Data: 2016-05-09 06:14:20

Illegittima la CUC (Asmel) se vi partecipano privati (Tar 5 maggio 2016)

Illegittima la CUC (Asmel) se vi partecipano privati (Tar 5 maggio 2016)

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[color=red][b]TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VIII – sentenza 5 maggio 2016 n. 2312[/b][/color]

02312/2016 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2464 del 2015, proposto da:

Pubblialifana S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Eleonora Marzano, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Abbamonte in Napoli, viale Gramsci 16;

contro

Comune di Valle di Maddaloni;

nei confronti di

[b]Asmel Consortile S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Abbamonte in Napoli, viale Gramsci 16;[/b]

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del bando, disciplinare e capitolato relativi alla gara per l’affidamento dei servizi di riscossione ordinaria e di accertamento delle evasioni delle entrate tributarie, di riscossione e gestione dei canoni idrici, di riscossione e gestione dei verbali di contestazione di violazioni stradali, di riscossione coattiva delle entrate tributarie ed extratributarie del Comune di Valle di Maddaloni;

della determina a contrarre n. 73 del 7/4/2015;

del cd. “atto unilaterale d’obbligo”, anche se non conosciuto dalla ricorrente;

della determinazione a contrarre n. 24 del 7.4.2015 a firma del Responsabile dell’Area Amministrativa del Comune di Valle di Maddaloni (CE) e di tutti gli atti in essa richiamati costituenti presupposto e conseguenza della stessa, ivi compreso l’atto di C.C. n. 8 del 29.5.2014 integrato con delibera di C.C. n. 27 del 26.11.2014;

della delibera di C.C. n. 7 dell’8.5.2013 con la quale il Comune di Valle di Maddaloni (CE) ha aderito ad ASMEL consortile s.c.a r.l. e di tutti gli relativi alla disciplina del rapporto tra tali soggetti, nonché gli atti statutari di ASMEL s.c. a r.l. nella parte in cui prevedono che essa operi quale centrale di committenza per la gestione e lo svolgimento per conto dei Comuni delle procedure di cui al D. Lgs. n. 163/06;

di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e consequenziali, eventualmente non conosciuti dalla ricorrente, se ed in quanto lesivi degli interessi della stessa, ivi compreso l’eventuale provvedimento di aggiudicazione provvisoria e/o definitiva nelle more adottato;

nonché per la declaratoria di inefficacia/annullamento del contratto di appalto, qualora medio tempore stipulato con l’illegittima aggiudicataria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Asmel Consortile S.c. a r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2016 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la Pubblialifana s.r.l. ha impugnato il bando, il disciplinare e il capitolato relativi alla gara per l’affidamento dei servizi di riscossione ordinaria e di accertamento delle evasioni delle entrate tributarie, di riscossione e gestione dei canoni idrici, di riscossione e gestione dei verbali di contestazione di violazioni stradali, di riscossione coattiva delle entrate tributarie ed extratributarie del Comune di Valle di Maddaloni, la determina a contrarre e la delibera di C.C. n. 7 dell’8.5.2013 con la quale il Comune di Valle di Maddaloni ha aderito alla ASMEL consortile s.c.a r.l., nonché gli atti statutari di ASMEL s.c. a r.l. nella parte in cui prevedono che essa operi quale centrale di committenza per la gestione e lo svolgimento per conto dei Comuni delle procedure di cui al D.Lgs. n. 163/06.

La ricorrente ha esposto di essere iscritta dal 12.10.2001 (con il n. 67) all’Albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di riscossione ed accertamento dei tributi e delle altre entrate dei Comuni e delle Province istituito, ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 446/1997, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze con D.M. n. 289 dell’11.09.2000, e di svolgere esclusivamente l’attività di riscossione ed accertamento delle entrate locali, in favore di numerosi Enti territoriali in ambito regionale.

In tale contesto la ricorrente ha appreso della pubblicazione, all’Albo pretorio on line della “centrale di committenza” dell’ASMEL, di un bando di gara avente ad oggetto l’ “Affidamento del servizio di riscossione ordinaria e di accertamento delle evasioni delle entrate tributarie, di riscossione e gestione dei canoni idrici, di riscossione e gestione dei verbali del codice della strada e di riscossione coattiva delle entrate tributarie ed extratributarie del Comune di Valle di Maddaloni” con termine di scadenza per la presentazione delle offerte coincidente con la data del 22.05.2015.

Avendo interesse a partecipare alla procedura di gara la ricorrente, riscontrate diverse illegittimità nel bando e nel disciplinare, ne ha richiesto l’annullamento in autotutela, inoltrando tale istanza anche all’ANAC ed all’ANACAP (Associazione nazionale Aziende concessionarie Servizi Entrate Enti Locali).

In particolare con tale richiesta la ricorrente ha evidenziato l’illegittimità, ai sensi degli artt. 34 e 33 co 3 bis del d.lgs. 163/2006, dell’individuazione di Asmel quale centrale di committenza o soggetto aggregatore, l’illegittimità della previsione del bando che prevedeva il pagamento, da parte dell’aggiudicatario, a favore di Asmel di una quota pari all’1,5% dell’importo aggiudicato, a titolo di rimborso delle spese sostenute, e dei requisiti di partecipazione individuati dal bando e dal disciplinare, in quanto eccessivamente restrittivi e limitativi della concorrenza.

L’istanza di annullamento (prot. 736 del 16.04.2015) non ha però avuto alcun riscontro.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

I. violazione degli artt. 3 e 97 cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 30, 33 del d. lgs. n. 163/06, incompetenza, arbitrarietà, violazione e falsa applicazione del d.p.c.m. 30 giugno 2011 e 11 novembre 2014, violazione e falsa applicazione della l. n. 136/2010, violazione e falsa applicazione del d.l. n. 66/2014, convertito in l. n. 89/2014, violazione della riserva della titolarità e dell’esercizio del potere amministrativo in capo alle pp.aa. ed ai soggetti ad esse equiparati dall’ordinamento giuridico, in primo luogo in quanto l’obbligatorietà del ricorso alle centrali di committenza previste dall’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. 163/2006 era stata prorogata al I settembre 2015 ad opera dell’alt 23-ter, comma l, del D.L. 90/2014, come modificato dall’art. 8, comma 3-ter del D.L.192/2014 e, inoltre, in quanto la Asmel consortile s.c. a r.l., individuata quale “centrale di committenza”, non poteva integrare tale figura nel senso voluto dal Codice dei Contratti Pubblici, non essendo stata costituita nell’ambito “delle unioni dei comuni” per le quali essa avrebbe dovuto operare.

[b]Né l’Asmel potrebbe essere qualificata come “organismo di diritto pubblico”, non essendo un organismo o un consorzio costituito da Comuni, e difettando, quindi, un propedeutico atto provvedimentale in merito alla sua costituzione ed alla conseguente delega di funzioni, legittimante l’azione del consorzio, che sia riconducibile ad enti locali nell’ambito dell’esercizio del proprio potere organizzativo. Essa, inoltre, agisce per conto di varie Amministrazioni comunali sulla base di singoli atti di adesione che di volta in volta vengono stipulati con il singolo Comune, ai quali fa seguito il versamento, da parte del Comune, di un corrispettivo variabile commisurato al numero di abitanti del Comune stesso.[/b]

II. violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97 e 23 Cost., dell’art. 46 comma I bis del d.lgs. 163/2006, dell’art. 33 del d.lgs. 163/2006, dell’art. 6 del d.l. 66/1014 e del d.l. 201/2011, violazione del principio di trasparenza, di proporzionalità, di efficienza, del principio della libera concorrenza e di non aggravamento del procedimento amministrativo, violazione del principio di legalità, eccesso di potere nella forma dello sviamento, eccesso di potere per violazione della prassi, con riferimento alla previsione del bando che imponeva alla ditta concorrente, in caso di aggiudicazione, di corrispondere alla Centrale di committenza Asmel il corrispettivo per le attività di gara fornite dalla stessa e per l’uso della piattaforma “Asmecomm”, nella misura dell’1,5% dell’importo aggiudicato. Tale corrispettivo, richiesto in maniera “forfettaria” ed in misura percentuale su un importo (quello aggiudicato) incerto nel quantum, si palesava sicuramente non coerente ed idoneo alla sua causale, ovvero “al pagamento del corrispettivo da corrispondere per l’attività di gara e per l’uso della piattaforma “Asmecomm”.

III. violazione dei principi di concorrenza, del favor partecipationis, della par condicio dei potenziali partecipanti alla gara, di ragionevolezza e di tutti i principi richiamati dall’art. 2 del d.lgs. 163/2006, violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. 446/1997 e del d.m. 298/2000, violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.lgs. 163/2006, eccesso di potere, in relazione alla previsione di requisiti di partecipazione particolarmente restrittivi ed irragionevoli, in quanto superflui e non indispensabili ai fini della valutazione della competenza tecnico-professionale e della capacità finanziaria specifica in relazione all’oggetto del servizio.

IV. stessa censura sub II e III sotto diverso profilo, eccesso di potere, arbitrarietà, violazione dei principi di trasparenza e par condicio, imposizione di offerta economica condizionata, con riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 3 dell’atto unilaterale d’obbligo predisposto dalla centrale di committenza secondo cui “In caso di difformità o incompatibilità tra i citati documenti contrattuali si applicano le disposizioni più favorevoli per la Centrale di Committenza”.

Si è costituita l’Asmel resistendo al ricorso.

Alla camera di consiglio del 21 ottobre 2015 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare, rilevando che la Asmel non risulta presentare i requisiti soggettivi propri delle aggregazioni ex artt. 33, comma 3 bis, del d.lgs. n. 163/2006 e 2, comma 1, del d.p.c.m. 11 novembre 2014, per le quali è prevista la sola partecipazione di enti pubblici locali, e non anche di soggetti privati.

Alla pubblica udienza del 20 aprile 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.

Con il primo motivo la ricorrente ha lamentato che la Asmel s.c. a r.l. non potesse essere individuata quale centrale di committenza, con conseguente affidamento alla stessa della gestione e conduzione della procedura di gara, sia poiché l’obbligatorietà del ricorso alle centrali di committenza previste dall’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs 163/2006 era stata prorogata al I settembre 2015 ad opera dell’art. 23-ter, comma l, del D.L. 90/2014, come modificato dall’art. 8, comma 3-ter del D.L.192/2014, sia poiché tale ente non poteva integrare tale figura nel senso voluto dal Codice dei Contratti Pubblici, non essendo stata costituita nell’ambito “delle unioni dei comuni” per le quali essa avrebbe dovuto operare.

La Asmel, di contro, ha sostenuto di poter rientrare nel novero dei soggetti aggregatori e, quindi, di poter operare nel sistema previsto dalla legge quale centrale di committenza per conto dei comuni di piccole dimensioni.

La circostanza è stata oggetto, peraltro, di approfondita istruttoria da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) che, con la delibera n. 32 del 30.4.2015, ha ritenuto che il Consorzio Asmez (facente parte della Asmel) e la Asmel non rispondano ai requisiti organizzativi indicati dall’art. 33 citato quali possibili sistemi di aggregazione degli appalti di enti locali e che, pertanto, la Asmel non possa operare quale soggetto aggregatore, con conseguente illegittimità delle gare eventualmente bandite.

Tale provvedimento è stato impugnato dalla ricorrente con ricorso innanzi al T.A.R. Lazio.

Nella fase cautelare il Tribunale ha respinto l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, con ordinanza poi riformata dal Consiglio di Stato; nel merito il gravame è stato respinto con la sentenza n. 2339/2016, prodotta anche nel presente giudizio, sentenza per effetto della quale è caduta la sospensione cautelare del provvedimento pronunciata dal Consiglio di Stato; la ricorrente ha poi depositato, all’udienza pubblica del 20 aprile 2016, copia dell’atto di appello.

Allo stato, comunque, il provvedimento dell’ANAC risulta valido ed efficace, così come la sentenza di primo grado, dotata di efficacia esecutiva e non sospesa.

Orbene, in questa sede deve essere ribadita la non sussumibilità dell’Asmel nel novero dei soggetti aggregatori, con conseguente fondatezza della doglianza incentrata su tale assunto.

Giova, al riguardo, riportare il testo dell’art. 33 citato, nella formulazione vigente all’epoca dell’indizione della procedura oggetto di gravame, secondo cui “1. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi.

2. Le centrali di committenza sono tenute all’osservanza del presente codice.

3. Le amministrazioni aggiudicatrici e i soggetti di cui all’articolo 32, comma 1, lettere b), c), f), non possono affidare a soggetti pubblici o privati l’espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. Tuttavia le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare le funzioni di stazione appaltante di lavori pubblici ai servizi integrati infrastrutture e trasporti (SIIT) o alle amministrazioni provinciali, sulla base di apposito disciplinare che prevede altresì il rimborso dei costi sostenuti dagli stessi per le attività espletate, nonché a centrali di committenza.

3 bis (aggiunto dall’art. 23, comma 4, legge n. 214 del 2011). I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’art. 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvvalendosi dei competenti uffici”.

L’ultimo comma è stato poi sostituito dall’art. 9, comma 4, legge n. 89 del 2014, modificato dall’art. 23-bis della legge n. 114 del 2014, sicché il testo attualmente in vigore è il seguente:

“3-bis. I Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l’obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione”.

Le disposizioni normative riportate rispondono all’esigenze di aggregare la domanda di forniture e servizi da parte degli enti pubblici, onde sfruttare le economie di scala e realizzare complessivamente un risparmio di risorse economiche.

Dall’esame di tali norme si evince che, accanto alla centrale di committenza individuata nella Consip per gli enti facenti parte dell’apparato statale, e alle centrali di acquisto regionali previste dalla L. 266/2006, anche i Comuni di piccole dimensioni devono procedere agli acquisti di beni o servizi attraverso il sistema di aggregazione della domanda, creando un’unica centrale di committenza nell’ambito delle unioni di comuni, o mediante un accordo consortile tra i comuni interessati, secondo la iniziale formulazione del comma 3 bis dell’art. 33 D.Lgs. 163/2006; ovvero, secondo il testo attuale, come modificato dal D.L. 66/2014, conv. in L. 89/2014, mediante apposito accordo consortile o avvalendosi di un soggetto aggregatore o delle Province o, infine, attraverso la Consip.

Deve poi evidenziarsi che il legislatore ha configurato un numero chiuso di soggetti aggregatori, prevedendo, con l’art. 9 del D.L. 66/2014, che

“1. Nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all’articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, operante presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, è istituito, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

2. I soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 che svolgono attività di centrale di committenza ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 richiedono all’Autorità l’iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori. I soggetti aggregatori di cui al presente comma possono stipulare, per gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni di cui all’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni. L’ambito territoriale di competenza dei soggetti di cui al presente comma coincide con la regione di riferimento esclusivamente per le categorie merceologiche e le soglie individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata sono definiti i requisiti per l’iscrizione tra cui il carattere di stabilità dell’attività di centralizzazione, nonché i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell’aggregazione e della centralizzazione della domanda. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata, è istituito il Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, coordinato dal Ministero dell’economia e delle finanze, e ne sono stabiliti i compiti, le attività e le modalità operative”.

Dall’esame di tutte le disposizioni citate si rileva, pertanto, che la qualifica di soggetto aggregatore è riservata, oltre che alla Consip e alle centrali di committenza regionali, ai soggetti istituiti dagli enti locali nell’ambito delle unioni di comuni, delle Province o mediante accordo consortile tra i Comuni e, pertanto, da soggetti pubblici che costituiscono forme di aggregazione tra loro al fine di unificare e centralizzare la domanda di forniture, dovendosi, di contro, escludere da tale ambito i soggetti privati o che includono nella loro compagine enti pubblici e privati.

[b]La società consortile Asmel risulta composta attualmente dall’associazione Asmel, con una quota del 49%, e dal Comune di Caggiano, con il 51%; la Asmel, tuttavia, non ha precisato né documentato la costituzione, la composizione e i poteri statutari dell’Associazione Asmel.[/b]

[b]Dall’istruttoria espletata dall’ANAC risulta che Asmel è una associazione non riconosciuta costituita nel 2010 dalle società Asmenet Campania, Asmenet Calabria e dal Consorzio Asmez; quest’ultimo è un consorzio nato tra imprese private a Napoli nel 1994 che, negli anni successivi, si è aperto alla partecipazione degli enti locali, che a decorrere dal 1996 ne detenevano la maggioranza delle quote, per la diffusione di informazioni tecnologiche, gestionali, servizi di assistenza, formazione e consulenza anche nel settore dei finanziamenti pubblici; Asmenet Calabria e Campania erano invece due società consortili creati da alcuni comuni aderenti al Consorzio Asmez per partecipare al finanziamento del processo di digitalizzazione creando Centri di Servizi Territoriali dislocati in varie aree.[/b]

Nel 2013 è stata costituita la Asmel società consortile, dalla cui compagine è poi uscito il Consorzio Asmez, che però fa parte comunque dell’associazione Asmel, che detiene una parte delle quote dell’Admel società consortile.

[b]Come risulta evidente da tale disamina, la società consortile Asmel non corrisponde alle figure individuate dalla legge come centrali di committenza o soggetti aggregatori, in quanto non è un organismo costituito esclusivamente dagli enti locali ma presenta comunque una partecipazione di soggetti privati, tramite l’associazione Asmel; inoltre, la partecipazione degli enti locali alla centrale di committenza è solo indiretta, in quanto si realizza attraverso l’adesione all’associazione non riconosciuta Asmel e l’accordo consortile con la Asmel s.c. a r.l..[/b]

Né la Asmel può essere qualificata, come dedotto dalla stessa, come “organismo di diritto pubblico”, non risultando in alcun modo un’influenza pubblica dominante sulla stessa, come richiesto dall’art. 3, comma 26 D.lgs. 163/2006.

[b]Non vi è prova, infatti, di un controllo gestionale o della maggioranza dei voti assembleari, né di particolari vincoli contrattuali che possano concretizzare tale influenza, così come delineata dalla giurisprudenza in materia; né l’influenza dominante può essere ascritta alla partecipazione detenuta in misura pari al 51% del Comune di Caggiano, posto che, come già evidenziato nella citata sentenza n. 2339/2006 del T.A.R. Lazio, trattandosi di un ente partecipato da numerosi comuni il controllo degli stessi dovrebbe essere parcellizzato, al fine di garantire la rappresentanza di ciascuno, e non accentrato in unico ente locale in modo del tutto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni.[/b]

Senza considerare che la nozione di organismo di diritto pubblico è stata teorizzata per descrivere e disciplinare il rapporto tra l’ente e i soggetti ai quali demandare servizi o forniture, onde verificare in tal caso l’assoggettamento o meno alle procedure di evidenza pubblica, e non pare attagliarsi ad ipotesi, quali quella in esame, in cui rileva il rapporto tra l’ente pubblico ed altro soggetto cui delegare la gestione di una procedura comparativa di competenza dell’ente.

[b]Alla stregua di tali considerazioni non rilevano, nemmeno, le differenze tra la prima versione del comma 3 bis dell’art. 33 D.Lgs. 163/2006 e quella attualmente in vigore, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 9, comma 4, legge n. 89 del 2014, modificato dall’art. 23-bis della legge n. 114 del 2014.[/b]

La prima formulazione della norma, infatti, come visto, prevedeva che i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidassero obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’art. 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici; secondo le modifiche successivamente introdotte “i Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56”.

In ogni caso rimane costante il nucleo centrale della disposizione, ovvero l’introduzione per i comuni di piccole dimensioni dell’obbligo di acquisire lavori, servizi o forniture o mediante le unioni di comuni, ovvero mediante apposito accordo consortile tra i comuni stessi, avvalendosi degli uffici pubblici competenti, con esclusione della possibilità di demandare tali funzioni amministrative ad altri soggetti non rientranti tra quelli previsti dalla legge.

Anche la menzione del “soggetto aggregatore” contenuta nella disposizione attualmente vigente – peraltro entrata in vigore il I novembre 2015 e, quindi, in epoca successiva all’emissione dei provvedimenti impugnati – si riferisce, infatti, ai soggetti aggregatori di cui all’art. 9 iscritti nell’apposito albo di cui al D.L. 66/2014, una volta che tale disposizione avrà avuto attuazione, e non comporta, pertanto, l’apertura della categoria ad un novero indeterminato di altri soggetti.

Nelle memorie depositate il 1 giugno 2015 e il 31 dicembre 2015 la Asmel ha poi sostenuto che il Comune di Valle di Maddaloni non le ha affidato la gestione dell’intera procedura di gara ma esclusivamente le attività di supporto, meramente strumentali, per l’adempimento degli obblighi di pubblicazione informatica e l’utilizzo della piattaforma digitale.

Tale assunto trova, tuttavia, smentita nell’esame degli atti di gara: la determinazione n. 24 del 7.4.2015, infatti, con la quale è stata indetta la gara, dispone chiaramente l’assegnazione alla “Centrale di committenza ASMEL Consortile soc. cons. a r.l. delle attività inerenti la procedura di gara sulla piattaforma ASMECOMM, secondo le caratteristiche espressamente indicate negli allegati atti di gara, precisando che:

…la procedura di gara sarà espletata dalla Centrale di committenza, ai sensi dell’art. 33 comma 1 del D.Lgs. 163/2006, che procederà alla nomina dell’Autorità di Gara, secondo i criteri di cui all’art. 84 del D.Lgs. 163/2006;

la procedura di gara avverrà mediante procedura aperta ai sensi dell’art. 55 D.Lgs. 163/2006. L’appalto sarà aggiudicato con il criterio di cui all’art. 83 del D.Lgs. 163/2006, secondo quanto indicato negli atti di gara;

le offerte saranno inoltrate in via telematica presso la sede operativa della Centrale di committenza ASMEL Consortile soc. cons. a r.l. con le modalità indicate negli atti di gara;

le sedute pubbliche di espletamento gara si terranno presso la sede operativa della Centrale di committenza”.

Come si evince chiaramente dalla lettura del provvedimento, benché il bando, il disciplinare e il capitolato siano stati predisposti dal Comune di Valle di Maddaloni, era previsto che tutta la procedura, compresa la nomina della Commissione esaminatrice e la valutazione delle offerte, si svolgesse innanzi alla Centrale di committenza ASMEL.

Tale attività non può certo essere qualificata come di mero supporto tecnico all’ente comunale, comprendendo tutti gli snodi essenziali della procedura di evidenza pubblica.

Anche sotto tale profilo il ricorso si palesa quindi fondato.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, con annullamento degli atti impugnati, non residuando, a fronte di tale esito, alcun interesse della ricorrente all’esame delle ulteriori censure.

La novità e complessità della questione controversa giustifica comunque la compensazione delle spese di lite, salvo il diritto della ricorrente alla rifusione del contributo unificato.

[b]P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)

[color=red]definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati[/b];[/color]

compensa le spese, con rifusione in favore della ricorrente da parte della resistente Asmel s.c. a r.l. del contributo unificato, se effettivamente versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Fabrizio D’Alessandri, Consigliere

Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 05/05/2016.

riferimento id:33993

Data: 2016-05-09 06:23:06

Re:Illegittima la CUC (Asmel) se vi partecipano privati (Tar 5 maggio 2016)

[size=18pt][color=red]APPROFONDIMENTI:[/color][/size]

[b]Asmel non ha i requisiti soggetto aggregatore - ANAC delibera 30/4/2015[/b]
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=26661.0

[b]Centrali di Committenza - Consiglio di Stato blocca l'Anticorruzione: OK ASMEL[/b]
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=28825.0

[b]Gare Asmel: il T.A.R. Lazio, al momento (cfr. Sez. III, ord. 19.6.2015 n. 2544), conferma l’istruttoria dell’A.N.A.C.[/b]
http://www.legaleappalti.it/index.php/2015/06/gare-asmel-il-t-a-r-lazio-al-momento-cfr-sez-iii-ord-19-6-2015-n-2544-conferma-listruttoria-della-n-a-c/

[b]ANAC - Delibera n. 32 del 30 aprile 2015[/b]
http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?id=428b6afe0a7780422497476db47e2275

[b]Circolare ASMEL 23/2/2016[/b]
http://62.77.55.15/asmel_eu_ORIGINAL_NEW02/images/139/postTAR.pdf

[b]Centrale di committenza, salta l’adesione all’ASMEL: il consiglio rinvia.[/b]
http://www.generazioneaurunca.it/attualita/centrale-di-committenza-salta-ladesione-allasmel-il-consiglio-rinvia/

[b]Attività della società Asmel – Chiarimenti sulla portata della sentenza del Tar che ha respinto il ricorso contro la delibera Anac[/b]
http://www.forumcomuni.it/attivita-della-societa-asmel-chiarimenti-sulla-portata-della-sentenza-del-tar-che-ha-respinto-il-ricorso-contro-la-delibera-anac/


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[color=red][b]TAR LAZIO[/b][/color]
N. 02339/2016 REG.PROV.COLL.
N. 06869/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6869 del 2015, proposto da Asmel Società
Consortile a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa
dagli avvocati prof. Aldo Sandulli e prof. Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto
presso lo stesso avv. Aldo Sandulli in Roma, Via Fulcieri Paulucci de’ Calboli, 9;
contro
Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in persona del Presidente p.t.,
rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui
Uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Associazione Nazionale Aziende Concessionarie e Pubblicità (ANACAP), in
persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro
Di Benedetto e Giuseppe Dicuonzo, con domicilio eletto presso lo stesso avv.
Pietro Di Benedetto in Roma, Via Cicerone, 28;
per l'annullamento
previa adozione delle opportune misure cautelari collegiali e monocratiche
della deliberazione n. 32 del 30.04.2015 (Fasc. 412/2014) del Consiglio
dell’ANAC, depositata in data 7.5.2015 ed avente ad oggetto: "istruttoria su Asmel
società consortile a r.l. come centrale di committenza degli enti locali aderenti";
di ogni altro atto presupposto, conseguente, connesso o, comunque, ad esso
collegato;
con contestuale domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali
derivanti dall’adozione del provvedimento illegittimo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione
(Anac) e della Associazione Nazionale Aziende Concessionarie e Pubblicità
(Anacap);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2015 il dott. Claudio
Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. A seguito di numerosi esposti pervenuti all’ANAC (vedi doc. 2 ric.), concernenti
le attività svolte da Asmel Consortile s.c.a.r.l. quale centrale di committenza degli
enti locali ad essa aderenti, il Consiglio dell’Autorità, con delibera assunta
all’adunanza del 6 novembre 2013, decideva di avviare apposita istruttoria nei
confronti della predetta società consortile al fine di verificare, anche mediante
visita ispettiva, la natura giuridica dei soggetti partecipanti all’iniziativa, le attività
svolte, le modalità con cui venivano svolte le gare per conto degli enti locali
aderenti alla Asmel ed i corrispettivi percepiti per tali attività (doc. 1 ric.). In data
27 febbraio 2014, presso la sede legale della società, si eseguivano attività ispettive,
nel corso delle quali venivano acquisite informazioni, non solo riguardo ad Asmel
s.c.a.r.l. – soggetto di più recente creazione in quanto costituita in data 23 gennaio
2013 - ma anche riguardo ai soci di essa, individuabili, all’epoca di svolgimento
dell’ispezione, nel Consorzio Asmez, nell’Associazione privata Asmel e nel
Comune di Caggiano (rispettivamente detentori, del 24%, del 25 % e del 51% delle
quote sociali di Asmel consortile).
Si appurava, in particolare, che già in precedenza il Consorzio Asmez aveva
espletato, per gli enti locali aderenti, le medesime attività oggi promosse da Asmel
Società Consortile a r.l..
Nel corso del procedimento avviato, su richiesta dell’Autorità venivano forniti
dalla Asmel s.c. a r.l. chiarimenti scritti e documenti (vedi doc. 10 ric., nota
acquisita dal protocollo dell'Autorità al n. 35651 in data 20 marzo 2014).
Le principali risultanze istruttorie a cui l’Autorità è pervenuta, come riportate nella
deliberazione impugnata n. 32 del 30 aprile 2015 (doc. 1 ric.), possono così
riassumersi:
1) il Consorzio Asmez è stato costituito esclusivamente da imprese private a
Napoli il 25 marzo 1994; l'inizio effettivo delle attività che caratterizzeranno la vita
del Consorzio è avvenuto il 26 novembre 1995, data dell'ingresso nella compagine
consortile di Selene Service s.r.l.; detta società al tempo aveva sottoscritto una
convenzione con ANCI Campania per promuovere presso i Comuni associati, la
diffusione delle innovazioni tecnologiche e gestionali e l'accesso ai finanziamenti
pubblici, anche attraverso attività di formazione ed assistenza;
2) dal confronto tra operatori del settore ed amministratori locali di piccoli
Comuni sarebbe nata l'idea di realizzare una struttura consortile in grado di
aumentare, proprio attraverso l'aggregazione dei piccoli Comuni, il potere
contrattuale di questi ultimi nei confronti delle grandi software-house ed, al
contempo, di erogare servizi di assistenza, formazione e consulenza;
3) nel tempo il Consorzio ha acquisito una caratterizzazione multiregionale
raccogliendo adesioni oltre che in Campania, anche in Basilicata e Calabria; in
Calabria, in particolare, la diffusione è stata favorita dagli scambi di informazioni
tra segretari comunali, operanti contemporaneamente in più enti locali di modeste
dimensioni;
4) in data 26 maggio 2010, Asmenet Campania s.c. a r. l., Asmenet Calabria s.c. a r.
l. e il Consorzio Asmez hanno costituito l'Asmel, un'associazione non riconosciuta
ai sensi dell'art. 14 del codice civile, unitamente all'ANPCI; l'ANPCI, a sua volta, è
l'Associazione Nazionale Piccoli Comuni, nata nel 1996 su iniziativa dei piccoli
comuni della provincia di Cuneo, in seguito ad uno strappo con l'ANCI, alla quale
si contestava di non difendere adeguatamente dall'azione del Governo centrale gli
interessi dei comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti;
5) infine, in seguito all'inserimento nell'art. 33 del Codice degli Appalti del comma
3-bis, è stata costituita in data 23 gennaio 2013 Asmel Consortile s.c. a r.l. (odierna
ricorrente), con un capitale sociale versato di euro 10.000,00 e con la finalità di
svolgere funzioni di “centrale di committenza”;
5) per quanto emerso nel corso della visita ispettiva, i soci fondatori sono risultati
essere:
- il Comune di Caggiano che deteneva il 51% delle quote sociali, pari ad € 5.100,00;
- l'Associazione Asmel che deteneva il 25% delle quote sociali pari ad € 2.500,00;
- il Consorzio Asmez che deteneva il 24% delle quote sociali pari ad € 2.400,00.
6) nel corso delle attività ispettive la Asmel consortile, ai fini di difesa, rinviava ad
un parere legale, reso su richiesta della stessa società, in base al quale non
sussisterebbero dubbi riguardo al fatto che Asmel, «in quanto consorzio di
organismi di diritto pubblico, finalizzato ad attività di committenza per soci Asmel
integra le caratteristiche volute dalla fattispecie della centrale di committenza»;
7) con riferimento all'attività sin ora svolta da Asmel, è emerso che essa ha svolto
un'unica procedura per la stipula di convenzioni quadro, avente ad oggetto
l'affidamento in concessione dei servizi di accertamento dei tributi ici/imu e tarsutia/tares
e riscossione coattiva delle entrate. Pertanto, è stata indetta una
"procedura negoziata aperta a tutti i Concessionari privati iscritti allo speciale Albo
tenuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze". La procedura è stata
preceduta anche dalla pubblicazione sulla G.U.E.E. di un avviso. In seguito alla
pubblicazione - riferisce Asmel - si sono iscritti alla piattaforma telematica 15
Concessionari che hanno formulato numerose richieste di chiarimenti.
Successivamente, le offerte pervenute al termine di scadenza sono state solo 3 e,
all'esito della procedura, sono state sottoscritte 3 convenzioni, rispettivamente con
GO.SA.F. spa per un massimale di 67,5 milioni di euro, con la Romeo Gestioni
spa per un massimale di 4 milioni di euro e con l'RTI Infotirrena per un massimale
di 37,5 milioni di euro; ad oggi, gli ordinativi inviati dagli enti locali consorziati
sono 18;
8) sono inoltre risultate ulteriori 152 procedure espletate da Asmel consortile a r.l.
al fine di aggiudicare, mediante gara telematica, appalti di eterogenea natura ed
entità per conto di singoli comuni aderenti/richiedenti; in queste procedure Asmel
ha messo a disposizione la propria piattaforma informatica ed ha fornito un
supporto operativo (l'importo totale delle gare già aggiudicate alla data del
19.03.2014 è di circa € 18.000.000).
9) già prima dell'istituzione di Asmel s.c. a r.l., il Consorzio Asmez aveva svolto
attività di centrale di committenza ed aveva bandito per i Comuni consorziati,
numerose procedure finalizzate alla sottoscrizione di convenzioni alle quali i
comuni consorziati avrebbero potuto aderire; si tratta di undici procedure per un
importo complessivo di oltre 74 milioni di euro.
10) con riferimento alle strutture operative della società e delle sue associate, si è
potuto accertare che:
- la sede operativa di Asmel consortile è a Napoli presso il Centro Direzionale;
- la società dispone degli uffici e delle risorse del Consorzio Asmez che, a sua
volta, ha la propria sede presso il Centro Direzionale;
- sono stati elencati dalla società Asmel s.c. a r.l. diversi Comuni presso i quali la
società dispone di locali;
- la società ha alle proprie dipendenze due addetti assunti nel 2013 e si avvale delle
prestazioni di due consulenti; nel contempo, la società ricorre al supporto degli
amministratori del Consorzio Asmez;
11) quanto all'altro socio, Associazione Asmel, si evidenzia che la stessa dispone di
una sede operativa presso il Comune di Borgofranco d'Ivrea (TO), di un'altra sede
sempre presso il Centro Direzionale di Napoli (che è anche la sede di Asmenet
Campania) e di una a Lamezia Terme (che è anche la sede di Asmenet Calabria).
L'Associazione si avvale del supporto dei dipendenti delle proprie associate.
2. Con la comunicazione delle risultanze istruttorie di cui alla nota prot. n. 82205
del 21 luglio 2014 (doc. 11 ric.), l’ANAC ha contestato alla società interessata che il
descritto sistema non risulta conforme alle disposizioni normative che disciplinano
la centralizzazione degli appalti degli enti locali, in ragione: 1) della presenza,
seppur indiretta, di società private nella compagine consortile; infatti, l'Asmel s.c. a
r.l. non è stata costituita direttamente da enti locali, in quanto oltre alla
partecipazione per il 51% del capitale del Comune di Caggiano vi è quella di Asmel
associazione non riconosciuta e del Consorzio ASMEZ costituito ai sensi dell'art.
2602 c.c. ed entrambi i predetti enti sono partecipati da società private; 2)
dell'operatività territoriale sostanzialmente illimitata di Asmel s.c.a.r.l., in quanto lo
statuto ammette adesioni successive di enti collocati su tutto il territorio nazionale.
A seguito della predetta comunicazione, l'Asmel ha presentato le proprie
controdeduzioni con memoria datata 19.9.2014, pervenuta all’ANAC in data 22
settembre 2014 (doc. 13 ric.), in cui si invoca il principio del pluralismo delle
centrali di committenza per affermare, non solo che sul medesimo territorio
potrebbero operare più soggetti aggregatori, ma soprattutto che per questi ultimi
non vi è alcun obbligo di limitarsi entro ambiti territoriali definiti. Infatti, a seguito
del d. l. n. 66/2014, dall'art. 33 del codice dei contratti sarebbe stato eliminato il
riferimento ai piccoli comuni ed al territorio di ciascuna provincia. In ragione di
ciò ed in considerazione della sussistenza in capo ad Asmel dei requisiti propri
dell'organismo di diritto pubblico, occorrerebbe concludere che del tutto
legittimamente la società espleta attività di centrale di committenza in favore degli
enti locali, con le modalità ricostruite nel corso dell'attività istruttoria, potendo -
perciò - essere annoverata tra i soggetti aggregatori di cui all'art. 9 del d. l. n.
66/2014. Peraltro, ove pure Asmel s.c.a.r.l. non fosse in possesso dei requisiti
dimensionali per l'iscrizione nell'elenco dei soggetti aggregatori tenuto dall’Autorità
- come definiti con l’apposito d.p.c.m. - la stessa società ben potrebbe continuare a
svolgere le attività di centrale di acquisto, in quanto il citato articolo 9 non esclude
l'operatività di altri soggetti aggregatori, costituiti ai sensi del comma 3-bis dell'art.
33, oltre a quelli che ottengono l'iscrizione nell'elenco.
In data 17 dicembre 2014, si è svolta l'audizione innanzi al Consiglio dell'Autorità
del Presidente dell'Associazione Asmel, assistito dal proprio legale di fiducia. In
vista dell'audizione, la società consortile Asmel ha presentato un ulteriore parere
legale, nel quale si conclude che la legittimità della propria posizione sarebbe
rafforzata dalle disposizioni della nuova direttiva europea 24/2014/UE che, anche
alla luce di quanto previsto dal considerando 33, inducono a ritenere che la
centrale di committenza possa anche essere un organismo di diritto pubblico e,
dunque, un soggetto che comprende nella propria compagine una partecipazione
privata minoritaria; inoltre l'art. 33 comma 3-bis del Codice dei contratti nell'ultima
versione introdotta dal d.l. n. 66/2014 e l'art. 9 del medesimo decreto non
indicherebbero alcuna delimitazione territoriale, rispetto alla centralizzazione della
committenza mentre l'elencazione degli strumenti giuridici utilizzabili dagli enti
locali per l'aggregazione della domanda non avrebbe carattere tassativo (si fa
riferimento anche alla circostanza che il legislatore ha fissato un numero
complessivo di soggetti aggregatori pari a 35, con ciò confermando il principio
della pluralità dei soggetti aggregatori)
Nel corso dell'audizione, con riferimento alla problematica della partecipazione di
soggetti privati alla compagine societaria di Asmel s.c. a r.l., la difesa della società
ha rappresentato che di recente (settembre 2014) il Consorzio ASMEZ
(partecipato per il 30% da soggetti privati), ha ceduto la propria quota pari al 24%
del capitale. Pertanto, attualmente, sono titolari delle quote di partecipazione solo il
Comune di Caggiano (51%) e l'Associazione non riconosciuta Asmel (49%).
Nella stessa adunanza del 17 dicembre 2014, il Consiglio dell'Autorità ha deliberato
di richiedere un parere all'Avvocatura Generale, la quale si è espressa con nota
acquisita al n. 20407 in data 24 febbraio 2015, confermando sostanzialmente la
ricostruzione contenuta nella comunicazione di risultanze istruttorie del 21.7.2014.
3. Con la deliberazione n. 32 del 30 aprile 2015 (fascicolo 412/2014), a conclusione
dell’articolato procedimento sopra descritto, l’ANAC ha deliberato che:
- il Consorzio Asmez e la società consortile Asmel a r.l. non rispondono ai modelli
organizzativi indicati dall'art. 33 comma 3-bis del d.lgs. 163/06, quali possibili
sistemi di aggregazione degli appalti di enti locali;
- pertanto, la società consortile Asmel a r.l. non può essere inclusa tra i soggetti
aggregatori di cui all'art. 9 del d. l. n. 66/2014, né può considerarsi legittimata ad
espletare attività di intermediazione negli acquisiti pubblici, peraltro senza alcun
limite territoriale definito;
- conseguentemente, sono prive del presupposto di legittimazione le gare finora
poste in essere dalla predetta società consortile Asmel.
Il provvedimento si giustifica sulla base dei passaggi motivazionali che
testualmente si trascrivono: “Il "sistema Asmel" non pare avere le caratteristiche appena
descritte e, pertanto, si ritiene che certamente non possa rientrare nel novero dei soggetti
aggregatori, in quanto non corrisponde ad alcun dei modelli previsti. Infatti, come emerso nel corso
dell'attività istruttoria e confermato anche nella memoria difensiva pervenuta, utilizzando moduli
già predisposti e reperibili sul sito della società, gli enti locali procedono mediante deliberazione del
Consiglio comunale all'adesione all'Associazione Asmel e con ulteriore deliberazione della
Giunta (avente ad oggetto "Approvazione accordo consortile ai sensi dell'art. 33 comma 3-bis del
d.lgs. n. 163/06 e ss.mm.") all'affidamento alla società Asmel consortile a r.l. delle proprie
funzioni di acquisto; infine, nella determina a contrarre l'ufficio competente affida a quest'ultima
la gestione della specifica gara. Pertanto, la partecipazione degli Enti locali alla centrale di
committenza è solo indiretta, in quanto si realizza attraverso l'adesione all'associazione non
riconosciuta Asmel (che a sua volta è socia della società Asmel s.c.ar.l.) e "l'accordo consortile"
con la Asmel s.c.a.r.l., a cui gli Enti conferiscono una sorta di "delega" delle funzioni di
committenza, in spregio alle previsioni dell'art. 33 (….). In buona sostanza, in assenza di una
previsione normativa che lo preveda, la società Asmel s.c.ar.l. ha realizzato un sistema attraverso
il quale offre i propri servizi di intermediazione negli acquisti a tutti i comuni dell'intero territorio
nazionale, mediante l'adesione successiva all'Associazione Asmel”.
4. Avverso il suddetto provvedimento è insorta l’Asmel Società Consortile a r. l.
con ricorso spedito a notifica in data 1.6.2015 e depositato entro il termine di rito,
nel quale si articolano i sette motivi di gravame sintetizzabili come segue:
I. Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per
sviamento: il provvedimento impugnato, sostiene la ricorrente, è stato adottato,
non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del Consorzio Asmez, che è
stato nel passato (ma ora non è più), socio della Asmez Consortile, odierna
ricorrente; tuttavia per poter provvedere nei confronti del Consorzio Asmez,
l’ANAC avrebbe dovuto istruire un procedimento nei suoi confronti,
coinvolgendolo direttamente, il che non è avvenuto con conseguente illegittimità
della deliberazione ANAC impugnata per la parte riferita al Consorzio suddetto;
II. Violazione di legge con riguardo all’art. 33, comma 3 bis, D lgs. n. 163 del 2006
e del d.P.C.M. 11.11.2014: sarebbe stata fraintesa e male applicata dall’ANAC la
norma di cui all’art. 33, comma 3 bis, d.lgs. n. 163 del 2006 che, nella nuova
versione introdotta, con il d.l. n. 66 del 2014, fissa due principi: a) pluralità dei
soggetti aggregatori; b) necessità dell’essere i soggetti aggregatori ammessi,
esponenziali degli enti locali. Ai sensi dell’art. 3, comma 34, D.Lgs. n. 163 del 2006,
la centrale di committenza è un’ “amministrazione aggiudicatrice” e, pertanto, può
anche consistere in “organismo di diritto pubblico” o in una qualsiasi associazione
di detti soggetti (comma 25 del medesimo art. 3). L’Asmel consortile possiede tutti
e tre i requisiti dell’organismo di diritto pubblico, come elaborati dal diritto
dell’Unione Europea (personalità giuridica; finalizzazione alla soddisfazione di
esigenze di interesse generale, prive di carattere industriale o commerciale,
operando la società con scopo cooperativo e senza fine di lucro; influenza
dominante degli enti locali aderenti); sottolinea, in particolare, la ricorrente che
le “esigenze di carattere generale” non debbono necessariamente coincidere con bisogni
di interesse pubblico “irrinunciabili” e che nessuna disposizione, né interna né
europea, vieta che la partecipazione degli enti pubblici alla società-organismo di
diritto pubblico possa avvenire anche in forma indiretta, attraverso loro
associazioni o consorzi (come, nella specie, l’Associazione di diritto privato
Asmel). In punto di fatto la ricorrente evidenzia che, prima dell’adozione del
provvedimento impugnato, tutti i soggetti privati precedentemente presenti sono
usciti sia dall’Asmel Consortile che dall’Associazione Asmel, come da
documentazione versata in atti (doc. 7 ric.);
III. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 33, comma 3, D.Lgs. n. 163 del
2006. Sulla presunta delimitazione territoriale di una centrale di committenza: la
ricorrente contesta l’affermazione dell’ANAC secondo cui l’operatività di una
centrale di committenza al servizio di enti locali e, con riguardo alla specie, di
Comuni di piccole e medie dimensioni, dovrebbe essere limitata al territorio dei
comuni fondatori, oltre a doversi escludere – mediante espressa previsione
statutaria – l’ammissibilità di nuove adesioni, senza limite territoriale. In realtà,
secondo la ricorrente, siffatta affermazione sarebbe priva di “apparato legislativo di
supporto”, tanto nella originaria versione (2011) dell’art. 33, comma 3, bis – nella
quale si faceva riferimento ai comuni del territorio di un’unica provincia, affinché
essi si rivolgessero in modo unitario, ad un’unica centrale di committenza ma non
ponendo limiti al raggio di azione di quest’ultima - quanto, a maggior ragione, in
quella vigente (dove è scomparso ogni limitazione di tipo territoriale); la possibilità
dei comuni non capoluogo di provincia di scegliere una centrale di committenza
diversa da quella nazionale (Consip S.p.a.) e da quella unica operante a livello
regionale, implica la possibilità che tale diverso soggetto aggregatore operi al di là
del ristretto ambito provinciale o infra-regionale, soddisfacendo le richieste
provenienti da qualsiasi comune italiano;
IV. Eccesso di potere per sviamento: si contesta che attraverso il provvedimento
impugnato nella presente sede l’ANAC, di fatto, impedisce alla ricorrente di vedere
valutata, secondo la propria legittima aspettativa, la domanda da essa presentata
alla medesima Autorità ai fini dell’ottenimento dell’iscrizione nell’elenco dei
soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del D.L. n. 66 del 2014; la difesa della Asmel si
duole cioè del fatto che prima di concludere il separato procedimento per
l’inserimento nel novero dei soggetti aggregatori, ANAC esprime, in sede
impropria, l’avviso che Asmel Consortile non possa essere comunque inclusa tra i
soggetti aggregatori;
V. Violazione di legge (art. 9 D.L. n. 66 del 2014, conv. in Legge n. 89 del 2014;
d.P.C.M. 11.11.2014). Eccesso di potere: l’art. 9 del D.L. n. 66 del 2014 ha previsto
una nuova figura giuridica denominata “soggetto aggregatore”; analoga figura è
contemplata dalla nuova direttiva appalti 2014/24/UE; la disposizione citata
prevede che siano definiti con d.P.C.M. i requisiti per beneficiare della qualifica di
“soggetto aggregatore” ed ambire all’iscrizione nell’apposito elenco di cui all’art. 9 cit.,
per le centrali di committenza diverse dai “soggetti aggregatori di diritto” individuati
nella Consip S.p.a., a livello statale e nelle centrali uniche di committenza, costituite
ai sensi dell’art. 1, comma 455, Legge n. 296 del 2006, in ambito regionale; la
determinazione ANAC n. 2 del 2015, oggetto di separato ricorso dinnanzi a questo
TAR, da parte della stessa Asmel s.c. a r.l., ha illegittimamente limitato l’ambito
soggettivo degli enti che possono aspirare all’inserzione nell’elenco dei soggetti
aggregatori, riferendosi alle sole forme associative previste dal d.lgs. n. 267 del
2000 (TUEL), a ciò non autorizzata dalla fonte di rango superiore (il citato
d.P.C.M. 11.11.2014) né, tantomeno, dall’art. 9 del D.L. n. n. 66 del 2014 che, in
perfetta coincidenza con la direttiva UE 2014/24, non imporrebbe alcuna forma
tipizzata di collaborazione tra enti locali per la configurazione dei nuovi soggetti
aggregatori;
VI. Violazione e falsa applicazione dell’art. 33, comma 3, D.Lgs. n. 163 del 2006 e
dell’art. 30 TUEL. Sui limiti dell’affidamento all’attività di una centrale di
committenza: partendo dall’analisi di alcuni pareri resi dalle sezioni regionali della
Corte dei conti, nel ricorso si deduce la diversità di regime giuridico tra lo
strumento della convenzione di cui all’art. 30 TUEL e quello dell’ “accordo
consortile” di cui parla il comma 3 bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici:
quest’ultima disposizione infatti richiama il solo art. 32 del TUEL per la disciplina
delle unioni dei comuni (altra figura ammessa ad assumere le funzioni di centrale di
committenza) mentre non richiama l’art. 30 TUEL (dedicato alle convenzioni tra
enti locali) ai fini della definizione e disciplina degli accordi consortili, segno
evidente, secondo la ricorrente, che il legislatore ha inteso consentire diverse ed
“atipiche” modalità di cooperazione tra enti locali, anche con il coordinamento
con soggetti diversi dagli enti locali e mediante forme indirette (come accade, ne
caso di specie, attraverso l’adesione del singolo Comune alla Asmel consortile,
tramite la sua adesione alla Associazione Asmel);
VII. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità del’azione
amministrativa: l’Amministrazione, secondo parte ricorrente, anziché
concludere “in modo precipitoso” per l’impossibilità di Asmel di operare quale centrale
di committenza avrebbe potuto e dovuto concedere al soggetto interessato un
periodo di tempo entro il quale mettersi in regola a livello organizzativo
eliminando le difformità riscontrate, così individuando una misura meno
sacrificante per l’interessata.
La Asmel consortile ha formulato nel ricorso anche istanza risarcitoria in relazione
ai gravissimi danni subiti, in conseguenza della deliberazione oggi impugnata, per la
paralisi della propria attività consortile e per la lesione della reputazione al cospetto
di centinaia di comuni aderenti alla Asmel.
5. Si è costituita l’ANAC che, attraverso l’approfondita memoria articolata dalla
difesa erariale, mira all’integrale rigetto del ricorso, dovendo ritenersi del tutto
infondati i motivi di gravame, a fronte dell’approfondita istruttoria svolta
dall’ANAC e dell’articolata motivazione della deliberazione impugnata, non scalfita
dalle censure dedotte.
6. Si è altresì costituita in giudizio l’Associazione Nazionale Aziende
Concessionarie e Pubblicità (ANACAP), ente al quale (oltre che all’ANAC) il
ricorso introduttivo è stato notificato e dai cui esposti ha preso avvio l’indagine
ispettiva sfociata nel provvedimento oggi impugnato. L’ANACAP, con articolata
memoria e produzione documentale, mira anch’essa a confutare gli argomenti della
ricorrente che, a suo avviso, per la sua strutturazione soggettiva, non può
considerarsi in nessun modo legittimata a svolgere le funzioni pubbliche di centrale
di committenza, trattandosi di soggetto di diritto privato, costituito sulla base di
iniziativa assunta da soggetti privati e non rispondente ad alcuno dei modelli di
centrale di committenza desumibili dall’art. 33 del D.lgs. n. 163 del 2006.
7. In esito all’udienza camerale del 17 giugno 2015 la Sezione, con ordinanza n.
6869/ 2015, ha respinto la proposta istanza cautelare. Successivamente, la Sezione
VI del Consiglio di Stato, investita dell’appello cautelare, lo ha accolto
limitatamente alle seguenti ragioni:“considerato….che l’art. 1, comma 169, della legge 13
luglio 2015, n. 107 ha prorogato l’entrata in vigore del suddetto art. 33 al “1 novembre 2015”;
che, per valutare se il modello di aggregazione posto in essere sia o meno compatibile con il modello
organizzativo legale, è necessario che la legge, che lo contempla e ne disciplina il regime transitorio,
sia entrata in vigore; che tale accertamento presuppone un approfondito esame nel merito della
questione; che, pertanto, è necessario che tale questione venga decisa dal tribunale amministrativo
con celerità in ragione della particolare rilevanza degli interessi implicati dalla vicenda in esame;
che, nelle more della decisione, all’esito di un complessivo bilanciamento degli interessi, è opportuno
anche al fine di non incidere sulle procedure di gara in corso, sospendere l’efficacia del
provvedimento 30 aprile 2015, n. 32(1) dell’Autorità nazionale anticorruzione….”.
In vista della pubblica udienza per la trattazione di merito hanno depositato:
documenti, memoria conclusionale e memoria di replica l’Amministrazione;
documenti e memoria di replica la difesa della ricorrente. Quest’ultima, oltre ad
ulteriormente illustrare i motivi di ricorso, evidenzia in termini critici la circostanza
che, nelle more del giudizio, con deliberazione ANAC del 22.7.2015 è stata
disposta l’esclusione dell’Asmel dall’elenco dei soggetti aggregatori e la contestuale
ammissione del Consorzio Energia Veneto (CEV), nonostante quest’ultimo
possieda caratteristiche soggettive e oggettive assimilabili a quelle della ricorrente.
Quest’ultima deliberazione è stata impugnata dalla odierna ricorrente, con motivi
aggiunti nell’ambito del distinto giudizio pendente dinnanzi a questa Sezione n.
3949/2015, originariamente introdotto avverso il d.P.C.M. 11.11.2014 (di
definizione dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori) ed
avverso la delibera ANAC n. 2/2015. La difesa della ricorrente ha richiesto la
riunione ovvero la trattazione congiunta, per motivi di connessione, del predetto
ricorso e del presente.
La difesa erariale nella propria memoria di replica fa riferimento al provvedimento
ANAC in data 15.10.2015 con cui è stata disposta la sospensione del Consorzio
CEV dall’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori “fino alla conclusione della
procedura di verifica dei presupposti per l’adozione di una possibile azione in via di autotutela per
la rivalutazione dell’iscrizione del Consorzio nel suddetto elenco”.
Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2015, dopo ampia discussione, il Collegio,
non ritenendo di aderire alla richiesta di riunione avanzata dalla società ricorrente,
ha assunto la causa in decisione.
DIRITTO
1. Occorre, in via preliminare, affrontare l’eccezione di inammissibilità dei motivi
IV e V di gravame, per violazione del principio del “ne bis in idem”,sollevata dalla
difesa erariale (vedi pag. 29 della prima memoria) in quanto, come attestato dalla
stessa ricorrente, è pendente dinnanzi a questo TAR altro ricorso,
precedentemente iscritto a ruolo (RG. 3949/2015), nel quale si deducono le
medesime censure ora riproposte in questa sede ed afferenti alla determina ANAC
n. 2/2015. Il Collegio ritiene fondata l’eccezione limitatamente al motivo V del
ricorso nel quale si articolano, in effetti, censure ampiamente sovrapponibili a
quelle svolte nel gravame precedentemente proposto, rivolte alla determinazione
ANAC n. 2 del 2015, diversa da quella oggetto del presente ricorso (ove si chiede
l’annullamento della sola delibera n. 32 del 30 aprile 2015). Trattandosi di censure
articolate con ricorso avente data di iscrizione a ruolo anteriore a quella relativa al
presente, il motivo sub V deve ritenersi inammissibile in applicazione dei principi
del “ne bis in idem” e di litispendenza ex art. 39 c.p.c. (applicabile al processo
amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all’art. 39 c.p.a.). La stessa
conclusione non sembra invece attagliarsi al motivo di ricorso sub IV, nel quale,
come visto, la ricorrente censura sotto il profilo dell’eccesso di potere la
circostanza che l’Autorità, con il provvedimento all’odierno esame, si sia espressa
sull’impossibilità di includere Asmel s.c. a r.l. nell’elenco dei soggetti aggregatori di
cui al D.L. n. 66 del 2014, in una sede procedimentale diversa da quella
appropriata, costituita dal separato procedimento per la definizione dell’istanza di
inclusione nell’elenco stesso, ancora in corso al momento dell’adozione della
deliberazione per cui è causa. A quest’ultimo vizio non paiono estensibili le ragioni
di inammissibilità sopra riferite al motivo sub V e, pertanto, l’inammissibilità
preclusiva dell’esame di merito deve affermarsi limitatamente a questo solo
motivo.
2. Inammissibile per difetto di legittimazione attiva deve considerarsi anche il
primo motivo di gravame in cui, come visto, la Asmel consortile si lamenta
dell’indebito inserimento nel dispositivo provvedimentale e dell’estensione dei suoi
effetti alla figura soggettiva costituita dal Consorzio Asmez, rimasto formalmente e
sostanzialmente estraneo al procedimento di verifica conclusosi con la delibera qui
impugnata. Come rilevato da parte ricorrente, il Consorzio, nel passato, è stato
socio della Asmel s.c.a r.l. e ha contribuito attivamente alla costituzione di essa ma
ne è recentemente uscito (doc. 6 ric.); tuttavia, attualmente, esso non opera più, né
intende nel futuro operare, quale centrale di committenza. In ogni caso, essendosi
svolta l’istruttoria nei soli confronti della società consortile ricorrente, senza il
coinvolgimento del Consorzio Asmez, non era possibile assumere il
provvedimento (anche) nei confronti di quest’ultimo per il doveroso rispetto dei
fondamentali principi procedimentali di cui alla Legge n. 241 del 1990.
Al Collegio sembra evidente che le censure riportate siano estranee alla sfera di
legittimazione della Asmel consortile che lamenta la lesione di posizioni giuridiche
altrui, in quanto afferenti ad un soggetto (il Consorzio Asmez), rispetto al quale
essa stessa rimarca la propria diversità ed autonomia decisionale. Oltre a ciò non è
ravvisabile neanche l’interesse a ricorrere in quanto, ove anche si pervenisse alla
conclusione dell’illegittimità del provvedimento nella parte in cui si rivolge al
Consorzio Asmez, ciò non determinerebbe alcuna illegittimità riflessa del
provvedimento in quanto rivolto alla Asmel s c. a r.l.. Pertanto, anche il primo
motivo (al pari del quinto) non può essere esaminato nel merito.
3. Il motivo di ricorso sub II rappresenta il punto nevralgico del ricorso all’odierno
vaglio, in quanto è in esso che la ricorrente, sulla base dell’analitica disamina della
normativa interna e UE (è citata ampiamente la nuova Direttiva UE sugli appalti,
2014/14/UE, di ormai prossimo recepimento nel nostro ordinamento), afferma
che non sono individuabili, a livello normativo, ragioni ostative alla possibilità di
un soggetto strutturato secondo il “modello Asmel” di poter operare quale centrale di
committenza ai sensi dell’art. 33, comma 3 bis, D L.gs. n. 163 del 2006 in favore
dei numerosi comuni di piccole e medie dimensioni che, nel corso degli anni,
hanno aderito, per il tramite dell’Associazione privata Asmel, alla Asmel consortile
e richiesto a quest’ultima servizi corrispondenti a quelli delineati dall’art. 3, comma
34, D.Lgs. n. 163 del 2006, che possono consistere:
- nell’acquisto di forniture o servizi (non lavori) destinati ad amministrazioni
aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori;
- nell’aggiudicare appalti pubblici o nel concludere accordi quadro di lavori,
forniture e servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti
aggiudicatori.
3.1. La messa in chiaro del problema richiede una descrizione, completa per
quanto sintetica, delle disposizioni e dei principi che vanno a comporre il quadro
normativo di riferimento applicabile alla tematica della centrale di committenza
(genus) e del “soggetto aggregatore” (species), nell’ambito delle procedure di
affidamento di lavori, servizi e forniture.
Prevede l’art. 3, comma 34, D.Lgs. n. 163 del 2006, poc’anzi citato, che la centrale
di committenza è una “amministrazione aggiudicatrice”, per la cui definizione si deve
fare riferimento al comma 25 del medesimo articolo secondo cui sono
amministrazioni aggiudicatrici: le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici
territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli “organismi di diritto
pubblico” nonché le “associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati costituiti da detti
soggetti” (nella prospettiva della ricorrente, l’ultima citata sarebbe la categoria a cui
ricondurre il “sistema Asmel”) .
Si deve poi rammentare che, ai sensi dell'art. 33, comma 1, del codice dei contratti
pubblici, tutte le stazioni appaltanti sono legittimate a fare ricorso alle centrali
d'acquisto anche associandosi e consorziandosi. Per comprendere quali siano i
soggetti legittimati a svolgere le funzioni di centrali di committenza, si evidenzia
che, a livello nazionale, è stata istituita un'unica centrale per gli acquisti delle
Amministrazioni dello Stato, la Consip s.p.a., a cui peraltro – ai sensi del comma 3
– bis dell’art. 33 D.Lgs. n. 163/2006- come da ultimo modificato dall'art. 9 del d.l.
n. 66/2014 - anche i comuni possono (ma non sono tenuti a) ricorrere in assenza
di altro soggetto aggregatore di riferimento.
In ambito territoriale regionale si individuano invece, come soggetti aggregatori, le
centrali di acquisto regionali per le quali esiste, fin dal 2006, una specifica copertura
normativa rinvenibile legge 27 dicembre 2006, n. 266, in forza della quale le regioni
hanno provveduto, seppur in modi e termini diversificati, all'adozione di propri
provvedimenti attuativi (leggi regionali, deliberazioni etc.).
Con particolare riguardo agli enti locali - che sono i soggetti pubblici nell’interesse
specifico dei quali la Asmel consortile è destinata a svolgere le sue funzioni di
centrale di committenza e, più in generale, ad erogare, tramite la propria
piattaforma informatica, servizi utili nella gestione delle procedure di affidamento
di appalti - il Codice dei contratti, all'art. 33 ha confermato la possibilità, per i
comuni, di organizzarsi per delegare i procedimenti di acquisto alle centrali uniche
di committenza.
Secondo il comma 3 bis dell’art. cit., infatti, è attualmente previsto che: “I Comuni
non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle
unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove
esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei
competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province,
ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni
e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto
aggregatore di riferimento. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che
procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal
presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l'obbligo di cui al primo periodo
decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione” (trattasi del testo ora vigente,
introdotto dall'art. 9, comma 4, D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con
modificazioni, dalla L. 23 giugno 2014, n. 89).
Il comma 3 – bis, originariamente inserito nel corpo dell’art. 33 cit. dall'art. 23,
comma 4, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. decreto "Salva-Italia", convertito, con
modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214), fino al testo vigente sopra
trascritto, ha subito diverse modifiche. In particolare, a seguito delle novità
introdotte dall’art. 1, comma 343, Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di
stabilità 2014), il testo pre-vigente rispetto all’attuale formulazione prevedeva che «i
Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna
Provincia affidano obbligatoriamente ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori,
servizi e forniture nell'ambito delle unioni dei comuni, di cui all'articolo 32 del testo unico di cui
al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo
consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa
…ecc».Entrambe le disposizioni nel tempo succedutesi stabiliscono (per i Comuni
con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, nella versione anteriore, per i
Comuni non capoluogo di Provincia nel testo più recente), accanto alla possibilità
di rivolgersi a centrali di committenza ove esistenti, la possibilità di dar vita a
forme di aggregazione, definendone caratteristiche dimensionali ed organizzative.
Nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 9, comma 4, D.L. 24 aprile
2014, n. 66, infatti, è venuto meno il riferimento all'ambito territoriale di
operatività come corrispondente a quello provinciale; resta fermo invece, nelle due
versioni della norma, il riferimento agli "accordi consortili" e l'obbligo di utilizzo dei
"competenti uffici" degli enti locali stessi. Il sistema delineato, a seguito del più recente
intervento legislativo costituito dal D.L. 24.4.2014, n. 66, contempla, vicino ad un
livello nazionale (Consip S.p.a.) e ad un livello regionale di centralizzazione, forme
di aggregazione ulteriori, da realizzarsi su iniziativa dei piccoli enti locali, attraverso
la condivisione delle proprie risorse umane e strumentali, nell'ambito di Province,
Unioni o mediante la stipula di convenzioni. Con riguardo a queste ultime figure
negoziali, la dizione “accordo consortile” non sembra da interpretare, in termini tecnici
e restrittivi come richiamante, necessariamente, la figura del consorzio pubblico di
cui all’art. 31 TUEL. Nell'attuale versione dell'art. 33 comma 3-bis, pur essendo
stato eliminato il riferimento al «territorio di ciascuna provincia», restano tutti gli altri
elementi e cioè:
- la necessità di avvalersi dei competenti uffici (anche delle Province);
- le unioni dei Comuni ovvero gli “accordi consortili”, quali strumenti di aggregazione
dell’offerta;
- come si legge nel provvedimento impugnato (pag. 9) “la ratio della normativa in
esame è rimasta quella di "centralizzare" attraverso forme di aggregazione in ambito
territorialmente circoscritto e definito, per consentire anche la condivisione delle risorse umane e
strumentali degli Enti interessati, la razionalizzazione dei centri di spesa, la riduzione dei costi
di gestione e il conseguente risparmio di risorse pubbliche”.
Si è già citato l'art. 9 del decreto legge n. 66 del 2014 ed il suo impatto sul comma 3
bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici. Il medesimo articolo 9 prevede
altresì, al comma 2, che “2. I soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 (e cioè la Consip
S.p.a. e le centrali di acquisto regionali, ndr) che svolgono attività di centrale di committenza ai
sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 richiedono all'Autorità
l'iscrizione all'elenco dei soggetti aggregatori. I soggetti aggregatori di cui al presente comma
possono stipulare, per gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni di cui all'articolo 26,
comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni. L'ambito territoriale
di competenza dei soggetti di cui al presente comma coincide con la regione di riferimento
esclusivamente per le categorie merceologiche e le soglie individuate con il decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata sono definiti i
requisiti per l'iscrizione tra cui il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione, nonché i
valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad
ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione
della domanda. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata, è istituito il Tavolo tecnico dei soggetti
aggregatori, coordinato dal Ministero dell'economia e delle finanze, e ne sono stabiliti i compiti, le
attività e le modalità operative”.
Il numero massimo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale è stato
fissato in un massimo di trentacinque soggetti (vedi comma 5, art. 9 cit.), numero
nel quale sono inclusi “di diritto” Consip S.p.a. (Società “in house” del M.E.F.) ed
una centrale di committenza per ciascuna regione a cui si vanno ad aggiungere gli
altri soggetti aggregatori che svolgano attività di centrale di committenza ai sensi
dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici e che richiedano ed ottengano
l'iscrizione nell'apposito Elenco (vedi comma 2, art. 9 cit.).
E’ quindi intervenuto, in attuazione del comma 2, art. 9 sopra trascritto, il decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 novembre 2014 (“Requisiti per l'iscrizione
nell'elenco dei soggetti aggregatori, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, secondo periodo, del decretolegge
24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.
89”, pubblicato nella Gazz. Uff. 20 gennaio 2015, n. 15) il quale ha definito le
condizioni per l'iscrizione nell’ Elenco Nazionale dei soggetti aggregatori,
prevedendo all’art. 2 quanto segue:
«1. Richiedono l'iscrizione all'elenco dei soggetti aggregatori, se in possesso dei requisiti di cui al
successivo comma 2, i seguenti soggetti o i soggetti da loro costituiti che svolgano attività di centrale
di committenza ai sensi dell'art. 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 con carattere di
stabilità, mediante un'organizzazione dedicata allo svolgimento dell'attività di centrale di
committenza, per il soddisfacimento di tutti i fabbisogni di beni e servizi dei relativi enti locali:
a) città metropolitane istituite ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 e del decreto legislativo 17
settembre 2010, n. 156 e le province;
b) associazioni, unioni e consorzi di enti locali, ivi compresi gli accordi tra gli stessi comuni resi in
forma di convenzione per la gestione delle attività ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267.
2. Ai fini dell'iscrizione all'elenco dei soggetti aggregatori, i soggetti di cui alle lettere a) e b) del
comma 1, devono nei tre anni solari precedenti la richiesta, avere pubblicato bandi e/o inviato
lettera di invito per procedure finalizzate all'acquisizione di beni e servizi di importo a base di
gara pari o superiore alla soglia comunitaria, il cui valore complessivo sia superiore a
200.000.000 euro nel triennio e comunque con un valore minimo di 50.000.000 euro per
ciascun anno. In sede di prima attuazione del presente decreto, rileva ai fini del possesso del
requisito il triennio 2011-2012-2013.».
Il provvedimento, pertanto, conferma che l'inclusione nell'elenco dei soggetti
aggregatori è riservata agli enti locali intermedi, ai quali siano state delegate le
funzioni di acquisto dai comuni inclusi nel territorio di riferimento (Città
metropolitane e Province) oppure, in alternativa, ad associazioni, unioni, consorzi
tra enti locali, che possono coordinarsi anche mediante accordi resi in forma di
convenzione, ai sensi del T.U. degli Enti Locali (vedi artt. 30 – 34 TUEL),
occorrendo, secondo le norme del d.P.C.M., che i soggetti aggregatori siano istituiti
su iniziativa di enti locali, al fine di aggregare, attraverso la delega ad un unico
soggetto, le funzioni di acquisto degli enti partecipanti all'iniziativa.
Infine, è stato istituito un Fondo per l'aggregazione degli acquisti di beni e di
servizi destinato al finanziamento delle attività svolte dai soggetti aggregatori.
Per l'entrata in vigore e l'applicabilità delle disposizioni contenute nel comma 3 bis
dell’art. 33, si veda l'art. 23-ter del D.L. n. 90/2014, come da ultimo modificato
dall'art. 1, comma 169, L. 13 luglio 2015, n. 107, a mente del quale “le disposizioni di
cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
modificato da ultimo dall'articolo 23-bis del presente decreto, entrano in vigore il 1° novembre
2015. Sono fatte salve le procedure avviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto” (in merito alla disposizione da ritenere vigente al momento
dell’adozione del provvedimento ANAC impugnato, si tornerà nel successivo par.
3.3.).
Per completezza ricostruttiva e perché ampiamente citate dalla ricorrente nei
propri scritti difensivi (vedi in particolare pag. 8 e ss. ricorso), appare opportuno
riportare, per quanto di interesse nella presente sede, alcune disposizioni della
nuova direttiva appalti 2014/14/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del
26 febbraio 2014, relativa ai “settori ordinari”, attinenti alla tematica delle centrali di
committenza:
- art. 2, comma 1, 14) (definizioni): ‹‹ “attività di centralizzazione delle committenze”:
attività svolte su base permanente, in una delle seguenti forme: a) l’acquisizione di forniture e/o
servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici; b) l’aggiudicazione di appalti o la conclusione
di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici;
- 15) “attività di committenza ausiliarie”: attività che consistono nella prestazione di supporto
alle attività di committenza, in particolare nelle forme seguenti: a) infrastrutture tecniche che
consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare appalti pubblici o di concludere
accordi quadro per lavori, forniture o servizi; b) consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione
delle procedure di appalto; c) preparazione e gestione delle procedure di appalto in nome e per
conto dell’amministrazione aggiudicatrice interessata”;
16) “centrale di committenza”: un’amministrazione aggiudicatrice che fornisce attività di
centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie››.
Si legge inoltre all’art. 37, comma 4, della direttiva (dedicato alle attività di
centralizzazione delle committenze) che “Le amministrazioni aggiudicatrici, senza
applicare le procedure di cui alla presente direttiva, possono aggiudicare a una centrale di
committenza un appalto pubblico di servizi per la fornitura di attività di centralizzazione delle
committenze. Tali appalti pubblici di servizi possono altresì includere la fornitura di attività di
committenza ausiliarie”.
3.2. Secondo parte ricorrente l’erogazione, da parte della Asmel s.c.a r.l., dei servizi
propri della centrale di committenza, come attualmente definiti dal comma 34
dell’art. 3 (norma non molto diversa sul punto da quella della nuova direttiva)
appare pienamente legittima e compatibile con il quadro normativo di riferimento,
da interpretare in chiave evolutiva, con particolare riguardo al più recente testo del
comma 3 bis dell’art. 33 D. lgs. n. 163/2006 ed ai passaggi sopra evidenziati della
nuova direttiva appalti (settori ordinari). Cercando di sintetizzare le argomentazioni
ricorsuali di cui al II motivo di ricorso è possibile descrivere il
seguente “sillogismo”: ASMEL consortile è organismo di diritto pubblico; gli
organismi di diritto pubblico sono amministrazioni aggiudicatrici, le centrali di
committenza sono amministrazioni aggiudicatrici anch’esse; “ergo” gli enti
partecipanti (seppure indirettamente nella specie, attraverso l’associazione di diritto
privato Asmel) possono avvalersi della centrale di committenza costituita da
ASMEL consortile ovvero utilizzare le convenzioni-quadro che (sul “modello
Consip”) siano state da essa stipulate o, ancora, utilizzare la piattaforma informatica
progettata dalla stessa ASMEL consortile per coadiuvare le stazioni appaltanti nella
gestione delle procedure di gara.
Né la riferita conclusione può trovare un ostacolo, secondo la ricorrente, nella
partecipazione (soltanto) indiretta dei comuni aderenti che, come visto, non sono
né fondatori, né soci della Asmel consortile, bensì associati della Asmel
associazione, a propria volta socia della Asmel consortile con una quota pari al 49
%.
Si tratterebbe infatti di un “involucro meramente formale” (vedi pag. 13 memoria di
replica ric.) atteso che nella società consortile, contrariamente al passato, non vi
sarebbe più alcun soggetto privato ed essendo la compagine sociale composta
esclusivamente dal Comune di Caggiano (detentore del 51%) e dalla menzionata
Associazione (detentrice del restante 49%), la quale, del pari, non annovera più al
suo interno soggetti privati ma soltanto enti pubblici (cfr. docc. 10 e 11 ric.).
Parte ricorrente sottolinea inoltre che: - ciò che conta è la volontà dell’ente locale
di avvalersi (non importa se in via diretta o indiretta) dei servizi della centrale di
committenza Asmel; i Comuni aderiscono alla Associazione e, quindi, assunto
tale “status”, deliberano un apposito “accordo consortile”avente ad oggetto il
conferimento alla Asmel s.c. a r.l. dell’attività di centrale di committenza da
svolgere nel loro interesse; gli enti locali aderenti esercitano comunque “significativi
poteri (una sorta di “golden share”) sia nell’indirizzo gestionale che nella scelta
dell’amministratore unico” (attraverso l’Associazione socia); non si avrebbe,
inoltre, “delega di funzioni di committenza”, in quanto l’accordo Comune/Asmel s.c. a
r.l. lascia in capo ai comuni aderenti la titolarità dell’appalto, riservando alla
struttura operativa soltanto un ruolo di supporto e consulenza; l’ “accordo
consortile” di cui all’art. 33, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici costituisce
una “formula negoziale aperta e flessibile, dotata di un certo grado di atipicità”.
3.3. Ad avviso del Collegio il motivo è infondato.
3.4. Occorre un chiarimento preliminare sulla disposizione da applicare alla specie,
considerate le possibili incertezze ingenerate dai ripetuti interventi legislativi
succedutisi in breve lasso di tempo, che hanno inciso sul comma 3 bis dell’art. 33,
a partire dalla sua introduzione, per effetto del ricordato D.L. 6 dicembre 2011, n.
201, sia sul piano contenutistico (variamente integrato nel tempo) sia sulla sua
entrata in vigore ed applicabilità.
Come già evidenziato, le disposizioni del comma 3 bis, come fissate dalle più
recenti modifiche legislative, sono entrate in vigore soltanto a decorrere dallo
scorso 1 novembre 2015 per effetto delle norme così succedutesi: art. 23 – ter,
comma 1, D.L. 24.6.2014, n. 90; quindi, art. 8, comma 3 – ter, D.L. 31.12.2014, n.
192 e art. 1, comma 169, Legge 13.7.2015, n. 107 (cfr. anche il comma 211 del
medesimo articolo), disposizioni che hanno inciso direttamente sull’art. 23 – ter,
comma 1 del D.L. 90 cit. e, soltanto in via indiretta sul testo del comma 3 bis
dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici, determinando comunque la proroga
reiterata della sua entrata in vigore fino allo scorso 1 novembre 2015 (il comma 3
bis, pertanto, nel suo testo ultimo ed aggiornato, è vigente soltanto dallo scorso
novembre). Ciò significa che, per effetto della proroga avente effetto a partire dal
25 giugno 2014 in forza del D.L. n. 90 del 2014 (pubblicato in G.U. il 24 giugno) e,
come visto, successivamente rinnovata senza soluzione di continuità, al momento
della deliberazione (impugnata) n. 32 assunta dal Consiglio dell’Autorità in data
30.4.2015, il testo attuale dell’art. 3 bis dell’art. 33 (e cioè quello introdotto dall’art.
9, comma 4, del D.L. 24.4.2014, n. 66) non era ancora entrato in vigore. Viceversa
si doveva considerare vigente, al momento della determinazione dell’ANAC
impugnata, il precedente testo della disposizione, così come introdotto dal D.L.
6.12.2011, n. 201 e, per quanto rileva nella presente sede, il precedente “nucleo
precettivo”, contenuto nel primo periodo che, per comodità di lettura di seguito si
trascrive: “3- bis. I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel
territorio di ciascuna Provincia, affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza
l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni di comuni, di cui all’art. 32 del
testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un
apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti
uffici”. Quest’ultima norma doveva ritenersi vigente all’atto della decisione per cui è
causa in quanto introdotta dall’art. 23, comma 4, del citato decreto-legge n. 201 del
2011, ritualmente convertito con legge 22.12.2011, n. 214. Detta norma (al
contrario di quella sostitutiva derivante dall’art. 9, comma 4, D.L. n. 66/2014) non
ha subito proroghe relative alla sua entrata in vigore bensì soltanto differimenti
relativi alla sua applicabilità e concreta operatività, in virtù di quanto previsto “ab
origine” dall’art. 23, comma 5, dello stesso D.L. n. 201 cit. secondo cui l’art. 33,
comma 3 bis, del d. lgs. 163 del 2006 - introdotto dal comma 4 dello stesso D.L. n.
201 – “si applica alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012”, termine
successivamente prorogato fino 30 giugno 2014 per effetto di varie disposizioni
intervenute, fino, in ultima battuta, all’art. 3 del D.L. 30.12.2013, n. 150 (conv. con
legge n. 15 del 27.2.2014).
Ciò significa che la norma doveva considerarsi vigente, anche se non ne era ancora
obbligatoria l’applicazione alle procedure di affidamento indette da parte dei
piccoli Comuni (quelli con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti). In ogni
caso, i piccoli Comuni erano pienamente legittimati ad implementare i nuovi
strumenti di centralizzazione degli acquisti di cui all’art. 33, comma 3 bis (secondo
la formulazione di cui al D.L. 201 / 2011) – unioni di Comuni ex art. 32, “accordi
consortili” tra Comuni – la cui concreta utilizzazione ed applicazione veniva
differita a successiva data predeterminata.
E’ pertanto a questa formulazione del comma 3 bis (e non all’attuale, entrata in
vigore lo scorso 1 novembre 2015) che si deve fare riferimento per valutare la
corrispondenza del sistema Asmel al modello legale e, conseguentemente, per
sindacare la legittimità dell’esercizio del potere di sua spettanza da parte
dell’ANAC, come espressosi nel provvedimento impugnato.
3.5. Il Collegio, inoltre, ritiene che le previsioni contenute nella direttiva
2014/24/UE non siano rilevanti nel presente giudizio. Come già detto, tali
disposizioni vengono ampiamente citate dalla Asmel s c. a r.l., in quanto, a suo
dire, amplierebbero notevolmente le possibilità, per gli enti pubblici interessati, di
avvalersi di forme diversificate di centrale di committenza, con possibilità per le
amministrazioni aggiudicatrici di affidare appalti di servizi aventi ad oggetto la
fornitura di attività di centralizzazione delle committenze, anche a soggetti societari
con partecipazione privata minoritaria ed a prescindere dall’applicazione delle
procedure competitive previste dalla direttiva (vedi art. 37, par. 4 della direttiva).
Al riguardo il Collegio ritiene che la direttiva “de qua” non possa ritenersi “self
executing” ed immediatamente applicabile da parte del Giudice nazionale, per la
semplice ragione che essa è tuttora in attesa di recepimento all’interno del nostro
ordinamento, non essendo ancora scaduto il termine a tal fine previsto. Sul
problema appaiono illuminanti e del tutto condivisibili alcuni passaggi, di seguito
riportati, della recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n.
2660:
- “….la giurisprudenza comunitaria riconosce una forma di rilevanza giuridica alla direttiva
anche prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento. Si tratta, però, di una rilevanza
giuridica certamente minore rispetto al c.d. effetto diretto (che implica l’immediata applicazione
della direttiva dettagliata ai rapporti c.d. verticali), che si traduce semplicemente, in nome del
principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill, ovvero nel dovere per il legislatore di
astenersi dall’adottare, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della direttiva nella GUUE
e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi misura che possa compromettere il
conseguimento del risultato prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C-129/96, InterEnvironnementVallonie)”
e per il giudice di astenersi da qualsiasi forma di interpretazione o di
applicazione del diritto nazionale da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di
attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla direttiva (C. giust. UE, 15 aprile
2008, C-268/08, Impact)”;
- l’unico obbligo che incombe sul Giudice nazionale di fronte alle disposizioni di
un direttiva UE (potenzialmente rilevanti nel caso sottoposto al suo vaglio), che sia
in attesa di formale e pieno recepimento mediante l’atto legislativo interno, è un
obbligo negativo “che si sostanzia nel dovere di astenersi dall’interpretazione difforme
potenzialmente pregiudizievole per i risultati che la direttiva intende conseguire. Si tratta, in altri
termini, di un obbligo attenuato rispetto a quello di interpretazione conforme in quanto discende
da un principio sì fondamentale del diritto dell’Unione, quale è quello di leale cooperazione, ma,
pur tuttavia, gerarchicamente sotto ordinato a quello del primato, il cui mancato rispetto mina la
stessa essenza dell’ordinamento dell’Unione”;
- va inoltre considerato che nel caso considerato dalla sentenza in commento
(afferente all’istituto dell’ “in house providing”), così come per il tema della
legittimazione a fungere da centrale di committenza, oggetto del presente ricorso,
le regole di cui si fa applicazione (con riguardo al presente giudizio, “in primis”, il
comma 3 bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici), le quali possono
apparire in potenziale contrasto con le previsioni della nuova direttiva, in realtà
sono regole già esistenti nell’ordinamento nazionale (e non introdotte ex novo dal
legislatore in violazione del dovere di standstill) e trovano la loro fonte proprio
nell’ordinamento dell’Unione Europea;
- pertanto, nella presente fattispecie, come in quella esaminata dall’Adunanza
Plenaria, “non si può, quindi, ritenere che la mera pubblicazione della direttiva determini, prima
che sia scaduto il termine per il suo recepimento, il superamento automatico e immediato di una
disciplina preesistente di derivazione comunitaria”.
In ogni caso, al di là delle considerazioni sopra svolte, deve sempre osservarsi che
il ricorso (da parte dei piccoli Comuni associati alla ass. Asmel e aderenti alla soc.
consortile) ad una centrale di committenza, come pretende di essere qualificata la
ricorrente, in assenza di una procedura comparativo – selettiva aperta a tutte le
imprese in grado di offrire simili servizi, costituisce comunque una deroga ai
fondamentali principi di derivazione comunitaria della libertà di concorrenza, “par
condicio” e non discriminazione tra operatori economici in ambito UE (vedi art. 2,
comma 2 bis, D.Lgs. n. 163 del 2006). Trattandosi, pertanto, di
istituto “derogatorio” e non applicativo di principi cogenti di matrice eurounitaria, è
ammissibile che di esso (il riferimento è primariamente all’art. 37, par. 4 della
nuova direttiva appalti) il legislatore nazionale possa avvalersi, ma deve del pari
ammettersi che sarebbe altrettanto legittima la futura scelta legislativa di ricorrere
all’istituto “centrale di committenza” in termini più restrittivi rispetto a quanto sembra
consentito, in prospettiva, dalla direttiva 2014/24/UE.
3.6. Una volta chiarito il quadro normativo di riferimento in concreto applicabile
alla presente fattispecie, il Collegio, sulla base dell’istruttoria processuale, osserva
che:
- l’indagine ispettiva svolta dall’Autorità di Vigilanza (sul punto non smentita dalla
ricorrente) ha permesso di verificare che la Asmel consortile s.c. a r.l. non è stata
costituita soltanto da enti pubblici ma anche da soggetti privati e, precisamente:
dalla Associazione Asmel, associazione non riconosciuta di diritto privato, (che
aveva certamente tra i soci fondatori soggetti di diritto privato e non solo comuni e
municipi, vedi atto costitutivo doc. 4 res.); dal Consorzio Asmez (costituito e
partecipato da imprese private e loro organismi associativi, cfr. atto costitutivo,
doc. 3 res.); soltanto il terzo socio fondatore era un ente pubblico: si tratta del
Comune di Caggiano, piccolo Comune meridionale che detiene tuttora la quota di
maggioranza del 51 %;
- è inoltre emerso (anche tale circostanza è pacifica) che l’operatività territoriale
della Asmel s.c.a r.l. è del tutto illimitata, in quanto lo Statuto ammette, senza
particolari limiti, adesioni successive di enti locali collocati su tutto il territorio
nazionale;
- in particolare è emerso che, avvalendosi dell’apposito modulistica predisposta
dalla Asmel, qualsiasi comune italiano, previa deliberazione del Consiglio
comunale, possa aderire all’Associazione non riconosciuta Asmel e,
successivamente, con delibera della Giunta, approvare il c.d. “accordo consortile” con
cui, in sostanza, si affidano alla Asmel s.c. a r.l. le funzioni di centrale di
committenza da esercitare nell’interesse del comune aderente (il c.d. accordo
consortile, pertanto, non interviene tra comuni ma tra il singolo Comune aderente
all’Associazione e la Asmel consortile);
- attraverso lo stesso sistema di adesione, gli enti locali sono anche ammessi ad
usufruire degli accordi - quadro già sottoscritti da Asmel consortile, inoltrando
ordinativi diretti agli operatori economici privati risultati aggiudicatari;
- i costi di funzionamento della centrale di committenza sono posti a carico degli
aggiudicatari delle gare, tenuti a versare una somma pari all’1,5% del corrispettivo
di aggiudicazione, “meccanismo” che l’ente locale che accede alla procedura di
affidamento gestita da Asmel è tenuto ad approvare con la stessa determinazione a
contrarre;
- secondo quanto riferisce la ricorrente l’Associazione Asmel raccoglierebbe oltre
2.200 comuni di varie parti d’Italia, oltre il 27% di tutti i comuni italiani (vedi
memoria di replica, pag. 2);
- parte ricorrente ha dimostrato in corso di causa l’uscita dalla Asmel S.c. a r.l. del
Consorzio Asmez; si evince infatti dalla visura prodotta (doc. 10 prod. ric.
20.11.2015) che attualmente l’intero capitale sociale è diviso tra il Comune di
Caggiano (51%) e Associazione Asmel (49%); la medesima ricorrente allega inoltre
che, attualmente, all’interno dell’Associazione Asmel non vi sarebbero più soggetti
di natura privatistica ma soltanto enti locali; verrebbero pertanto definitivamente
fugati, nell’ottica ricorsuale, tutti i residui dubbi in ordine all’influenza dominante
esclusivamente pubblica sulla “governance” di Asmel consortile.
3.7. Ad avviso del Collegio il sistema Asmel, come sopra descritto nei suoi
connotati fondamentali, non appare conforme al modello legale della “centrale di
committenza” come emergente dal combinato disposto degli artt. 3, commi 25 e
34 e 33, commi 1, 2 e 3 bis, d.lgs. n. 163 del 2006.
Ciò, principalmente, per un duplice ordine di ragioni:
a) la Asmel società consortile a r.l. non può essere qualificata “organismo di diritto
pubblico” non possedendo tutte i caratteri che a tale figura soggettiva impone il
comma 26 dell’art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006;
b) in ogni caso la ricorrente non appare conformarsi ad alcuno dei modelli
organizzativi enucleabili dal più volte menzionato comma 3 bis dell’art. 33 cit.,
atteso che l’ “accordo consortile” a cui si riferiscono le adesioni degli enti
territoriali alla Asmel nulla ha a che vedere con l’omonimo strumento ammesso dal
comma citato.
3.8. Quanto al primo aspetto giova premettere che la nozione di “organismo di diritto
pubblico”, di matrice europea ma ormai saldamente acquisita all’interno del nostro
ordinamento (vedi comma 26 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici), non
sembra poter svolgere alcun ruolo esplicativo o ricostruttivo della fattispecie in
esame. E’ noto, infatti, che la figura è stata elaborata in vista della possibilità di
equiparare società di capitali a partecipazione pubblica totale o maggioritaria agli
enti pubblici di stampo tradizionale al (solo) fine di assoggettare le prime alla
medesima disciplina di evidenza pubblica seguita dalle pp.AA., negli affidamenti
delle commesse pubbliche. All’interno di una nozione di ente pubblico che, in
ambito comunitario, appare cangiante e funzionale all’istituito di cui si deve fare, di
volta in volta, applicazione, anche una società formalmente strutturata su un
modello privatistico (una s.p.a., ad esempio), in presenza di determinati requisiti
organizzativi (influenza dominante del socio pubblico) e teleologici (perseguimento
di bisogni di interesse generale di natura non industriale o commerciale), finisce
per essere equiparata alle amministrazioni pubbliche in senso tradizionale, ai fini
del suo assoggettamento alle norme di derivazione comunitaria disciplinanti le
procedure di affidamento di lavori, forniture e servizi, norme funzionali alla piena
affermazione del principio di libera e piena concorrenza tra le imprese di un certo
settore economico, operanti in ambito UE.
La questione posta dalla ricorrente, tuttavia, è ben diversa da quella a cui la figura
dell’organismo è chiamata a dare risposta. Nella specie, infatti, non si è posto (e
non si pone) il problema del rapporto (per così dire, “esterno”) da instaurare con i
fornitori privati a cui la Asmel s. c. a r.l. si dovesse rivolgere per acquistare, per sé
stessa, beni o servizi (per i quali nessuno può seriamente affermare che la società in
discorso sia tenuta ad indire una procedura di affidamento regolata dalle norme del
d.lgs. n. 163/2006). Si pone, al contrario, il problema del rapporto “interno” tra la
Asmel s.c. a r.l. ed ente pubblico territoriale che intenda affidare ad essa la gestione
di una procedura comparativo-selettiva di propria competenza, per
l’aggiudicazione di un appalto (assegnandole il ruolo di “centrale di
committenza”), ovvero più circoscritti servizi ausiliari di supporto nella gestione della
gara.
Tale rapporto, in quanto attinente all’esercizio di una funzione certamente
pubblica - quale è quella che attiene all’organizzazione della procedura di selezione
comparativa della migliore offerta atta a meglio realizzare l’interesse pubblico - non
sembra trovare il suo referente nel modello dell’organismo di diritto pubblico (nato
per la disciplina del rapporto c.d. “esterno” tra S.A. e imprese concorrenti) ma in
altri e distinti modelli organizzativi quali la delega interorganica o intersoggettiva di
funzioni (tra organi o enti pubblici) oppure mediante l’“in house providing” di società
a forma privatistica che costituiscano la “longa manus” delle amministrazioni
aggiudicatrici (che svolgono su di esse un “controllo analogo” a quello svolto su uffici
e articolazioni propri).
Si deve infatti muovere dal principio (fondamentale in materia di commesse
pubbliche di rilevanza comunitaria) che, fuori di tale figura eccezionale (“in house
providing”), l’affidamento di “servizi” di committenza, suscettibili di valutazione
patrimoniale, di regola deve avvenire sulla base di un contratto aggiudicato in esito
ad una procedura competitiva, nel rispetto della libertà di concorrenza e della “par
condicio” delle imprese idonee a fornire tali “servizi”
3.9. Ciò detto, si è visto che, secondo l’impostazione ricorsuale, per potere essere
annoverata tra le centrali di committenza e svolgere le attività tipiche di esse (cfr.
art. 3, comma 34), alla società ricorrente sarebbe necessario e sufficiente l’essere
ricondotta alla figura dell’organismo di diritto pubblico, considerando che, sul
piano della strutturazione soggettiva, ai sensi del comma 34 dell’art. 3 del Codice la
centrale di committenza deve rispondere alla definizione di “amministrazione
aggiudicatrice” e che a loro volta sono “amministrazioni aggiudicatrici”: “le amministrazioni
dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di
diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti
soggetti”(art. 3, comma 25, d.lgs. n. 163 del 2006).
E’ noto poi che, sulla base della normativa e dell’elaborazione giurisprudenziale
comunitarie, oggi confluite nell’art. 3, comma 26 del codice, l’organismo di diritto
pubblico si individua sulla base dei seguenti indici di riconoscimento, tutti e tre
necessari:
- la personalità giuridica;
- la sottoposizione ad “influenza pubblica dominante”;
- il perseguimento stabile di “bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o
commerciale”.
Orbene, ad avviso del Collegio, in primo luogo non è ravvisabile nel “sistema
Asmel” un’influenza pubblica dominante sull’attività e sull’organizzazione della
società consortile da parte dei piccoli comuni aderenti, tale da poter essere
ricondotta al paradigma dell’organismo di diritto pubblico, come elaborato
dall’ormai consolidata giurisprudenza sia in ambito UE che nazionale.
Esclusa la configurabilità, nella specie, di un finanziamento pubblico maggioritario
delle attività di Asmel-centrale di committenza (che, invece, mira a porre a carico
dell’impresa aggiudicataria il “compenso” per le attività svolte nell’ambito delle
procedure di affidamento da essa gestite), dovrebbe potersi configurare un
controllo gestionale, da parte degli enti pubblici di riferimento, sull’attività della
società-organismo di diritto pubblico da essi partecipata, che sia tale da integrare
quella che, nell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, è stata
definita come “influenza pubblica dominante”.
Seguendo, infatti, l’impostazione sostanzialistica propria dei Giudici comunitari,
deve ritenersi che un organismo può qualificarsi come “di diritto pubblico”, pur
rivestendo una forma privata, essendo costituito in forma di società (cfr. Corte di
Giustizia CE, sent. 15 maggio 2003, in causa C-214/2000), in quanto ciò che rileva
non è la veste giuridica (formale) bensì l'effettiva realtà interna dell'ente e la sua
preordinazione al soddisfacimento di un certo tipo di bisogni, cui anche le imprese
a struttura societaria sono in grado di provvedere.
Sicché, ha natura di organismo di diritto pubblico e, come tale, è tenuta ad
applicare le regole previste per le procedure ad evidenza pubblica, ad esempio, una
società per azioni che sia interamente controllata da un comune (vedi Cassazione,
sezioni unite civili, sentenza 7 ottobre 2008 n. 24722).
La Corte di giustizia ha inoltre affermato che un mero controllo “a posteriori” non
soddisfa il criterio del controllo “dominante” sulla gestione (Corte di giustizia CE, V
sezione, 27.2.2003, C.373/00). La Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 12
maggio 2005, n. 9940) hanno precisato che è possibile l’esercizio del controllo da
parte di più enti pubblici e che, ove si tratti di organismi di diritto pubblico che
abbiano forma di società per azioni, la nozione di controllo deve ricavarsi dall’art.
2359 cod. civ. il che comporta la necessità che l’influenza dominante dell’ente
pubblico partecipante alla società si estrinsechi in una delle tre forme alternative,
contemplate dalla norma e cioè:
- la disponibilità della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
- ovvero il controllo di un numero di voti sufficienti per esercitare un'influenza
dominante nell'assemblea ordinaria;
- ovvero l’esistenza di particolari vincoli contrattuali con la società partecipata tali
da comportare un’ “influenza dominante” su di essa.
Secondo la Suprema Corte, in tutte e tre le ipotesi elencate dalla disposizione
civilistica sul controllo societario, ricorre una situazione di controllo pienamente
sufficiente ad integrare la nozione comunitaria di “influenza pubblica dominante”.
Applicando siffatte coordinate ermeneutiche alla situazione della compagine
societaria Asmel s.c. a r.l. e operando gli opportuni adattamenti del principio
giurisprudenziale alla specie (la quale concerne non una s.p.a. ma una società
consortile a responsabilità limitata), è facile verificare che si è ben lungi dal poter
configurare un controllo dei piccoli comuni che indirettamente partecipano alla
Asmel (non essendo suoi soci, ma come visto, associati alla Associazione Asmel
che riveste lo status di socio della consortile), anche lontanamente assimilabile ad
una delle ipotesi contemplate dall’art. 2359 cit. atteso che:
- la quota di spettanza della Associazione Asmel è del 49 % e, pertanto, non è
maggioritaria; tutti i numerosi comuni ad essa aderenti, cumulativamente (e, va
sempre ribadito, in via indiretta) hanno un potere di indirizzo gestionale sulla
Aseml consortile che, in ogni caso, sarà inferiore a quello di un solo, piccolo
Comune, quale quello di Caggiano, che da solo continua a detenere il 51 % in
modo del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto alle forze in campo;
- appare evidente che l’influenza pubblica non può essere “delegata” ad un unico
Comune, ma deve necessariamente essere effettiva e “promanare” da ognuno degli
enti territoriali che si avvalgano delle prestazioni della centrale di committenzaorganismo
di diritto pubblico: a quest’ultimo riguardo deve ritenersi del tutto
logico e conforme ai principi che se la deroga ai principi di concorrenza (per cui un
Comune si avvale direttamente, al di fuori di qualsiasi procedura competitiva, di un
soggetto esterno affinché svolga, nel suo interesse, i compiti della centrale di
committenza) pretende l’individuazione di un organismo di diritto pubblico e
l’influenza dominante dell’ente pubblico che ad esso partecipa, nessuna deroga può
giustificarsi ove tale influenza sia integralmente ascrivibile ad un ente locale del
tutto diverso ed estraneo a quello che si avvale dei servizi della centrale di
committenza; rispetto a quest’ultimo, infatti, il preteso organismo di diritto
pubblico si pone in realtà come un qualsiasi “operatore economico” da selezionare
con gara;
- la peculiarità della partecipazione indiretta e la partecipazione di una elevatissimo
numero di comuni associati (nell’ordine di migliaia, per stessa ammissione della
ricorrente) comporta altresì che il singolo piccolo Comune associato alla Asmel
(Associazione) abbia un potere parcellizzato e diluito in quanto condiviso con un
elevatissimo numero di associati e, pertanto, alquanto assai limitato sulla vita
associativa in rapporto agli indirizzi gestionali, alle attività, alla nomina degli
amministratori ecc.; trattasi di potere che si può esprimere in un voto che è
rimesso all’imprevedibile “gioco” delle maggioranze che di volta in volta si
possono formare in seno all’associazione e che è soggetto a (potenzialmente)
continui mutamenti del proprio “peso” stante la clausola statutaria di apertura
all’adesione di nuovi enti locali;
- se è vero che la giurisprudenza ammette (sia per la figura del’organismo che per la
società “in house”) la possibilità che le attività di controllo ed indirizzo da parte
dell’ente pubblico di riferimento possano svolgersi facendo ricorso ad un’entità
posseduta in comune da più autorità pubbliche (come potrebbe, con una certa
approssimazione, considerarsi nella specie l’Associazione non riconosciuta Asmel)
e che tale “controllo” possa essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza
che sia indispensabile che esso venga esercitato individualmente da ciascuna di
esse, la Corte di Giustizia ha però ulteriormente chiarito (con argomenti sviluppati
con riguardo al fenomeno dell’ “in house” ma spendibili, a parere del Collegio,
anche con riferimento all’organismo di dir. pubblico) che “ove più autorità pubbliche
facciano ricorso ad un’entità comune ai fini dell’adempimento di un compito comune di servizio
pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo
individuale su tale entità; ciononostante, il controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi
soltanto sul potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di
maggioranza nel capitale dell’entità in questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata
di significato la nozione stessa di controllo congiunto. Infatti, l’eventualità che un’amministrazione
aggiudicatrice abbia, nell’ambito di un’entità affidataria posseduta in comune, una posizione
inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità
aprirebbe la strada ad un’elusione dell’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia
di appalti pubblici o di concessioni di servizi, dal momento che una presenza puramente formale
nella compagine di tale entità o in un organo comune incaricato della direzione della stessa
dispenserebbe detta amministrazione aggiudicatrice dall’obbligo di avviare una procedura di gara
d’appalto secondo le norme dell’Unione, nonostante essa non prenda parte in alcun modo
all’esercizio del «controllo analogo» sull’entità in questione” (v. in tal senso, sentenza del 21
luglio 2005, Coname, citata anche da Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 2015, n.
2660).
Può dirsi che nessuno dei Comuni aderenti al “sistema Asmel” (escluso il Comune
fondatore) abbia la titolarità di un potere di controllo effettivo sull’Associazione e,
quindi, sulla Asmel Società Consortile a r.l., che vada al di là di “una presenza
puramente formale nella compagine di tale entità” né a diversa conclusione può pervenirsi
in ragione del potere statutariamente riconosciuto alla Associazione di indicare una
terna di nomi nell’ambito della quale viene eletto, dall’assemblea della consortile,
l’amministratore unico (vedi art. 13, comma 1, Statuto Asmel S.c. a r.l. - doc. 5
res.): non servono ulteriori parole per dimostrare che si è ben lontani dalla
ricorrenza dell’influenza pubblica dominante, nei termini richiesti dall’ordinamento
ai fini dell’integrazione della figura soggettiva di cui all’art. 3, comma 26, d. lgs. n.
163 del 2006.
3.10. In conclusione sul punto: l’inconfigurabilità di un controllo pubblico
dominante in mano ai singoli enti locali (piccoli comuni) aderenti, esclude la
sussistenza di un organismo di diritto pubblico e, quindi, la stessa possibilità di
individuare nella Asmel una “amministrazione aggiudicatrice”, con conseguente
impossibilità, per essa, di operare come “centrale di committenza”.
Il motivo sub II, pertanto, deve essere respinto.
4. Infondato è anche il terzo motivo attraverso il quale la ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 33, comma 3, d.lgs. n 163 del 2006, da parte del provvedimento,
nella parte in cui afferma che l’operatività della Asmel non può estendersi a tutti i
comuni dell’intero territorio nazionale, dovendo l’attività della ricorrente limitarsi
al territorio dei comuni fondatori ed escludersi l’ammissibilità di nuove adesioni da
parte di nuovi comuni, senza alcuna limitazione territoriale. Richiamando
integralmente le considerazioni sopra svolte (par. 3.4.) in merito alla formulazione
della norma di cui all’art. 33, comma 3 bis, d lgs. n. 163/2006, il Collegio ritiene
che la disposizione da considerare ancora vigente ed applicabile alla fattispecie
affrontata dall’ANAC, non sia quella attuale ma la seguente: “3- bis. I Comuni con
popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia, affidano
obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture
nell’ambito delle unioni di comuni, di cui all’art. 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni
medesimi e avvalendosi dei competenti uffici”. Come sopra rilevato, quest’ultima norma
doveva ritenersi vigente all’atto della determinazione per cui è causa in quanto
introdotta dall’art. 23, comma 4, del citato decreto-legge n. 201 del 2011,
ritualmente convertito con legge 22.12.2011, n. 214 (detta norma - al contrario di
quella sostitutiva e più recente, derivante dall’art. 9, comma 4, D.L. n. 66/2014 -
non ha subito proroghe dell’entrata in vigore bensì soltanto differimenti relativi
alla sua applicabilità e concreta operatività, in virtù di quanto prevedeva “ab
origine” l’art. 23, comma 5, dello stesso D.L. n. 201 cit. secondo cui l’art. 33,
comma 3 bis, del d. lgs. 163 del 2006 - introdotto dal comma 4 dello stesso D.L. n.
201 – “si applica alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012”, termine
successivamente prorogato fino 30 giugno 2014 per effetto di varie disposizioni
intervenute, fino all’art. 3 del D.L. 30.12.2013, n. 150 (conv. con legge n. 15 del
27.2.2014).
Considerata la suddetta formulazione del comma 3 bis (e non all’attuale, entrata in
vigore lo scorso 1 novembre 2015) e rapportato il “sistema Asmel”al modello legale,
è evidente che la norma ha come propri destinatari “i Comuni con popolazione non
superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia”, i quali sono tenuti a
centralizzare i loro acquisiti o avvalendosi delle unioni dei comuni di cui all’art. 32
TUEL ovvero mediante “accordi consortili”. Entrambe le formule organizzative,
pertanto, si riferiscono ai piccoli Comuni ricadenti nel territorio di una singola
Provincia, elemento che esclude, in modo troncante, la possibilità, per una centrale
di committenza che svolga la propria attività nell’interesse di tale specifica
categoria di enti locali, di operare oltre l’ambito provinciale.
Peraltro, riportando il discorso all’attualità di un testo normativo (vedi, in
particolare, il primo periodo del comma 3 bis) che non fa più riferimento al
“territorio di ciascuna Provincia”, tuttavia si deve rilevare che il sistema complessivo
delle centrali di acquisto e dei soggetti aggregatori come delineato dai vigenti artt.
33 d. lgs. n. 163/2006, 9 D.L. n. 66 del 2014 nonché dal d.P.C.M. 11.11.2014, con
l’istituzione dell’apposito elenco dei soggetti aggregatori, fissa comunque diversi
livelli ed anche diversi ambiti territoriali in cui i distinti soggetti aggregatori
individuati dalla legge (o sulla sua base) sono chiamati ad operare. Come già
evidenziato nella superiore disamina della normativa applicabile, l’art. 9 del D.L. n.
66 del 2014 prevede, al comma 2, che “2. I soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 (e
cioè la Consip S.p.a. e le centrali di acquisto regionali, ndr) che svolgono attività di
centrale di committenza ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
richiedono all'Autorità l'iscrizione all'elenco dei soggetti aggregatori. I soggetti aggregatori di cui al
presente comma possono stipulare, per gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni di cui
all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.
L'ambito territoriale di competenza dei soggetti di cui al presente comma coincide con la regione di
riferimento esclusivamente per le categorie merceologiche e le soglie individuate con il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata sono
definiti i requisiti per l'iscrizione tra cui il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione,
nonché i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento
ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione
della domanda. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata, è istituito il Tavolo tecnico dei soggetti
aggregatori, coordinato dal Ministero dell'economia e delle finanze, e ne sono stabiliti i compiti, le
attività e le modalità operative”.
Il numero massimo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale è stato
fissato in un massimo di trentacinque soggetti (vedi comma 5, art. 9 cit.), numero
nel quale sono inclusi “di diritto” Consip S.p.a. (Società “in house” del M.E.F.) ed
una centrale di committenza per ciascuna regione, a cui si vanno ad aggiungere gli
altri soggetti aggregatori che svolgano attività di centrale di committenza ai sensi
dell’art. 33, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici e che richiedano ed
ottengano l'iscrizione nell'apposito Elenco (vedi comma 2, art. 9 cit.).
Sussistono pertanto plurimi ed inequivoci indici normativi che, anche oggi, fanno
riferimento alla necessità di un ambito territoriale predefinito, in certi casi
delimitato già a livello di legislazione primaria (ambito nazionale per la Consip
S.p.a., ambito regionale per le centrali di acquisto regionali) e, in altri casi, rimesso
invece alla concrete e puntuali determinazioni del d.P.C.M. a ciò autorizzato dal
comma 2, dell’art. 9, primo e secondo periodo (“….Con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, (…….) sono
definiti i requisiti per l'iscrizione tra cui il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione,
nonché i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento
ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione
della domanda…..”). Deriva da ciò che, anche con riferimento al sistema oggi in
vigore, può quanto meno affermarsi che certamente la pretesa attorea di svolgere
la propria attività di centrale di committenza senza limiti territoriali, non può
affermarsi in termini incondizionati, dipendendo tale possibilità di estensione
operativa dalle determinazioni di coordinamento che il legislatore ha inteso
rimettere alla fonte secondaria che è chiamata a delimitare, tra le altre cose, anche
gli ambiti territoriali di operatività dei soggetti aggregatori diversi da quelli iscritti di
diritto nell’apposito elenco. Il sistema che oggi si delinea, infetti, è caratterizzato da
diversi livelli (anche territoriali) di operatività e dalla necessità di un numero chiuso
di soggetti aggregatori ed implica, perciò, la necessità che siano evitate duplicazioni
ed interferenze di ruoli ed attività tra soggetti chiamati, nei diversi ambiti di
rispettiva competenza, a svolgere un servizio pubblico di rilievo ormai centrale
nell’ordinamento amministrativo.
5. Quanto al motivo sub IV (eccesso di potere per sviamento), il Collegio lo ritiene
palesemente infondato.
Il provvedimento oggi impugnato, infatti, è l’esito di un procedimento del tutto
diverso e distinto rispetto a quello successivamente instaurato, su istanza della
medesima società ricorrente, allo scopo di ottenere l’iscrizione nell’elenco dei
soggetti aggregatori di cui all’art. 9 D.L. n. 66 del 2014. Il provvedimento per cui è
causa, infatti, definisce il procedimento avviato d’ufficio dall’Autorità (a seguito
degli esposti presentati dalla ANACAP), nell’esercizio del generale potere di
vigilanza che l’art. 6, comma 5, d. lgs. n. 163 del 2006 le assegna, al fine di
verificare il rispetto, da parte di tutti i soggetti operanti nel settore dei contratti
pubblici, dei principi di cui all’art. 2 e più in generale delle disposizioni del codice
dei contratti nelle procedure di scelta del contraente. La possibilità che l’esito
negativo di questo procedimento potesse avere degli effetti indirettamente
pregiudizievoli per la ricorrente sull’esito del successivo (e ben distinto)
procedimento, ad istanza di parte, diretto ad ottenere l’iscrizione nell’apposito
elenco dei soggetti aggregatori, non poteva in alcun modo incidere sulla necessità
che l’ANAC esercitasse comunque il proprio potere-dovere di vigilanza portando a
compimento il procedimento avviato “ex officio”, non appena completata
l’istruttoria, nel rispetto dei principi che in generale governano l’attività
amministrativa.
6. Stante l’inammissibilità del motivo sub V, il Collegio può senz’altro esaminare il
sesto motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 30 TUEL sui limiti di affidamento all’attività di una centrale di
committenza. Prendendo spunto da alcuni orientamenti emergenti da pareri
recenti resi da sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, la società
ricorrente sostiene la tesi che quelli che il comma 3-bis dell’art. 33 d.lgs. n.
163/2006 definisce come “accordi consortili” vanno intesi in senso a-tecnico, senza
alcun riferimento alla effettiva costituzione di un consorzio tra enti locali ai sensi
del’art. 31 TUEL e pertanto, come figure convenzionali attraverso le quali, in
modo ampiamente discrezionale, gli enti locali di cui al comma 3 bis cit. possono
dar vita a modalità di coordinamento e di cooperazione diverse da quella della
convenzione di cui all’art. 30 TUEL (che può intervenire soltanto tra enti locali),
ivi comprese le figure di collaborazione instaurate, nella specie, tra la Asmel
consortile e gli enti locali “aderenti”.
Il vigente testo del comma 3-bis dell’art. 33 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e, in
particolare, il suo primo periodo prevede che “I Comuni non capoluogo di provincia (in
precedenza “i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di
ciascuna Provincia”) procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni
dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti,
ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei
competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province,
ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni
e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto
aggregatore di riferimento…….”. Pur nelle diversità testuali evidenziate nei precedenti
paragrafi, anche il testo del comma 3-bis - previgente rispetto alla sostituzione di
esso in forza dell’art. 9, comma 4, D.L. 24 aprile 2014, n. 66 - faceva anch’esso
riferimento ai due strumenti alternativi di centralizzazione esperibili dai piccoli
Comuni: unioni di comuni di cui all’art. 32 TUEL oppure “accordo consortile tra i
comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici”.
Al riguardo assume particolare interesse il parere reso sul tema dalla Corte dei
Conti, Sezione controllo Regione Umbria, n. 112 del 5.6.2013 ove si legge che “E’
stato da più parti osservato che il termine “accordo consortile” costituisce una espressione atecnica,
con la quale il legislatore ha inteso genericamente riferirsi alle convenzioni ex art. 30 del TUEL,
come strumento alternativo all’unione dei comuni. La norma dispone infatti che, in caso di
stipulazione dell’accordo consortile, ci si debba avvalere dei “competenti uffici”, con ciò
sottintendendo la volontà di non dare vita ad un organismo autonomo rispetto agli enti stipulanti.
Tale opzione interpretativa, oltre a trovare conferma nell’impianto complessivo della norma, si
mostra maggiormente conforme alla scelta del legislatore, attuata con l’art. 2, comma 186, della
legge 191/2009, di sopprimere i consorzi di funzioni tra enti locali, ad eccezione dei consorzi
imbriferi. In tale ottica interpretativa, l’espressione “accordi consortili” deve essere intesa non già
come accordi istitutivi di un vero e proprio consorzio, ai sensi dell’art. 31 del TUEL, al quale
spetterebbe successivamente la competenza a istituire una propria centrale di committenza, bensì
come atti convenzionali volti ad adempiere all’obbligo normativo di istituire una centrale di
committenza, in modo da evitare la costituzione di organi ulteriori e con essi le relative spese.
Peraltro, la convenzione costituisce un modello di organizzazione che sembra conciliare, ancor più
del consorzio o dell’unione, i vantaggi del coordinamento con il rispetto delle peculiarità di ciascun
ente. Ritiene, quindi, la Sezione che l’obbligo di istituire una centrale unica di committenza,
imposto dall’art. 33, comma 3 bis, del D. Lgs. 163/2006, possa essere assolto dai comuni con
popolazione non superiore ai 5.000 abitanti o nell’ambito dell’unione dei comuni ovvero mediante
una convenzione, nei termini previsti dall’art. 30 del TUEL”.
Alla luce di ciò la Sezione non può che ribadire quanto già rilevato in sede
cautelare sul fatto che la ASMEL Società consortile a r.l. appare eccentrica e non
riconducibile ad alcuno dei modelli ammessi dal suddetto art. 33, comma 3 bis ai
fini della configurabilità di uno dei “soggetti aggregatori” ammessi dalla legge, stante la
presenza nella compagine consortile della associazione non riconosciuta ASMEL
che è una associazione di diritto privato (e che tale resta anche se gli associati sono
dei Comuni), aderendo alla quale gli Enti locali interessati partecipano alla ASMEL
- centrale di committenza.
L’accordo c.d. “consortile” - sia che esso costituisca una forma di coordinamento tra
comuni concordata ex art. 30 TUEL mediante la condivisione di risorse materiali,
personale ed uffici, sia che dia luogo ad una nuova entità aggregatrice, nei limiti in
cui ciò è ammesso – deve comunque intervenire“tra comuni”, quali unici soggetti
legittimati alla stipula di simili accordi ad oggetto pubblico. Al contrario,
nel “sistema Asmel” la partecipazione dei Comuni alla centrale di committenza è
soltanto indiretta in quanto si realizza attraverso l’adesione all’associazione privata
(a suo volta socia della ASMEL s.c.a r.l.) mentre l’“accordo consortile” (non interviene
tra Enti locali ma) si configura alla stregua di una delega delle funzioni di
committenza alla Asmel consortile da parte del singolo Comune aderente.
Considerato che, per quanto sopra esposto: - la Asmel consortile è stata in origine
promossa e costituita da due entità soggettive private (oltre che dal Comune di
Caggiano) quali il Consorzio Asmez e la Asmel Associazione non riconosciuta; -
tuttora, nonostante la fuoriuscita dalla società consortile del Consorzio Asmez,
permane nella detenzione del 49 % delle quote societarie una Associazione di
diritto privato e la società ricorrente non può in alcun modo qualificarsi in termini
di ente strumentale dei comuni aderenti (secondo lo schema della società “in
house”) né, per quanto sopra ampiamente esposto, come organismo di diritto
pubblico stante la non configurabilità di un’influenza pubblica dominante; per
queste ragioni l’affidamento dei servizi di centrale di committenza ad un soggetto,
non soltanto formalmente, privato, quale deve ritenersi la Asmel S.c.a r.l., appare
difforme dal modello legale emergente da comma 3 bis del’art. 33 del d. lgs. n. 163
del 2006 ed in contrasto con i principi fondamentali di derivazione comunitaria in
tema di affidamento “pro – concorrenziale” di servizi comunque suscettibili di
determinare un vantaggio economico.
Il sesto motivo, pertanto, va respinto.
7. Appare, infine, infondato nel merito anche il settimo (ed ultimo motivo di
ricorso) ove si denuncia l’ “eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità
dell’azione amministrativa”, vizio che, nella stessa articolazione di parte ricorrente,
non appare fondato su precisi appigli normativi ma, piuttosto, su considerazioni di
opportunità. In realtà il principio di proporzionalità può venire in rilievo ove si
contesti il carattere eccessivamente penalizzate e non necessario del contenuto
precettivo del provvedimento, rispetto all’interesse pubblico perseguito. Nella
specie, una volta appurata la non conformità della struttura controllata, nella sua
conformazione organizzativa di base, alle prescrizioni di legge, la scelta dell’ANAC
era obbligata nel senso di vietare alla ricorrente di continuare ad espletare attività di
intermediazione negli acquisti pubblici.
Non è rinvenibile né in base a puntuale disposizioni di legge (neanche della legge
n. 241/90), né sulla base dei principi di matrice europea, un dovere dell’Autorità di
vigilanza di concedere un termine al soggetto vigilato affinché lo stesso si adegui
alla legge, mediante la rimozione delle difformità e delle criticità riscontrate
dall’Autorità medesima.
8. Per tutte le ragioni sopra esposte, i motivi primo e quinto di gravame debbono
ritenersi inammissibili. Sono infondati nel merito i restanti motivi.
Il ricorso della Asmel consortile deve pertanto essere respinto mentre le spese di
giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione
dell’assoluta novità e complessità delle quetioni affrontate con il ricorso in esame.
Lo stesso vale per le spese di lite sostenute dall’ANACAP, anche in considerazione
del fatto che quest’ultima Associazione, pur avendo svolto ampia attività difensiva,
non era parte necessaria del presente giudizio non potendosi qualificare
controinteressata in senso tecnico.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;
Compensa integralmente tra tutte le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Daniele Dongiovanni, Presidente FF
Achille Sinatra, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


**************
[color=red][b]TAR LAZIO[/b][/color]
N. 02544/2015 REG.PROV.CAU.
N. 06869/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 6869 del 2015, proposto dalla Asmel Societa' Consortile a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Sandulli e Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto presso lo stesso avv. Aldo Sandulli in Roma, Via Fulcieri Paulucci De Calboli,9;

contro
Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Associazione Nazionale Aziende Concessionarie e Pubblicità (Anacap), rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Di Benedetto, Giuseppe Dicuonzo, con domicilio eletto presso Pietro Di Benedetto in Roma, Via Cicerone, 28;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione n. 321 del 30.04.2015 avente ad oggetto: "istruttoria su Asmel società consortile a rl come centrale di committenza degli enti locali aderenti"

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) e di Associazione Nazionale Aziende Concessionarie e Pubblicità (Anacap);
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2015 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

CONSIDERATO il vigente testo del comma 3-bis dell’art. 33 del D.Lgs. n. 163 del 2006 a mente del quale “I Comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento…….” ;
CONSIDERATO che la ASMEL Società consortile a r.l. appare eccentrica e non riconducibile ad alcuno dei modelli ammessi dal suddetto articolo ai fini della configurabilità di uno dei “soggetti aggregatori” ammessi dalla legge, stante la presenza nella compagine consortile della associazione ASMEL che è una associazione di diritto privato non riconosciuta (che tale resta anche se gli associati sono dei Comuni), aderendo alla quale gli Enti locali interessati partecipano alla ASMEL - centrale di committenza;
CONSIDERATO pertanto che la partecipazione dei Comuni alla centrale di committenza ASMEL è soltanto indiretta in quanto si realizza attraverso l’adesione all’associazione privata (a suo volta socia della ASMEL s.c.a r.l.) mentre l’“accordo consortile” (non interviene tra Enti locali ma) viene a configurarsi alla stregua di una delega delle funzioni di committenza alla Asmel consortile da parte del singolo Comune aderente;
RILEVATO che la dedotta qualificazione della ricorrente come “organismo di diritto pubblico” non sarebbe di per sé sufficiente ad integrare i requisiti soggettivi prescritti al comma 3 bis art. 33 sopracitato;
RILEVATO che è altresì dubbia la legittimità del sistema sopra descritto anche sotto il profilo dell’assenza di limiti territoriali all’erogazione delle prestazioni di centrale di committenza a favore di qualsiasi comune interessato su tutto il territorio nazionale;
RITENUTO, per quanto precede, che non sembra integrato nella specie il “fumus boni juris” necessario per la concessione della misura cautelare invocata;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza):
- respinge la proposta istanza cautelare;
- condanna la ricorrente ASMEL Società Consortile a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione delle spese di fase in favore dell’ANAC, in persona del legale rappresentante p.t., che forfetariamente liquida in Euro 800,00 (ottocento/00), oltre oneri di legge.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Blanda, Presidente FF
Silvio Lomazzi, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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