Data: 2016-04-22 11:20:21

IL CICLISTA INVESTITO VA AIUTATO ... Cassazione 11 marzo 2016, n. 10189

IL CICLISTA INVESTITO VA AIUTATO ... Cassazione 11 marzo 2016, n. 10189

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[color=red][b]CORTE CASSAZIONE 11 marzo 2016, n. 10189[/b][/color]
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Oristano, con sentenza emessa in data 24 aprile 2013 ad esito di giudizio abbreviato, condannava ///:
- alla pena di mesi tre di reclusione, in relazione al reato di lesioni colpose (di cui al capo A), commesso in Oristano, in data 3 febbraio 2009, ai danni di ...;
- alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione in relazione agli ulteriori reati allo stesso ascritti ai capi B e C della rubrica (art. 189 comma 6 e 189 comma 7 C.d.S. per non aver ottemperato all'obbligo di fermarsi e per non aver ottemperato all'obbligo di prestare assistenza al ferito ..., nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo A), unificati questi ultimi dal vincolo della continuazione; il tutto con la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per un periodo di anni uno e mesi sei.
2. La Corte di appello di Cagliari con sentenza 24 marzo 2015, in parziale riforma della sentenza impugnata, che nel resto confermava, rideterminava la pena per il reato di cui al capo A) in 1000 euro di multa.
3. Avverso la sentenza della Corte territoriale proponeva ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo di difensore di fiducia, articolando quattro motivi di doglianza.

3.1. Con il primo motivo venivano a loro volta articolati tre diversi profili di doglianza.

In primo luogo veniva dedotta violazione degli artt. 192, 530 e 533 c.p.p.
Al riguardo il ricorrente osservava che le circostanze dedotte dalla Corte per affermare che era lui colui che si trovava alla guida del mezzo al momento del sinistro (e cioè il fatto che lui era il proprietario della vettura coinvolta nel sinistro ed aveva riferito di non averla mai prestata a terzi; e la circostanza che sua madre e suo fratello avevano riferito ai Carabinieri che lui si era allontanato a bordo di detta autovettura) in alcun modo potevano costituire indizi gravi, precisi e concordanti a norma dell'art. 192 comma 2 c.p.p.

In secondo luogo, veniva dedotta violazione dell'art. 351 comma 1 in relazione agli artt. 362 comma 1 e 199 comma 1 c.p.p.
Al riguardo, il ricorrente osservava che la suddetta dichiarazione della madre e del fratello (che lui si era allontanato a bordo dell'autovettura) era stata riferita dai Carabinieri di Oristano, con la specificazione che detta dichiarazione non era stata rivolta a loro direttamente, ma ai Carabinieri di Marrubiu, i quali tuttavia nella loro annotazione nulla riferivano al riguardo. Tale dichiarazione sarebbe inutilizzabile per violazione del disposto di cui ai menzionati articoli.

Infine, veniva dedotto violazione di plurime disposizioni di legge in punto di diritto al silenzio dell'imputato.
Al riguardo il ricorrente osservava che il silenzio può in generale dipendente da molte ragioni, che il diritto a difendersi tacendo è stabilito da numerose disposizioni di legge e che a carico dell'imputato non sussiste alcun obbligo di cooperazione; che nel caso di specie, lui, decidendo di non rendere alcuna dichiarazione, aveva semplicemente esercitato il suo diritto al silenzio; che, pertanto, la Corte territoriale aveva errato nel desumere dal suo silenzio un indizio a suo carico.
3.2. Con il secondo motivo venivano dedotti vizio di motivazione e violazione di legge in punto di affermazione della sua responsabilità per i reati di cui ai capi B) e C).
Al riguardo, in relazione all'art. 42 comma 2 c.p., il ricorrente deduceva che la Corte era incorsa in entrambi i vizi denunciati, laddove, pur riconoscendo che ... si era immediatamente rialzato dopo la caduta, aveva ritenuto provato il dolo del reato di cui all'art. 186 comma 6 ed il reato di cui al successivo comma 7, sul presupposto che il conducente della vettura non poteva non essersi accorto che l'infortunato potesse avere bisogno di soccorso, mentre dalle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato risulta che questi dopo l'urto si era rialzato da solo (e, dunque, non aveva bisogno di aiuto e, dunque, non c'era neppure bisogno che lui si fermasse per verificare se il ... avesse bisogno di aiuto).

3.3. Con il terzo motivo veniva dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione ai reati di cui ai capi B) e C).
Al riguardo, il ricorrente deduceva che la Corte aveva violato le disposizioni di cui agli artt. 15 e 81 cpv cod. pen., laddove non aveva ritenuto assorbito il reato di cui al capo B in quello di cui al capo C ed aveva invece applicato la disciplina del concorso in continuazione, con conseguente aumento di pena, di cui chiedeva eliminazione.
3.4. Con il quarto motivo veniva dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio in relazione ai capi B) e C), per mancato rispetto dei criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p.
Al riguardo, il ricorrente - dopo aver fatto presente che il ... aveva riportato una contusione guarita in appena 5 giorni e dopo aver richiamato quanto già rilevato con il secondo e con il terzo motivo in punto di atteggiamento psicologico - deduceva che il Tribunale aveva stabilito una pena base eccessivamente alta per il reato di cui all'art. 189 comma 7 (pari ad anni 1 e mesi 5 di reclusione) ed una pena parimenti alta per l'aumento per la continuazione con il reato di cui all'art. 189 comma 6 (pari a mesi due e giorni 15 di reclusione).

Considerato in diritto

1. II ricorso non è fondato e, pertanto, deve essere rigettato.
2. In primo luogo - inammissibile essendo il secondo profilo di doglianza contenuto nel motivo primo, in quanto avente ad oggetto un'asserita violazione di legge non dedotta con i motivi di appello - infondati sono gli altri profii di doglianza contenuti nel motivo primo, nonché il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che vengono qui esaminati congiuntamente, in quanto relativi all'affermazione di penale responsabilità dell'odierno ricorrente rispettivamente per il reato di cui al capo A, e per i reati di cui ai capi B e C.

2.1. Occorre in primo luogo precisare il perimetro del sindacato, ammissibile nella presente sede di legittimità.
Orbene, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, tra le tante, Sez. 3, sent. n. 4115 del 27.11.1995, 1996, Beyzaku, Rv. 203272).
Sotto altro profilo è stato precisato che la Corte di cassazione, nel momento del controllo di legittimità, non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, sent. n. 1004 del 30/11/1999, 2000, Moro, Rv. 215745).
Si deve infine ribadire, per condivise ragioni, l'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale nessuna prova, in realtà, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui è inserita; occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile; ed il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito, non potendosi il giudice di legittimità sostituirsi ad esso (Sez. 5, Sent. n. 16959 del 12/04/2006, dep. 17/05/2006, Rv. 233464).
2.2. Precisato nei termini che precedono l'orizzonte dello scrutinio di legittimità, occorre rilevare che la congiunta lettura di entrambe le sentenze di merito - che, concordando nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, valgono a saldarsi in un unico complesso corpo argomentativo (cfr. Cass., Sez. 1, n. 8868/2000, Sangiorgi, Rv. 216906) - evidenzia che i giudici di merito hanno sviluppato un conferente percorso argomentativo, relativo all'apprezzamento del compendio probatorio, che risulta immune da censure rilevabili dalla Corte regolatrice; e che il ricorrente invoca, in realtà, una inammissibile riconsiderazione alternativa del compendio probatorio, proprio con riguardo alle inferenze che i giudici di merito hanno tratto dagli accertati elementi di fatto, ai fini della affermazione della penale responsabilità.

Invero, il Tribunale di Oristano, sulla base degli atti, ha così ricostruito i fatti per cui è processo:
[b] Poco prima della mezzanotte del 3.02.2009, in Oristano, nei pressi dell'incrocio fra la via M. M. e la via L. L., nel compiere una manovra improvvisata (brusca frenata per effettuare una svolta), una vettura colpì la bicicletta su cui viaggiava ..., facendolo cadere.[/b]
[color=red][b] Il conducente della vettura, un giovane di sesso maschile, accortosi dell'accaduto, dopo avere inizialmente rallentato, accelerò passando sulla bici e si allontanò velocemente dal teatro dei fatti.[/b][/color]
La persona offesa, dolorante a un ginocchio, riuscì comunque a memorizzare modello, colore e targa del veicolo (KKK di colore bianco, con targa xx000yy), e venne poi soccorsa da un altro automobilista, tale E. E., che aveva assistito a tutta la scena e che, a sua volta, aveva preso i dati dell'automobile investitrice.
... richiese telefonicamente l'intervento sul posto delle forze dell'ordine, alle quali raccontò l'accaduto, e si recò poi al pronto soccorso, dove i medici di turno gli diagnosticarono un trauma contusivo al ginocchio destro, con unaprognosi di cinque giorni salvo complicazioni.
Nel corso delle indagini, tramite le informazioni ricevute, i carabinieri risalirono facilmente al titolare del veicolo. Si trattava di ///, all'epoca soggetto a misura restrittiva della libertà giusto il vigente provvedimento del tribunale di sorveglianza di Cagliari, che gli vietava di uscire di casa dalle ore 20:00 alle 6:00, oltre che di bere alcolici. I militari effettuarono quindi una immediata verifica, dalla quale risultò che quella notte il /// sicuramente non era in casa, avendo la madre F. F. e suo fratello G. G. dichiarato che egli, ubriaco, era uscito in automobile, ed essendo inoltre stato visto in un bar di Marrubiu fra le 21:15 e le 21:30 circa.
Ricostruito il fatto nei termini di cui sopra, il Giudice di primo grado, dopo aver sottolineato l'attendibilità delle sovrapponibili dichiarazioni accusatorie, rese dalla persona offesa e dal testimone oculare, ha ritenuto provato che l'imputato, in verosimile stato di ebbrezza, accortosi di avere investito la bicicletta su cui viaggiava ..., dopo un momento di indecisione e di perplessità, aveva preferito darsi alla fuga nel timore di aggravare la sua posizione, in quanto consapevole di aver violato le prescrizioni contenute nel provvedimento del tribunale di sorveglianza di Cagliari, che gli vietava di uscire di casa della ore 20 alle ore 6, oltre che di bere alcolici. Precisamente:
-
quanto al fatto di cui al capo A, rilevava che il /// aveva invaso la carreggiata riservata ai veicoli provenienti dalla direzione opposta (in violazione del divieto di circolare contromano in corrispondenza delle curve, previsto dall'art. 143 C.d.S.) e, investendo la bicicletta su cui viaggiava ..., aveva allo stesso cagionato le lesioni di cui al capo A, descritte nel relativo certificato medico;
-
[b]quanto ai reati di cui ai capi B e C, riteneva non credibile che il /// potesse non essersi accorto che una persona era in terra dolorante, avuto riguardo alla dinamica del sinistro ed alla circostanza che il /// medesimo dopo l'incidente e prima di fuggire, era passato con la sua vettura sulla bicicletta (circostanza questa che non poteva non aver causato un forte rumore ed un sobbalzo del veicolo su cui egli viaggiava); sottolineava che era comunque un dato di fatto che il /// non era sceso dalla vettura e non si era informato delle condizioni nelle quali versava la persona offesa (che, in considerazione del tipo di mezzo usato, era esposta a qualsiasi conseguenza, anche potenzialmente più gravi di quelle concretamente verificatesi); osservava che, in caso di incidente, fermarsi non significa arrestare brevemente il veicolo, ma rimanere sul posto, farsi identificare e, se del caso, attendere l'arrivo della polizia per le misurazioni e le altre verifiche necessarie per le contestazioni e per l'accertamento delle responsabilità.[/b]
D'altra parte, la Corte territoriale, sottoponendo a nuova disamina il compendio probatorio, ha ritenuto anch'essa provato che l'incidente - occorso al ..., mentre questi si trovava alla guida di una bicicletta - era stato causato dall'imputato mentre si trovava alla guida della KKK di cui al capo d'imputazione (osservando che deponevano in questo senso: il fatto che l'autovettura era di proprietà di ///; il fatto che neanche l'imputato aveva mai sostenuto di avere prestato il veicolo a terzi, ovvero di avere subito il furto del mezzo da parte di ignoti, circostanze che, se vere, avrebbe senza dubbio fatto valere subito in giudizio; il fatto che la madre dell'imputato aveva riferito ai carabinieri che il figlio si era allontanato da casa alla guida della sua autovettura).
Quanto poi ai reati contestati ai capi B) e C), ha ritenuto infondata la tesi difensiva secondo cui il delitto di cui al capo C) - non avere ottemperato all'obbligo di prestare assistenza al ferito ... - aveva assorbito quello meno grave della violazione dell'obbligo di fermarsi in occasione del sinistro (capo B), trattandosi di fattispecie autonome e indipendenti aventi diverse ratio, essendo la seconda finalizzata a garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti nell'investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la prima ad assicurare il necessario soccorso alle persone rimaste ferite.
Sotto il profilo soggettivo, la Corte territoriale ha osservato che: [color=red][b]l'imputato non può non aver percepito l'urto contro la bicicletta condotta dal ... (che addirittura travolse) ed aveva quindi l'obbligo di fermarsi ed attendere sul posto per consentire di essere identificato dalle forze dell'ordine, anche per gli eventuali accertamenti del caso e per prestare soccorso al ferito in caso di lesioni; il fatto che il ferito ... si sia rialzato dopo la caduta non è dato di per sé rilevante, in quanto l'obbligo di fermarsi dopo il sinistro stradale nasce a seguito dell'incidente e l'imputato era di certo consapevole di aver urtato il ciclista; il /// era sottoposto ad una misura restrittiva della libertà disposta dal Tribunale di sorveglianza e tale circostanza spiega, senza giustificare, perché l'imputato si diede alla fuga, omettendo di fermarsi e di prestare soccorso al ferito.[/b][/color]
2.3. In definitiva, il giudice di secondo grado ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto di confermare la valutazione espressa dal primo giudice, sviluppando un percorso argomentativo che non presenta aporie di ordine logico e che risulta perciò immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità.
In particolare, quanto al terzo profilo di doglianza contenuto nel motivo primo, si ricorda la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 2, sent. n. 6348 del 28/01/2015, Drago, Rv. 262617), secondo la quale il silenzio serbato dall'indagato non può essere utilizzato quale elemento di prova a suo carico, ma da tale comportamento processuale il giudice può trarre argomenti di prova, utili per la valutazione delle circostanze "aliunde" acquisite, come per l'appunto è avvenuto nel caso di specie.
2.4. D'altronde, così motivando, entrambi i giudici di merito si sono attenuti a principi più volti affermati da questa Corte regolatrice nella materia in esame; e precisamente:
a)
al principio (affermato, ad es., con sent. n. 3783 del 10/10/2014, dep. 2015, Balboni, Rv. 261945), in base al quale il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell'assistenza occorrente, previsti rispettivamente dal sesto e dal settimo comma dell'art. 189 Cod. Strada, configurano due fattispecie autonome e indipendenti, con diversa oggettività giuridica, essendo la prima finalizzata a garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti nell'investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda ad assicurare il necessario soccorso alle persone rimaste ferite, sicché è ravvisabile un concorso materiale tra le due ipotesi criminose;
b) al principio (affermato, ad es., con sent. n. 16982 del 12/03/2013, Borselli, Rv. 255429), in base al quale, ai fini del reato di fuga previsto dall'art. 189, comma 6, C.d.S. l'accertamento del dolo, necessario anche se esso sia di tipo eventuale, va compiuto in relazione alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall'agente al momento della condotta, laddove esse siano univocamente indicative del verificarsi di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone; e al principio (affermato, ad es., con sent. n. 33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113) in base al quale il reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente dopo un investimento (art. 189, comma 7, C.d.S.) esige un dolo meramente generico, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti;
c) al principio (affermato, ad es., con sent. n. 8626 del 7/2/2008, Di Vece ed altri, Rv. 238973), in base al quale, in caso di incidente, l'obbligo di fermarsi e prestare assistenza agli eventuali feriti grava direttamente su colui che si trova coinvolto nell'incidente medesimo, il quale è dunque tenuto ad assolverlo indipendentemente dall'intervento di terzi e senza poter fare affidamento sull'invocato intervento della polizia o di altra autorità già allertate, almeno fino a quando non abbia conseguito la certezza dell'avvenuto soccorso.

In ottemperanza dei suddetti principi, la Corte territoriale nel caso di specie:
-
ha correttamente applicato la disciplina della continuazione tra i reati di cui ai capi B e C;
-
ha correttamente ravvisato nel comportamento dell'imputato il necessario coefficiente psicologico dei suddetti reati, quanto meno nella forma del dolo eventuale (avendo l'imputato accettato il rischio di fuggire e di non prestare assistenza come prezzo da pagare al fine di non essere sottoposto a controllo e che conseguentemente non risultasse l'intervenuta violazione degli arresti domiciliari: cfr. Sez. U., sent. n. 38343 del 2014, Espenhahn ed altri, Rv. 261104);
-
ha correttamente ritenuto irrilevante, con specifico riferimento al reato di cui al capo C, il fatto che il ... era stato soccorso da altro automobilista, che aveva assistito a tutta la scena.

3. Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso, attinente al trattamento sanzionatorio.
Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, 4/7/2003 n. 36382, Dell'Anna ed altri, n. 227142) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua": Sez. 6, sent. N. 9120 del 2/7/1998, Urrata, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, sent. n. 26908 del 22/4/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Detta evenienza non ricorre nel caso di specie, nel quale il Giudice di primo grado ha ritenuto non concedibili le attenuanti generiche sulla base dei numerosi precedenti penali; mentre la Corte territoriale, dopo aver qualificato come particolarmente gravi i fatti ascritti all'imputato, ha ritenuto che gli stessi giustificavano il trattamento punitivo applicato dal giudice di primo grado e, in particolare, la determinazione della pena base in misura superiore al minimo per il reato più grave di cui all'art. 189 comma 7 e l'aumento di mesi due e giorni 15 di reclusione per il reato di cui all'art. 189 comma 6.
4. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 10 febbraio 2016.

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