Data: 2016-06-28 13:29:27

Art. 216 - autorizzazione rifiuti e permesso di costruire

Art. 216 - autorizzazione rifiuti e permesso di costruire

[color=red][b]T.A.R. Toscana, Sezione III, 8 giugno 2016 n. 964[/b][/color]

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la S.r.l. Costruzioni Giuseppe Stiatti impugna l’ordinanza n. 128/2015 con la quale il comune di Terranova Bracciolini ha ordinato la rimozione dell’impianto di smaltimento e recupero denominato “Continental Nord” dal terreno individuato dalle particelle 57 e 64 de foglio di mappa n. 65 in quanto realizzato in assenza di permesso di costruire su un area urbanisticamente destinata e verde e soggetta a vincolo paesaggistico.
La Società ricorrente ritiene che il provvedimento sia illegittimo in quanto: a) la costruzione preesisterebbe al mutamento di destinazione d’uso da produttivo a verde operato dal PRG comunale nel 2007; b) l’impianto sarebbe stato autorizzato dalla Provincia di Arezzo con atto che avrebbe anche valenza edilizia; c) l’impianto avrebbe caratteristiche mobili e non necessiterebbe, pertanto, di autorizzazione edilizia e paesaggistica; d) l’ordinanza di ripristino non sarebbe stata notificata anche ai proprietari dell’area interessata.
Il ricorso è infondato.
[b]Preliminare è l’esame della tesi secondo cui le autorizzazioni all’esercizio dell’impianto rilasciate dalla provincia di Arezzo legittimerebbero l’impianto anche dal punto di vista edilizio in quanto il procedimento finalizzato alla installazione ed all’esercizio degli impianti di recupero e messa in riserva di rifiuti non pericolosi avrebbe carattere unitario assorbendo in sé anche il rilascio dei permessi edilizi. [/b]
Si tratta di un assunto privo di pregio atteso che le procedure autorizzative semplificate previste dagli artt. 214 e seguenti del D.Lgs 152 del 2006 riguardano “l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti” (art. 216 comma 1) e non anche la legittimazione degli impianti attraverso cui tali attività vengono svolte sotto il profilo edilizio.
L’art. 216 del citato decreto legislativo prevede, infatti, che le operazioni suddette possano essere intraprese a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all' articolo 214, commi 1, 2 e 3 che riguardano la protezione dell’ambiente e non i profili urbanistici ed edilizi degli impianti.
[color=red][b]Anche ammesso che la verifica dei requisiti di stabilimento di cui alla lettera d) del comma 3 del citato articolo 216 attenga non solo la loro idoneità tecnica e la conformità alle norme ambientali ma comporti anche un esame dei profili urbanistici (come ha sostenuto il TAR Palermo nella sentenza 1443 del 2011) ciò non significa che la dia prevista dall’art. 216 tenga luogo anche del permesso di costruire, se non altro perché in nessun punto della norma emerge che alla stessa debba essere allegato uno specifico progetto edilizio. [/b][/color]
A ciò si aggiunga che sovente le normative di settore subordinano il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di determinate attività ad una verifica relativa alla conformità urbanistica degli immobili nei quali esse devono svolgersi (ciò accade, ad esempio, con riguardo alle autorizzazioni inerenti le strutture commerciali medie e grandi), senza che ciò renda superfluo il rilascio delle necessarie autorizzazioni edilizie.
[b]Infondata è anche la prospettazione secondo cui l’impianto in questione non necessiterebbe di permesso di costruire in quanto “mobile”. [/b]
La facile amovibilità del manufatto, infatti, non esenta di per sé la sua collocazione sul territorio dal rilascio del titolo edilizio occorrendo altresì che la sua presenza risponda ad esigenze meramente transeunti e contigenti, verificandosi, altrimenti, una permanente trasformazione del territorio.
Non potendosi considerare l’impianto legittimato da alcun titolo edilizio appare del tutto superfluo esaminare se la sua presenza sia compatibile con la destinazione urbanistica dell’area su cui è collocato (circostanza che, se del caso, potrà, rilevare in un eventuale procedimento di sanatoria).
E’ inoltre priva di fondamento anche la censura con cui viene dedotta la mancata notifica dell’ordinanza di ripristino ai proprietari dell’area.
Tale circostanza, infatti, non incide sull’obbligo dell’autore dell’abuso di rimuoverne gli effetti, potendo dolersi della mancata comunicazione solo i proprietari a cui il provvedimento non sia stato comunicato.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.500 oltre IVA e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Raffaello Gisondi, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario

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