Data: 2016-10-27 06:59:34

SUOLO PUBBLICO ABUSIVO - se rimosso non c'è sanzione accessoria

SUOLO PUBBLICO ABUSIVO - se rimosso non c'è sanzione accessoria

[color=red][b]T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 23 settembre 2016 n. 4391[/b][/color]

FATTO

Con ricorso notificato il 11/9/2013, la società xxxx, nella dedotta qualità di gestore del ristorante “xxxx” sito in Pozzuoli al Lungomare Cristoforo Colombo, titolare dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico n. 119/2013 per una superficie di mq. 26, utilizzata esclusivamente con tavolini, sedie e ombrelloni (esclusa alcuna opera o struttura stabilmente infissa al suolo), riferiva che:
- in data 21/8/2013 (recte: 18/8/2013), alle ore 2.15 antimeridiane, agenti della Polizia Municipale rilevavano una maggiore occupazione di mq. 7, causata dalle sedie dei tavolini posti all’esterno del ristorante quando ormai era terminata l’attività di ristorazione, elevando verbale di contravvenzione;
- a seguito di ciò, con provvedimento dirigenziale del 28/8/2013, veniva disposto l’immediato ripristino dello stato dei luoghi (nonostante le sedie fossero state rimesse a posto fin d’allora alla presenza degli stessi agenti di P.M.) e veniva altresì ordinata la chiusura dell’esercizio commerciale per giorni cinque.
Con decreto presidenziale della sez. II n. 1364 del 11/9/2013, veniva accolta l’istanza di misure cautelari urgenti.
Con atto notificato il 2/10/2013, l’impugnativa veniva estesa all’ordinanza sindacale del 1°/10/2013, con la quale veniva ratificato retroattivamente il provvedimento dirigenziale
Dopo l’accoglimento dell’istanza di misure cautelari urgenti con decreto presidenziale n. 1514 del 2/10/2013, la domanda incidentale di sospensione veniva successivamente respinta con ordinanza n. 1671 del 25/10/2013, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 4701 del 26/11/2013.
Il Comune di Pozzuoli si costituiva in giudizio, resistendo alle pretese avverse.

DIRITTO

1. Preliminarmente la difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnativa del Regolamento comunale per le occupazione di spazi ed aree pubbliche.
L’eccezione è infondata in quanto le censure dedotte dalla ricorrente si riferiscono a profili di eccesso di potere e di violazione di legge e non contestano l’applicazione di illegittime disposizioni del Regolamento, per cui non si può ravvisare alcun onere di impugnativa di tale testo regolamentare.
2. Nel merito la società ricorrente deduce che:
- il provvedimento dirigenziale sarebbe viziato per incompetenza, spettando il potere sanzionatorio al Sindaco;
- l’ordinanza sindacale sarebbe finalizzata ad eludere la tutela cautelare disposta con il decreto monocratico n. 1364 del 2013;
- le determinazioni impugnate sarebbero in contrasto con gli artt. 20 e 211 del d. lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada) e con l’art. 3, co. 16 della legge n. 94 del 2009; in particolare, il potere di disporre la chiusura dell’esercizio sarebbe correlato all’obbligo di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi, per cui sarebbe da escludere qualora l’occupazione del suolo pubblico sia stata occasionale e temporanea, come nella specie; infatti lo sconfinamento dall’area in concessione sarebbe consistita in alcune sedie scostate dai tavolini e sarebbe cessato immediatamente con lo spostamento delle sedie fuori posto;
[b]- le determinazioni sarebbero viziate da difetto di istruttoria ed errore nei presupposti, in quanto nella specie non vi sarebbero opere abusive da rimuovere, ma solo sedie già spostate, tant’è che il verbale di accertamento della Polizia Municipale non fa cenno ad ulteriori esigenze di ripristino dello stato dei luoghi; [/b]
- il verbale della Polizia Municipale non sarebbe atto definitivo essendo suscettibile di impugnazione con ricorso al Prefetto; mancherebbe l’ordinanza-ingiunzione che conclude il relativo procedimento.
2.1. L’art. 3, co. 16 della legge n. 94 del 2009 dispone che: “nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall'articolo 633 del codice penale e dall'articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell'esercizio fino al pieno adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni”.
Le ordinanze con le quali è stata respinta l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente evidenziano la natura sanzionatoria della norma in questione. Questo Collegio non ha ragione di discostarsi da questa condivisibile considerazione.
Tuttavia proprio per il carattere repressivo del potere esercitato dall’autorità amministrativa, la sanzione applicata non si sottrae alla necessaria osservanza dei principi di proporzionalità e ragionevolezza allorché il contenuto e la portata della misura afflittiva non sono determinati tassativamente e direttamente dalla norma, ma sono demandati alla determinazione discrezionale dell’amministrazione (sulla natura discrezionale di tale potere cfr. Cass., ss.uu., 4/4/2016, n. 6461).
[b]Ciò già getta un’ombra di dubbio sulla logicità e congruità della sanzione in questione in rapporto all’entità della violazione compiuta dalla ricorrente, quale concretamente accertata dagli agenti della Polizia Municipale (riferito sconfinamento di mq. 7 dall’area in concessione per effetto del posizionamento di alcune sedie). [/b]
Ma vi è di più: dalla prescrizione legislativa in esame si evince che l’esercizio del potere discrezionale di ordinare la chiusura dell’esercizio commerciale (per una durata non inferiore a cinque giorni) è intimamente collegato al ripristino dello stato dei luoghi. Ciò presuppone necessariamente che dalla abusiva occupazione del suolo pubblico scaturisca un obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, essendo la chiusura dell’esercizio appunto correlata all’esecuzione dell’intervento di ripristino, tant’è che la durata della chiusura è strettamente agganciata all’effettivo adempimento del ripristino (oltre che al pagamento delle spese o alla prestazione di idonea garanzia).
[b]Ciò comporta che, qualora non vi sia alcuna esigenza di reintegrare lo stato dei luoghi precedente, viene a mancare il parametro stesso di riferimento cui è connesso l’ordine di chiusura. [/b]
[color=red][b]In altri termini, se lo stato dei luoghi è già ripristinato, un ordine di ripristino è palesemente privo di oggetto e della sua ragion d’essere e quindi l’atto risulta nullo per difetto di un elemento essenziale, ex art. 21-sepries della legge n. 241 del 1990 (cfr. TAR Campania, sez. VII, 25/5/2015, n. 2882), per cui rimane corrispondentemente preclusa la possibilità di ordinare la chiusura per un ripristino che è stato già attuato fin dall’epoca dell’accertamento dell’abusiva occupazione. [/b][/color]
Sotto questo profilo le contestazioni della società ricorrente sono da condividere.
2.2. La fondatezza delle esaminate doglianze è assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte.
3. In conclusione il ricorso in esame è pertanto da accogliere. Le spese di giudizio, come di norma, vanno poste a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), in accoglimento del ricorso in epigrafe, annulla le ordinanze impugnate.
Condanna il Comune di Pozzuoli al pagamento, in favore della società Tre Stelle, delle spese di giudizio, liquidate nella misura di euro 2.000,00 (duemila) oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, con revoca della condanna della ricorrente al pagamento delle spese cautelari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Donadono, Presidente, Estensore
Vincenzo Cernese, Consigliere
Giuseppe Esposito, Consigliere

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