NCC: l'obbligo di rimessa è già in vigore - Consiglio di Stato 23/6/2016
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[size=18pt][color=red][b]Cons. di Stato, 23 giugno 2016, n. 2806[/b][/color][/size]
N. 02806/2016REG.PROV.COLL.
N. 09095/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 9095 del 2015, proposto da:
Airport Shuttle Express s.c. a r.l. e Associazione Federnoleggio Confesercenti, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, e Giovanni Panarisi, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Troianiello, presso il cui studio, in Roma, via della Giuliana, n. 58, sono elettivamente domiciliati;
contro
Comune di Grottaferrata, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Giustiniani e Nico Moravia, con domicilio eletto presso il loro studio (studio Pavia & Ansaldo), in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II TER, n. 05165/2015, resa tra le parti, concernente sospensione per trenta giorni dell'autorizzazione all'esercizio di noleggio auto con conducente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Grottaferrata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Pietro Troianiello e Nico Moravia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con determinazione 1/2/2011 n. 4639 il Comune di Grottaferrata ha disposto la sospensione per trenta giorni, a far data dal 14/3/2011, dell’autorizzazione per l’esercizio del noleggio auto con conducente (NCC) rilasciata al sig. Giovanni Paranisi.
L’atto è stato motivato con riguardo al mancato utilizzo, nell’esercizio del servizio, di una rimessa ubicata nel territorio comunale.
Ritenendo il provvedimento illegittimo, il sig. Paranisi e la Airport Shuttle Express s.c. a r.l., a cui il primo ha conferito l’autorizzazione ex art. 7 della L. 15/1/1992 n. 21, lo hanno impugnato con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma.
Quest’ultimo, con ordinanza 2205 del 2012 ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:
<<a) se gli articoli 49 TFUE, 3 Trattato UE, 3, 4, 5 e 6 Trattato UE, 101 e 102 TFUE nonché il regolamento CEE 2454/1992 e regolamento CE n. 12/1998 ostino all’applicazione degli articoli 3, comma 3, e 11 della legge n. 21 del 1992 nella parte in cui dispongono rispettivamente che “3. La sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione.” e che “… Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa, mentre il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche nel territorio di altri comuni. …”.
b) se gli articoli 49 TFUE, 3 Trattato UE, 3, 4, 5 e 6 Trattato UE, 101 e 102 TFUE nonché il regolamento CEE 2454/1992 e regolamento CE n. 12/1998 ostino all’applicazione degli articoli 5 e 10 della legge regionale Lazio 26 ottobre 1993, n. 58 nella parte in cui dispongono rispettivamente che “ … Il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengono all'interno del territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione” e che “ … il prelevamento dell'utente e l'inizio del servizio avvengono esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato la licenza o l'autorizzazione e sono effettuati verso qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni al di fuori del territorio comunale. ….” >>.
Acquisita la pronuncia del giudice dell’Unione (sentenza 13/2/2014 C-162/12 e C-163/12), il quale ha dichiarato, per un verso la propria incompetenza a pronunciare sulla richiesta interpretazione dell’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, per altro verso, l’irricevibilità delle restanti questioni sottopostegli, l’adito tribunale con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il ricorso.
Avverso la sentenza hanno proposto appello il sig. Panarisi, la Airport Shuttle Express s.c. a r.l., nonché l’Associazione Ferdernoleggio Confesercenti, intervenuta ad adiuvandum nel giudizio di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale intimata, depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento dell’appello.
Con successive memorie le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 26/5/2016, la causa è passata in decisione.
Col primo motivo gli appellanti lamentano l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui non ha ravvisato il contrasto della normativa interna su cui si fonda l’avversato provvedimento di sospensione (artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992 e 5 e 10 della L.R. Lazio 26/10/1993, n. 58) con le seguenti disposizioni:
a) norme poste a tutela della concorrenza (artt. 49 e 3, TFUE, art, 4, par. 3, TUE e artt. 101 e 102 TFUE);
b) norme di salvaguardia dei diritti fondamentali tutelati dalla CEDU (art. 14 e protocollo n. 12 – divieto di discriminazione, art. 1 – protocollo n. 1 libertà di iniziativa imprenditoriale, art. 6, par. 1, libero esercizio dell’attività economica);
c) norme della direttiva CE 12/12/2006 n. 123;
d) norme di cui agli artt. 3, 41 e 120 Cost..
Mentre con riguardo alla normativa comunitaria gli appellanti predicano la disapplicazione delle disposizioni interne con essa incompatibili, con riferimento agli altri parametri invocati (norme CEDU e norme costituzionali), reiterano la richiesta di sollevare la relativa questione davanti alla Corte Costituzionale.
Sul punto la parte appellante precisa che:
1) il carattere discriminatorio della disciplina interna su cui si fonda il provvedimento di sospensione emergerebbe anche dal fatto che verrebbe pregiudicata la possibilità di conferire autorizzazioni ex art. 7 della L. n. 21/1992 a imprese con sede e rimessa in un comune diverso da quello autorizzante, stante l’impossibilità per queste ultime di utilizzare la propria rimessa;
2) il contrasto della detta disciplina con la normativa in materia di concorrenza troverebbe conferma in alcuni pronunciamenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sentenza della Corte Costituzionale 13/11/2013 n. 264 e sarebbe stato, inoltre, riconosciuto, in alcuni atti parlamentari e governativi;
3) la necessità di applicare al caso di specie la normativa in materia di tutela della concorrenza troverebbe fondamento anche nel fatto che i vettori concorrenti della parte appellante e le loro associazioni di categoria avrebbero posto in essere condotte antitrust, adoperandosi in varie sedi per contrastare la disapplicazione delle norme su cui si fonda il provvedimento impugnato.
Oltre a ciò gli appellanti deducono che il giudice di prime cure non avrebbe considerato che le norme di cui agli artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992, come modificate dall’art. 29, comma 1 quater, del D.L. 30/12/2008 n. 207, conv. con L. 27/2/1009 n. 14., nella parte in cui prevedono l’obbligo di iniziare e terminare il servizio presso una rimessa ubicata nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione, non sono applicabili in quanto la loro efficacia è stata sospesa prima dall’art. 1, comma 388, della L. 24/12/2012 n. 228 e, poi, dall’art 8, comma 1, del D.L. 31/12/2014 n. 192.
Il motivo così sinteticamente riassunto è in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ inammissibile, ex art. 104, comma 1, c.p.a., nella parte in cui deduce l’inapplicabilità alla fattispecie delle disposizioni, degli artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992, che stabiliscono l’obbligo di iniziare e terminare il servizio in una rimessa ubicata nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione, in virtù delle norme di cui agli artt. 1, comma 388, della L. 24/12/2012 n. 228, e 8, comma 1, del D.L. 31/12/2014 n. 192, che ne avrebbero sospeso l’efficacia applicativa: trattasi, infatti, di censura nuova non dedotta in primo grado.
Nella restante parte il motivo non merita accoglimento.
L’art. 3 della L. n. 21/1992, stabilisce che: “1. Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la rimessa, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio.
2. Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse o presso i pontili di attracco.
3. La sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione”.
Il successivo art. 11, comma 4, della medesima legge dispone, poi, che “Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa, mentre il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche nel territorio di altri comuni …”.
La L.R. n. 58/1993 prevede, dal canto suo, all’art. 5 che: “Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o a viaggio. Il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengono all'interno del territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Il servizio è effettuato per qualunque destinazione. Lo stazionamento dei mezzi avviene all'interno delle rimesse”, e all’art. 10, commi 2 e 4, rispettivamente, che: “Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2-bis, dell'articolo 5, comma 1-bis, dall'articolo 5-bis e dall'articolo 5-ter, il prelevamento dell'utente e l'inizio del servizio avvengono esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato la licenza o l'autorizzazione e sono effettuati verso qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni al di fuori del territorio comunale” (comma 2) e che: “Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso le rispettive rimesse” (comma 4).
Dal descritto quadro normativo discende, che l’obbligo di utilizzare, nell’esercizio del servizio di NCC, esclusivamente una rimessa ubicata all’interno del territorio del comune che rilascia l’autorizzazione, è immediatamente finalizzato a garantire che il servizio stesso, pur potendosi svolgere senza limiti spaziali, cominci e termini presso la medesima rimessa, ovvero entro il territorio comunale.
Ciò risponde all’esigenza di assicurare che il detto servizio sia svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il Comune è ente esponenziale.
[b]La prescrizione che la rimessa sia ubicata entro il territorio dell’ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell’attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del comune autorizzante a cui si vuol garantire un servizio, non di linea, complementare e integrativo rispetto “… ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta” (art. 1 della citata L. n. 21/1992).[/b]
Il riferimento alla svariata normativa comunitaria, della CEDU e costituzionale, invocata dagli appellanti è quindi del tutto inconferente, con riguardo al caso di specie.
Contrariamente a quando dedotto col ricorso in appello, infatti, non si è in presenza, nel caso concreto, di un requisito discriminatorio e restrittivo della concorrenza fondato, direttamente o indirettamente, sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull'ubicazione della sede legale, atteso che, chiunque, può essere autorizzato a svolgere il servizio di NCC.
La necessità dell’ubicazione della rimessa in ambito comunale non attiene a un requisito soggettivo dell’operatore economico, ma costituisce un requisito oggettivo e intrinseco dell’attività da svolgere, pienamente giustificato dalle finalità pubbliche che l’istituzione del servizio mira a soddisfare.
[b]Né la necessità che il prestatore del servizio utilizzi una rimessa posta entro il territorio del comune che rilascia l’autorizzazione contrasta con la possibilità contemplata dall’art. 7 della L. n. 21/1992 di conferire l’autorizzazione anche a imprese localizzate in altri comuni, le quali sarebbero pregiudicate dal non poter esercitare il servizio nell’ambito territoriale in cui hanno la propria sede.
Ed invero, quello che gli appellanti percepiscono come un profilo discriminatorio costituisce null’altro che un limite intrinseco alla stessa natura del servizio conferito, il quale, giusta quanto sopra rilevato, è tale e rimane tale, se esercitato a partire da una rimessa ubicata entro i confini del comune autorizzante.[/b]
[color=red][b]In definitiva è da escludersi che le contestate norme interne determinino un’ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea e che quindi contrastino con tutte le disposizioni dell’Unione Europea, della CEDU e costituzionali richiamate dalla parte appellante.[/b][/color]
Con particolare riguardo all’art. 49 del TFUE e alle restanti norme europee posta a tutela della concorrenza invocate va, inoltre, osservato che:
a) l’art. 49 del TFUE., che tutela la libertà di stabilimento, è posto a presidio della libera circolazione delle imprese da uno Stato membro all'altro, valore che non è certo posto in discussione dalle disposizioni legislative censurate, le quali, per quanto qui rileva, si limitano a richiedere, quale requisito oggettivo del servizio, la localizzazione della rimessa in ambito comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22/1/2015 n. 261, in termini anche Corte di Giustizia U.E. 13/2/2014, C-162/12 e C-163/12 e giurisprudenza ivi citata);
b) gli artt. 101 e 102 TFUE sono palesemente estranei alla presente fattispecie, anche perché attengono ai comportamenti anticoncorrenziali delle imprese e, dunque, ai rapporti tra queste ultime, e non già tra le stesse e le autorità pubbliche (cit. Cons. Stato, sez. V, n. 261/2015);
c) gli artt. 3, TFUE e art, 4, par. 3, TUE, infine, non contengono disposizioni specifiche riferibili al caso di specie.
Alla luce di quanto sopra esposto, non è pertinente il richiamo ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 264/2013, che, infatti, riguarda un caso tutt’affatto differente da quello oggetto di controversia, nel quale la norma della Regione Molise, sottoposta al vaglio di costituzionalità richiedeva, ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC, che il prestatore fosse localizzato da almeno un anno nel territorio regionale.
Non sussiste, inoltre, la prospettata violazione della direttiva CE 12/12/2006, n.123, atteso che questa, per sua esplicita previsione (punto 21 dei considerando e art. 2, par. 2, lett. d) non si applica ai “servizi nel settore dei trasporti ivi compresi i servizi portuali, che rientrano nell'ambito di applicazione del titolo V del trattato CE” (ora Titolo VI del TFUE, così Cons. Stato n. 261/2015 e Corte di Giustizia U.E. C- 163/12 del 2014 citati).
Sul punto, contrariamente a quanto ritengono gli appellanti, non occorre rimettere la questione alla Corte Costituzionale, non essendo la diversa opinione di questa, vincolante in questa sede, anche perché trattasi di affermazione fatta in via incidentale.
Nessuna rilevanza al fine di comprovare la sussistenza dei prospettati vizi della legislazione interna censurata può poi essere riconosciuta alle pronunce dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e alle dichiarazioni contenute in atti parlamentari e di governo, invocate nell’appello, trattandosi di atti, che pur provenendo da autorevole fonte, non vincolano il giudice.
E’, infine, del tutto inconferente la denunciata sussistenza di presunti accordi restrittivi della concorrenza a danno degli esercenti del servizio di NCC, al fine di reclamare l’applicazione al caso di specie della disciplina in materia di concorrenza.
Al riguardo è sufficiente rilevare, in aggiunta alle considerazioni sin qui svolte, che l’accertamento di eventuali condotte anticoncorrenziali, esula dall’oggetto del presente giudizio.
Col secondo motivo gli appellanti lamentano che gli artt. 3, comma 3 e 11, comma 4 della L. n. 21/1992, sarebbero incostituzionali per violazione dell’art. 117, comma 4, cost., che attribuisce la materia dei trasporti pubblici locali alla competenza residuale delle Regioni.
Il mezzo è infondato.
Come ben osservato dal giudice di prime cure “la questione non appare rilevante. Infatti, anche qualora dovesse ritenersi l’incostituzionalità della legge statale in questione, rimarrebbe ancora in vigore la normativa regionale, la quale ha, sul punto, identico tenore di quella statale”.
Col terzo motivo si lamenta, infine, che il giudice adito, nel disconoscere la denunciata violazione dell’art. 7 della L. 7/8/1990 n. 241, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti della Airport Shuttle Express s.c. a r.l., avrebbe erroneamente fatto riferimento alla natura vincolata del provvedimento adottato.
Si afferma che, se posta in grado di intervenire nel procedimento, la detta società avrebbe potuto rappresentare la contrarietà della normativa applicata alle norme comunitarie invocate nel presente giudizio e, quindi, l’illegittimità del provvedimento adottato.
La doglianza è infondata, atteso che, come più sopra precisato, le norme interne, nella specie applicate, non contrastano con alcuno dei parametri del diritto dell’unione invocato dagli appellanti, per cui la natura vincolata del provvedimento ben consentiva di superare, ex art. 21 octies L n. 241/90, la dedotta violazione dell’art. 7 della medesima legge.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento in favore del Comune di Grottaferrata delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in €. 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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[size=18pt][color=red][b]Cons. di Stato, 23 giugno 2016, n. 2807[/b][/color][/size]
N. 02807/2016REG.PROV.COLL.
N. 09096/2015 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 9096 del 2015, proposto da:
S.C.S. Autonoleggio Piccola Società Cooperativa a r.l., Associazione Federnoleggio Confesercenti, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, e Gianpaolo Viviani, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Troianiello, presso il cui studio, in Roma, via della Giuliana, n. 58, sono elettivamente domiciliati;
contro
Comune di Grottaferrata, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Giustiniani e Nico Moravia, con domicilio eletto presso il loro studio (studio Pavia & Ansaldo), in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II TER, n. 05148/2015, resa tra le parti, concernente sospensione per trenta giorni dell'autorizzazione all'esercizio di noleggio auto con conducente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Grottaferrata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Pietro Troianiello e Nico Moravia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con determinazione 1/2/2011 n. 4641 il Comune di Grottaferrata ha disposto la sospensione per trenta giorni, a far data dal 14/3/2011, dell’autorizzazione per l’esercizio del noleggio auto con conducente (NCC) rilasciata al sig. Giampaolo Viviani.
L’atto è stato motivato con riguardo al mancato utilizzo, nell’esercizio del servizio, di una rimessa ubicata nel territorio comunale.
Ritenendo il provvedimento illegittimo, il sig. Vivani e la S.C.S. Autonoleggio Piccola Società Cooperativa a r.l., a cui il primo ha conferito l’autorizzazione ex art. 7 della L. 15/1/1992 n. 21, lo hanno impugnato con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma.
Quest’ultimo, con ordinanza 2204 del 2012, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:
<<a) se gli articoli 49 TFUE, 3 Trattato UE, 3, 4, 5 e 6 Trattato UE, 101 e 102 TFUE nonché il regolamento CEE 2454/1992 e regolamento CE n. 12/1998 ostino all’applicazione degli articoli 3, comma 3, e 11 della legge n. 21 del 1992 nella parte in cui dispongono rispettivamente che “3. La sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione.” e che “… Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa, mentre il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche nel territorio di altri comuni. …”.
b) se gli articoli 49 TFUE, 3 Trattato UE, 3, 4, 5 e 6 Trattato UE, 101 e 102 TFUE nonché il regolamento CEE 2454/1992 e regolamento CE n. 12/1998 ostino all’applicazione degli articoli 5 e 10 della legge regionale Lazio 26 ottobre 1993, n. 58 nella parte in cui dispongono rispettivamente che “ … Il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengono all'interno del territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione” e che “ … il prelevamento dell'utente e l'inizio del servizio avvengono esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato la licenza o l'autorizzazione e sono effettuati verso qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni al di fuori del territorio comunale. ….” >>.
Acquisita la pronuncia del giudice dell’Unione (sentenza 13/2/2014 C-162/12 e C-163/12), il quale ha dichiarato, per un verso, la propria incompetenza a pronunciare sulla richiesta interpretazione dell’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, per altro verso, l’irricevibilità delle restanti questioni sottoposte, l’adito Tribunale con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il ricorso.
Avverso la sentenza hanno proposto appello il sig. Vivani, la S.C.S. Autonoleggio Piccola Società Cooperativa a r.l., nonché l’Associazione Ferdernoleggio Confesercenti, intervenuta ad adiuvandum nel giudizio di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento dell’appello.
Con successive memorie le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 26/5/2016, la causa è passata in decisione.
Col primo motivo gli appellanti lamentano l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui non ha ravvisato il contrasto della normativa interna su cui si fonda l’avversato provvedimento di sospensione (artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992 e 5 e 10 della L.R. Lazio 26/10/1993, n. 58) con le seguenti disposizioni:
a) norme poste a tutela della concorrenza (artt. 49 e 3, TFUE, art, 4, par. 3, TUE e artt. 101 e 102 TFUE);
b) norme di salvaguardia dei diritti fondamentali tutelati dalla CEDU (art. 14 e protocollo n. 12 – divieto di discriminazione, art. 1 – protocollo n. 1 libertà di iniziativa imprenditoriale, art. 6, par. 1, libero esercizio dell’attività economica);
c) norme della direttiva CE 12/12/2006 n. 123;
d) norme di cui agli artt. 3, 41 e 120 Cost..
Mentre con riguardo alla normativa comunitaria gli appellanti predicano la disapplicazione delle disposizioni interne con essa incompatibili, con riferimento agli altri parametri invocati (norme CEDU e norme costituzionali), reiterano la richiesta di sollevare la relativa questione davanti alla Corte Costituzionale.
Sul punto la parte appellante precisa che:
1) il carattere discriminatorio della disciplina interna su cui si fonda il provvedimento di sospensione emergerebbe anche dal fatto che verrebbe pregiudicata la possibilità di conferire autorizzazioni ex art. 7 della L. n. 21/1992 a imprese con sede e rimessa in comune diverso da quello autorizzante, stante l’impossibilità per queste ultime di utilizzare la propria rimessa;
2) il contrasto della detta disciplina con la normativa in materia di concorrenza troverebbe conferma in alcuni pronunciamenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sentenza della Corte Costituzionale 13/11/2013 n. 264 e sarebbe stato, inoltre, riconosciuto, in alcuni atti parlamentari e governativi;
3) la necessità di applicare al caso di specie della normativa in materia tutela della concorrenza troverebbe fondamento anche nel fatto che i vettori concorrenti della parte appellante e le loro associazioni di categoria avrebbero posto in essere condotte antitrust, adoperandosi in varie sedi per contrastare la disapplicazione delle norme su cui si fonda il provvedimento impugnato.
Oltre a ciò, gli appellanti deducono che il giudice di prime cure non avrebbe considerato che le norme di cui agli artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992, come modificate dall’art. 29, comma 1 quater, del D.L. 30/12/2008 n. 207, conv. con L. 27/2/1009 n. 14, nella parte in cui prevedono l’obbligo di iniziare e terminare il servizio presso una rimessa ubicata nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione, non sono applicabili in quanto la loro efficacia è stata sospesa prima dall’art. 1, comma 388, della L. 24/12/2012 n. 228 e, poi, dall’art 8, comma 1, del D.L. 31/12/2014 n. 192.
Il motivo così sinteticamente riassunto è in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ inammissibile, ex art. 104, comma 1, c.p.a., nella parte in cui deduce l’inapplicabilità alla fattispecie delle disposizioni, degli artt. 3 e 11 della L. n. 21/1992, che stabiliscono l’obbligo di iniziare e terminare il servizio in una rimessa ubicata nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione, in virtù delle norme di cui agli artt. 1, comma 388, della L. 24/12/2012 n. 228, e 8, comma 1, del D.L. 31/12/2014 n. 192, che ne avrebbero sospeso l’efficacia applicativa: trattasi, infatti, di censura nuova non dedotta in primo grado.
Nella restante parte il motivo non merita accoglimento.
L’art. 3 della L. n. 21/1992, stabilisce che: “1. Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la rimessa, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio.
2. Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse o presso i pontili di attracco.
3. La sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione”.
Il successivo art. 11, comma 4, della medesima legge dispone, poi, che “Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa, situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, con ritorno alla stessa, mentre il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche nel territorio di altri comuni …”.
La L.R. n. 58/1993 prevede, dal canto suo, all’art. 5 che: “Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o a viaggio. Il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengono all'interno del territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Il servizio è effettuato per qualunque destinazione. Lo stazionamento dei mezzi avviene all'interno delle rimesse”, e all’art. 10, commi 2 e 4, rispettivamente, che: “Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2-bis, dell'articolo 5, comma 1-bis, dall'articolo 5-bis e dall'articolo 5-ter, il prelevamento dell'utente e l'inizio del servizio avvengono esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato la licenza o l'autorizzazione e sono effettuati verso qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni al di fuori del territorio comunale” (comma 2) e che: “Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso le rispettive rimesse” (comma 4).
Dal descritto quadro normativo discende, che l’obbligo di utilizzare, nell’esercizio del servizio di NCC, esclusivamente una rimessa ubicata all’interno del territorio del comune che rilascia l’autorizzazione, è immediatamente finalizzato a garantire che il servizio stesso, pur potendosi svolgere senza limiti spaziali, cominci e termini presso la medesima rimessa, ovvero entro il territorio comunale.
Ciò risponde all’esigenza di assicurare che il detto servizio sia svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il Comune è ente esponenziale.
La prescrizione che la rimessa sia ubicata entro il territorio dell’ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell’attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del comune autorizzante a cui si vuol garantire un servizio, non di linea, complementare e integrativo rispetto “… ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta” (art. 1 della citata L. n. 21/1992).
Il riferimento alla svariata normativa comunitaria, della CEDU e costituzionale, invocata dagli appellanti è quindi del tutto inconferente, con riguardo al caso di specie.
Contrariamente a quando dedotto col ricorso in appello, infatti, non si è in presenza, nel caso concreto, di un requisito discriminatorio e restrittivo della concorrenza fondato, direttamente o indirettamente, sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull'ubicazione della sede legale, atteso che, chiunque, può essere autorizzato a svolgere il servizio di NCC.
La necessità dell’ubicazione della rimessa in ambito comunale non attiene a un requisito soggettivo dell’operatore economico, ma costituisce un requisito oggettivo e intrinseco dell’attività da svolgere, pienamente giustificato dalle finalità pubbliche che l’istituzione del servizio mira a soddisfare.
Né la necessità che il prestatore del servizio utilizzi una rimessa posta entro il territorio del comune che rilascia l’autorizzazione contrasta con la possibilità contemplata dall’art. 7 della L. n. 21/1992, di conferire l’autorizzazione anche a imprese localizzate in altri comuni, le quali sarebbero pregiudicate dal non poter esercitare il servizio nell’ambito territoriale in cui hanno la propria sede.
Ed invero, quello che gli appellanti percepiscono come un profilo discriminatorio, costituisce null’altro che un limite intrinseco alla stessa natura del servizio conferito, il quale, giusta quanto sopra rilevato, è tale e rimane tale, se esercitato a partire da una rimessa ubicata entro i confini del comune autorizzante.
In definitiva è da escludersi che le contestate norme interne determinino un’ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea e che quindi contrastino con tutte le disposizioni dell’Unione Europea, della CEDU e costituzionali richiamate dalla parte appellante.
Con particolare riguardo all’art. 49 del TFUE e alle restanti norme europee posta a tutela della concorrenza invocate va, inoltre, osservato che:
a) l’art. 49 del TFUE., che tutela la libertà di stabilimento, è posto a presidio della libera circolazione delle imprese da uno Stato membro all'altro, valore che non è certo posto in discussione dalle disposizioni legislative censurate, le quali, per quanto qui rileva, si limitano a richiedere, quale requisito oggettivo del servizio, la localizzazione della rimessa in ambito comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22/1/2015 n. 261, in termini anche Corte di Giustizia U.E. 13/2/2014, C-162/12 e C-163/12 e giurisprudenza ivi citata);
b) gli artt. 101 e 102 TFUE sono palesemente estranei alla presente fattispecie, anche perché attengono ai comportamenti anticoncorrenziali delle imprese e, dunque, ai rapporti tra queste ultime, e non già tra le stesse e le autorità pubbliche (cit. Cons. Stato, sez. V, n. 261/2015);
c) gli artt. 3, TFUE e art, 4, par. 3, TUE, infine, non contengono disposizioni specifiche riferibili al caso di specie.
Alla luce di quanto sopra esposto, non è pertinente il richiamo ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 264/2013, che, infatti, riguarda un caso tutt’affatto differente da quello oggetto di controversia, nel quale la norma della Regione Molise, sottoposta al vaglio di costituzionalità, richiedeva, ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC, che il prestatore fosse localizzato da almeno un anno nel territorio regionale.
Non sussiste, inoltre, la prospettata violazione della direttiva CE 12/12/2006, n.123, atteso che questa, per sua esplicita previsione (punto 21 dei considerando e art. 2, par. 2, lett. d) non si applica ai “servizi nel settore dei trasporti ivi compresi i servizi portuali, che rientrano nell'ambito di applicazione del titolo V del trattato CE” (ora Titolo VI del TFUE, così Cons. Stato n. 261/2015 e Corte di Giustizia U.E. C- 163/12 del 2014 citati).
Sul punto, contrariamente a quanto ritengono gli appellanti, non occorre rimettere la questione alla Corte Costituzionale, non essendo la diversa opinione di questa, vincolante in questa sede, anche perché trattasi di affermazione fatta in via incidentale.
Nessuna rilevanza al fine di comprovare la sussistenza dei prospettati vizi della legislazione interna censurata, può poi essere riconosciuta alle pronunce dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e alle dichiarazioni contenute in atti parlamentari e di governo, invocate nell’appello, trattandosi di atti, che pur provenendo da autorevole fonte, non vincolano il giudice.
E’, infine, del tutto inconferente la denunciata sussistenza di presunti accordi restrittivi della concorrenza a danno degli esercenti del servizio di NCC, al fine di reclamare l’applicazione al caso di specie della disciplina in materia di concorrenza.
Al riguardo è sufficiente rilevare, in aggiunta alle considerazioni sin qui svolte, che l’accertamento di eventuali condotte anticoncorrenziali, esula dall’oggetto del presente giudizio.
Col secondo motivo gli appellanti lamentano che gli artt. 3, comma 3 e 11, comma 4 della L. n. 21/1992, sarebbero incostituzionali per violazione dell’art. 117, comma 4, cost., che attribuisce la materia dei trasporti pubblici locali alla competenza residuale delle Regioni.
Il mezzo è infondato.
Come ben osservato dal giudice di prime cure “la questione non appare rilevante. Infatti, anche qualora dovesse ritenersi l’incostituzionalità della legge statale in questione, rimarrebbe ancora in vigore la normativa regionale, la quale ha, sul punto, identico tenore di quella statale”.
Col terzo motivo si lamenta, infine, che il giudice adito, nel disconoscere la denunciata violazione dell’art. 7 della L. 7/8/1990 n. 241, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti della S.C.S. Autonoleggio piccola Società Cooperativa a r.l., avrebbe erroneamente fatto riferimento alla natura vincolata del provvedimento adottato.
Si afferma che, se posta in grado di intervenire nel procedimento, la detta cooperativa avrebbe potuto rappresentare la contrarietà della normativa applicata alle norme euro-unitarie invocate nel presente giudizio e, quindi, l’illegittimità del provvedimento adottato.
La doglianza è infondata, atteso che, come più sopra precisato, le norme interne nella specie applicate, non contrastano con alcuno dei parametri del diritto dell’unione invocato dagli appellanti, per cui la natura vincolata del provvedimento ben consentiva di superare, ex art. 21 octies L n. 241/90, la dedotta violazione dell’art. 7 della medesima legge.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento in favore dell’appellata amministrazione comunale delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano complessivamente in €. 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
***********************
[size=18pt][color=red][b]Cons. di Stato, 23 giugno 2016, n. 2808[/b][/color][/size]
N. 02808/2016REG.PROV.COLL.
N. 01524/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1524 del 2016, proposto da:
Francesco Pasqualetti e Florence Limousine Service s.a.s. di Pasqualetti Francesco & C., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Troianiello, presso il cui studio, in Roma, via della Giuliana, n. 58, sono elettivamente domiciliati;
contro
Comune di Sinalunga, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Leonardo Piochi, con domicilio eletto presso Daniela Jouvenal Long in Roma, piazza di Pietra, n. 26;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Toscana, Sezione II, n. 01135/2015, resa tra le parti, concernente decadenza autorizzazione al servizio di noleggio auto con conducente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sinalunga;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Pietro Troianiello e daniela Jouvenal Long, su delega dell'avvocato Leonardo Piochi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 24/11/20004 il Comune di Sinalunga ha rilasciato al sig. Luca Neri, in qualità di legale rappresentante della società La Francigena s.a.s., l’autorizzazione n. 6/2004 per l’esercizio del noleggio auto con conducente (NCC).
La rimessa del veicolo utilizzato per l’esercizio del servizio era localizzata alla via Enzo Ferrari, n. 30, del Comune di Sinalunga, in un locale di proprietà della sig.ra Elena Sartini, che glielo aveva ceduto in comodato.
Nel 2010 la Francigena s.a.s. ha ceduto il ramo d’azienda concernente l’esercizio dell’attività assentita con la suddetta autorizzazione n. 6/2004 alla Florence Limousine Service s.a.s. di Pasqualetti Francesco & C.
Con atto 12/10/2010 n. 21865 il Comune di Sinalunga ha autorizzato il trasferimento della citata autorizzazione n. 6/2004, appurando, tra l’altro, che risultava prodotto agli atti un contratto sottoscritto dalla sig.ra Sartini, col quale quest’ultima cedeva in comodato al sig. Pasqualetti il menzionato locale ubicato nella via Enzo Ferrari n. 30, per uso rimessa.
Il Comune ha, conseguentemente, rilasciato al sig. Pasqualetti, che l’ha poi conferita in uso alla Florence Limousine Service s.a.s. di Pasqualetti Francesco & C., l’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC 3/10/2012 n. 6.
Successivamente, verificato che per lo svolgimento del detto servizio non veniva utilizzata una rimessa ubicata nell’ambito del proprio territorio, il Comune di Sinalunga ha emesso l’ordinanza 14/5/2014 n. 41, con la quale ha disposto la decadenza della menzionata autorizzazione n. 6/2012.
Ritenendo l’ordinanza illegittima il sig. Pasqualetti e la Florence Limousine Service s.a.s. di Pasqualetti Francesco & C. l’hanno impugnata davanti al TAR Toscana, il quale, con sentenza 31/7/2015 n. 1135, ha respinto il ricorso.
Avverso la sentenza il sig. Pasqualetti e la Florence Limousine Service s.a.s. di Pasqualetti Francesco & C. hanno proposto appello.
Per resistere all’impugnazione si è costituito in giudizio il Comune di Sinalunga, il quale con successiva memoria ha meglio argomentato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 26/5/2016, la causa è passata in decisione.
Col primo motivo gli appellanti fanno innanzitutto rilevare quanto segue:
a) il Comune appellato ha adottato l’impugnata ordinanza espressamente riconoscendo che alla fattispecie non potesse essere applicata la norma contenuta nell’art. 29, comma 1 quater, del D.L. 30/12/2008 n. 207 (che, sostituendo l’art. 3 della L. 15/1/1992 n. 21, ha reso obbligatorio l’utilizzo di una rimessa ubicata nel territorio del comune autorizzante), essendo stata la sua efficacia sospesa più volte ad opera di diverse norme, a partire dall’art. 7 bis del D.L. 10/2/2009, n. 5;
b) precedentemente alle modifiche apportate dal citato art. 29, comma 1 quater, del D.L. n. 207/2008, la L. n. 21/1992 non prevedeva che la rimessa destinata al ricovero del veicolo adibito all’esercizio del servizio di NCC, fosse ubicata nell’ambito territoriale del Comune autorizzante;
c) il TAR ha ritenuto che, sulla base del regolamento per la disciplina del servizio di NCC mediante autovettura del Comune di Sinalunga, interpretato alla luce della L. n, 21/1992, nel testo vigente precedentemente alle modifiche del 2008, il prestatore del servizio fosse tenuto ad esercitarlo servendosi esclusivamente di una rimessa ubicata nel territorio del comune che ha rilasciato l’autorizzazione.
Ciò premesso, gli appellanti deducono che l’interpretazione fornita dal TAR è erronea per le sotto indicate ragioni:
1) come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 13/11/2013 n. 264, ogni discriminazione tra imprese fondata su elementi concernenti la localizzazione territoriale contrasta con i fondamentali diritti di parità di trattamento e libertà d’impresa, diritti tutelati dagli artt. 3, 41 e 120 Cost. e dagli artt. della CEDU 14; protocollo n. 12 – divieto di discriminazione; 1, protocollo 1, sotto il profilo della libertà di iniziativa imprenditoriale e 6, par. 1, sotto il profilo del diritto al libero esercizio dell’attività economica;
2) sempre secondo la Corte Costituzionale la legislazione in materia di NCC sarebbe contraria anche all’art. 49 TFUE e ai principi europei in materia di tutela della concorrenza;
3) la normativa nazionale, sia primaria sia secondaria, sul NCC sarebbe, inoltre, contraria alla direttiva CE 12/12/2006 n. 123;
4) diversamente da quanto affermato dal giudice di prime cure, il regolamento NCC del Comune di Sinalunga non prevede affatto – come si ricava dalle disposizioni di cui all’art. 7, commi 1 e 3 - che l’operatore economico sia obbligato ad esercitare il servizio di NCC utilizzando esclusivamente una rimessa ubicata nel territorio del comune autorizzante;
5) il fatto che in occasione di alcune ispezioni compiute nei locali della rimessa, il veicolo adibito al servizio di NCC non fosse presente è del tutto irrilevante, non potendosi escludere che nel momento delle dette ispezioni il veicolo non si trovasse nella rimessa, perché utilizzato nello svolgimento del servizio;
6) nella sentenza impugnata si afferma l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 49 del TFUE e delle norme della direttiva n. 123/2006, in linea con quanto deciso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea 13/2/2014 C-162/12 e C-163/12, tuttavia contrastando tale sentenza con quella della Corte Costituzionale n. 264/2013, il TAR avrebbe dovuto rimettere la questione alla Corte Costituzionale per dirimere il contrasto, si chiede che a tanto si provveda in questa sede d’appello;
7) si domanda, comunque, di rimettere alla Corte costituzionale la questione della compatibilità della norme della L. n. 21/1992 (sia con riguardo al testo ante modifica, sia con riferimento a quello attualmente in vigore) con gli artt. della CEDU 14, protocollo n. 12, 1, protocollo n. 1, e 6, par. 1 e con gli artt. 3, 41 e 120 Cost.;
8) la disciplina interna applicabile alla odierna fattispecie viola, inoltre, le norme in materia di tutela della concorrenza di cui agli artt. 3 del TFUE, 4, par. 3 del TUE e 102 e 103 del TFUE;
9) anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto la normativa di cui si discute contraria alla disciplina antitrust;
10) alla luce delle argomentazioni sopra svolte, contrastano con il diritto comunitario anche le modifiche introdotte alla L. n. 21/1992 dall’art. 29 comma 1 quater, del D.L. n.207/2008.
Il motivo, così come sinteticamente riassunto, non merita accoglimento.
In primo luogo risultano inammissibili, ex art. 104, comma 1, del c.p.a., le censure concernenti la violazione delle invocate norme della CEDU e della direttiva n. 123/2006, posto che le stesse sono state proposte per la prima volta in appello.
Nella restante parte il motivo è infondato.
Occorre premettere che in base al regolamento comunale recante la disciplina del servizio di NCC vigente presso il comune di Sinalunga, requisito essenziale per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del detto servizio, è il possesso di una rimessa entro l’ambito del territorio comunale (artt. 7, comma 1 e 12 comma 1, lett. f).
La previsione della disponibilità di una rimessa localizzata nel territorio comunale è immediatamente finalizzata a garantire che il servizio stesso, pur potendo essere espletato senza limiti spaziali, cominci presso la medesima rimessa, ovvero entro il territorio comunale (art. 6, comma 3, del regolamento).
Ciò risponde all’esigenza di assicurare che il detto servizio sia svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il Comune è ente esponenziale.
La prescrizione che la rimessa sia ubicata entro il territorio dell’ente è, quindi, coessenziale alla natura stessa dell’attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del comune autorizzante a cui si vuol garantire un servizio, non di linea, complementare e integrativo rispetto “… ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta” (art. 1 della citata L. n. 21/1992).
Il riferimento alla svariata normativa comunitaria e costituzionale, invocata dagli appellanti è quindi del tutto inconferente, con riguardo al caso di specie.
Contrariamente a quando dedotto col ricorso in appello, infatti, non si è in presenza, nel caso concreto, di un requisito discriminatorio e restrittivo della concorrenza fondato, direttamente o indirettamente, sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull'ubicazione della sede legale, atteso che, chiunque, può essere autorizzato a svolgere il servizio di NCC.
La necessità dell’ubicazione della rimessa in ambito comunale non attiene a un requisito soggettivo dell’operatore economico, ma costituisce un requisito oggettivo e intrinseco dell’attività da svolgere, pienamente giustificato dalle finalità pubbliche che l’istituzione del servizio mira a soddisfare.
In definitiva è da escludersi che la previsione del requisito concernente la localizzazione della rimessa entro il perimetro del territorio comunale, determini un’ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea e che quindi contrasti con tutte le disposizioni dell’Unione Europea e costituzionali richiamate dalla parte appellante.
Con particolare riguardo all’art. 49 del TFUE e alle restanti norme europee posta a tutela della concorrenza invocate va, inoltre, osservato che:
a) l’art. 49 del TFUE., che tutela la libertà di stabilimento, è posto a presidio della libera circolazione delle imprese da uno Stato membro all'altro, valore che non è certo posto in discussione dalle disposizioni legislative censurate, le quali, per quanto qui rileva, si limitano a richiedere, quale requisito oggettivo del servizio, la localizzazione della rimessa in ambito comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22/1/2015 n. 261, in termini anche Corte di Giustizia U.E. 13/2/2014, C-162/12 e C-163/12 e giurisprudenza ivi citata);
b) gli artt. 101 e 102 TFUE sono palesemente estranei alla presente fattispecie, anche perché attengono ai comportamenti anticoncorrenziali delle imprese e, dunque, ai rapporti tra queste ultime, e non già tra le stesse e le autorità pubbliche (cit. Cons. Stato, sez. V, n. 261/2015);
c) gli artt. 3, TFUE e art, 4, par. 3, TUE, infine, non contengono disposizioni specifiche riferibili al caso di specie.
Alla luce di quanto sopra esposto, non è pertinente il richiamo ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 264/2013, che, infatti, riguarda un caso tutt’affatto differente da quello oggetto di controversia, nel quale la norma della Regione Molise sottoposta al vaglio di costituzionalità richiedeva, ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC, che il prestatore fosse localizzato da almeno un anno nel territorio regionale.
Nessuna rilevanza al fine di comprovare la sussistenza dei prospettati contrasti con le norme in materia di tutela della concorrenza può, poi, essere riconosciuta alle pronunce dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, trattandosi di atti, che pur provenendo da autorevole fonte, non vincolano il giudice.
Col secondo motivo gli appellanti deducono che con evidente sviamento di potere il Comune avrebbe provveduto a dichiarare la decadenza dell’autorizzazione mentre in realtà avrebbe agito in autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 7/8/1990 n. 241.
Il motivo è inammissibile in quanto non rivolto a censurare la decisione emessa dal giudice di prime cure.
Difatti, ai sensi dell’art. 101, comma 1, del c.p.a., nell’atto d’appello devono essere indicate “le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”.
Conseguentemente, l’inosservanza di tale onere determina, per pacifica giurisprudenza, l’inammissibilità dell’impugnazione (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 3/11/2015, n. 5002 e Sez. III, 24/3/2015, n. 1575).
Col terzo motivo si lamenta che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente ravvisato l’insussistenza del requisito concernente la disponibilità di una rimessa nel comune di Sinalunga.
La decisione è motivata con riguardo al fatto che la sig.ra Sartini, proprietaria del locale indicato come rimessa, ha disconosciuto che la firma apposta sul contratto di comodato, prodotto dal sig. Pasqualetti in allegato alla domanda di trasferimento dell’autorizzazione a proprio favore, a riprova della sussistenza del menzionato requisito, fosse la propria.
A dire degli appellanti tale motivazione sarebbe erronea in quanto:
a) il contratto di comodato non rientra tra quelli per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, per cui la sua esistenza giuridica non avrebbe potuto essere posta in dubbio;
b) sarebbe stato onere della sig.ra Sartini proporre querela di falso per disconoscere la propria firma, non potendo essere il disconoscimento compiuto in sede stragiudiziale;
c) la sig.ra Sartini non ha mai comunicato la propria volontà di recedere dal detto contratto;
d) il contratto di comodato è da ritenersi valido ed efficace anche in virtù di quanto emerso in sede penale, dove il Pubblico Ministero ha chiesto l’archiviazione del procedimento aperto a carico del sig. Pasqualetti per falso in scrittura privata;
e) la sig.ra Sartini era, comunque, a conoscenza sia della cessione del ramo d’azienda, sia del contratto di comodato a favore del sig. Pasqualetti, essendole state tali circostanze comunicate, anche se non risulta la prova della ricezione, prova che la parte appellante non ha potuto dare essendo passati più di tre anni dall’invio (l’art. 20, comma 3, del D.P.R. n. 156/1973, prevede che decorsi tre anni dall’invio cessa l’obbligo per le poste di conservare la relativa documentazione).
Il mezzo è infondato.
Occorre intanto precisare che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, non risulta provato che la sig.ra Sartini fosse a conoscenza della cessione del ramo d’azienda e del contratto di comodato concernente la rimessa di via Ferrari 30, operata dal sig. Neri a favore del sig. Pasqualetti.
Diversamente da quanto deducono gli appellanti, incombeva su di loro, ex art. 2697 cod. civ., l’onere della detta prova, anche recuperando per tempo, dall’amministrazione postale, la relativa documentazione dimostrativa.
Pertanto nessuna rilevanza può rivestire, nella vicenda per cui è causa, il contratto di comodato intervenuto tra il sigg. Neri e la sig.ra Sartini.
La disponibilità della rimessa non può, poi, essere dimostrata dal nuovo contratto di comodato tra il sig. Pasqualetti e la sig.ra Sartini, allegato dal primo alla domanda di trasferimento a proprio nome dell’autorizzazione già intestata al sig. Neri.
Infatti, trattasi di scrittura privata con sottoscrizione non autenticata, in relazione alla quale la sig.ra Sartini ha disconosciuto l’autenticità della propria firma.
Ai sensi dell’art. 2702 cod. civ.: “La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.
Avendo la sig.ra Sartini disconosciuto l’autenticità della propria firma, non aveva alcuna necessità di proporre querela di falso, spettando, semmai, alla parte appellante agire per farne accertare l’autenticità.
Né può avere alcuna rilevanza la circostanza che il contratto di comodato non richieda “ad substantiam” la forma scritta.
Ed invero, spettava, comunque, agli appellanti dimostrare l’esistenza di un valido contratto (anche orale) che attribuisse loro la disponibilità del locale da adibire a rimessa, ma tale prova non è stata data.
E del resto, avendo scelto di comprovare l’esistenza della disponibilità della rimessa attraverso una scrittura privata, avrebbero dovuto assicurarsi la prova dell’autenticità della sottoscrizione apposta sulla stessa da colei che figurava essere proprietaria del locale.
Del tutto correttamente, il giudice di prime cura ha quindi ritenuto, che il contratto di comodato invocato dalla parte appellante, non fosse idonea a comprovare la disponibilità della rimessa.
Alla luce di quanto più sopra osservato, non ha alcuna rilevanza, ai fini di causa, il fatto che il sig. Pasqualetti sia stato ritenuto estraneo ai fatti, nell’ambito del giudizio penale che lo vedeva imputato per falso in scrittura privata.
Col quarto motivo si denuncia che, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, l’art. 18, comma 2, del regolamento comunale per la disciplina del servizio di NCC, ai sensi del quale è stata emanata l’ordinanza impugnata in primo grado, non prevede la decadenza dell’autorizzazione, ma la decadenza della titolarità della stessa, la quale costituisce una mera irregolarità sanabile entro un termine fissato dall’amministrazione.
La decadenza dall’autorizzazione sarebbe, invero, disciplinata dai successivi art. 34 e 37, i quali non contemplano, fra le ipotesi sanzionate, la perdita del requisito di cui all’art. 12, comma 1, lett. f).
La doglianza non merita accoglimento.
L’art. 18, comma 2, del suddetto regolamento comunale dispone: “In qualsiasi momento le autorizzazioni possono essere sottoposte a controllo al fine di accertarne la validità, verificando il permanere in capo al titolare dei requisiti previsti dalla legge e dal presente regolamento. Qualora sia verificata la non permanenza dei suddetti requisiti in capo al titolare, lo stesso decade dalla titolarità dell’atto”.
L’art. 12, comma 1, dello stesso regolamento prevede a sua volta che: “Per ottenere il rilascio dell’autorizzazione di noleggio con conducente è richiesto il possesso dei seguenti requisiti:
…
f) avere la disponibilità nel territorio comunale di una rimessa così come definita dall’art. 7 del presente regolamento”.
Il tentativo degli appellanti di distinguere, ai fini degli effetti, tra decadenza dalla titolarità e decadenza dall’autorizzazione, non ha pregio.
Dal combinato disposto dei citati artt. 18 comma 2 e 12, comma 1, lett. f), discende, infatti, con sufficiente chiarezza, che la perdita della disponibilità di una rimessa nell’ambito del territorio comunale, comporta la decadenza dalla titolarità dell’autorizzazione, ovvero la decadenza dell’autorizzazione stessa.
In sostanza l’art. 18, comma 2, con riguardo alla carenza del requisito di cui all’art. 12, comma 1, lett. f), contempla un’ipotesi decadenziale ulteriore rispetto a quelle di cui al successivo art. 37 (l’art. 34 non detta disposizioni rilevanti ai fini di causa).
Col quinto motivo gli appellanti deducono, infine, che l’avversata ordinanza n. 41/2014 sarebbe illegittima perché adottata oltre il termine fissato dall’art. 2 della L. 7/8/1990 n. 241, per la conclusione del procedimento.
Il motivo è inammissibile in quanto proposto per la prima volta in grado d’appello, in violazione della norma di cui all’art. 104, comma 1, c.p.a.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti in solido al pagamento in favore dell’amministrazione appellata delle spese del presente grado di giudizio che liquida complessivamente in €. 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ricordiamo con amarezza, quando i gestori ci davano dei pazzi nel ribadire la vigenza del'art.29 comma 1 quater. Sono passati tre anni, e oggi ne prendono atto.
Ma nonostante queste sentenze (tombali), ci sarà ancora qualche tentativo di elusione della normativa vigente.
E' chiaro che la tecnologia va avanti, ma a chi pensa di fare il furbo ricordiamo che l'innovazione e il famoso terzo saranno la palude dove tutti (taxi e ncc) affonderanno.