LUDOPATIA - le associazioni gestori non possono impugnare regolamenti EELL
[color=red][b]TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. II – sentenza 11 ottobre 2016 n. 1303 [/b][/color]
Pubblicato il 11/10/2016
N. 01303/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00597/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 597 del 2016, proposto da:
[b]Associazione Nazionale Servizi Apparecchi Per Le Pubbliche Attrazioni Ricreative[/b], in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Marcello Ferrari Chazelat C.F. FRRMCL71A23B157N, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, C.Da del Cavaletto, 25;
contro
Comune di Cremona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Cistriani C.F. CSTNCG69D07D150O, Edoardo Boccalini C.F. BCCDRD48H06D150B, domiciliato ex art. 25 cpa presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
per l’annullamento, previa sospensione,
della deliberazione 26 febbraio 2016 prot. n°13873 e reg. n°9, pubblicata all’albo pretorio dal giorno 7 marzo 2016 e conosciuta il giorno 18 marzo 2016, con la quale il Consiglio comunale di Cremona ha approvato il regolamento delle sale da gioco d’azzardo lecito e per l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110 commi 6 e 7 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – TULPS 18 giugno 1931 n°773;
di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Cremona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’associazione nazionale Servizi Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative – SAPAR è costituita fra i privati imprenditori che producono, vendono e forniscono in gestione ai vari esercizi pubblici i cosiddetti apparecchi da intrattenimento, nel linguaggio comune “macchinette” da gioco, fra le quali rientrano quelle con vincita in danaro, note come “slot machines” e “videolottery”; per promuovere gli interessi dei propri associati, si prefigge fra l’altro come fine statutario di collaborare con le autorità competenti nella stesura della “normativa tecnica e relativa ai prodotti utilizzati nel settore rappresentato” (cfr. ricorso, pp. senza numero, ma 2-3; a p. 3 dal quinto rigo la citazione; si tratta di circostanze non contestate in causa).
In tale sua qualità, si è ritenuta legittimata ad impugnare la delibera del Consiglio comunale di Cremona di cui meglio in epigrafe, la quale approva il regolamento delle sale da gioco d’azzardo lecito e per l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110 commi 6 e 7 del TULPS, stabilendo criteri e limiti in proposito (doc. 1 ricorrente, copia atto impugnato).
A sostegno del ricorso, deduce i tre seguenti motivi:
– con il primo di essi, deduce eccesso di potere per carenza di istruttoria, e sostiene che il regolamento, nel suo complesso, sarebbe stato emanato senza basarsi su alcun documento o studio scientifico, e in particolare senza che essa abbia partecipato al relativo procedimento come soggetto portatore di interessi coinvolti ai sensi dell’art. 9 della l. 7 agosto 1990 n°241;
– con il secondo motivo, rivolto in modo specifico contro l’art. 14 del regolamento, deduce eccesso di potere per irragionevolezza delle relative previsioni, le quali fissano in un massimo di otto ore giornaliere la durata massima consentita di apertura e funzionamento degli apparecchi da gioco, con inizio non prima dell’orario scolastico, sospensione “nelle ore centrali in relazione all’orario di uscita dagli istituti scolastici ed al tempo libero delle fasce più fragili della cittadinanza” e termine in orario compatibile con la tutela della quiete pubblica (doc. 1 ricorrente, cit. p. 8). Afferma infatti che di tali prescrizioni non sarebbe dimostrata l’utilità, che anzi le stesse sarebbero addirittura controproducenti e comunque adottate senza far riferimento alla specifica situazione di Cremona;
– con il terzo motivo, rivolto in modo specifico contro l’art. 3 comma 4 del regolamento, deduce infine sempre eccesso di potere per irragionevolezza della relativa previsione che, a suo dire, consentirebbe contro la legge di installare “apparecchi telematici senza vincita in denaro con connessione a Internet, utilizzabili anche come strumenti di gioco da trattenimento”.
Resiste il Comune, con memoria 10 giugno 2016, in cui:
– in via preliminare, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ovvero interesse della associazione ricorrente, la quale raggruppa in sintesi i fornitori degli apparecchi in questione, e quindi non avrebbe titolo per contestare una normativa che concerne invece i gestori dei pubblici esercizi in cui gli stessi vengono installati perché i clienti li utilizzino;
– nel merito, chiede che il ricorso sia respinto, affermando di avere adottato misure ragionevoli all’esito di un’istruttoria estesa anche a consultazioni con la Confesercenti, cui la SAPAR aderisce. Afferma poi che la previsione dell’art. 3 citato non è certo senza limiti, ma fa salva la normativa anche di legge vigente.
Alla camera di consiglio del 15 giugno 2016, la ricorrente, nulla opponendo il Comune, rinunciava alla domanda cautelare in favore di una sollecita trattazione del merito.
Con memorie 21 luglio 2016 per la ricorrente e 30 agosto 2016 per il Comune, le parti ribadivano le asserite rispettive ragioni, e all’udienza pubblica del 22 settembre 2016, fissata nei termini descritti, questo giudice tratteneva la causa in decisione.
DIRITTO
[b]1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, e va quindi accolta la relativa eccezione, formulata dal Comune così come in premesse, per le ragioni che seguono.[/b]
2. Come è noto, il processo amministrativo, che è una specie del più ampio genere dei processi civili, non integra una giurisdizione cd. di diritto oggettivo, volta cioè ad accertare la legalità dell’azione amministrativa in quanto tale, ma è pur sempre un processo di parti, finalizzato alla difesa degli interessi di cui esse siano in concreto titolari.
3. Ne consegue che, per principio generale, possa proporre ricorso contro un provvedimento amministrativo non ogni soggetto dell’ordinamento, ma soltanto quello che sia titolare, rispetto al provvedimento stesso, di legittimazione ed interesse ad agire. In altre parole, per proporre il ricorso si deve esser titolari di una specifica situazione giuridica soggettiva di vantaggio in ordine a un bene della vita, situazione diversa da quella della generalità dei consociati, ed allegare che dall’accoglimento del ricorso se ne ricaverebbe un’utilità altrettanto specifica: in tali termini di recente, fra le molte C.d.S. sez. V 27 gennaio 2016 n°265.
[b]4. La giurisprudenza, per quanto qui più interessa, è particolarmente restrittiva nel delineare il tipo di utilità che dal ricorso si deve poter ricavare, evidenziando che essa deve rimediare a un “pregiudizio specifico” – così ad esempio C.d.S. sez. IV 2 febbraio 2016 n°383- e non basta corrisponda ad un vantaggio economico di qualche tipo – come argomentato ad esempio da C.d.S. sez. IV 6 aprile 2016 n°1338. Si osserva infatti – di recente, per tutte C.d.S. sez. VI 28 dicembre 2015 n°5846- che un vantaggio generico e indiretto derivante dall’annullamento radica se mai l’interesse di mero fatto che permette di proporre intervento, ma non di agire in via principale.[/b]
5. Alle suddette regole generali, nei casi come il presente, in cui il ricorso sia proposto da un ente collettivo come un’associazione, se ne affianca una particolare. L’ente infatti è titolare di legittimazione e interesse solo per proteggere interessi suoi propri, non riducibili come regola a quelli dei singoli, o ad una mera somma degli stessi: così, come più recente, ad esempio C.d.S. sez. VI 18 aprile 2013 n°2152.
[b]6. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, la legittimazione e l’interesse della ricorrente [color=red]SAPAR [/color]vanno escluse.[/b]
7. Da un lato, non è controverso in fatto quanto risulta ad una semplice lettura del regolamento impugnato: esso riguarda il funzionamento delle macchine da gioco, ovvero, in sintesi estrema, gli orari ed i luoghi in cui si può giocare, e quindi interessa il rapporto fra il cittadino giocatore e l’esercente, di solito il titolare di un bar, il quale gli offre la possibilità di giocare all’interno del proprio esercizio; si disinteressa invece, in linea di principio, delle modalità – che si presumono lecite- con le quali l’esercente stesso si procura gli apparecchi (cfr. doc. 1 ricorrente).
8. Dall’altro lato, è altrettanto incontroverso il carattere della SAPAR, la quale raggruppa coloro i quali, sempre in sintesi estrema, non hanno alcun diretto rapporto col pubblico dei giocatori, ma forniscono soltanto i relativi apparecchi agli esercenti, perché al pubblico stesso li mettano a disposizione. In tal senso, quindi né la SAPAR in quanto tale, né il singolo associato alla stessa – quand’anche ciò bastasse- ricavano un diretto pregiudizio dal regolamento impugnato.
9. La difesa della SAPAR ha sostenuto sul punto (ricorso, p. s.n. ma 20) che il pregiudizio ci sarebbe, e sarebbe rappresentato dalla contrazione del mercato indotta secondo logica da ogni normativa di disfavore. E’ però agevole notare che tale pregiudizio rappresenta proprio uno svantaggio economico di carattere indiretto e generico, della specie che consente solo la più limitata tutela dell’intervento nelle cause proposte da soggetti pienamente legittimati.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Condanna la ricorrente a rifondere all’intimato Comune di Cremona le spese del giudizio, spese che liquida in € 3.000 (tremila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Gambato Spisani Alessandra Farina