli” ivi individuati tra i quali quelli imposti dalla normativa comunitaria.[/b]
[color=red][b]Conseguentemente, al fine di superare tale vincolo, il Collegio, rimeditando precedenti orientamenti, ritiene che non può considerarsi sufficiente la produzione in giudizio di una consulenza tecnica di parte (asseverazione di conformità, come allegata, con cui si dichiara che la tipologia del sistema di filtrazione attualmente in uso, unitamente al suo regolare stato di manutenzione, fanno si che il sistema riesca ad abbattere la maggior parte delle sostanze prodotte dalla normale attività di cucina [odori di cucinato, fritture, ecc. ] ) circa l’idoneità dell’impianto alternativo a sostituire le vie di fumo tradizionali (nella specie, tra l’altro, dovendosi esigere che l’accertamento – da parte di professionisti che possiedono le conoscenze tecnico scientifiche idonee per effettuare, con i necessari strumenti, le misurazioni dei fumi e vapori evacuati dalla via di fumo alternativa utilizzata – che il sistema di scarico sia, concretamente, di efficienza e funzionalità tale da garantire (nel tempo e/o anche tramite gli interventi manutentivi da debitamente documentare e comprovare) una resa di livello pari o maggiore di quello assicurato da una via di fumo tradizionale e che tale accertamento, in sintonia con quanto previsto dall’art. 64 citato (“L'Ufficio d'Igiene potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l'uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori”) sia condotto nel procedimento amministrativo con le competenti autorità e concluso prima dell’avvio dell’attività imprenditoriale; considerazione cui accede l’infondatezza della doglianza imperniata sul convincimento che la ricorrente possa considerarsi autorizzata, in forza di Scia sanitaria, all’utilizzo di via di fumo alternativa (in fattispecie del tutto assimilabile a quella in trattazione, il Cons. Stato, sez. V, sent. cit. n. 4428 del 2008, ha testualmente affermato: “In altri termini, il tecnico ha dichiarato che le emissioni non sono nocive o lesive e non limitano i diritti dei terzi, ma non che l’impianto sia idoneo sotto il peculiare aspetto della uguaglianza dei suoi effetti di neutralizzazione di fumi, vapori ed odori di cucina a quelli del sistema tradizionale. Né tanto è attestato nelle altre relazioni, che anzi non si basano neppure su prove effettuate in concreto, bensì su un “plausibile” valore complessivo di abbattimento delle emissioni”).[/b][/color]
Nel caso in esame, non risulta effettuato detto accertamento preventivo da parte dell’autorità amministrativa né rilasciato alcun provvedimento espresso di autorizzazione ex art. 64 citato all’uso di impianti alternativi alla canna fumaria, per cui deve escludersi che possa essersi formato il titolo abilitativo a seguito di presentazione della Scia c.d. “sanitaria”.
[color=red][b]La praticabilità della Scia (sanitaria) in subiecta materia neppure potrebbe essere predicata in forza del regime di liberalizzazione delle attività economiche, tenuto conto delle espresse deroghe contemplate nella relativa legislazione a tutela del bene “salute” e della “sicurezza dei lavoratori”; e difatti se si esamina attentamente la normazione vigente al riguardo si può notare che:[/b][/color]
a) il d.l. n.223 del 2006 (c.d. decreto c.d.Bersani) laddove, all’art. 3 (Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale), consente (in applicazione delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione) che le attività commerciali, come individuate dal d.lgs n.114 del 1998, e di somministrazione di alimenti e bevande, siano svolte senza i limiti e prescrizioni ivi individuati, eccettua da tali limiti e prescrizioni le ipotesi che riguardano, fra l’altro, sia l'iscrizione a registri abilitanti ovvero il possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali (ove sono fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande), che (lett. “f-bis) l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie;
b) il d.l.n.138 del 2011 all’art. 3 (Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche) pur impegnando Comuni, Province, Regioni e Stato ad adeguare i rispettivi ordinamenti agli introdotti principi, ammette dei limiti alla liberalizzazione delle attività economiche nei soli casi ivi individuati fra i quali annovera la presenza di vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e le disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale; ulteriormente consentendo la sopravvivenza di quelle disposizioni normative statali che, in quanto dettate a tutela e protezione della salute umana (e degli ulteriori valori sopra richiamati), prevedono regimi autorizzatori differenti dalla Scia;
c) il d.l. 6/12/2011, n.201, all’art.31 (relativo agli esercizi commerciali), ribadisce il noto principio di liberalizzazione, ma consente a Regioni ed enti locali la possibilità di prevedere senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attivita' produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessita' di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali;
d) il d.l. 24/2/2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), all’art.1 (Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese) comma 2, dopo aver richiamato il principio della libertà dell’iniziativa economico privata e l’esigenza che le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche si interpretino in senso tassativo, ha ribadito che il principio costituzionale di libertà predetto ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica (cfr. sul punto anche sent. Corte Cost. 23 gennaio 2013, n.8);
e) in tal senso, la Corte Costituzionale, investita della verifica di legittimità in ordine alla disposizione di cui all’art. 3, comma 3, del decreto-legge n.138 del 2011, conv. con mod. dalla legge n.148 del 2011, ha rilevato (sentenza 20 luglio 2012, n. 200) che <<il Legislatore ha inteso stabilire alcuni principi in materia economica orientati allo sviluppo della concorrenza, mantenendosi all'interno della cornice delineata dai principi costituzionali. Così, dopo l'affermazione di principio secondo cui in ambito economico «è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge», segue l'indicazione che il legislatore statale o regionale può mantenere forme di regolazione dell'attività economica volte a garantire, tra l'altro – oltre che il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari e la piena osservanza dei principi costituzionali legati alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e della finanza pubblica – in particolare la tutela della sicurezza, della libertà, della dignità umana, a presidio dell'utilità sociale di ogni attività economica, ai sensi l'art. 41 Cost.. La disposizione impugnata afferma il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche, richiedendo che eventuali restrizioni e limitazioni alla libera iniziativa economica debbano trovare puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale o negli ulteriori interessi che il legislatore statale ha elencato all'art. 3, comma 1>>; ulteriormente osservando, con considerazione che si dimostra pienamente espandibile anche alle previsioni di cui ai decreti legge n. 201 del 2011 e n. 1 del 2012, che “il principio della liberalizzazione prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dell'attività economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dall'altro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l'utilità sociale” (cfr. anche Corte Cost. n.8 del 2013 citata);
f) quale logico corollario, va esclusa la presenza di profili di inconciliabilità della regolamentazione comunale all’esame rispetto al quadro normativo di rango primario sopra declinato; e va – ancora una volta – ribadita la piena esercitabilità di un potere di regolamentazione, in ragione della tutela degli interessi precedentemente illustrati, delle caratteristiche e/o modalità da osservare nell’esercizio delle attività di cottura funzionale alla somministrazione di alimenti e bevande “nell’ambito di contesti urbani di particolare pregio artistico ed architettonico”.
Va altresì rilevato che anche in un settore (pur parallelo, ma) diverso da quello degli impianti di scarico utilizzati dagli esercizi di ristorazione, la normativa più recente (Legge n.90 del 2013, entrata in vigore il 4 agosto 2013) ha stabilito nuove disposizioni riguardanti l'evacuazione dei prodotti della combustione degli impianti termici. In particolare, l'art. 17-bis "Requisiti degli impianti termici", al comma 9 e ss., privilegia espressamente il ricorso alle canne fumarie ammettendo lo scarico a parete solo in tre casi specifici (sostituzione dell'impianto con uno già esistente prima del 1 settembre 2013 che scaricava a parete o era allacciato a canna collettiva ramificata; se lo scarico a tetto risulta incompatibile con norme di tutela degli edifici; se si dimostra, con un'asseverazione del progettista, che è impossibile tecnicamente realizzare uno sbocco a tetto) ed a condizione che gli impianti siano di classe 4 e 5 stelle nel rispetto delle norme UNI EN 297, UNI EN 483 e UNI EN 15502 e delle prescrizioni della UNI 7129:2008.
Pertanto, il potere di controllo esercitato nella circostanza dall’intimata Amministrazione trova titolo nello svolgimento di una attività economica (somministrazione alimenti: cottura cibi) in assenza di requisiti oggettivi, ovvero di canna fumaria, ed in carenza di autorizzazione all’uso di impianto alternativo che asseveri l’idoneità dell’impianto medesimo sotto il profilo della sua “equipollenza” alla via di fumo tradizionale.
2.4. Considerato ancora che la più accreditata giurisprudenza, allorquando ha affrontato la tematica in argomento, non ha mai dubitato della legittimità delle norme e dei conseguenti provvedimenti amministrativi che imponevano l’impiego di canne fumarie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3081 che ha ritenuto legittima l’ordinanza, adottata ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, che prescriveva "di sospendere l'utilizzo del forno a legna fino a quando non sia provveduto all'esecuzione delle opere necessarie alla risoluzione dell'inconveniente, quali una accurata pulizia della canna fumaria e l'eventuale installazione di dispositivi atti a trattenere le particelle di fuliggine, nonché una periodica manutenzione della stessa”; Cons. Stato, sez. III, n. 304 del 2013: che ha ritenuto legittima la prescrizione del regolamento locale di Igiene impositiva dell’utilizzo di canna fumaria anche nel caso di impiego di forni elettrici; Cons. St., sez. III, 5 ottobre 2011, n.5474 che ha ritenuto legittima, in applicazione dell’art.64 del Reg. Igiene del Comune di Roma, la prescrizione che le canne fumarie debbono innalzarsi oltre l'ultimo piano al fine di evitare immissioni nocive a terzi; Cons.Stato, sez. V, n. 4428 del 2008, che riguarda fattispecie ampiamente assimilabile a quella qui in trattazione, in cui l’esercente si era avvalso di un (contestato) sistema di scarico alternativo alla canna fumaria, ha dato risalto alle carenze della relazione peritale evidenziando che il tecnico si è limitato ad attestare ad attestare che <<dalle rilevazioni effettuate emerge il ridottissimo impatto delle emissioni sull’ambiente esterno che non solo non mostrano caratteristiche di nocività, ma anche non possono essere ritenute lesive della qualità ambientale e/o limitative dei diritti dei terzi. In altri termini, il tecnico ha dichiarato che le emissioni non sono nocive o lesive e non limitano i diritti dei terzi, ma non che l’impianto sia “idoneo sotto il peculiare aspetto della uguaglianza dei suoi effetti di neutralizzazione di fumi, vapori ed odori di cucina a quelli del sistema tradizionale. Né tanto è attestato nelle altre relazioni, che anzi non si basano neppure su prove effettuate in concreto, bensì su un “plausibile” valore complessivo di abbattimento delle emissioni>>. Ancora il Supremo Consesso ha avuta cura di precisare che è “evidente che la norma regolamentare imponga al privato una siffatta dimostrazione, e non all’Amministrazione di comprovare il contrario”).
[b]3. Sulla base di quanto premesso le censure in premessa sintetizzate non sono meritevoli di accoglimento, anche se va dato atto alla parte ricorrente che appare opportuno sollecitare un intervento regolamentare della resistente Amministrazione al fine di fornire agli operatori del settore (già appartenenti allo stesso ovvero che intendono accedervi) indicazioni normative specifiche e puntuali e, nel contempo, rispettose dei principi di piena concorrenza, trasparenza, pari opportunità e non discriminazione.[/b]
Conclusivamente il ricorso è infondato con riguardo a tutti i mezzi di gravame azionati e va respinto e che le spese di lite, attesa la significativa peculiarità della questione trattata, possono essere compensate tra le parti in lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Mariangela Caminiti Pietro Morabito
IL SEGRETARIO
Vorreri aprire la discussione sulla sentenza emessa dal TAR Lazio allegata alla presente.
Io sinceramente, per come mi è sembrato di leggerla, sono sempre più confuso.
Saluti, Maurizio
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La sentenza in commento appare fortemente condizionata da aspetti SPECIFICI quali la disciplina regionale ed il regolamento edilizio comunale.
La sentenza non appare irragionevole in quanto sostiene che in caso di DEROGA ad una norma espressa (obbligo della canna fumaria), non si possa far riferimento esclusivo alla documentazione di parte (nè tantomeno si può accogliere una autocertificazione o asseverazione) essendo necessaria una AUTORIZZAZIONE ESPRESSA sulla base di specifica valutazione dell'organo competente.
E' lo stesso principio per cui le DEROGHE ACUSTICHE, le DEROGHE DI PREVENZIONE INCENDI ed ogni altra deroga in materia sono soggette a procedura autorizzativa previo parere dell'organo competente.
Sono d'accordo.Quello che mi ha messo in apprensione è: "Sulla base di quanto sin qui esposto, deriva (in tutti i casi di scarico non collocabili nella predetta cat. EHA 1) [u]l’obbligo di dotare gli impianti dei locali di cottura all’interno dei locali di ristorazione di sistemi di scarico posti sulla cima del tetto [/u] ovvero sulla sezione più alta dell’edificio: [u]vincolo questo che rende inapplicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990,[/u] a norma del quale sono esclusi dall’ambito dell’applicazione della segnalazione ivi meglio disciplinata i casi in cui sussistano (i) “vincoli” ivi [/i] individuati tra i quali quelli imposti dalla normativa comunitaria.[/i]".
Mi sembra che il vincolo di - dotare gli impianti .... di sistemi di scarico posti sulla cima del tetto - se non sbaglio è un vincolo imposto dalla normativa comunitaria e non solo da quella regolamentare Regionale o comunale che sia. Quindi niente SCIA?
Saluti, Maurizio
Sono d'accordo.Quello che mi ha messo in apprensione è: "Sulla base di quanto sin qui esposto, deriva (in tutti i casi di scarico non collocabili nella predetta cat. EHA 1) [u]l’obbligo di dotare gli impianti dei locali di cottura all’interno dei locali di ristorazione di sistemi di scarico posti sulla cima del tetto [/u] ovvero sulla sezione più alta dell’edificio: [u]vincolo questo che rende inapplicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990,[/u] a norma del quale sono esclusi dall’ambito dell’applicazione della segnalazione ivi meglio disciplinata i casi in cui sussistano (i) “vincoli” ivi [/i] individuati tra i quali quelli imposti dalla normativa comunitaria.[/i]".
Mi sembra che il vincolo di - dotare gli impianti .... di sistemi di scarico posti sulla cima del tetto - se non sbaglio è un vincolo imposto dalla normativa comunitaria e non solo da quella regolamentare Regionale o comunale che sia. Quindi niente SCIA?
Saluti, Maurizio
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La questione è complessa ma così sintetizzabile:
SE HAI UNA DISCIPLINA REGIONALE O DEL REGOLAMENTO EDILIZIO che obbliga allo scarico sul tetto DEVI chiedere una deroga e la deroga la si rilascia su parere ESPRESSO dell'organo di controllo (ASL).
SE MANCA una norma di questo genere (non sono sufficienti nel norme UNI) allora non si può escludere che TIZIO presenti scia edilizia (se necessaria) o direttamente nella notifica sanitaria per fare un sistema di captazione fumi senza emissioni all'esterno autocertificando il rispetto delle condizioni di salubrità
Ok, grazie
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