Data: 2016-08-28 06:41:21

COMMERCIO: titolo edilizio senza titolo commerciale e superficie post casse

COMMERCIO: titolo edilizio senza titolo commerciale e superficie post casse

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[i]La sentenza affronta 2 temi importanti:
1) l'esclusione dalla superficie di vendita dell'area dopo le casse
2) la possibilità di rilascio di un permesso a costruire per immobile commerciale al dettaglio anche senza il contestuale titolo amministrativo (ma non viceversa)[/i]

[color=red][b]Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 23 agosto 2016 n. 3672[/b][/color]

N. 03672/2016REG.PROV.COLL.

N. 10716/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10716 del 2015, proposto da:
Ferdinando Venturi, Paola Venturi, rappresentati e difesi dagli avv. Ernesto Sticchi Damiani, e Alfredo Caggiula, e presso lo studio del primo elettivamente domiciliati in Roma, alla piazza di San Lorenzo in Lucina n. 26, per mandato a margine dell’appello;
contro
Marino Congedo & C. S.n.c., con sede in Soleto, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Tommaso Millefiori, e con questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria n. 2, presso il dott. Alfredo Placidi, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;
nei confronti di
- Comune di Leverano, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito;
- Regione Puglia, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta Regionale, non costituita;
- Discoverde S.r.l., con sede in Soleto, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione III, n. 3175 del 30 ottobre 2015, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 827/2015, integrato con motivi aggiunti, proposto per l’annullamento del permesso di costruire n. 6 del 16 gennaio 2015 per ristrutturazione di immobili con destinazione commerciale e della deliberazione di Giunta Municipale n. 188 del 31 dicembre 2014 di approvazione del progetto relativo alla sistemazione diretta delle aree a destinazione F3, F4 e F6, a scomputo degli oneri relativi al permesso di costruire

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Marino Congedo & C. S.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Saverio Sticchi Damiani, per delega dell’avv. Ernesto Sticchi Damiani, per le parti gli avvocati Millefiori e Saverio Sticchi Damiani (su delega di Ernesto Sticchi Damiani);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.) Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di Lecce, ha rigettato il ricorso proposto dagli odierni appellanti, Ferdinando Venturi e Paola Venturi, con cui erano stati impugnati il permesso di costruire n. 6 del 16 gennaio 2015, rilasciato dal Comune di Leverano alla Marino Congedo & C. S.n.c., e gli atti a esso presupposti, e in particolare la deliberazione della Giunta Municipale di Leverano n. 188 del 31 dicembre 2014 (recante l’approvazione del progetto presentato dalla Marino Congedo & C. S.n.c. per la sistemazione delle aree a verde F3 e F6 comprese tra via Foscolo e via Pavese a scomputo degli oneri di urbanizzazione), e la nota comunale del 1 agosto 2014 n. 11849 (di accoglimento dell’istanza di permesso a costruire della Marino Congedo & C. S.n.c.).
In punto di fatto, deve precisarsi che Ferdinando Venturi e Paola Venturi sono, rispettivamente, usufruttuario e proprietaria di unità immobiliari a destinazione commerciale site nelle vicinanze del suolo interessato dall’intervento edilizio della Martino Congedo & C. S.n.c., consistente quest’ultimo nella ristrutturazione edilizia di fabbricati esistenti (ricadenti parte in zona D.5.1. terziario direzionale, parte F3 verde a parco, parte F4 parcheggi e parte F6 verde) per la realizzazione di una media struttura di vendita qualificata come M1.
Con il ricorso in primo grado gli interessati hanno impugnato, appunto, sia il permesso di costruire sia la deliberazione giuntale che consente la sistemazione diretta, a scomputo, delle aree a destinazione F3, F4 parcheggi, F6 con approvazione del progetto presentato dalla società.
2.) Il TAR ha rigettato il ricorso, disattendendo l’eccezione di carenza d’interesse e di legittimazione attiva in relazione al principio della vicinitas, con articolata motivazione, riferita:
- all’infondatezza della prima censura (imperniata sul mancato coevo rilascio dell’autorizzazione commerciale), in ragione dell’anteriorità logico-giuridica della valutazione di conformità urbanistica rispetto al rilascio dell’autorizzazione annonaria;
- all’infondatezza del secondo motivo, e prescindendo dalla sua dubbia tempestività, perché “le destinazioni F3, F4 e F6 hanno natura conformativa e non espropriativa”, consentendo quindi che i privati, previa convenzione, possano realizzare le suddette opere urbanizzative;
- all’infondatezza delle altre censure, dedotte anche con i motivi aggiunti, perché “l’edificio non è destinato a ospitare un “centro commerciale di vicinato” non previsto dalla programmazione commerciale del Comune, sebbene, in funzione delle superfici e caratteristiche (distinti ingressi), una media struttura di vendita M1, e non M2, dovendosi escludere dal computo delle superfici gli spazi collocati davanti alle casse, anche se destinati al passaggio in uscita dei clienti”, ai sensi dell’art. 4 comma 1 lettera c) della l.r. n. 11/2003, successiva al d.lgs. 114/1998, con conseguente piena sufficienza degli standard urbanistici di progetto.
3.) Con l’appello la sentenza è stata gravata deducendo, in sintesi, le seguenti censure:
- erronea presupposizione in fatto circa la qualificazione della struttura di vendita, per aver il T.A.R. erroneamente escluso che la struttura potesse classificarsi come centro commerciale di vicinato, per la cui realizzazione è prevista apposita programmazione comunale ai fini del rilascio delle autorizzazioni, ai sensi dell’art. 3 comma 3 lettera a) del regolamento regionale pugliese n. 7 del 2009;
- le disposizioni del d.lgs. n. 114/1998, essendo orientate anche alla tutela della concorrenza -che costituisce materia di legislazione esclusiva statale- non possono ritenersi derogabili dalle leggi regionali in funzione della devoluzione della materia del commercio alla legislazione regionale ex art. 117 Cost.; su tale presupposto si sostiene, quindi, che non può ritenersi valida la disposizione legislativa regionale richiamata dal T.A.R., o altrimenti deve fornirsene interpretazione costituzionalmente orientata, con conseguente inclusione nella superficie di vendita anche degli spazi collocati davanti alle casse, e comunque quelli antistanti alle casse che siano utilizzabili per l’ingresso dei clienti;
- in funzione della consequenziale diversa quantificazione delle superfici di vendita è quindi evidente la carenza delle aree a stardard da destinare sia a parcheggi e verde pubblico, sia a parcheggi pertinenziali per struttura M2;
- il rilascio dell’autorizzazione annonaria deve essere contestuale o precedere il rilascio del titolo edilizio, ai sensi dell’art. 14 della legge regionale n. 11/2003.
La parte privata appellata, costituitasi, in giudizio, ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello sul rilievo che:
- in generale, l’assenza di pianificazione commerciale non potrebbe ex se impedire l’insediamento di nuove strutture di vendita o l’ampliamento di quelle esistenti (si invoca orientamento di cui alla sentenza di questa Sezione, 8 gennaio 2016, n. 27);
- nel caso di specie non si tratta di unico edificio, bensì di due edifici, uno destinato a supermercato, l’altro che ospita due esercizi di vicinato, con distinti ingressi e rispettivi parcheggi pertinenziali e aree di movimentazione delle merci, mentre deve senz’altro escludere dal computo delle superfici di vendita la zona antistante e retrostante le casse, ossia gli spazi di ingresso e uscita (si invoca l’orientamento della sentenza di questa Sezione 30 giugno 2014, n. 3267);
- la l.r. n. 11/2003 è stata abrogata dalla l.r. 10 aprile 2015, n. 24, che tuttavia ha riprodotto all’art. 4 comma 1 lettera g) la previsione che “Non costituisce superficie di vendita quella dei locali destinati a magazzini, depositi, lavorazioni, uffici, servizi igienici, impianti tecnici, gli spazi collocati davanti alle casse e ad altri servizi nei quali non e previsto l'ingresso dei clienti”.
Con ordinanza n. 569 del 19 febbraio 2016 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza gravata.
Con memorie difensive e di replica le parti hanno puntualizzato i rispettivi assunti difensivi.
All’udienza pubblica del 9 giugno 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, integrata dai rilievi che seguono.
4.1) Sotto un primo profilo, e a differenza di quanto opinato dal giudice amministrativo salentino, deve revocarsi in dubbio la stessa ammissibilità del ricorso proposto in primo grado, in relazione alla carenza di interesse ad agire, inteso quale “... concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto…” (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 994).
Nella fattispecie, infatti, non appare individuabile alcun effetto pregiudizievole riveniente specificamente dal provvedimento impugnato, che in effetti, col richiamo mediato al criterio della vicinitas, è riferito non già all’intervento edilizio in sé, sebbene all’eventuale e futura emanazione di altro provvedimento, ossia l’autorizzazione commerciale, e quindi a situazione di pregiudizio incerta e futura, non essendo stata nemmeno presentata l’istanza intesa al rilascio dell’autorizzazione.
4.2) In disparte i rilievi che precedono, l’appello risulta comunque infondato.
4.2.1) Giova rammentare che, a mente dell’art. 4 comma 1 lett. g) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 per centro commerciale deve intendersi “… una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente.”
Elementi caratteristici sono, dunque, la destinazione specifica della struttura, composta da più esercizi commerciali, e la gestione unitaria di infrastrutture e spazi comuni di cui essi usufruiscono.
La legge regionale pugliese 1° agosto 2003, n. 11 -abrogata dall’art. 63 della legge regionale 1° aprile 2015, n. 24, ma applicabile ratione temporis-, a sua volta all’art. 5 comma 4 lett. b) qualifica tra le altre modalità insediative come centro commerciale “…un’insieme di più esercizi commerciali inseriti in una struttura a destinazione specifica, ovvero di una struttura architettonica unitaria, che usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente la cui superficie di vendita almeno per il 20 per cento è destinata a esercizi di vicinato”.
L’unitarietà strutturale-architettonica con specifica destinazione e la gestione unitaria di infrastrutture e servizi costituiscono quindi requisiti congiunti e non alternativi, e nella specie essi non risultano sussistenti.
E’ carente, infatti, l’elemento dell’unitarietà della struttura architettonica, trattandosi di due distinti corpi di fabbrica, dei quali non è in alcun modo provata la destinazione specifica; le infrastrutture rimangono separate in quanto l’accesso ai due esercizi è distinto e autonomo (l’uno da via Foscolo e l’altro da via Pavese); sono distinti i parcheggi pertinenziali.
D’altro canto, non essendo stata avviata alcuna attività commerciale, non è nemmeno possibile sostenere che vi sia gestione unitaria dei servizi.
[b]E’ pertanto esatto e condivisibile il rilievo del giudice amministrativo salentino che nega la configurazione di un centro commerciale, con la conseguente infondatezza del primo motivo d’appello, incentrato sulla pretesa carenza di programmazione comunale in relazione alla qualificazione della struttura quale centro commerciale di vicinato.[/b]
[color=red][b]4.2.2) Non ha maggior pregio il secondo motivo d’appello, relativo al contestato calcolo della superficie di vendita, sul presupposto della mancata inclusione delle aree antistanti alle casse, ai fini della corretta qualificazione della struttura di vendita.[/b][/color]
E’ insostenibile l’assunto degli appellanti secondo il quale la materia, afferendo alla tutela della concorrenza, sarebbe oggetto di disciplina legislativa statale esclusiva ai sensi dell’art. 117 comma 2 lettera e) Cost., poiché la materia del commercio (salvo quello internazionale) è al contrario ormai attribuita, in via residuale, alla legislazione esclusiva delle Regioni, ai sensi del comma quarto dell’art. 117, salvo il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Carta Costituzionale.
[color=red][b]Ne consegue che non può sostenersi la prevalenza della disciplina statale su quella regionale, e la piena legittimità costituzionale dell’art. 4 comma 1 lettera c) della legge regionale n. 11/2003 che esclude dal computo delle superfici di vendita, tra gli altri, “gli spazi collocati davanti alle casse”; previsione peraltro ribadita dall’art. 4 comma 1 lettera e) della successiva legge regionale n. 24/2015.[/b][/color]
D’altro canto l’art. 4 comma 1 lettera c) del d.lgs. n. 114/1998 non ha ricompreso, e nemmeno menzionato, lo spazio antistante alle casse tra le superfici di vendita, e quindi non è possibile inferire da alcun dato testuale o logico-sistematico il lamentato contrasto tra le due discipline.
L’esclusione dello spazio antistante alle casse dalle superfici di vendita è, peraltro, razionale e coerente, giacché la nozione di “superfici di vendita” non può che rinviare alle aree prettamente destinate all’attività commerciale, ossia all’esposizione, alla scelta dei prodotti e al loro pagamento, che conclude l’operazione di acquisto, laddove gli spazi antistanti alle casse, ossia posti oltre le medesime e all’ingresso dell’esercizio commerciale costituiscono mere aree di accesso alla superficie di vendita.
Escluse dunque le suddette aree dalle superfici di vendita, la struttura ha estensione inferiore a 600 mq., riconducibile, quindi, alla media struttura di livello locale M1 di cui all’art. 5 comma 3 lett. b) n. 1 della l.r. n. 11/2003.
[b]4.2.3) Anche il terzo motivo d’appello, imperniato sulla falsa ed erronea applicazione dell’art. 14 della l.r. n. 11/2003 è destituito di fondamento giuridico.[/b]
Tale disposizione, che prevede il coordinamento tra domanda di autorizzazione commerciale e la domanda di rilascio del titolo edilizio, ovvero che quest’ultimo sia rilasciato contestualmente o successivamente al rilascio dell’autorizzazione commerciale, non implica affatto che il permesso di costruire finalizzato alla ristrutturazione dell’immobile sia illegittimo se rilasciato prima dell’autorizzazione commerciale, sebbene che sino a quando non intervenga quest’ultima all’immobile non possa essere impressa la specifica destinazione d’uso commerciale. L’eventuale difetto dell’autorizzazione commerciale, inoltre, non determinerebbe l’inutilizzabilità dell’immobile, che allo stato risulta essere oggetto di una mera ristrutturazione conservativa. Si assisterebbe, tutt’al più, a una mera mutazione di destinazione.
[b]Sotto altro aspetto è fondata la controdeduzione della società appellata secondo cui l’assenza di atti di programmazione commerciale comunale non può assumere rilievo preclusivo del rilascio del titolo edilizio, non potendo essa precludere nemmeno il rilascio dell’autorizzazione commerciale, posto che, secondo rilevato di recente dalla Sezione (nel senso che “il principio di libertà dell’iniziativa economica privata contenuto nell’art. 41 Cost. impone di interpretare la disciplina di cui agli artt. 6 e 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, nr. 114 (che sono le norme base della pianificazione regionale e comunale in subiecta materia), non con criteri restrittivi, ma in modo da consentirne lo svolgimento concreto, potendo essa essere limitata solo per gravi e preminenti motivi di interesse pubblico: pertanto, non può essere legittimamente negato l’insediamento di nuove strutture di vendita, né l’ampliamento di quelle esistenti, ove il diniego sia motivato unicamente sulla base della mancanza della fissazione dei criteri inerenti la programmazione locale” vedi, infatti, Sez. IV 8 gennaio 2016, n. 27).[/b]
5.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
6.) La peculiarità e novità delle questioni esaminate giustificano l’integrale compensazione, tra le parti costituite, delle spese e onorari del giudizio d’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 716 del 2015:
1) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione III, n. 3175 del 30 ottobre 2015, integrata come in motivazione;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio d’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO

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