A proposito delle strade vicinali volevo chiedere questo:
1) Fermo restando che in base al decreto luogotenenziale del 1918, in presenza di uso pubblico il Comune è obbligato a contribuire alla spese per la manutenzione di strade vicinali e che in presenza di uso pubblico, la costituzione di un consorzio è obbligatorio, volevo sapere se l' obbligo di costituzione del consorzio, in caso di inerzia dei cittadini interessati, è in capo al Comune o meno;
2) quali sono gli elementi per identificare con esattezza e senza approssimazioni, una strada ad uso pubblico?
3) può, il solo fatto che la stessa si ricongiunga con una strada comunale, costituire un elemento in base al quale può essere definita ad uso pubblico?
Tratto da:
[color=red][b]CONSORZI DI STRADE VICINALI: RUOLO E FUNZIONI
[/b][/color]Baldelli Lucio e Capozio Carmela
FONTE
Azienditalia, 1996, 11, 794
INQUADRAMENTO GENERALE
L'evoluzione della disciplina giuridica delle strade è certamente connessa ai differenti aspetti e riflessi dello sviluppo economico e quindi del traffico di merci e di persone; la loro classificazione tiene conto del bacino di utenza, della sua concentrazione e caratterizzazione geografica e conseguentemente dell'importanza che assume in rapporto allo sviluppo economico e alle diversificate esigenze delle zone interessate.
La distinzione fondamentale, che resta ancora oggi valida, è riferita al carattere pubblico e privato delle strade. La differenza tra le due fattispecie si basa o sul regime proprietario del suolo di sedime della strada, per cui sono pubbliche le strade il cui suolo appartiene agli enti territoriali e private tutte le altre (in questo senso l'art. 22 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, sui lavori pubblici e gli artt. 822 e 824 del Codice civile) o sull'uso o funzione che la strada assolve per cui sono pubbliche quelle destinate all'uso pubblico anche se di proprietà di soggetti privati (1).
Le strade vicinali nascono storicamente come strade agrarie sulla base di accordi tra i soggetti proprietari di terreni laterali, nell'ambito di interventi volti al miglioramento fondiario a vantaggio delle coltivazioni e al fine di perseguire il soddisfacimento di interessi prevalentemente di natura privata in quanto volti prioritariamente ad agevolare l'accesso ai propri fondi.
Parte delle strade agrarie, dette impropriamente “vicinali private”, anche per effetto di interventi di bonifica diretti a soddisfare interessi generali nell'ambito dell'agricoltura o perché a servizio di attività di interesse collettivo (chiese, mulini, ecc.), nel tempo sono divenute di uso pubblico. La trasformazione intervenuta in tal senso ha qualificato la strada vicinale come pubblica in quanto a servizio non solo dei frontisti ma anche diretta a soddisfare l'interesse della collettività stanziata sul territorio.
Con l'affermarsi della strada modernamente intesa a servizio dei veicoli a motore e quindi con il prevalere del modello industriale e del connesso fenomeno dell'urbanesimo, molte delle strade agrarie di uso pubblico sono state naturalmente assorbite all'interno dei centri abitati integrando di fatto la rete stradale pubblica. Il regime giuridico delle strade agrarie quindi si separa nettamente da quello delle strade vicinali pubbliche.
In un quadro di riferimento completamente mutato, le strade vicinali mantengono una loro attualità legata a forme di urbanizzazione che hanno visto all'interno dei grandi agglomerati urbani il sorgere di comprensori edilizi con servizi e infrastrutture autonome, analogo fenomeno si è verificato nelle località turistiche sia marine sia montane. Le caratteristiche e le esigenze di queste nuove realtà hanno contribuito ad accentuare l'inadeguatezza della normativa vigente, che risultava già carente per le strade vicinali assimilate nei centri urbani e, maggiormente, non risponde più alle diverse ed evolute esigenze dei comprensori urbani.
Un approccio normativo volto a dare una disciplina unitaria ai fenomeni sopra solo accennati, si è avuto in epoca post-unitaria con l'emanazione della legge sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n. 2248, dove è già possibile cogliere la trasformazione che la strada vicinale cominciava a subire, pur in un contesto socio-economico ancora prettamente agrario.
Viene riaffermata la responsabilità di chi fa uso della strada in ordine alla riparazione e conservazione della stessa, viene introdotto l'intervento del Comune, che tuttavia si qualifica facoltativo, sia in ordine all'individuazione dell'importanza delle strade che al concorso sulla spesa per la loro manutenzione.
È stato certamente innovativo il prevedere la possibilità che i frontisti addivenissero a forme organizzative autonome mediante la costituzione di consorzi permanenti per rispondere a quelle esigenze generali che, si riconosceva, non poter essere lasciate alla spontanea iniziativa dei privati o all'intervento sostitutivo, volta per volta, attivato dal comune.
La disciplina infatti si può suddividere in due parti: quella che regolamenta la strada vicinale qualora non esista il consorzio e l'art. 54 della legge n. 2248/1865 riferito proprio a questa modalità organizzativa permanente.
Il problema, per la rilevanza che andava assumendo, non poteva essere lasciato alle norme dettate dal legislatore del 1865, tant'è che nel 1918 è intervenuta una specifica disciplina legislativa, il decreto luogotenenziale 1° settembre 1918, n. 1446, che nel dare un assetto più organico ha stabilito competenze, controlli e poteri sostitutivi e che resta ancora oggi la legge fondamentale della materia (2).
Dal 1918 ad oggi non è mai stato emanato il regolamento governativo previsto dall'art. 19, del D.L.Lgt. n. 1146/18 per disciplinare i criteri inerenti l'assegnazione delle quote di partecipazione degli utenti alle spese consortili, la concessione e graduazione del concorso comunale, la formazione e funzionamento dei consorzi, l'impiego delle prestazioni d'opera e l'esercizio della polizia e le sanzioni connesse.
A questa carenza regolamentare si è supplito con gli statuti, approvati dai consigli comunali all'atto della costituzione del consorzio, e che rappresentano la fonte primaria di regolamentazione. Tuttavia gli statuti, molti dei quali risalgono al periodo ante guerra e qualcuno è anche precedente alla legislazione del 1918, non corrispondono più alle esigenze di funzionamento degli attuali consorzi perché fanno riferimento a norme non più vigenti (ad esempio i T.U.L.C.P. del 1915 e del 1934) e a modelli organizzativi ormai superati.
Ritenendo non più ipotizzabile l'emanazione del regolamento governativo in quanto la competenza in materia a seguito del D.P.R. n. 616/77 è stata trasferita alle regioni, è auspicabile un'apposita regolamentazione comunale nell'ambito di norme regionali di settore.
NATURA PUBBLICA DEI CONSORZI
Le strade vicinali, in quanto fenomeno che si colloca ai margini tra diritto pubblico e privato, sono state oggetto di un approfondimento dottrinario intorno alla natura dei beni pubblici e dei connessi diritti e al concetto giuridico di uso pubblico che tuttavia ha lasciato ai margini le problematiche attinenti al funzionamento dei consorzi stradali.
I consorzi per la manutenzione delle strade vicinali di uso pubblico sono enti pubblici: la giurisprudenza è costante nell'asserirne la natura pubblicistica (3).
I consorzi delle strade sulle quali non è esercitato l'uso pubblico sono invece stati ritenuti di natura privatistica.
La Cassazione (4) dopo aver esaminato le tesi favorevoli e contrarie alle due soluzioni, quali sono state prospettate dalla dottrina, conclude per una sostanziale “distinzione tra consorzi per strade vicinali soggette a (servitù di) pubblico transito, e consorzi per strade vicinali non soggette a pubblico transito (o meramente private) inducendo a riconoscere la qualità di enti pubblici soltanto ai consorzi del primo tipo, e non anche a quelli del secondo” in considerazione del diverso grado di pubblico interesse che il legislatore ha voluto riconoscere alle due tipologie di consorzi stradali.
La convinzione si basa su un raffronto tra le peculiari diversità che caratterizzano i consorzi delle strade di uso pubblico da quelle strettamente private come disciplinate dal decreto del 1918 e in particolare l'elemento differenziale è rappresentato dal riconoscimento di cui all'art. 17, comma 1, del D.L.Lgt. n. 1446/1918 ai soli utenti dei consorzi stradali di uso pubblico della possibilità del ricorso al giudice amministrativo contro gli atti dei consorzi mentre tale facoltà è negata agli utenti dei consorzi privati (5).
LA DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONSORZI
La disciplina del funzionamento dei consorzi delle strade vicinali di uso pubblico si ricava per via analogica, con riferimento a enti aventi natura similare come i consorzi costituiti tra comuni e province ex art. 156 e segg. T.U. della legge comunale e provinciale approvato con Regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, abrogato con l'entrata in vigore della legge n. 142/90.
In particolare l'art. 158 del T.U. disponeva che lo statuto doveva indicare lo scopo del consorzio, eventualmente la durata, gli organi e le loro attribuzioni, il contributo a carico dei consorziati e quanto altro necessario per l'amministrazione. Il successivo art. 159 prevedeva quali organi necessari del consorzio l'assemblea, il consiglio direttivo e il presidente, nonché un segretario nominato dall'assemblea. L'art. 165 rinviava per la disciplina delle funzioni, delle deliberazioni, della finanza e contabilità e della vigilanza e tutela governativa alle norme vigenti per gli enti locali.
Altra fonte normativa di riferimento è la legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, (allegato F, artt. 39 e da 43 a 50), che prevede la costituzione per “la costruzione, sistemazione e mantenimento delle strade comunali” di consorzi tra comuni “concorrendo insieme alla spesa secondo il grado d'interesse d'ognuno”. L'art. 47 in particolare stabilisce che l'assemblea del consorzio provveda all'esecuzione delle opere per il tramite di una deputazione o consiglio di amministrazione e il successivo art. 48 che le competenze in generale e l'adozione di atti deliberativi da parte degli organi del consorzio sono regolate sulla base delle norme che disciplinano i consigli e le giunte comunali.
Dottrina e giurisprudenza sono state concordi nel ritenere che la disciplina da applicare alle deliberazioni e agli organi dei consorzi delle strade vicinali, intendendosi con questo termine solo quelle relative a strade di uso pubblico, fosse, per quanto compatibile, quella vigente per gli enti locali minori escludendo ad esempio il riferimento alle disposizioni civili che regolano i condomini (6).
Come è noto l'art. 25 della legge n. 142/90 (il cui articolo 64 ha abrogato l'intero titolo IV del T.U.L.C.P. 1934) ha modificato la figura dei consorzi tra enti locali. Nel riconoscere la facoltà a comuni e province di costituire consorzi per la gestione associata di uno o più servizi, la legge opera un richiamo per la costituzione degli stessi alle disposizioni dettate per le aziende speciali in quanto compatibili. Ulteriore rinvio è contenuto nel successivo comma che prevede due atti fondamentali da approvarsi dai consigli comunali, la convenzione, come prevista dall'art. 24 della legge n. 142/90, e lo statuto.
La terminologia usata dal legislatore del 1990 non è chiara nel riferimento alle norme dettate per le aziende speciali, che hanno una funzione molto diversa da quella dello strumento consortile; la figura del consorzio, alla cui disciplina il T.U.L.C.P. aveva dedicato un intero titolo, sembra non godere dei favori del legislatore del 1990.
Ritornando all'esame della nuova disciplina dettata dall'art. 25 della legge n. 142/90, come modificato dall'art. 5, comma 8 e segg. del D.L. 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 1995, n. 437, è rilevante che i due atti fondamentali riservati alla competenza dei consigli degli enti sono da una parte la convenzione, analoga a quella disciplinata dall'art. 24 della stessa legge, e dall'altra lo statuto del consorzio.
La molteplicità delle funzioni attribuite ai comuni, il carattere esponenziale degli stessi, la complessità degli interessi presenti nella realtà territoriale, non consente un automatico riferimento per quanto riguarda la disciplina dei consorzi delle strade vicinali alle norme che regolano gli organi degli enti locali come disciplinati dalla legge n. 142/90, e nemmeno con quelle dettate per i consorzi dalla stessa legge. La differenza fondamentale consiste nel fatto che la legge n. 142/90 è rivolta a definire uno strumento di collaborazione tra enti pubblici mentre i consorzi di strade vicinali realizzano una collaborazione tra l'ente pubblico Comune e privati cittadini proprietari dell'area e quindi si rende necessaria un'opera di sistematizzazione e razionalizzazione delle fonti normative partendo dalla definizione di consorzio.
Il consorzio è un'associazione di persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private, volontariamente costituita o obbligatoriamente imposta per il soddisfacimento di un interesse comune e che necessita di una struttura organizzativa volta a soddisfare l'interesse per cui è sorta.
I caratteri fondamentali sono la personalità giuridica, l'autonoma capacità gestionale e processuale, la mancanza del carattere territoriale (7).
GLI ORGANI DEL CONSORZIO
Gli organi fondamentali sono l'assemblea, il consiglio di amministrazione o deputazione e il presidente.
L'assemblea ha la competenza in ordine all'approvazione dello statuto, alla nomina del consiglio e del presidente, all'approvazione degli atti fondamentali quali i bilanci preventivi, con allegato il piano dei lavori ordinari e straordinari, e i conti consuntivi come pure la risoluzione di controversie che possono insorgere tra consiglio di amministrazione e presidente. Non sono rari casi di inerzia degli organi esecutivi, ovvero di controversie all'interno degli stessi, tali da comprometterne il normale funzionamento con conseguenti riflessi negativi sull'andamento dell'attività gestionale del consorzio.
Più in generale si rende necessario puntualizzare l'esercizio dei poteri sostitutivi in presenza del persistere di atti omissivi ovvero di accertate gravi irregolarità che comportano interventi che vanno dalla nomina di commissari ad acta sino, per i casi più gravi, alla sospensione dalle cariche sociali anche considerato che molte regioni non hanno legiferato in materia.
Il consiglio di amministrazione ha la competenza gestionale in senso lato, con la predisposizione degli atti da sottoporre all'assemblea, l'esecuzione dei lavori, la nomina dei dipendenti del consorzio, l'aggiornamento dell`elenco degli utenti, il riparto delle spese e il controllo della riscossione dei contributi, la formulazione degli ordini del giorno delle adunanze delle assemblee e quanto altro necessario al funzionamento dell`ente.
Al presidente sono riservati i compiti di rappresentanza all'esterno e la presidenza degli organi collegiali, nonché quanto necessario a dare esecuzione alle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio.
Accanto agli organi istituzionali ed in funzione di supporto agli stessi, va individuato il ruolo del tecnico del consorzio, che è una figura professionale indispensabile al funzionamento dell'ente, con specifiche responsabilità di natura tecnica e operativa per gli interventi manutentivi e contemporaneamente è una figura di riferimento per la predisposizione di atti amministrativi e contabili.
Il servizio di tesoreria deve essere svolto da un istituto bancario scelto dall'assemblea il cui rapporto dovrà esplicarsi sulla base di apposita convenzione.
Il revisore dei conti è una figura necessaria per garantire un corretto uso delle risorse in particolare di quelle erogate dal comune che deve essere prevista in tutti i consorzi. Non rileva a tal fine che la Corte dei conti, Sezione I, 16 luglio 1991, n. 251 abbia ritenuto che: “il consorzio di strade vicinali, che fruisce di entrate derivanti da contributi degli utenti, non è tenuto a rendere conto alla Corte della gestione e non ha rilievo per l'instaurarsi di un rapporto contabile l`eventuale concessione di un contributo da parte di un ente locale”. Tale disposizione, che per altro è precedente alla riforma della Corte, e in parte contraddittoria con contemporanee pronunce (8), trova giustificazione in una scelta operativa che ha escluso dall`esame contabile i conti consuntivi dei comuni con popolazione inferiore agli 8.000 abitanti, ma nulla toglie alla necessità di una revisione dell'uso del denaro e di quello pubblico in particolare.
Per quanto attiene agli organi dei consorzi non è necessario individuare nuove figure, quanto è importante qualificare i rapporti tra le stesse. Si deve tenere conto che questi enti hanno una vita per così dire “stentata”, con scarsa partecipazione degli utenti alle assemblee, difficoltà a trovare sedi per le riunioni ecc.; di conseguenza è bene snellire il funzionamento degli organi affidando quanti più poteri ai consigli di amministrazione e lasciando alle assemblee le sole funzioni di indirizzo e di controllo.
Altro aspetto rilevante è il rapporto tra il Comune e i consorzi. Per tutte le strade di uso pubblico è previsto un contributo da parte del Comune dovuto per il pubblico transito sino ad un massimo del 50 per cento della spesa di manutenzione. Uno dei problemi che emerge più di frequente è quello di evitare abusi gestionali indotti spesso dalla difficoltà per le assemblee di svolgere la propria azione con continuità oppure quello di verificare il regolare funzionamento degli organi. A tal fine è necessario che il comune stabilisca regole precise per l'utilizzo del denaro pubblico.
LIMITI DELL'ATTIVITA' DEI CONSORZI
Un aspetto particolare che investe anche il rapporto tra Comune e consorzi è quello dell'ampiezza della sfera di attività di questi ultimi.
La giurisprudenza è stata chiamata a precisare che “i consorzi tra utenti di strade vicinali, costituiti a norma del D.L.Lgt. n. 1446/18, non possono svolgere attività diverse da quelle tassativamente indicate in tale decreto, e, cioè, diverse dalla manutenzione, sistemazione o ricostruzione di quelle strade, ne consegue l'illegittimità e inoperatività, in pregiudizio degli utenti dissenzienti per difetto di potere, della delibera con la quale uno di detti consorzi stabilisca la realizzazione di una rete fognaria e l'imposizione dei relativi contributi, mentre resta a tal fine irrilevante l`eventuale necessità di dette opere in relazione a sopravvenute esigenze delle strade vicinali per sviluppo urbanistico, così come l'eventuale acquiescenza di detti utenti ad altre deliberazioni in precedenza adottate su attività esorbitanti i compiti istituzionali del consorzio stesso” (9).
Considerato l'indirizzo giurisprudenziale prevalente si può affermare che se il consorzio può prevedere, conformemente allo statuto, interventi diversi da quelli di stretta manutenzione e sistemazione delle strade vicinali di uso pubblico, sicuramente il contributo del comune deve essere limitato alla spesa per questi ultimi.
FUNZIONI DEL COMUNE
La difficoltà di stabilire rapporti chiaramente definiti tra poteri di intervento del Comune e consorzi è insita nella duplicità della situazione giuridica tipica di questi enti.
Le strade vicinali, anche se gravate da una servitù pubblica, non sono soggette alla disciplina prevista per i beni demaniali (10) in quanto continuano ad essere oggetto di proprietà privata anche se l'uso pubblico conferisce alle stesse un carattere di pubblicità che tuttavia non esplica pienamente i propri effetti.
Quello che si realizza è un regime giuridico anomalo: “da un lato esse sono oggetto di comproprietà da parte dei privati proprietari dei fondi frontisti ai quali consentono l'accesso, dall'altro sono oggetto di una servitù di uso pubblico, della quale è titolare il comune; questa servitù crea, a favore e a carico del suo titolare, particolari diritti e obblighi senza tuttavia alterare nella sua essenza il diritto di proprietà spettante ai condomini che usufruiscono della strada iure domini, mentre i comunisti ne usano soltanto iure servitutis”.
La parificazione allo stesso regime giuridico dei beni demaniali atterrebbe solo allo scopo ma non alla sostanza della demanialità che presuppone la proprietà pubblica del bene (11).
La norma fondamentale del 1918 si è preoccupata soprattutto di specificare i poteri del comune relativamente alla sicurezza della circolazione.
Ai sensi dell'art. 15 del D.L.Lgt. n. 1446/18 spettano al sindaco le funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali, al fine di assicurare che non vengano creati impedimenti all'uso della strada e all'esecuzione delle opere approvate e che, qualora vi siano state delle alterazioni, venga ripristinato lo stato della stessa. Il comma 2 dell'art. 15 stabilisce i poteri sostitutivi del Comune nel caso che il consorzio non provveda alla manutenzione della strada: il sindaco dispone l'esecuzione di urgenza dei lavori addebitando la spesa ai contribuenti del consorzio. I poteri sostitutivi diretti sono ammessi per le strade di uso pubblico, per le altre il sindaco provvede su richiesta, e può autorizzare il consorzio a eseguire i lavori di ripristino anche in pendenza di ricorsi.
Queste disposizioni sono pertanto collegate alla responsabilità del comune per gli eventuali danni derivanti dalla mancata manutenzione delle strade private di uso pubblico, anche quando essa spetti ai privati (12).
Il potere esercitato dal sindaco ai sensi dell'art. 15 del D.L.Lgt. n. 1146/18 “è un potere di tutela possessoria iuris publici, accordato dalla legge al sindaco nella veste di capo dell'amministrazione comunale al fine di attuare in via amministrativa il ripristino dello stato di fatto preesistente in ordine all'uso pubblico di una strada, indipendentemente dalla natura e spettanza dei diritti reali sulla strada medesima” (13).
Requisiti per l'esercizio del potere sindacale sono la preesistenza dell'uso pubblico, anche solo di fatto, della strada e la sopravvenienza di un'alterazione della preesistente situazione che abbia frapposto impedimenti all'uso pubblico della strada medesima.
Ciò conferma che: “le strade vicinali, caratterizzate come tali dalla servitù di uso pubblico che su di esse grava, non cessano perciò di costituire oggetto di proprietà privata, con la conseguenza che la loro riparazione e conservazione spettano normalmente ai proprietari, limitandosi l`ente pubblico a intervenire solo in caso di loro inazione e spettando, invece allo stesso un'ingerenza straordinaria, che si concreta in poteri di polizia e di regolamentazione della circolazione, dell`ordine e della sorveglianza” (14).
Più complesso è il problema dell'intervento del comune in ordine al funzionamento degli organi consortili. L'art. 16, comma 2, del D.L.Lgt. n. 1446/18, prevede l'intervento sostitutivo nel caso in cui vi sia inadempimento agli obblighi di legge, di regolamento o derivanti dallo statuto e vi sia un provvedimento del prefetto (oggi della regione) che incarichi il comune a provvedere.
In questa materia è necessario precisare compiutamente i rispettivi ambiti di intervento e a tal fine si ritiene che lo strumento più idoneo debba essere individuato in un regolamento comunale che disciplini:
1) la costituzione di nuovi consorzi stradali;
2) lo scioglimento di quelli esistenti;
3) le modalità di svolgimento delle funzioni di vigilanza e polizia sulle strade;
4) la definizione delle competenze delle circoscrizioni in ordine alla viabilità delle strade e più in generale all'attività del consorzio;
5) il controllo dell'attività gestionale del consorzio;
6) gli ambiti di intervento del Comune sugli organi;
7) la sospensione dalle cariche e interventi sostitutivi;
8) le modalità e termini di adozione degli atti fondamentali del consorzio e relativi controlli da parte del Comune;
9) la definizione di criteri per la determinazione e differenziazione della misura dei contributi da concedere da parte del comune per la manutenzione delle strade vicinali soggette a pubblico transito;
10) la definizione di criteri per il concorso nella spesa di manutenzione delle strade vicinali non soggette a pubblico transito.
Fare chiarezza sulle competenze del comune risponde all'esigenza di garantire la trasparenza e l'efficacia delle azioni poste in essere dallo stesso per il raggiungimento dei fini pubblici dettati dal legislatore e al tempo stesso assicurare che anche i consorzi si adeguino alle disposizioni scaturenti dalla legge n. 241/90.
Parallelamente al regolamento comunale deve essere ricostituito il ruolo dello statuto che rappresenta l'ordinamento interno e regola il modo di agire del consorzio. Questo deve contenere la disciplina dei rapporti tra comune e singolo consorzio, non a caso la legge ne prevede l'approvazione da parte del consiglio comunale all'atto della formazione del consorzio, e quella dei rapporti tra consorzio e utenti.
La convenzione, quale nuovo strumento prescelto dal legislatore del 1990 per regolare i rapporti tra enti collegati, non sembra essere funzionale alle esigenze dei consorzi stradali in quanto lo statuto è uno strumento sufficiente a regolarne i rapporti. Ciò non toglie che per i consorzi più importanti si possano prevedere due atti autonomi, lo statuto per disciplinare le funzioni del consorzio, il funzionamento degli organi e i rapporti con gli utenti, e la convenzione per regolare contrattualmente il rapporto del comune con il singolo consorzio.
Nello Statuto debbono essere previsti, in conformità alle disposizioni del regolamento comunale, se adottato, le modalità per l'invio degli atti essenziali del consorzio al Comune, i diritti dei consorziati in ordine all'accesso agli atti in maniera che sia assicurata la trasparenza dell'attività degli organi.
I POTERI DELLA REGIONE
L'intervento regionale è decisivo soprattutto nell'ambito dell'esercizio dei poteri sostitutivi per il mancato funzionamento degli organi o per gravi inadempienze come disciplinato dal citato art. 16, comma 2, del D.L.Lgt. n. 1446/18.
Il provvedimento del prefetto autorizzativo dell'intervento del comune per effetto delle disposizioni di cui agli artt. 2 del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e 79, 87 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, è oggi di competenza regionale; di qui la necessità che le regioni si diano carico di legiferare in ordine all'esercizio di tali poteri anche per stabilire i termini e gli ambiti di controllo da esercitare sugli atti dei consorzi stradali per evitare difformità di comportamento tra gli organi regionali di controllo sugli atti degli enti locali.
CONCLUSIONI
È infine opportuno evidenziare che in relazione all'importanza che le strade vicinali assumono all'interno della rete viaria del territorio comunale, l'ente locale deve valutare, secondo i modi e i tempi da stabilirsi nell'apposito regolamento e in conformità alle disposizioni regionali in materia di catasto stradale, la possibilità dell'acquisizione delle stesse al demanio del comune.
Tale valutazione, che tra l'altro può riguardare anche aree stradali private ancora non aperte a pubblico transito, dovrà tenere conto tra l'altro del peso economico che grava sul bilancio comunale per la gestione delle strade consortili, che come già detto si esplica in modo diretto mediante l'erogazione dei contributi graduati a seconda dell'importanza della strada.
Nella valutazione dei costi che il comune sostiene come contribuente del consorzio e quindi nella scelta dell'opportunità di passare alla gestione diretta giocano fattori diversi che riguardano anche gli oneri collegati all'utilizzo di risorse umane e strumentali per il funzionamento degli uffici comunali competenti, e soprattutto l'incidenza dell'economia di spesa che il comune, a differenza del consorzio che per la sua struttura non ha un corrispondente potere contrattuale, riesce a realizzare nell'ambito della programmazione della manutenzione per l'ampiezza della propria rete stradale.
C'è da dire inoltre che non tutte le strade esprimono lo stesso grado di utilità pubblica, sia per lunghezza che per intensità di traffico veicolare e pedonale, per cui può essere rilevante per il pubblico transito solo una parte della rete stradale consortile.
Tutte queste situazioni sommariamente accennate, unitamente alla prioritaria considerazione di garantire pienamente la pubblica incolumità e sicurezza della circolazione, possono condurre alla scelta dell'acquisizione al demanio stradale comunale di tutta o parte della rete stradale consortile qualora se ne dovesse accertare la convenienza sotto il profilo economico e nel rispetto dei vincoli posti dal nuovo codice della strada.
Questo articolo non è esaustivo di tutte le tematiche connesse ai consorzi stradali ma vuole essere di stimolo ai soggetti interessati all'attività dei consorzi stradali al fine di dotarsi di strumenti rispondenti alle reali esigenze di questi enti.
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(1) Sono strade pubbliche non solo quelle che per diritto di proprietà appartengono allo Stato, alle province e ai comuni (e, oggi, alle regioni) e sono destinate all'uso pubblico (strade pubbliche propriamente dette), ma anche quelle che, pur essendo di proprietà di privati soggetti, sono gravate da un diritto reale pubblico di uso. Si hanno così strade pubbliche quoad proprietatem e quoad usum, e strade pubbliche soltanto quoad usum (V. Orusa, Strade pubbliche, private e vicinali).
(2) Riferimenti normativi:
- legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (leggi sui lavori pubblici); articoli da 51 a 54 e 84;
- D.L.Lgt. 1° settembre 1918, n. 1446, convertito, nella legge 13 aprile 1925, n. 473;
- legge 12 febbraio 1958, n. 126 (Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico); titolo I - Norma sulla classificazione delle strade di uso pubblico.
L'intera legge è stata abrogata dal nuovo Codice della strada ad eccezione dell'art. 14, che si intitola “Consorzi per le strade vicinali di uso pubblico”.
L'articolo dispone l'obbligatorietà della costituzione dei consorzi previsti dal D.L.Lgt. 1° settembre 1918, n. 1446, per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico, anche se rientranti nei comprensori di bonifica e affida i poteri sostitutivi al prefetto in caso di assenza di iniziativa da parte degli utenti o del comune;
- D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) che nel ridefinire le classificazioni stradali al comma 7 dell'art. 2 assimila le strade vicinali a quelle comunali ai fini della disciplina dettata dallo stesso codice.
L'art. 3, comma 1, punto 52) definisce la strada vicinale di uso pubblico come “strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico”.
L'art. 14 afferma che, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, gli enti proprietari delle strade provvedono:
“a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi;
b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze;
c) all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta”.
Il comma 4 dispone: “per le strade vicinali di cui all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario previsti dal presente codice sono esercitati dal comune”;
- trasferimento di funzioni alle regioni: l'art. 2 del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e gli artt. 79 e 87 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, dispongono il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative anche in materia di viabilità, che comprende le “strade e la loro classificazione, escluse le strade statali e le autostrade”.
In conseguenza del trasferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni a statuto ordinario, queste disciplinano, mediante leggi regionali, le materie oggetto del trasferimento, i poteri già attribuiti ai prefetti sono ora di competenza regionale.
L'art. 13 del D.P.R. citato dispone che “le funzioni amministrative relative alla materia “ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione", concernono l'istituzione, i controlli, la fusione, la soppressione e l'estinzione di enti pubblici locali operanti nelle materie di cui al presente decreto", tra le quali è ricompresa anche la viabilità.
Il secondo comma dell'articolo prevede il trasferimento alla regione delle funzioni già svolte in materia dagli organi statali centrali e periferici.
(3) V. Cassazione, Sezione unite, 7 luglio 1986, n. 4430, in Repertorio Foro Italiano, 1986: “il consorzio stradale di ..., costituito a norma del D.L.Lgt. n. 1446/1918, il quale persegue, senza fini di lucro e con struttura priva di connotati imprenditoriali, finalità di ordine generale per la sistemazione e manutenzione di strade vicinali assoggettate ad uso pubblico, con il contributo e sotto il controllo dell'autorità comunale e governativa, ha natura di ente pubblico non economico”.
(4) V. Cassazione Sezioni Unite, 21 marzo 1970, n. 743, in Repertorio Foro Italiano, 1970, I, 1654.
(5) Sulla considerazione dei consorzi obbligatori quali enti pubblici, v. anche TAR Sicilia, Sezione 1, 6 gennaio 1987, n. 14, in Repertorio Foro italiano 1987, la cui massima dispone che: “ha natura pubblica il consorzio che ha per oggetto la gestione, manutenzione ed eventualmente la ricostruzione di una strada vicinale assoggettata ad uso pubblico, e le cui deliberazioni sono sottoposte a controllo con le stesse modalità di quelle comunali”.
“L'art. 48 della legge n. 2248/1865 e l'art. 16 del D.L.Lgt. n. 1446/18, prevedono che le deliberazioni dei consorzi stradali del tipo di quello che ci occupa, per le strade di uso pubblico, debbono essere pubblicate all'albo del comune e trasmesse per il controllo con le stesse modalità delle deliberazioni comunali. Ne consegue, quindi, che nei confronti di tali enti viene esercitato un controllo amministrativo di legittimità inteso a verificare il rispetto della legge e di merito, nei casi ammessi, inteso a riscontrare l'osservanza delle regole di buona amministrazione che può trovare giustificazione, tenuto conto della sua intensità, solo nella natura pubblica dell'ente controllato e nella rilevanza pubblica degli interessi affidati alla sua cura che giustifichi la predisposizione di mezzi di tutela della sua azione”.
La Sezione di controllo della Corte dei conti nella decisione 10 agosto 1945 li definiva enti locali istituzionali non territoriali.
(6) V. Cassazione Sez. II, 18 luglio 1984, n. 4199, in Giustizia Civile 1985, I, 72 (natura dei contributi dei consorziati) e in Repertorio del Foro italiano 1984: “le disposizioni in materia di condominio non sono estensibili al consorzio costituito tra i proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, atteso che i due istituti giuridici, nonostante le numerose analogie, presentano anche caratteristiche diverse che non ne permettono una completa parificazione concettuale: il condominio di edifici è una forma di proprietà plurima, derivante dalla struttura stessa del fabbricato e regolata interamente da norme che rimangono nel capo dei diritti reali, con la conseguenza che il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri, presso qualsiasi acquirente; il consorzio, che ha un livello di organizzazione più elevato, appartiene, invece, alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all'ente sociale, pur potendo tale volontà essere ricavata (se non esiste una contraria norma di statuto o di legge) da presunzioni o da fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio, oppure l'utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti”.
La decisione si riferisce a un consorzio sprovvisto di personalità giuridica, appartenente a quelli non obbligatori.
(7) V. P. Virga, Diritto Amministrativo, vol. III, Giuffrè editore, Milano, 1988.
(8) V. Corte dei conti, sezione giur. Sardegna, 13 marzo 1991, n. 141, in La finanza locale, 1991, pag. 1161, secondo cui: “la norma contenuta nel nuovo ordinamento delle autonomie locali che limita al conto del tesoriere la cognizione della Corte dei conti si applica anche ai giudizi sui conti consuntivi dei consorzi obbligatori di strade vicinali”.
(9) V. Cassazione 25 novembre 1981, n. 6253, in Repertorio Foro italiano 1981, Cortina d'Ampezzo.
La massima esprime l'orientamento prevalente della giurisprudenza anche se il TAR Lazio con decisione del 29 aprile 1988, n. 641, (nota di C.M. Tardivo) ha affermato che: “i consorzi obbligatori sono enti pubblici. Al moderno concetto di “strada" non può essere considerato estraneo quanto attiene alla sua “sistemazione" in senso ampio”. La decisione riguarda l'impugnativa da parte di alcuni utenti di una modifica allo statuto di un consorzio con la quale si intendeva allargare la competenza consorziale all'esecuzione di altre opere inerenti la strada. Il collegio osserva che già il precedente statuto prevedeva oltre alla manutenzione delle aree destinate a strade e piazze, allo sviluppo, miglioramento, potenziamento della rete stradale anche l`esecuzione di tutte le opere che fossero convenienti per raggiungere i fini suddetti nonché ogni altra attività nell`interesse generale dei consorziati e non in contrasto con le norme di legge.
In tale attività vengono fatte rientrare pacificamente, per non essere mai state contestate, la sostituzione di tratti della rete idrica e la rete fognaria ed altri interventi. “L'unica serie di limiti sembra essere e dover essere stata quella dell'interesse collettivo della consociazione dei proprietari, nonché dello svolgimento dell'azione consortile sui beni di proprietà comune (ossia sulle strade) o comunque acquisiti alla disponibilità della collettività (come l'arenile demaniale)”.
Non concorda il collegio, in proposito, con due sia pur non troppo recenti pronunce della Cassazione, (sezioni unite 25 novembre 1981, n. 6253 e 18 gennaio 1980, n. 412), secondo cui esulerebbe dalla possibilità di azione dei consorzi lo svolgimento di funzioni diverse da quelle, che sarebbero tassative, della manutenzione, sistemazione e ricostruzione stradale. E, in effetti, rispetto al moderno concetto di strada, non può essere considerato estraneo quanto attiene alla sua sistemazione in senso più largo della mera pavimentazione. Se la strada è un servizio, occorre, perché tale servizio sia utile in un contesto urbano, che essa sia illuminata; che le piazze siano attrezzate; che i servizi idrici, fognari e telefonici e così via vi possano essere dislocati a servizio dei proprietari che le strade intendano usare ... la modifica statutaria oggetto dell'attuale impugnativa si è mossa nella stessa linea del vecchio statuto, limitandosi a fornire talune precisazioni della prima disciplina, attraverso l'inserimento della casistica sub lettera c) delle opere di urbanizzazione primaria non a carico del Comune: queste devono interpretarsi, ed in tali sensi la previsione è legittima, come quelle opere che, oltre a non essere di competenza comunale, siano eseguibili sulle zone di carattere stradale ed alle stesse possano ritenersi collegate in modo funzionale e connesso (esempi dell'illuminazione, della sistemazione di aiuole, delle opere di servizio che sotto la strada corrono e che dalla strada traggono spunto per servire i beni dei consorziati raggiungibili dalle medesime strade)”.
(10) V. Cassazione, Sezioni unite, 8 giugno 1961, n. 1333 in Repertorio Foro italiano, 1961.
(11) V. TAR Lazio 9 gennaio 1989, n. 850, in Repertorio Foro italiano, 1989: “la strada vicinale dà luogo ad un diritto reale (demaniale) del Comune su un bene appartenente a soggetto diverso, ai sensi dell'art. 825 C.c.; tale diritto è tutelabile con azioni di natura reale e petitoria, fra le quali quelle di rivendicazione e di regolamento di confini”.
(12) V. Cassazione 15 giugno 1979, n. 3387. Sulla stessa linea la Corte di Appello di Perugia 14 aprile 1988 (in Repertorio Foro italiano, 1988): “la circostanza che una strada privata venga utilizzata per pubblico transito fa sorgere a carico dell'ente pubblico, investito della cura della viabilità in quel territorio (nella specie il Comune), l'obbligo di assicurare che il transito stesso si svolga senza pericoli e la conseguente responsabilità aquiliana verso i terzi danneggiati dall'inosservanza di tale obbligo, qualora detta utilizzazione sia ratificata dall'ente pubblico con provvedimenti o comportamenti tali da dimostrare la volontà di prendere atto dell'inserimento della strada nel contesto viario”.
(13) V. Consiglio di stato, sez. V, 9 maggio 1983, n. 151 in Giurisprudenza Italiana, 1984; TAR Umbria 12 febbraio 1988, n. 48, in Repertorio Foro italiano, 1989 e C.d.S., Sez. V, 9 febbraio 1989, n. 106, in Repertorio Foro italiano, 1989.
(14) V. Cassazione 16 maggio 1981, n. 3218, in Repertorio Foro italiano, 1981.
Buonasera, ho letto quanto scritto e lo trovo molto esaustivo. Volevo porvi un quesito: ho di fatto una strada privata che insiste su terreni agricoli di mia proprietà lontano dai confini degli stessi con altri proprietari e che giunge in prossimità della proprietà del mio vicino. Siamo noi a gestirla e a manutenerla, io ho acquistato 4 anni fa e lui 20 dal medesimo proprietario che aveva frazionato la sua proprietà. La strada è sempre stata manutenuta dal vecchio proprietario, non sono presenti servitù di alcun tipo, ne segnaletica stradale, ne illuminazione e il fondo è bianco. Su questa strada di fatto transitiamo tutti i giorni solo io ed il mio vicino e raramente un contadino al quale è concesso il transito per la gestione di alcuni terreni (tra l'altro non interclusi). Abbiamo messo un cancello a 12 metri di distanza dalla via pubblica e presentanto CILA in sanatoria pagando la multa. Il comune ha sollevato dubbi (solo verbalmente non tramite PEC) sulla possibilità di chiudere con un cancello la strada perché a detta loro c'è una servitù pubblica che, a mio avviso, può essere smentita con azione negatoria della servitù e valutazione dello stato dei luoghi in sede legale. Volevo tuttavia chiedere un'informazione: esiste un modo per indurre il comune ad una risposta formale, ad esempio richiedendo degli atti pubblici (statuto di un consorzio mai formato od altro) di modo che da questa risposta formale io possa chiamare in causa il comune oppure devo sottostare alla loro inerzia, avendo un'installazione che di fatto è abusiva perché non presentiamo la CILA prima di una risposta esplicita del comune della servitù pubblica?
Grazie a tutti per chi potrà rispondere