Quale rapporto se il maltrattamento di animali è sanzionato anche da una legge regionale? - Cass. pen. 46560/15 - Annalisa Gasparre
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[color=red][b]Cass. pen. Sez. VII, Ord., (ud. 10/07/2015) 24-11-2015, n. 46560[/b][/color]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente -
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
Dott. ACETO Aldo - rel. Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
F.G. N. IL (OMISSIS);
F.A. N. IL (OMISSIS);
C.N. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 281/2013 TRIBUNALE di RIETI, del 28/01/2014;
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con sentenza del 28/01/2014 il Tribunale di Rieti, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato i sigg.ri F. G., F.A. e C.N. colpevoli del reato di cui agli artt. 110 e 727 c.p. , per aver, in concorso fra loro, detenuto cinque cani di razza meticcia in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
In particolare, a seguito di un primo sopralluogo del 31/05/2011, i cinque cani erano stati trovati in una zona boscosa di (OMISSIS) (località (OMISSIS)), legati con catene lunghe due metri fissate, senza possibilità di scorrimento, ad un ulteriore tratto di catena trasversale collegato tra le piante. I loro ricoveri erano costituiti da fusti di lamiera presumibilmente già utilizzati come contenitori di idrocarburi; non v'era traccia di alimentazione, ma solo di ciotole arrugginite piene di acqua piovana. Intorno a loro era stata riscontrata la presenza di numerose feci. A seguito di ulteriori sopralluoghi del 6, 7 e 8 giugno 2011 i cinque cani erano stati trovati in condizioni analoghe alle precedenti.
Esclusa la sussistenza del delitto di cui all'art. 544 ter c.p., inizialmente contestato, e dell'illecito amministrativo di cui alla L.R. Lazio 21 ottobre 1997, n. 34, art. 19, il Tribunale ha qualificato la condotta ai sensi della contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. , condannando gli imputati alla relativa pena.
2.Ricorrono per cassazione gli imputati eccependo, per il tramite del difensore di fiducia, la mancata applicazione della L.R. Lazio n. 34 del 1997, art. 19, cit. (primo motivo) e la negata concessione delle circostanze attenuanti generiche (secondo motivo).
Con memoria del 08/06/2015 il difensore degli imputati ha ulteriormente illustrato le ragioni a sostegno del primo motivo di ricorso e della insussistenza del reato di cui all'art. 727 c.p..
3. I ricorsi sono inammissibili perchè generici e manifestamente infondati.
4. Ai sensi della L.R. Lazio 21 ottobre 1997, n. 34, art. 19, "1.
Chiunque possiede o detiene animali, a qualunque titolo, è obbligato a provvedere ad un trattamento adeguato alla specie, al mantenimento ed alla nutrizione degli stessi. 2. Gli animali devono disporre di uno spazio sufficiente, fornito di tettoia idonea a ripararli dalle intemperie e tale, salvo speciali controindicazioni, da consentire un adeguato movimento e la possibilità di accovacciarsi ove siano legati con catena. La catena, ove necessaria, deve avere la lunghezza minima di metri cinque oppure di metri tre se fissata tramite un anello di scorrimento ed un gancio snodabile ad una fune di scorrimento di almeno cinque metri. 3. E' fatto divieto a chiunque di custodire presso la propria abitazione o in altri locali, in proprietà o in detenzione, animali domestici in condizioni tali che rechino nocumento all'igiene, alla salute ed alla quiete delle persone nonchè pregiudizio agli animali stessi. 4. Qualunque atto di crudeltà commesso nei confronti di animali, sia in luogo pubblico che privato, è punito con le sanzioni previste dalla legge".
4.1. La condotta è sanzionata, in via amministrativa, dal successivo art. 24, comma 5, che contempla il pagamento di una somma compresa tra un minimo di 155,00 Euro a un massimo di 1.550,00 Euro.
4.2. Gli imputati eccepiscono l'applicabilità in via esclusiva della sanzione amministrativa (che hanno già pagato) e la conseguente violazione del divieto del "bis in idem". In ogni caso, deducono che la mancanza di prova in ordine alle sofferenze patite dagli animali colloca la condotta contestata nell'esclusivo alveo dell'illecito amministrativo.
4.3. Ricorda la Corte che, sul piano del rapporto tra fonti, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la norma penale, a meno che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre norme penali ( L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, comma 2).
4.4.Quanto al rapporto delle due fattispecie con il fatto incontestabilmente accertato, evidenzia il Collegio che la condotta tenuta dagli imputati non si è limitata alla omessa predisposizione di un ricovero adeguato e di una catena conforme alle previsioni della legge regionale, posto che i cani erano anche denutriti, dissetati con acqua piovana contenuta in recipienti arrugginiti, circondati dalle loro feci e manifestavano, agli occhi degli operanti, un atteggiamento di afflizione.
[color=red][b]4.5.Questa Suprema Corte, ha costantemente affermato che configurano il reato di maltrattamenti di animali, anche nella formulazione novellata di cui all'art. 727 c.p. , non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore (Sez. 3, n. 44287 del 07/11/2007, Belloni Pasquinelli, Rv. 238280; nello stesso senso anche Sez. 3, n. 49298 del 22/11/2012, Tomat, Rv. 253882, secondo la quale costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell'uomo).[/b][/color]
4.6. Non vi è dubbio che nel caso di specie la condotta tenuta dagli imputati (che non ne contestano la descrizione) si è spinta ben oltre la semplice violazione delle regole che disciplinano, nella Regione Lazio, le modalità con cui devono essere, mantenuti, nutriti, ricoverati e custoditi gli animali (compresi quelli domestici). Quel che appare evidente dal testo della sentenza impugnata è l'offesa alla sensibilità psico-fisica a tre animali domestici che il legislatore ha elevato a rango di bene meritevole di essere presidiato dalla sanzione penale (si veda sul punto Sez. 3, n. 11056 del 10/07/2000, Concu, Rv. 217583).
5. E' inammissibile (perchè generico e manifestamente infondato) il secondo motivo di ricorso con il quale gli imputati lamentano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche allegando, a tal fine, elementi di fatto che, a loro giudizio, li rendono meritevoli di un'ulteriore attenuazione del trattamento sanzionatorio sulla base dei quali questa Suprema Corte dovrebbe sovrapporre il proprio giudizio a quello del Tribunale censurando la decisione di negarle in considerazione della gravità della condotta e della assenza di elementi positivi valutabili in tal senso.
5.1. Il Collegio ribadisce sul punto l'insegnamento per il quale "in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio" (Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381; nonchè Sez. 5, 7562 del 17/01/2013, La Selva, Rv. 254716).
6. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 c.p.p. , non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2015