Data: 2016-08-28 06:30:31

Generi di monopolio: se cambia soggetto (incorporazione) NO SUBINGRESSO

Generi di monopolio: se cambia soggetto (incorporazione) NO SUBINGRESSO

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[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 26 agosto 2016 n. 3703[/b][/color]

Pubblicato il 26/08/2016
N. 03703/2016REG.PROV.COLL.
N. 00870/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 870 del 2015, proposto dall’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

xxxx S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Ciavarella, con domicilio eletto presso l’avv. Rita Imbrioscia in Roma, via L. Beethoven, 52,

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Seconda, nr. 8142/2014 del 9 luglio 2014, depositata il 24 luglio 2014 e notificata il 5 dicembre 2014.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di xxxxSpa;

Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione appellante (in date 6 e 15 giugno 2016) e dall’appellata (in date 26 maggio e 16 giugno 2016) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Imbrioscia (in dichiarata delega dell’avv. Ciavarella) per l’appellata e l’avv. dello Stato Verdiana Fedeli per l’Amministrazione appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, in accoglimento del ricorso proposto dalla società xxxxS.p.a., ha annullato l’atto con cui a quest’ultima era stata indicata la modalità da seguire per conseguire il subentro nelle rivendite di generi di monopolio di cui era titolare la società yyyy S.p.a., incorporata dalla ricorrente, facendo riferimento alla procedura disciplinata dall’art. 31, comma 2, della legge 22 dicembre 1957, nr. 1293.

L’appello è stato affidato ai seguenti motivi in diritto:

1) carenza di lesività del provvedimento impugnato (con riguardo alla reiezione dell’eccezione di inammissibilità per tale ragione sollevata in prime cure);

2) applicabilità della procedura prevista dall’art. 31, comma 2, della legge nr. 1293 del 1957 nel caso di fusione per incorporazione (con riferimento alla motivazione con cui, nel merito, il T.A.R. ha escluso la correttezza del richiamo a tale disposizione).

Si è costituita l’originaria ricorrente, xxxxS.p.a., la quale ha in limine eccepito l’inammissibilità dell’appello per violazione del divieto di nova di cui all’art. 104, cod. proc. amm., e comunque nel merito ne ha argomentato l’infondatezza, instando per la conferma della sentenza impugnata.

In seguito, entrambe le parti hanno sviluppato con memorie le rispettive tesi, anche in replica agli argomenti di controparte.

All’udienza del 7 luglio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio concerne alcune rivendite di generi di monopolio delle quali era titolare, giusta affidamento ai sensi della legge 22 dicembre 1957, nr. 1293, la società CID Italia S.p.a., successivamente incorporata dall’odierna appellata, xxxxS.p.a.

A seguito della detta operazione di fusione, la società incorporante si è rivolta all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (oggi Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) chiedendo “delucidazioni” circa la procedura da adottare per subentrare nelle suddette rivendite; con nota di riscontro prot. nr. 18064 del 9 febbraio 2012, l’Amministrazione ha indicato la via della procedura disciplinata dall’art. 31, comma 2, della citata legge nr. 1293 del 1957.

La società istante ha impugnato tale nota in sede giurisdizionale, ritenendo non corretto il richiamo alle ipotesi previste dal citato art. 31, ed illegittimo che l’Amministrazione esigesse un nuovo versamento dell’una tantum richiesto per l’attivazione delle rivendite (somma che ha in ogni caso medio tempore corrisposto).

2. Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. del Lazio, investito della controversia, dopo aver respinto la preliminare eccezione di inammissibilità dell’impugnazione articolata dall’Amministrazione sul rilievo della non lesività dell’atto gravato, ha accolto la domanda attorea, ritenendo che effettivamente l’operazione di fusione societaria per incorporazione, giusta la sua peculiare disciplina ex art. 2504-bis cod. civ., tale da differenziarla dalla cessione di azienda e configurarla come una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto che conserva la propria identità pur con un nuovo assetto organizzativo, non si prestasse a essere ricompresa fra le ipotesi disciplinate dal più volte citato art. 31, l. nr. 1293/1957.

3. Avverso tale pronuncia insorge l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con l’odierno appello, insistendo sia nell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, sia, nel merito, sull’intuitus personae che intrinsecamente caratterizza le concessioni relative alle rivendite di generi di monopolio, tali da escludere che l’Amministrazione possa “subire” il subentro di un nuovo titolare in luogo dell’originario interlocutore e rendere necessaria l’applicazione analogica del disposto ex art. 31, l. nr. 1293/1957.

4. La ricostruzione in fatto che precede, corrispondente a quella ricavabile dagli atti e da quella operata dal giudice di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

5. Tutto ciò premesso, in via preliminare va scrutinata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla parte resistente.

Si assume, in particolare, che l’Amministrazione avrebbe violato il divieto di nova in appello di cui all’art. 104, comma 1, cod. proc. amm., avendo incentrato il proprio gravame su un’allegazione, quella dell’applicabilità analogica dell’art. 31, l. nr. 1293/1957 alla presente fattispecie, del tutto nuova rispetto alle prospettazioni di prime cure, laddove invece si era sostenuta l’immediata riconducibilità dell’operazione di fusione per incorporazione alla nozione di “cessione di azienda” (e, quindi, l’applicabilità diretta e non analogica della norma in questione).

L’eccezione è infondata.

Al riguardo, è jus receptum che il divieto di motivi nuovi in appello si applica solo all’originario ricorrente, il quale ha delimitato il thema decidendum con i propri motivi di impugnazione in primo grado, mentre il divieto di nuove eccezioni che incombe alle parti resistenti va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, e non anche alle mere difese, che sono sempre esaminabili dal giudice d’appello (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2015, nr. 1512; id., sez. III, 5 febbraio 2015, nr. 582; id., sez. IV, 15 settembre 2010, nr. 6862; C.g.a.r.s., 6 febbraio 2013, nr. 144).

Ciò premesso, è evidente che nel caso di specie l’argomentazione difensiva svolta nell’appello dell’Amministrazione, secondo cui il più volte citato art. 31 sarebbe stato applicato alla fattispecie che occupa in via analogica, e non in via diretta, non può considerarsi violativa del divieto di nova, trattandosi semplicemente di una diversa (e più articolata) formulazione del ragionamento giuridico che aveva indotto la parte pubblica – peraltro, fermo restando il dato normativo a cui si faceva riferimento – a ritenere non consentito il subentro automatico nella titolarità delle rivendite per effetto dell’incorporazione societaria.

6. Passando all’esame del merito dell’appello, lo stesso è fondato e va conseguentemente accolto.

In particolare, è meritevole di favorevole delibazione il secondo motivo, afferente al merito delle conclusioni del primo giudice (ciò che consente di prescindere dal primo mezzo, col quale è invece riproposta la preliminare eccezione di inammissibilità dell’impugnativa di primo grado).

6.1. Per meglio comprendere le ragioni che inducono la Sezione a condividere l’impostazione della parte pubblica, occorre muovere dal rilievo per cui nella sentenza impugnata, dopo aver concluso nel già richiamato senso dell’inapplicabilità del disposto ex art. 31, comma2, l. nr. 1293/1957 alla fattispecie di fusione societaria per incorporazione, non vengono esplicitate le conseguenze di tale conclusione; queste, a ben vedere, non possono che consistere nell’obbligo dell’Amministrazione di consentire sic et simpliciter, e quindi sostanzialmente subire, il subingresso nella titolarità della rivendita di un nuovo soggetto, il quale ha in ogni caso – e incontestatamente – denominazione, composizione sociale e patrimonio diversi da quello nei cui confronti si era instaurato l’originario rapporto concessorio.

[b]Occorre dunque porsi l’interrogativo se un tale subingresso automatico, rispetto al quale l’Amministrazione si troverebbe in una condizione di mera soggezione, sia compatibile col regime dell’affidamento delle rivendite di generi di monopolio, e ciò postula una ricostruzione del quadro normativo di riferimento in cui s’inserisce la disciplina dell’affidamento delle rivendite come disciplinato dalla più volte citata legge nr. 1293 del 1957.[/b]

6.2. Al riguardo, può fin d’ora anticiparsi che la tesi del primo giudice confligge con evidenti e rilevanti interessi di matrice pubblicistica che connotano la disciplina degli affidamenti de quibus, non solo sotto il profilo – su cui insiste l’Amministrazione appellante – dell’intuitus personae, e quindi dell’elemento fiduciario che connota il rapporto concessorio, ma anche rispetto alle più generali esigenze di trasparenza e concorrenza nel mercato che devono presidiare, entro certi limiti, anche gli affidamenti in concessione dei servizi pubblici gestiti dallo Stato in regime di monopolio.

[b]6.2.1. Ed invero, la normativa risalente al 1957 che ancora oggi costituisce il nucleo essenziale della disciplina delle rivendite di generi di monopolio va sottoposta a un’interpretazione adeguatrice, che la concili con il quadro nazionale e comunitario in tema di affidamento di servizi pubblici in cui oggi si inscrive; pertanto, volendo fornire il corretto inquadramento giuridico dell’affidamento delle rivendite in questione, è chiaro che esso va ricondotto alla nozione di concessione di servizio pubblico, nonostante l’uso del generico termine “appalto” (art. 19, comma 3, l. nr. 1293/1957) da parte del legislatore dell’epoca (il quale, evidentemente, operava in un contesto nel quale non era stata ancora chiaramente enucleata la distinzione tra le nozioni di appalto e concessione).[/b]

Così stando le cose, è evidente che il dato normativo generale cui fare riferimento ratione temporis è quello di cui all’art. 30 del decreto legislativo 16 aprile 2006, nr. 163, il quale, pur escludendo l’applicazione integrale alle dette concessioni della normativa in materia di contratti pubblici, imponeva però il rispetto dei principi dettati dal Trattato UE per la scelta dell’affidatario (comma 3).

6.2.2. È importante sottolineare, quindi, che il fatto che il commercio di generi di monopolio sia assoggettato a una disciplina speciale, discendente appunto dal perdurare di un regime di monopolio statale, non autorizza ad escludere – e, anzi, ne costituisce la principale ragione – che si tratti comunque di un servizio pubblico, per il cui svolgimento la legislazione nazionale prevede peculiari modalità di affidamento.

[b]La riconducibilità dell’attività in questione alla nozione comunitaria di servizio pubblico trova aggancio anche nel Libro verde della Commissione UE sui servizi di interesse generale del 21 maggio 2003, laddove, a proposito della nozione di “servizi di interesse economico generale” utilizzata negli artt. 16 e 86, par. 2, del Trattato (oggi, rispettivamente, artt. 14 e 106 del Trattato FUE), si chiarisce che “l’espressione si riferisce a servizi di natura economica che, in virtù di un criterio di interesse generale, gli Stati membri o la Comunità assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico”; aggiungendosi poi che, pur riferendosi la nozione soprattutto ai servizi forniti dalle grandi industrie di rete (quali i trasporti, i servizi postali, l’energia e la comunicazione), essa però “si estende anche a qualsiasi altra attività economica soggetta ad obblighi di servizio pubblico” (§ 17), e che l’espressione “obblighi di servizio pubblico” individua quei “requisiti specifici imposti dalle autorità pubbliche al fornitore del servizio per garantire il conseguimento di alcuni obiettivi di interesse pubblico” (§ 20).[/b]

Ad avviso della Sezione, la definizione riportata ben si attaglia alle caratteristiche del servizio costituito dal commercio dei generi di monopolio, e in particolare dei tabacchi, laddove la peculiare disciplina dettata dalla legge discende da specifiche esigenze di interesse pubblico (in primis, la tutela della salute: sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2015, nn. 1427 e 1428), in modo da giustificare il complesso di obblighi imposti al concessionario.

[color=red][b]6.2.3. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, appare del tutto giustificata l’applicazione analogica delle previsioni contenute nel comma 2 dell’art. 31 della legge nr. 1293/1957, con riferimento ai casi di cessione di azienda e simili che interessino il soggetto concessionario della rivendita, anche a un’ipotesi non specificamente prevista quale è quella di fusione per incorporazione.[/b][/color]

[color=red][b]Infatti, ciò che rileva sotto il profilo che qui interessa, al di là delle evidenti differenze esistenti sul piano civilistico fra le operazioni di trasformazione societaria de quibus, è l’identità della ratio di assicurare all’Amministrazione un margine di valutazione in ordine alla possibilità di proseguire il rapporto concessorio con un nuovo soggetto, tenuto conto anche che, proprio in ragione degli interessi pubblici sottesi, la legge impone di regola di seguire specifiche procedure per l’individuazione del concessionario, solo eccezionalmente consentendo la “trattativa privata” (p.es. artt. 19, comma 4, 30 e 31, comma 2, l. nr. 1293/1957).[/b][/color]

[b]D’altra parte, che esista un principio generale in materia di affidamenti pubblici, per cui la p.a. non può essere tenuta a subire il subentro automatico nel rapporto di affidamento di un soggetto a quello che ne era l’interlocutore originario, si ricava anche da altre disposizioni, quali ed esempio l’art. 116 del d.lgs. nr. 163 del 2006, in materia di modifiche soggettive che interessino l’appaltatore durante l’esecuzione del contratto, e la stessa previsione generale di incedibilità delle rivendite contenuta nel primo comma del medesimo art. 31.[/b]

7. In conclusione, alla luce delle superiori considerazioni, si impone una pronuncia di accoglimento dell’appello, con la riforma della sentenza in epigrafe e la reiezione del ricorso di primo grado.

Le questioni vagliate esauriscono altresì la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. explurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

8. In considerazione della novità delle questioni di diritto esaminate, può disporsi la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Raffaele Greco      Antonino Anastasi

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