Data: 2016-04-27 08:43:42

Accesso agli atti e accesso civico - sentenza 13 aprile 2016

Accesso agli atti e accesso civico - sentenza 13 aprile 2016

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[color=red][b]TAR Campania-Napoli -Sez. VI- sentenza 13.04.2016 n. 1793[/b][/color]

N. 01793/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05590/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5590 del 2015, proposto da:
Teresa Pizza, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Ursini e Claudio Cricenti, presso il cui studio domicilia in Napoli, corso Umberto 1° n. 191;
contro
Comune di Cicciano, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
ex art. 116 c.p.a. del provvedimento di diniego formatosi a seguito del silenzio serbato sull'istanza volta a richiedere l'ostensione dei documenti di seguito precisati;
nonché
per l’accertamento ex art. 117 c.p.a. dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione comunale sull’istanza trasmessa a mezzo pec in data 1.09.2015 per l’indennizzo e/o il risarcimento dell’importo quantificato in € 21.505,90 per il pregiudizio sofferto in ragione dell’ingiustificato peso protrattosi per anni in assenza di esecuzione del p.i.p.;
per l’accertamento della fondatezza, ai sensi dell’art. 31 comma 3 c.p.a., delle pretese azionate e dell’ingiustificato peso subito dal diritto di proprietà in assenza di una pronta e tempestiva esecuzione del piano;

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2016 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso iscritto al n. 5590/2015 r.g. Pizza Teresa, quale proprietaria di alcuni immobili siti nel Comune di Cicciano in zona D1 destinata ad insediamenti ed attività produttiva ed identificati in catasto al fg 4 p.lle 11 are 21,23 e 265 are 9,06, premesso di subire un grave pregiudizio per effetto del vincolo espropriativo connesso all’impressa destinazione industriale alle sue proprietà, in apparente assenza di una procedura di avvio degli espropri, con il presente ricorso instava :
- ai sensi dell’art. 116 c.p.a. per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di ostensione documentale ex artt. 22 della legge n. 241/1990 e art. 5 del d.lgs. n. 33 del 14.03.2013;
- ai sensi dell’art. 117 c.p.a. per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione comunale sull’istanza trasmessa a mezzo pec in data 1.09.2015 di diffida al pagamento dell’indennizzo o risarcimento della somma di € 21.505,90 per il pregiudizio sofferto in conseguenza della mancata attuazione del pip, dei danni patrimoniali derivanti dal mancato godimento pieno e libero del bene di proprietà, e per l’accertamento della fondatezza della pretesa azionata per la mancata pronta e tempestiva esecuzione del piano.
Esponeva, con riferimento al Pip del Comune di Cicciano, che, sebbene nel progetto definitivo era stata indicata la cifra di € 6.000.000,00 per espropri, al momento della presentazione dell’istanza di accesso agli atti, trascorsi molti anni dall’approvazione del piano, non vi era stato alcun provvedimento di esproprio almeno con riferimento alle unità immobiliari della ricorrente, sicchè il vincolo di destinazione impresso aveva determinato un peso ingiustificato non retto da un reale interesse pubblico a realizzare la zona di insediamento per le attività produttive, facendo mutare in pejus la destinazione urbanistica delle aree .
Con l’istanza di accesso in argomento, trasmessa a mezzo pec in data 1.09.2015 senza ricevere riscontro alcuno, richiedeva pertanto al Comune la pubblicazione ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 14.03.2013 n. 33, con l’indicazione del collegamento ipertestuale per i documenti, informazioni o dati già pubblicati on line e l’ostensione dei seguenti atti e precisamente:
-atti, provvedimenti, delibere, determinazioni ed ogni altro provvedimento amministrativo inerente lo stato di realizzazione del piano, in particolare con riferimento ai provvedimenti di esproprio;
- gli atti, i provvedimenti, le delibere, le determinazioni ed ogni altro provvedimento amministrativo inerente gli atti di indirizzo politico e amministrativo in ordine alla pianificazione stante lo spirare del termine decennale;
-piano per l’insediamento produttivo, nonché il certificato storico della destinazione urbanistica degli immobili sopra indicati.
Con la medesima istanza diffidava l’amministrazione comunale ad indennizzare e/o risarcire la ricorrente dell’importo quantificato in via bonaria in € 21.505,90 per il pregiudizio sofferto a causa della mancata esecuzione del piano.
A sostegno del ricorso deduceva i seguenti vizi di legittimità:
1) Sull’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990, nonché ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013;
Il silenzio impugnato determina un pregiudizio per la ricorrente che aveva espresso e manifestato la finalizzazione della richiesta ad esigenze difensive con riferimento alla istanza di liquidazione di un indennizzo o di risarcimento, e per conoscere lo stato di attuazione del pip in termini di procedure espropriative avviate.
2) Specificità della richiesta di accesso;
Nel caso di specie vi è un interesse diretto e concreto di chi, per circa dieci anni, in virtù di un “astratto” interesse pubblico di pianificazione industriale si è visto pregiudicato nel suo diritto di proprietà senza che a tale interesse sia seguita attività amministrativa tale da concretizzarlo.
L’esercizio del diritto di accesso viene tutelato anche qualora il richiedente non possa conoscere preventivamente elementi certi per l’individuazione dell’atto da richiedere, dato che all’istante non poteva certo chiedersi di conoscere i protocolli dei documenti richiesti, sempre se esistevano.
3) Sulla violazione dei principi di trasparenza e buon andamento;
[b]L’obbligo di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33 del 14.03.2013 va inteso come accessibilità totale ed immediata delle informazioni sull’organizzazione e sull’attività delle pubbliche amministrazioni allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. L’istante, attraverso la conoscenza degli atti di cui ha chiesto copia, avrebbe potuto svolgere valutazioni finalizzate ad appurare se il peso sofferto in ordine al pieno godimento del diritto di proprietà, menomato dalla destinazione di zona a insediamento produttivo, fosse sorretto da documenti amministrativi legittimi o da un illegittimo non facere della P.A.[/b]
A causa del mancato riscontro alla richiesta di accesso agli atti, l’istante subisce un pregiudizio nel diritto alla certezza delle situazioni giuridiche soggettive dipendenti da un facere della p.a., dal momento che laddove emergesse l’inesistenza di un piano finalizzato a consentire lo sviluppo dell’area di riferimento e il ritardo nella sua attuazione si profilerà un danno in termini di rilevanza e concretezza. In ogni caso il silenzio sull’istanza di accesso e sulla richiesta indennitaria determinano un danno da quantificarsi in corso di causa sulla base delle risultanze istruttorie, in via equitativa, nell’esercizio del potere di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.
Concludeva quindi per l’accoglimento del ricorso e per l’emissione delle misure idonee ai sensi dell’art. 34 comma 2 lett.c) per tutelare la situazione soggettiva dedotta in giudizio e l’attuazione della sentenza da emanarsi in seguito al presente giudizio, ivi inclusa la nomina di un commissario ad acta con effetto a decorrere dall’inutile spirare del termine di 30 giorni o del diverso termine di giustizia da assegnare, nonché per la fissazione di una somma di denaro ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. c) per ogni violazione o inosservanza successiva, il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Il Comune di Cicciano non si costituiva in giudizio per opporsi al ricorso.
Alla camera di consiglio del 2.03.2016, sul rilievo da parte del Collegio, ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a, come da verbale, di un possibile profilo di parziale inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, la causa veniva introitata per la decisione.
2. Preliminarmente, come da rilievo d’ufficio ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a., va dichiarato il difetto di giurisdizione sulla richiesta di condanna dell’amministrazione al pagamento di un indennizzo o al risarcimento del danno per il mancato godimento del bene conseguito al vincolo espropriativo rimasto ineseguito. Ed infatti, secondo condivisa giurisprudenza, i profili attinenti alla spettanza o meno di un indennizzo per la compromissione delle facoltà di godimento del proprietario, laddove non si contesti la legittimità dei provvedimenti impositivi o reiterativi di vincoli di contenuto espropriativo, esulano dalla cognizione del giudice adito, in quanto riguardano questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione della giurisdizione civile (art. 39, I, D.P.R. n. 327 del 2001, T.U. Espropriazione per p.u.)" (Cons. di St., sez. IV, 14.04.2015, n. 1887).
I profili attinenti la spettanza o meno di un indennizzo o del risarcimento del danno non attengono, infatti, alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione della giurisdizione civile.
Sulla base di quanto esposto, va, quindi, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito, salva la possibilità di riassumere il ricorso innanzi al competente giudice ordinario nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11, comma 2, del codice del processo amministrativo.
3.Nel merito non può porsi in dubbio la sussistenza in capo alla ricorrente di una situazione soggettiva di interesse qualificato alla conoscenza degli atti oggetto di ostensione, quale proprietaria incisa dall’attività di pianificazione urbanistica messa in atto dal Comune ed interessata in tale veste alla conoscenza dei provvedimenti eventualmente posti in essere dall’amministrazione comunale onde dare attuazione alla destinazione impressa alle aree di sua pertinenza.
[b]Va ritenuta l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione intimata sulla richiesta di ostensione documentale in argomento.[/b]
Innanzitutto, la domanda inoltrata da parte ricorrente risulta sufficientemente circostanziata laddove è rivolta ad ottenere il rilascio di copia degli atti relativi allo stato di attuazione del pip con l’ indicazione precisa delle particelle di sua pertinenza e della relativa estensione iscritte precisamente in catasto al fg 4, p.11 di are 21,23 zona D1 , ed al fg. 4 p.265 di are 9.06 zona D1.
Né può configurarsi alcuna genericità rispetto alla richiesta di ostensione dei provvedimenti attuativi, e degli eventuali decreti di esproprio ove adottati dato che è ben comprensibile relativamente all’oggetto della domanda di accesso, che lo scopo della richiesta possa presupporre in colui che la produce un situazione di ignoranza, nel senso che è plausibile che il richiedente possa non sapere con certezza se il documento esista o meno. D’altra parte una richiesta fatta in condizioni di ignoranza non può qualificarsi come “impossibile” laddove essa sia comunque ancorata a dati normativi certi ed inequivocabili che a monte contemplano la presenza del documento richiesto ossia nella specie la programmazione urbanistica a monte rinveniente dalla specifica destinazione delle aree di pertinenza della ricorrente a “zona D1 insediamenti per attività produttive” (cfr Cons. St. sez. IV, 9 febbraio 2012 n. 690).
Non può dunque sostenersi, in quanto inesigibile a carico dell’istante, un onere di specificazione degli estremi di protocollo e data degli atti di cui aveva richiesto l'ostensione.
E’ fuor di dubbio che dalle istanze in atti sono certamente ricavabili elementi idonei a individuare i documenti di interesse in modo sufficientemente preciso e circoscritto, senza con ciò richiedersi all’amministrazione una complessa attività di ricerca ed elaborazione degli stessi.
[b]L'oggetto dell'accesso, quindi, non è costituito da un numero indeterminato di documenti, ma è riferito ad atti soggettivamente ed oggettivamente individuati rispetto alle particelle identificate come di pertinenza della ricorrente e per di più formati in un arco temporale specificato ossia nell’ambito del periodo di attuazione del piano per gli insediamenti produttivi.[/b]
Come noto, la domanda di accesso deve avere un contenuto determinato o quanto meno determinabile; in presenza di una richiesta, come nella specie, sufficientemente circostanziata e temporalmente circoscritta spetta all’amministrazione destinataria dell'accesso l’onere di indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti, che proprio in quanto tali essa  non è in grado di esibire. Invero, nell'ipotesi in cui, in sede di ricorso avverso il diniego di accesso ai documenti amministrativi, il ricorrente fornisca argomenti e indizi circa l'esistenza degli atti a cui chiede di accedere e l'Amministrazione non fornisca la prova a sostegno del proprio assunto dell'inesistenza dei documenti richiesti, correttamente il giudice amministrativo ordina l'accesso, residuando quindi un problema di esecuzione del giudicato, se del caso mediante commissario ad acta, relativamente alla ricerca materiale dei documenti, fermo restando che il giudicato che ordina l'accesso sarà evidentemente eseguibile nei limiti in cui i documenti realmente esistono. In tal modo si bilanciano le limitate possibilità di conoscenza dei fatti da parte del privato con i poteri istruttori concessi al giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 25 giugno 2010, n. 4068). In altre parole, il documento obiettivamente esistente agli atti dell'amministrazione va comunque esibito, pacificamente desumendosi dall'istituto dell’accesso agli atti che essi sono ostensibili solo laddove esistenti non essendo ovviamente predicabile l'esibizione di atti che non risultano formati.
4. Quanto all’istanza di accesso c.d. “civico” va premesso, in linea generale, che, con il d.lgs. 33/2013, il legislatore italiano ha modificato la prospettiva del diritto di accesso. All’accesso procedimentale classico di cui gli artt. 22 e ss l. 241/1990, necessariamente collegato alle specifiche esigenze del richiedente (need to know), si è aggiunto il cd. accesso civico - mutuato anche dall’esempio degli ordinamenti anglosassoni (si veda il Freedom of Information Act, cd. FOIA statunitense) e da specifici settori dell’ordinamento (per la materia ambientale, v. la Convenzione di Aarhus, recepita con L. 195/2005) - che garantisce all’intera collettività il diritto di conoscere gli atti adottati dalla pubblica amministrazione in funzione di controllo generalizzato da parte dell’opinione pubblica e di piena realizzazione del principio trasparenza (right to know).
In questa prospettiva vanno lette le affermazioni di principio riportate ai primi articoli del decreto legislativo 33/2013 secondo cui la trasparenza:- è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1 co. 1);- «concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione»;- è «condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino» (art. 1 co. 2). Tutti gli obblighi contemplati dal decreto vengono intesi quali «livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione» (art. 1 co. 3). Quanto precede dimostra la necessità di interpretare le norme del decreto in modo funzionale a che venga effettivamente perseguita la finalità di rendere pienamente trasparente l’azione dei pubblici poteri, affinché vi sia piena attuazione del principio democratico e dei principi costituzionali.
Circa l’applicabilità delle disposizioni del decreto, entrato in vigore dal 20.04.2013, agli atti anteriori all’entrata in vigore del decreto, occorre osservare che, se il decreto fosse applicabile ai soli atti formatisi dopo la sua entrata in vigore, l’effettiva operatività delle sue disposizioni risulterebbe procrastinata anche in misura assai rilevante e ne resterebbe fortemente incisa, tra le altre, proprio la materia della pianificazione del territorio oggetto del presente giudizio.
Il principio da affermare è, all’opposto, che gli atti che dispieghino ancora i propri effetti siano da pubblicare, nelle modalità previste, secondo quanto disposto dall’art. 8 co. 3 del d.lgs. 33/2013 che, appunto, prevede l’obbligo di pubblicare gli atti contenenti i dati previsti dal decreto medesimo «per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello da cui decorre l'obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti». In tal senso, depone anche la circolare n. 2/2013 del 19.07.2013 del dipartimento della funzione pubblica (al par. 1.3, primo capoverso), con cui si è inteso fornire alle amministrazioni le prime indicazioni operative circa gli obblighi di pubblicazioni previsti dal decreto; essa chiarisce, infatti, che essi divengono efficaci alla data di entrata in vigore del decreto senza che sia necessario attendere alcun decreto applicativo, così ribadendo, ulteriormente, la necessità che la disciplina divenga immediatamente effettiva.
A sua volta, l’art. 8 comma 3 prevede che i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dall’1 gennaio successivo a quello da cui decorre l’obbligo di pubblicazione e che alla scadenza del termine quinquennale i documenti, le informazioni e i dati sono comunque conservati e resi disponibili all’interno del sito archivio e segnalate nell’ambito della sezione amministrazione trasparente.
[b]4. In ogni caso, l’accesso tradizionale di cui alla L.241/1990 continua ad operare con i propri diversi presupposti e disciplina, ma la circostanza che un soggetto possa essere titolare di una posizione differenziata tale da essere tutelata con tale tipologia di accesso, non impedisce certo al medesimo soggetto di avvalersi dell’accesso civico, qualora ne ricorrano i presupposti. Per gli atti compresi negli obblighi di pubblicazione di cui al D.lgs. 33/2013, quindi, potranno operare cumulativamente tanto il diritto di accesso ‘classico’ ex L. 241/1990 quanto il diritto di accesso civico ex D.lgs. 33/2013, mentre, per gli atti non rientranti in tali obblighi di pubblicazione, opererà, evidentemente, il solo diritto di accesso procedimentale ‘classico’ di cui alla L. 241/1990.[/b]
A ragionare diversamente, si giungerebbe al risultato che il cittadino privo di interesse specifico potrebbe far ricorso all’accesso civico di cui al D.lgs. 33/2013, mentre il soggetto portatore di un interesse specifico dovrebbe dimostrare i più stringenti presupposti sottesi all’interesse procedimentale di tipo tradizionale (art. 22 L. 241/1990). Gli atti contemplati dal d.lgs. 33/2013, quindi, ben possono essere richiesti facendo un sintetico riferimento alle norme che ne prevedono la pubblicazione.
Ciò posto, gli atti e documenti oggetto delle istanze della ricorrente rientrano nel novero degli atti e documenti indicati dall’art. 39 del d.lg. n. 33 del 14.3.2014 che chiunque può chiedere siano pubblicati, secondo le modalità dettate dall’art. 8 dello citato decreto. Ove il Comune avesse provveduto alla pubblicazione avrebbe dovuto darne avviso all’istante, come prescritto dall’art. 5 d.lg. n. 33/2014 a tenore del quale: “Se il documento, l'informazione o il dato richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, l'amministrazione indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale”. Ciò nella specie non è avvenuto risultando impugnato il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza, né essendosi comunque costituito il Comune benché intimato.
Tanto premesso, in ragione della fondatezza del ricorso nei termini appena precisati, deve essere ordinato all’amministrazione di pubblicare i documenti relativi al piano degli insediamenti produttivi di cui all’art. 39 del d.lgs. 33/2013 con le modalità ivi descritte.
5. A diverse conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla richiesta di ostensione del certificato di destinazione urbanistica, tenuto conto che il predetto atto rientra nella categoria degli atti di certificazione, redatti da pubblico ufficiale, aventi carattere dichiarativo o certificativo del contenuto di atti pubblici preesistenti e non può essere sussunto nella categoria del "documento amministrativo", così come definito dall'art. 22 lett. "d" della l. n. 241/1990 e s.m.i., in materia di accesso agli atti ("ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale"), costituendo l'esercizio di una funzione dichiarativa o certificativa sulla base degli atti di strumentazione urbanistica (cfr. in tal senso TAR Puglia Lecce, sez. II, 17 settembre 2009, n. 2121).
Ne consegue che, il rilascio dei certificati di destinazione urbanistica non può avvenire nelle forme del diritto di accesso, ma secondo le specifiche fonti normative, legislative e regolamentari, che precipuamente riguardano tali tipi di atti amministrativi. La relativa domanda va pertanto respinta.
In ragione della reciproca soccombenza le spese processuali vanno compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
- dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione la richiesta di pronuncia in ordine alla domanda di liquidazione di una somma a titolo di indennizzo e/o risarcimento del danno con onere di riassunzione nei termini di cui in motivazione;
- dichiara l'obbligo dell'intimata amministrazione di consentire al ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, degli atti, provvedimenti , delibere, determinazioni, ed eventuali decreti di esproprio inerenti lo stato di realizzazione del piano per gli insediamenti produttivi limitatamente alle aree identificate nell’istanza di accesso come di pertinenza dell’istante, nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione;
- ordina all’amministrazione intimata di pubblicare sul proprio sito web nella sezione dedicata entro trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza gli atti di cui all’art. 39 del d. lgs. 33/2013 relativi al piano per gli insediamenti produttivi, nei termini di cui in motivazione;
- respinge il ricorso per la richiesta di accesso del certificato di destinazione urbanistica;
- spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Maiello, Presidente FF
Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore
Paola Palmarini, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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