Data: 2016-10-11 09:05:09

VOLTURA del permesso: gli obblighi NON si estendono all'avente causa

VOLTURA del permesso: gli obblighi NON si estendono all'avente causa (per il Consiglio di Stato) mentre TAR VENETO aveva sostenuto un orientamento diverso

“La semplice voltura del permesso di costruire non comporta il trasferimento automatico, in capo al nuovo titolare, delle obbligazioni contratte dall’originario concessionario con l’Amministrazione, occorrendo in tal senso l’espresso accollo del nuovo titolare e l’accettazione dell’Amministrazione creditrice”
[size=14pt][color=red][b]Consiglio di Stato sez. IV 29/02/2016 n. 828[/b][/color][/size]

N. 00828/2016REG.PROV.COLL.
N. 02714/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2714 del 2015, proposto da:
Stim di Carlo Stigliano & C. S.a.s., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Montagna, con domicilio eletto presso Vincenzo Mallamaci in Roma, Via Pompeo Trogo, 21;
contro
Comune di Nova Siri, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Eustachio Americo Colucci, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria N. 2;
nei confronti di
Fabe di Ferrara Rocco & C Snc;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA: SEZIONE I n. 00530/2014, resa tra le parti, concernente ingiunzione di pagamento del contributo per urbanizzazione secondaria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Nova Siri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Palazzo su delega dell'avvocato Montagna e Colucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il presente appello la società Stim di Carlo Stigliano & co. s.a.s. impugna la decisione del T.A.R. per la Basilicata n. 530 del 31 luglio 2014 con cui veniva respinto il ricorso proposto avverso l’ingiunzione di pagamento n. 0007502, notificata dal Comune di Nova Siri alla predetta società, il 10 maggio 2013, per un importo pari ad euro 44.457,55. Tale somma costituiva l’ammontare della sanzione comminata a carico della Stim per non aver corrisposto integralmente le somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione e costi di costruzione di un fabbricato.
In data 1 febbraio 1995, la società appellante, originariamente denominata Fideleasing s.r.l., otteneva la concessione edilizia n.9 al fine della realizzazione di un fabbricato adibito a civile abitazione: in vista del rilascio del titolo edilizio, la società provvedeva, inoltre, al versamento delle prime rate degli oneri suindicati per un ammontare globale pari a lire 43.293.390 e, contestualmente, depositava una polizza fideiussoria assicurativa per un importo di lire 75.851.878, a garanzia del versamento delle successive rate. In seguito, in data 16 febbraio 1995, la società appellante alienava il terreno alla Fabe di Ferrara Rocco & C. s.n.c. e il successivo 18 maggio 1995, con provvedimento n. 2766/95 il Comune volturava in favore della società acquirente la concessione edilizia n. 9 del 1 febbraio 1995 “con tutti i diritti e gli obblighi connessi alla predetta concessione”.
Con ricorso n. r.g. 353/2013 la società odierna appellante ricorreva dinanzi al T.A.R. per la Basilicata al fine di ottenere l’annullamento dell’atto di ingiunzione di pagamento n. 0007502 notificato il 10 maggio 2013, adottato a causa dell’inadempimento concernente le rate dovute a titolo di oneri di urbanizzazione e costi di costruzione: il giudice di prime cure, con la gravata sentenza, respingeva le censure sollevate dalla Stim, affermando la correttezza dell’operato dell’Amministrazione Comunale che aveva proceduto, dopo aver constatato l’inadempimento, all’escussione della garanzia fideiussoria fino al soddisfo delle somme dovute.
L’atto di appello è affidato a tre motivi di gravame.
Con il primo motivo, la Stim ritiene scorretta l’interpretazione, fornita dal giudice di prime cure, dei principi espressi dal Codice Civile in tema di accollo: il T.A.R. avrebbe infatti erroneamente respinto la censura, sollevata in primo grado, con cui la società appellante aveva dedotto il difetto di legittimazione passiva. In effetti, la richiesta del pagamento dei residui oneri connessi all’attività edilizia avrebbe dovuto indirizzarsi alla società acquirente, nella persona del suo amministratore.
In secondo luogo, la natura reale degli oneri richiesti implicherebbe il loro trasferimento in capo al nuovo titolare della concessione edilizia, in seguito alla voltura della stessa effettuata dal Comune: al riguardo non rileverebbe, poiché indimostrata, la circostanza dell’inizio dei lavori in epoca anteriore al provvedimento n. 2766/95, di voltura della concessione.
Infine, la Stim ripropone il quarto motivo del ricorso introduttivo, avente ad oggetto l’eccesso di potere realizzatosi mediante l’omessa indicazione del dettaglio delle singole voci degli oneri dovuti, il che non avrebbe consentito alla medesima società una puntuale difesa.
Si è costituito in giudizio il Comune di Nova Siri che ha puntualmente contestato le tesi avversarie, concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
Non si è costituita in giudizio la Fabe di Ferrara Rocco & C. s.n.c..
In vista dell’udienza di discussione le parti costituite hanno depositato ulteriori memorie scritte ed allegazioni documentali a sostegno delle rispettive tesi e conclusioni.
La Sezione, con ordinanza n. 2714 del 6 maggio 2015, ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla società appellante, sospendendo l’esecutività della sentenza impugnata.
All’udienza pubblica dell’1 dicembre 2015, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La fattispecie sottoposta all’esame del Collegio concerne, nel suo complesso, l’individuazione del soggetto obbligato al versamento degli oneri di urbanizzazione e degli oneri di costruzione nel caso in cui, dopo l’inizio dei lavori, venga volturata la concessione edilizia in favore dell’acquirente l’area oggetto dell’intervento edilizio. In particolare, va verificato se, la Stim di Carlo Stigliano & co. s.a.s., nonostante il versamento della prima rata degli oneri anzidetti, possa ritenersi liberata da tale obbligazione in seguito al trasferimento della concessione edilizia n. 9 del 1 febbraio 1995, in favore della Fabe di Ferrara Rocco & C. s.n.c., “con tutti i diritti e gli obblighi connessi alla predetta concessione”.
2. Con il primo motivo di appello, la Stim ripropone sostanzialmente il primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale solleva il proprio difetto di legittimazione passiva sotto due diversi profili: innanzitutto, l’alienazione dell’area interessata dall’intervento edilizio sarebbe avvenuta sotto l’espressa condizione dell’esonero da ogni forma di responsabilità, a carico dell’appellante, inerente al titolo abilitativo. Tale condizione sarebbe stata recepita ed accettata dall’Amministrazione Comunale, che, nel provvedimento di voltura, avrebbe trasferito la concessione edilizia n. 9 in favore della Fabe di Ferrara Rocco & C. s.n.c., con tutti i diritti e gli obblighi connessi alla predetta concessione. L’espressione utilizzata nel provvedimento di voltura configurerebbe, dunque, un’ipotesi di accollo esterno con effetti liberatori per il debitore accollato, dal quale l’Amministrazione non potrebbe più pretendere alcuna somma a titolo di oneri di urbanizzazione o di costruzione. Sotto un diverso profilo, inoltre, parte appellante contesta il travisamento, da parte del giudice di primo grado, del motivo di ricorso introduttivo: in effetti, in seguito al trasferimento dei diritti e degli obblighi derivanti dalla concessione, il legittimato passivo avrebbe dovuto identificarsi nella persona del sig. Rocco Ferrara, ovvero nell’amministratore dell’acquirente Fabe.
2.1 Il motivo non ha pregio e va respinto.
Sul punto il Collegio ritiene di condividere i principi espressi nella sentenza di primo grado: in effetti, l’art. 1273 c.c. nel disciplinare l’istituto dell’accollo, al comma secondo dispone espressamente che l’adesione del creditore all’accordo bilaterale fra accollante e accollato “importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo”. Dunque, l’accollo esterno, cioè con effetti nei confronti del creditore, si può ritenere liberatorio per il debitore ceduto al ricorrere di due condizioni alternative fra di loro: l’inserimento, nella convenzione fra accollante e debitore originario, di una specifica condizione in tal senso, ovvero l’accettazione inequivoca e specifica, rilasciata dal creditore, di voler liberare l’originario debitore.
In applicazione dei richiamati principi, la giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale non c’è motivo per discostarsi, ha affermato che la semplice voltura della concessione edilizia non comporta il trasferimento automatico in capo al nuovo titolare, delle obbligazioni contratte dall’originario concessionario con l’Amministrazione: occorre in tal senso l’espresso accollo del nuovo titolare e l’accettazione dell’Amministrazione creditrice (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 316 del 22 gennaio 2011).
Nel caso di specie, dunque, l’ingiunzione di pagamento prodotta dall’Amministrazione è stata ben indirizzata alla società odierna appellante. In effetti, né dall’atto di cessione dell’area edificabile, né dalla voltura della concessione edilizia risulta alcuno specifico accordo fra la Stim e la Fabe circa il trasferimento degli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico della seconda: la condizione, cui fa riferimento parte appellante, in quanto inserita nell’atto di compravendita dell’area e riferita genericamente ad un esonero di responsabilità, non può ritenersi esplicitamente indirizzata alle obbligazioni contratte in vista del rilascio del titolo abilitativo, né se ne può affermare la vincolatività per il terzo creditore. Inoltre, la genericità della formula inserita nel provvedimento di voltura della concessione (“con tutti i diritti e gli obblighi connessi alla predetta concessione”) non può equivalere ad una espressa accettazione, da parte del Comune, della liberazione del debitore originario per gli oneri economici da esso dovuti. Ciò posto, il Collegio ritiene che nel caso concreto sia ravvisabile una fattispecie di accollo strutturalmente più simile a quello cumulativo piuttosto che liberatorio: infatti, l’alienazione dell’area edificabile, unitamente al provvedimento n. 2766/95, di voltura del titolo edilizio, non ha determinato la liberazione dalle proprie obbligazioni per la Stim: viceversa ha generato una modificazione nel lato passivo dell’obbligazione mediante l’aggiunta di un nuovo debitore, rimasto vincolato all’obbligazione, già esistente, tra il Comune e la società appellante. Tale obbligazione plurisoggettiva si caratterizza, in virtù di quanto sopra esposto, per il vincolo di solidarietà intercorrente fra le debitrici, che consente, in ultima analisi, alla società adempiente l’esercizio dell’azione di regresso nei confronti dell’altra.
A ciò si aggiunga che l’Amministrazione, dinanzi all’inadempimento dell’obbligazione contratta dalla Stim, ha provveduto alla soddisfazione delle proprie pretese creditorie mediante l’escussione della garanzia fideiussoria depositata dalla società appellante proprio in occasione dell’insorgere dell’obbligazione: non avendo, la Stim, mai chiesto lo svincolo dalla garanzia né la restituzione o il rilascio della polizza in seguito alla voltura della concessione edilizia, l’Amministrazione ha correttamente soddisfatto il proprio credito su di essa.
3. Con il secondo motivo di gravame la Stim sostiene, sotto un diverso profilo, che il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere la società appellante obbligata al pagamento delle somme indicate nell’ingiunzione n. 0007502 del 2013: in seguito alla voltura della concessione edilizia, infatti, gli importi avrebbero dovuto imputarsi alla Fabe sul presupposto della natura di obbligazione propter rem riferibile al pagamento degli oneri di urbanizzazione e di costruzione. Inoltre, a differenza di quanto emerso dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione Comunale in primo grado, i lavori assentiti non solo non avrebbero avuto inizio il 21 marzo 1995, ma sarebbero stati diretti dalla Fabe, in quanto, a quella data, la Stim non avrebbe avuto titolo per iniziarli.
3.1 Il motivo è infondato.
[b]Come è noto, gli oneri di costruzione e di urbanizzazione costituiscono una prestazione patrimoniale di natura impositiva che trovano la loro ratio giustificatrice nell’incremento patrimoniale che il titolare del permesso di costruire consegue in dipendenza dell’intervento edilizio (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V 13 maggio 2014, n. 2438). Il rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire) si configura come fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del concessionario di corrispondere il relativo contributo per oneri di urbanizzazione, ossia per gli oneri affrontati dall’ente locale per le opere, indispensabili affinché l’area acquisti attitudine al recepimento dell’insediamento del tipo assentito e per le quali l’area acquista un beneficio economicamente rilevante; il contributo per oneri di urbanizzazione è quindi dovuto per il solo rilascio della concessione, senza che neanche rilevi la già intervenuta realizzazione di opere di urbanizzazione (cfr Cons. Stato, Sez. IV 22 febbraio 2011 n.1108; id., 24 dicembre 2009 n.8757; CGARS, 21 marzo 2013 n. 376). Risulta, inoltre, pacifico in giurisprudenza, in ordine alla natura della obbligazione per il pagamento degli oneri di urbanizzazione, che il debito grava sul titolare della concessione edilizia. Pertanto, dal momento che la concessione è trasferibile, ai sensi del sesto comma dell’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 applicabile ratione temporis al caso in esame, ne consegue che la trasformazione urbanistica può essere realizzata sia dal proprietario del suolo al quale è stata rilasciata la concessione contenente la determinazione degli oneri di urbanizzazione, sia dai successori o aventi causa ai quali la concessione è stata trasferita. In questo senso, dunque, può dirsi che la disposizione conferisce alla concessione edilizia il carattere della inerenza alla cosa, anziché alla persona cui è rilasciata, poiché tutti coloro che partecipano alla costruzione sono solidalmente obbligati verso l’Amministrazione al pagamento degli oneri di urbanizzazione (cfr. Cassazione civile, sez. III, 17 giugno 1996 , n. 5541).[/b]
[color=red][b]Sulla base di tali argomentazioni, dunque, può affermarsi che la voltura della concessione edilizia non ha mutato la qualificazione della fattispecie in termini di accollo esterno cumulativo e non liberatorio: in effetti, la Stim risultava, all’atto della cessione del titolo edilizio, obbligata in solido con la Fabe e, di conseguenza, non risulta fondato l’assunto relativo alla propria liberazione dall’obbligazione di pagamento degli oneri di urbanizzazione e di costruzione. Alla luce di ciò appare, inoltre, superfluo eseguire un’apposita istruttoria, come richiesto dall’appellante, inerente all’individuazione dell’impresa che ha dato inizio ai lavori in data 21 marzo 1993.[/b][/color]
4. Parimenti infondato, in quanto viziato da genericità, risulta il terzo motivo di appello con cui la Stim censura l’omessa indicazione del dettaglio delle singole voci degli oneri dovuti: come già rilevato in primo grado, infatti, il motivo di gravame non è assistito da alcun elemento idoneo a porre in dubbio l’esattezza del calcolo effettuato dall’Amministrazione. Risulta opportuno evidenziare, in ogni caso, che il calcolo dell’ammontare delle somme dovute dalla società appellante può ritenersi coerente con i criteri sanciti dalla disciplina applicabile ratione materiae e, cioè, l’art. 3 l. n. 47 del 1985, sostituita, per quanto qui di interesse, dall’art. 42 d.P.R. n. 380 del 2001.
5. In definitiva, l’appello della Stim di Carlo Stigliano & co. s.a.s., in quanto infondato, va rigettato e, conseguentemente, la decisione di primo grado va confermata integralmente.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione comunale resistente, liquidandole in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




*********************

[color=red][size=14pt][b]T.A.R. Venezia sez. II 6/5/2015 n. 485[/b][/size][/color]


N. 00485/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01161/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1161 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Graziella Tessarollo, rappresentata e difesa dall'avv. Denis Marsan, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Comune di Tezze sul Brenta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Greco, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Chiara Fogliata in Venezia, San Marco 1757;
nei confronti di
Equitalia Nord Spa, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso introduttivo:
- richiesta di accertamento della insussistenza in capo al Comune di Tezze sul Brenta del credito di € 4.885,41 di cui il medesimo Comune si è dichiarato titolare nei confronti della signora Tessarollo Graziella ed ha chiesto il pagamento alla ricorrente con lettera del 24 maggio 2012 prot. n. 6321 e successiva lettera del 30.05.2013 prot. 6774;
- richiesta di accertamento della insussistenza in capo al Comune di Tezze sul Brenta del credito di € 235,93 di cui il medesimo Comune si è dichiarato titolare nei confronti della signora Tessarollo Graziella per interessi maturati sulla somma di € 4.885,41 e di cui ha chiesto il pagamento mediante cartella di pagamento n. 12420140004298334 emessa da Equitalia Nord spa e notificata dalla medesima in data 9.6.2014;
- richiesta di annullamento della cartella di pagamento n. 12420140004298334 emessa da Equitalia Nord spa e notificata dalla medesima Equitalia Nord spa alla signora Tessarollo Graziella in data 9.6.2014;
B) quanto ai motivi aggiunti depositati il 9 aprile 2005:
- dell'atto prot. n. 2792 del 25/2/2015, notificato a mezzo pec il 25 febbraio 2015, con cui il responsabile dell'Area Urbanistica del Comune di Tezze sul Brenta, a conclusione del procedimento in autotutela relativo agli atti prot. n. 6321 del 24/5/2012 e n. 6774 del 30/5/2013, ha confermato i medesimi atti;
- della richiesta di accertamento della insussistenza, in capo al Comune di Tezze sul Brenta, del credito di € 4.885,41, oltre interessi, di cui il medesimo Comune di Tezze sul Brenta ha ribadito di essere titolare nei confronti della sig.ra Tessarollo Daniela con atto prot. n. 2792 del 25/2/2015.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Tezze Sul Brenta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
La ricorrente ha ottenuto dal Comune di Tezze sul Brenta il permesso di costruire n. 7925 del 2 gennaio 2004 per realizzare un fabbricato residenziale.
Il Comune ha determinato nella somma di € 4.885,41 l’importo del contributo per costi di costruzione che sono stati regolarmente versati.
In data 16 febbraio 2004 i terreni sono stati venduti alla ditta “l’immobiliare Srl” prima che iniziassero i lavori, e l’11 marzo 2004 , il Comune ha effettuato la voltura del permesso di costruire.
Con nota del 24 maggio 2012, il Comune ha chiesto alla ricorrente il pagamento di ulteriori somme a titolo di contributo per il costo di costruzione, a causa del mutamento di orientamento interpretativo consolidatosi in giurisprudenza circa la necessità di applicare la misura minima del 5% prevista dall’art. 16 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, in luogo di quella del 2,5% prevista dalla normativa regionale da ritenersi implicitamente abrogata per effetto della sopravvenuta norma statale di principio.
La ricorrente ha prodotto memorie al Comune deducendo di non essere tenuta al pagamento perché il titolo edilizio era stato volturato a terzi, senza ottenere alcun riscontro.
Con cartella di pagamento n. 124 2014 00042983 34 notificata il 9 giugno 2014, Equitalia ha chiesto la somma di € 5.365,36, di cui 4.885,41 per mancato pagamento del contributo di costruzione, ed € 235,93 per interessi e il resto per spese di esazione.
Con il ricorso introduttivo la cartella è impugnata per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 16 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, perché la richiesta di pagamento deve essere rivolta nei confronti del soggetto in cui favore il titolo edilizio è stato volturato, e non nei confronti del soggetto a cui è stato rilasciato il titolo edilizio e non ha realizzato le opere assentite;
II) violazione dell’art. 16 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, perché la misura minima del 5% prevista da tale norma non costituisce norma di principio, ma una disposizione applicabile in via residuale solo in mancanza di norme regionali o locali;
III) violazione degli artt. 2 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché il procedimento relativo all’esazione del contributo di costruzione deve ritenersi già terminato, e non vi è stata alcuna comunicazione di avvio di un nuovo procedimento;
IV) violazione degli artt. 53 e 97 della Costituzione, dello statuto del contribuente, nonché del principio del legittimo affidamento perché nel caso all’esame il Comune non si è limitato ad una rettifica del contributo, ma ha applicato una diversa aliquota in base ad un nuova interpretazione delle norme.
Successivamente il Comune in data 3 ottobre 2015, ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento per la revoca della richiesta di pagamento sospendendo la procedura di recupero coattivo del credito.
Tuttavia il Comune, con atto prot. n. 2792 del 25 febbraio 2015, a seguito di una nuova istruttoria nel corso della quale sono state esaminate le memorie presentate dalla ricorrente ed è stata approfondita la situazione della Società in favore della quale è stata effettuata la volturazione del titolo edilizio, ha confermato la richiesta di pagamento.
Tale provvedimento è impugnato con motivi aggiunti per le medesime censure già proposte con il ricorso introduttivo, e per un vizio autonomo, con il quale la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 16 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, ed il travisamento, perché la motivazione che sorregge la conferma è priva di fondamento, nella parte in cui afferma di non ritenere persuasive le argomentazioni presentate con la memoria procedimentale, perché erano già conosciute prima dell’avvio del procedimento di revoca in autotutela in quanto contenute nel ricorso introduttivo.
Il ricorso è fondato per la censura, che ha carattere assorbente, contenuta nel primo motivo del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.
Infatti nel caso all’esame l’ulteriore richiesta di pagamento degli oneri non poteva essere rivolta nei confronti della ricorrente che ha ceduto i terreni e ha provveduto a volturare il titolo edilizio in favore di un soggetto terzo prima dell’inizio dei lavori.
[color=red][b]Sul punto è sufficiente richiamare l’orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, secondo cui non è il solo rilascio del titolo edilizio a determinare l’obbligo di versamento degli oneri concessori, dato che rileva anche l’esecuzione dell’attività edilizia assentita, con la conseguenza che “ove ci sia stata voltura a favore di terzi del titolo edilizio da parte dell'originario titolare, unita al mancato avvio da parte di costui di alcuna attività edificatoria, l'intestatario iniziale della concessione deve essere ritenuto libero da ogni obbligo pecuniario nei confronti dell'ente concedente per oneri concessione e per contributo di costruzione” (cfr. Tar Sicilia, Catania, Sez. I 12 ottobre 2010, n. 4104; id. 26 marzo 2009 n. 60; Tar Toscana, Sez. III, 12 giugno 2012 n. 1126), in considerazione del rilievo che l’avvenuta voltura del titolo edilizio accettata dal Comune, estingue il rapporto con l’originario dante causa, perché la voltura del titolo edilizio opera “come una novazione soggettiva liberatoria del debitore originario per accettazione del Comune” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 novembre 2011, n. 6033; Consiglio Giust. Amm. Sic.., 13 ottobre 2011, n. 666; Tar Veneto, Sez. II, 16 giugno 2011, n. 1042, punto 5.2 in diritto; Tar Puglia, Lecce, Sez. II, 14 luglio 2003, n. 4731; Tar Campania, Napoli, Sez. V, 12 marzo 2008, n. 1220).[/b][/color]
In definitiva il ricorso deve essere accolto per il primo dei motivi del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti che, comportando l’accertamento che la ricorrente non è il soggetto passivo della pretesa creditoria che il Comune ha avanzato con le note del 25 maggio 2012 e del 30 maggio 2013, e quindi l’annullamento degli atti impugnati perché rivolti nei confronti della ricorrente anziché nei confronti della Società in cui favore è stato volturato il titolo edilizio ed ha eseguito i lavori, ha carattere assorbente delle ulteriori censure, con le quali la ricorrente contesta nel merito la pretesa creditoria del Comune, ed anche della domanda di risarcimento, formulata espressamente in via subordinata all’eventuale reiezione di tutte le censure proposte.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso ed i motivi aggiunti in epigrafe indicati, lo accoglie, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Tezze sul Brenta alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente liquidandole nella somma complessiva di € 2.000,00, per spese e compensi, oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Nicola Fenicia, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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