Data: 2016-11-04 06:24:36

DENTISTA soggetto ad autorizzazione per lo svolgimento attività - sentenza

DENTISTA soggetto ad autorizzazione per lo svolgimento attività - sentenza

[color=red][b]TAR VENETO, Venezia, sentenza 822/2016[/b][/color]

N. 00822/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00081/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 81 del 2016, proposto da:
Pietro Ragno, rappresentato e difeso dall'avv. Orazio Pellegrini, domiciliato presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Comune di Bolzano Vicentino, rappresentato e difeso dall'avv. Maura Negrello, domiciliato presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
per l'annullamento
della determinazione dirigenziale emessa dal Comune di Bolzano Vicentino il 19.11.2015 Prot. n. 9094/2015 e notificata il 28.11.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano Vicentino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2016 il dott. Marco Rinaldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, medico odontoiatra, ha impugnato il provvedimento con cui il Comune resistente, recependo il parere negativo emesso dalla ULSS, gli ha comunicato il diniego di autorizzazione all’esercizio della struttura sanitaria e lo ha diffidato dal continuare ad esercitare l’attività di studio odontoiatrico nei locali di Bolzano Vicentino, Via Ponte n.30.
Resiste l’Ente Locale intimato contrastando le avverse pretese
Il ricorso è infondato e va respinto.
Il dott. R. sostiene che, per le modalità con cui l’attività di odontoiatra è da lui concretamente esercitata, non è necessaria alcuna autorizzazione: deduce di aver, comunque, conseguito in modo tacito (silenzio-assenso) il titolo abilitativo eventualmente richiesto; censura il provvedimento impugnato per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.
Le censure non nono condivisibili.
Giova premettere che, nel nostro ordinamento, l’esercizio dell’attività sanitaria, per la delicatezza e il rilievo di pubblico interesse, indipendente dal regime pubblico o privato, non è libera (nel senso che chiunque voglia può liberamente intraprenderla) ma soggetta ad interventi dell’autorità.
L’autorizzazione è il provvedimento amministrativo attraverso cui si rimuove un divieto, un limite all’esercizio di determinate attività o funzioni soggette ad una tutela particolare per motivi di interesse pubblico. Sono previsti due tipi di autorizzazione: la prima relativa alla realizzazione di strutture sanitarie, la seconda relativa all’esercizio di attività sanitarie.
[color=red][b]Tutte le strutture sanitarie, comprese alcune categorie di studi professionali, sono soggette al regime di autorizzazione all’esercizio dell’attività.[/b][/color]
L’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria è richiesta sia per chi vuole operare in regime privatistico che in regime di servizio pubblico. Essa è richiesta anche per gli studi medici, odontoiatrici e di altre professioni sanitarie attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino sicurezza per il paziente, per strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche.
Con essa si verifica il possesso dei requisiti minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte di tutte le strutture, pubbliche e private.
L’identificazione dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione è, dopo la riforma costituzionale del 2001, rimessa alla Regione che ha altresì il compito di disciplinare le modalità, i criteri e le procedure per formulare e presentare le richieste di entrambe le tipologie di autorizzazioni (alla realizzazione di strutture sanitarie e all’esercizio di attività sanitaria).
Ciò premesso in termini generali, le fonti normative che disciplinano la fattispecie sottoposta al vaglio del Collegio (autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria) sono costituite, a livello statale, dall’art. 8 ter del D.Lgs.502/1992 e, a livello regionale, dalla L. Reg. 22/2002 e dalla normativa secondaria di attuazione.
A livello statale, l’art. 8 ter, comma 2, del D.Lgs.502/1992 dispone che “l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4”.
La L. Reg. 22/2002, pur non dettando una disciplina specifica per gli studi odontoiatrici, prevede la necessità dell’autorizzazione all’esercizio per tutte le strutture sanitarie che erogano prestazioni di “assistenza specialistica in regime ambulatoriale”, attribuendo al Comune la competenza in ordine al rilascio del titolo abilitativo (art 6. L. Reg. cit.)
La delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 2501 del 6 agosto 2014 che, in attuazione alla L. Reg. 22/2002, ha operato la classificazione delle strutture sanitarie, alla lettera B5, ricomprende tra le strutture soggette ad autorizzazione all’esercizio gli “ambulatori odontoiatrici”, vale a dire “le strutture nelle quali il medico e/o l’odontoiatra eroga prestazioni di odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale, purchè le stesse non implichino attività di anestesia che richieda il coinvolgimento diretto e la presenza nello studio di specialisti in anestesia”.
La classificazione operata dalla lettera B5 trova ulteriore conferma nella successiva lettera B9, relativa alla classificazione degli studi medici, la quale, nel tracciare la linea Maginot tra studi esenti da autorizzazione e studi assoggettati alla stessa, annovera tra i secondi (qualificandoli per l’appunto come “studi medici soggetti ad autorizzazione”) gli “studi odontoiatrici qualora vengano esercitate prestazioni di odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale, purchè le stesse non implichino attività di anestesia che richieda il coinvolgimento diretto e la presenza nello studio di specialisti in anestesia”.
Così ricostruito il quadro normo-regolamentare di riferimento, l’impugnato diniego di autorizzazione all’esercizio, con contestuale diffida alla prosecuzione dell’attività, deve ritenersi immune dalle censure dedotte.
Il titolo abilitativo (autorizzazione all’esercizio) era necessario in quanto prescritto dalla menzionata normativa, statale e regionale.
L’attività del ricorrente rientra, in apicibus, nella fattispecie di cui all’art. 8 ter, comma 2 del D.Lgs. 502/92, nella parte in cui sancisce che sono soggette ad autorizzazione “gli studi odontoiatrici attrezzati per compiere procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente….”: il che rende irrilevanti le censure di legittimità costituzionale mosse dal ricorrente alla disciplina regionale.
[color=red][b]Dalla targa apposta sulla porta dello studio dentistico (ove lo stesso ricorrente si qualifica come “medico-chirurgo”) e dalle fotografie allegate agli atti che denotano il possesso di apparecchiature specialistiche, si evince che l’attività svolta dal R. - valutata alla stregua dell’id quod plerumque accidit e del principio di autoresponsabilità, che impone al singolo di non venire contra factum proprium - lungi dall’essere circoscritta alla mera igiene dentale, comprendeva lo svolgimento di attività riconducibili alle cure canalari, alle devitalizzazioni, alle estrazioni dentarie e agli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale (es. otturazione di un dente), attività queste ultime che non possono che essere considerate invasive e pericolose per la salute o sicurezza del paziente e quindi richiedono una specifica autorizzazione (in termini T.a.r. Veneto, sentenza 730 del 2015).[/b][/color]
Presentandosi il ricorrente al pubblico come medico-chirurgo, l’autorizzazione all’esercizio era, dunque, necessaria già in base alla normativa statale dettata dall’art. 8 ter, comma 2, del D.Lgs.502/1992, prima ancora che sulla scorta della disciplina regionale che regola le strutture ambulatoriali.
Era necessaria un’autorizzazione espressa, non potendo operare il meccanismo del silenzio-assenso, escluso dall’art. 20 della legge n. 241/1990 con riguardo agli atti e ai procedimenti riguardanti la tutela della salute.
[b]Il diniego di autorizzazione all’esercizio dell’attività di odontoiatra adottato dal Comune di Bolzano Vicentino appare giustificato dalle numerose mancanze imputabili al ricorrente (tra cui spiccano quelle relative alla non corretta definizione del sistema di sterilizzazione), accertate dagli organi della ULSS in esito a vari sopralluoghi, nonchè dal comportamento non collaborativo del ricorrente, il quale, ripetutamente sollecitato dalle autorità sanitarie ad adeguare il proprio studio professionale ai requisiti prestazionali e strutturali richiesti dalla normativa di settore, non si è mai conformato alle disposizioni vigenti, tenendo atteggiamenti inerti o dilatori.[/b]
Il provvedimento impugnato è stato adottato dall’organo competente (il Responsabile dell’Area) che risulta essere stato investito di funzioni dirigenziali, ex art 109 co. 2 del T.U.E.L., con determina n. 314 del 14 ottobre 2015, anteriore all’adozione dell’atto per cui è causa.
Non vi sono vizi d’istruttoria, avendo il Comune adottato il provvedimento impugnato in conformità al parere negativo della ULSS, emanato in esito a numerosi sopralluoghi: il provvedimento appare sufficientemente motivato e risulta essere stato adottato dalla P.A. come extrema ratio, a fronte delle prolungata inerzia del ricorrente, rimasto sordo alle ripetute sollecitazioni rivoltegli dalle istituzioni sanitarie.
Per quanto sin qui esposto, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere al Comune le spese lite, quantificate in € 2000 (euro duemila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Enrico Mattei, Primo Referendario
Marco Rinaldi, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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