Data: 2016-06-08 11:04:02

Responsabile del servizio finanziario - approfondimenti

[color=red][b]Enti locali: il responsabile del servizio finanziario, titolare
del fondamentale interesse pubblico di tutela della gestione
finanziaria, anche ... attraverso lo strumento ricorsuale[/b][/color]

Salvatore La Fauci*
Per finalità di tutela della gestione finanziaria, le deliberazioni che incidano
su di essa possono essere impugnate o da singoli consiglieri o anche, in
base all’art. 153 del d.lgs. n. 267/2000, dal Responsabile del servizio finanziario,
in rappresentanza dell’ente locale. Si tratta di un’importante norma che
costituisce una naturale, logica e necessitata eccezione rispetto alla generale
regola della titolarità della legittimazione a ricorrere.
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La portata applicativa dell’art. 153 del d.lgs. 267/2000 - 3.
Coordinamento tra artt. 153 e 107 del d.lgs 267/2000 - 4. Ambiti di riferimento di eventuali
azioni ricorsuali - 5. Autonomia degli ambiti di rappresentanza - 6. Correlazioni con la legge
20/1994.
1. Premessa.
Potendo la potestà autorizzatoria del Consiglio Comunale nei confronti
della gestione (potestà naturalmente esistente pure in ipotesi di atti di Giunta,
visto l’art. 125 del d.lgs. 267/2000) anche esprimersi con modalità lesive della
gestione stessa (e con possibili ripercussioni pure sugli equilibri generali del
comparto pubblico, specie in ipotesi di inosservanza di principi di coordinamento
della finanza pubblica), il legislatore, con l’art. 153 del d.lgs. 267/2000,
ha previsto gli strumenti attraverso i quali il Responsabile del servizio finanziario
pone in essere le azioni di tutela eventualmente necessarie.
2. La portata applicativa dell’art. 153 del d.lgs. 267/2000.
Gli strumenti previsti dall’art. 153 del d.lgs. 267/2000 comprendono anche
il ricorso amministrativo o giurisdizionale, come si legge chiaramente nella
specificazione in autonomia che è contenuta nel comma 4, dopo le integrazioni
inserite dal d.l. 174/2012: è, infatti, una specificazione che ha reso più esplicito
il preesistente comma 1, il quale afferma che al servizio finanziario competono
il coordinamento e la gestione dell’attività finanziaria (sono compiti che, in
quanto tali, rientrano in una sfera di autonomia automaticamente correlata alla
titolarità di ogni conseguente azione di tutela della gestione).
Nel tener presente che il comma 4 dell’art. 49 è una preesistente e basilare
regola procedimentale (poi anch’essa opportunamente inserita, nel d.lgs.
267/2000, dal d.l. 174/2012) di garanzia della potestà autorizzatoria del Consiglio
comunale nei confronti della gestione, ci rendiamo conto della consequenzialità
dell’art. 153, che individua, nel Responsabile del servizio
finanziario, il portatore del fondamentale interesse pubblico di tutela della gestione
finanziaria.
3. Coordinamento tra artt. 153 e 107 del d.lgs. 267/2000.
L’art. 153 del TUEL è da leggersi in automatico coordinamento col precedente
art. 107 (valido, nei comuni privi di dirigenza, ai sensi del successivo
109, c. 2), il quale, contenendo la normativa che, nel 1997 (riforma Bassanini),
ha separato nettamente il ruolo dirigenziale da quello politico, determina, in
capo al primo, un’autonomia che fa sì che la rappresentanza in giudizio del
Comune possa, negli ambiti non meramente politici, indifferentemente essere
dell’organo tecnico o di quello politico.
Se è dell’organo politico, infatti, non viene negato il principio di separazione
delle competenze tra ambito tecnico ed ambito politico, venendo
tale principio affermato dal comma 1 dell’art. 49 del TUEL, che rende obbligatorio
il parere di regolarità tecnica sulle proposte di deliberazione non
di mero indirizzo (comprese, quindi, quelle di costituzione in giudizio),
dopo le quali l’eventuale applicazione del successivo comma 4 è espressione
della logica stessa dell’assetto di competenze e di responsabilità che
riguarda gli enti locali.
Va, al tempo stesso, osservato che non possono esserci dubbi circa l’impossibilità,
da parte di responsabili di settori diversi da quello finanziario, di
attivare azioni ricorsuali contro atti ritenuti lesivi di interessi dell’ente, che investano
gli ambiti di riferimento.
L’art. 153 fa, infatti, riferimento al responsabile del servizio finanziario
per la tutela della gestione finanziaria e ciò non è un limite dell’ordinamento,
considerato che gli atti irregolari lesivi sono quelli che incidono illegittimamente
sui conti pubblici, quale che sia l’ambito di provenienza.
4. Ambiti di riferimento di eventuali azioni ricorsuali.
È chiaro che, anche al di fuori della gestione finanziaria, eventuali deliberazioni
ritenute invalide possono non essere attuate dall’organo tecnico, opponendosi
al razionale esercizio delle attività di valutazione, di giudizio, di
conoscenza, di cui all’art. 107 del d.lgs. 267/2000, fermi ovviamente restando
gli esiti dei controlli interni e/o esterni che ne potranno conseguire.
Ed è altrettanto chiaro che, ove invece vengano attuate, potranno, in applicazione
dell’art. 147 bis, c. 1, del d. lgs. 267/2000, non essere rese esecutive,
non essendoci irregolarità tecnica che, in ambito di atti aventi riflessi finanziari,
non sia anche contabile.
Nel concreto, però, tutto ciò può incontrare un limite nella possibilità che
i beneficiari individuati da deliberazioni non attuate dall’organo tecnico ricorrano
validamente contro il comune.
Ad esempio, il contrasto di deliberazioni col parere di regolarità contabile
previsto dall’art. 49, c. 1, non intacca le posizioni giuridiche soggettive
degli interessati, se le deliberazioni stesse non siano state ritirate d’ufficio:
si tratta di una delle dinamiche che, sulla base di tutte le valutazioni di ciascun
caso specifico, può far ritenere necessaria, al Responsabile del servizio
finanziario, l’impugnazione degli atti, in via, come già detto, amministrativa
o giurisdizionale.
Altra possibile dinamica: deliberate modifiche (ovviamente rispetto alle
proposte effettuate ai sensi dell’art. 49, c. 1, del d.lgs. 267/2000) di relazioni
di bilancio, dalle quali sia, a scapito di importanti vincoli finanziari, materialmente
impossibile, da parte del responsabile del servizio finanziario, il discostamento
operativo (un possibile caso concreto: negazione, mediante
deliberazione, di specifici indici di criticità finanziaria, con formale improcedibilità
di successivi atti correttivi).
È, pertanto, coerente e completo l’assetto normativo che determina la generale
portata applicativa dell’art. 153 del d.lgs. 267/2000.
5. Autonomia degli ambiti di rappresentanza.
È, così, chiaro che, in ipotesi di discordanza tra organo politico e Responsabile
del servizio finanziario (per ritenuta illegittimità di deliberazioni non
conformi alle relative proposte), la rappresentanza tecnica costituisce necessariamente
una scelta autonoma di quest’ultimo, se l’azione in giudizio sia ritenuta
necessaria per salvaguardare l’ente da conseguenze lesive della gestione
finanziaria, indipendentemente dalla circostanza che i relativi atti siano stati
approvati nella sfera di legittimazione derivante dall’art. 49, c. 4, o siano, invece,
formalmente illegittimi o nulli (ovviamente, la problematica può sorgere
anche in ipotesi di decreto ingiuntivo, se ci sia volontà dell’organo politico di
non proporre opposizione).
Al di fuori di questa ipotesi di discordanza (ipotesi in cui, sul piano giuridico,
il Comune, identificandosi, per finalità di sua tutela, solo nella propria
rappresentanza tecnica, rende sottostante quella politica), vale ovviamente
l’individuazione, nello Statuto, degli ambiti di rappresentanza politica e di
quelli di rappresentanza tecnica, essendo solo ereditato dalla precedente normativa
l’andamento generalizzato che vede affidata la rappresentanza legale
dell’ente al Sindaco, indipendentemente dagli ambiti di riferimento.
Infatti, dopo la modifica apportata dalla legge 127/1997 all’art. 51 della
legge 142/1990 (articolo corrispondente all’attuale 107 del TUEL), la figura
dirigenziale si è, come già detto, autonomamente aggiunta, sul piano della rappresentanza
interna ed esterna dell’ente, a quella politica.
Va osservato, a questo proposito, che, se venisse accolto il diverso con-
cetto di divisione della rappresentanza tecnica da quella politica che, di fatto,
anche in questo specificissimo ambito trova spesso affermazione, il contrasto
con l’art. 107 non sarebbe limitato a se stesso, perché, sul versante finanziario,
si tradurrebbe in materiale inapplicabilità dell’art. 153, in ordine al potere di
autonoma tutela di cui si è detto, con automatica limitazione dello stesso, incompatibile
con la ratio della norma.
Diviene, infatti, impossibile affermare il concetto stesso di tutela della
gestione finanziaria, se si sostiene l’esclusività della rappresentanza in giudizio
dell’ente in capo all’organo politico: argomentare in questi termini significa
respingere l’impianto normativo che è contenuto nell’art. 153.
Pertanto, negli ambiti di rappresentanza tecnica eventualmente individuati
dallo Statuto, la costituzione in giudizio dell’ente potrà, per finalità di semplificazione
dell’attività amministrativa, essere disposta non con deliberazione,
ma con determinazione, stante comunque la possibilità dell’organo politico di
applicare l’art. 49, c. 4, per sostanziale analogia, nel caso specifico, tra determinazione
e proposta di deliberazione.
6. Correlazioni con la legge 20/1994.
Ci si chiede quali possano essere le conseguenze, sul piano della responsabilità
amministrativa, di eventuali atti annullati per illegittimità, a seguito
di azione ricorsuale autonomamente intrapresa dal Responsabile del servizio
finanziario, sulla base della legittimazione che gli è riconosciuta dall’art. 153
del TUEL.
Al di fuori, ovviamente, dell’eventuale riscontro del dolo o della colpa
grave, potrebbero anche esserci i presupposti concreti per la positiva valutazione,
da parte della magistratura contabile, del momento dell’attività amministrativa,
del fine perseguito e dei vantaggi comunque conseguiti dalla
collettività.
Va sottolineata, al riguardo, la componente legata alla validità o meno
della motivazione che può essere riscontrata in atti che, di fatto, affermino la
prevalenza dell’interesse pubblico specifico sull’interesse pubblico generico
dettato dalla norma che è stata disattesa.
La mancata acquisizione di entrate potrebbe essere un esempio in ordine
ad ipotesi di aiuti finalizzati al sostegno di interessi privati che, producendo
benefici concreti in via generale, siano sottostanti all’interesse pubblico territoriale.

[b]RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2016[/b]
http://www.avvocaturastato.it/files//file/Rassegna/2016/rassegna_avvocatura_2016_gennaio_marzo.pdf

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