Data: 2016-04-19 18:49:08

IMPRENDITORE AGRICOLO - limiti di fatturato - Risoluzione n. 81039 del 22 marzo

Risoluzione n. 81039 del 22 marzo 2016 - D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 – Applicazione limiti dell’articolo 4 – Quesito

[b]La risoluzione n. 81039 del 22 marzo 2016 reca precisazioni sulla corretta interpretazione della disposizione contenuta nell’ art.4 del D.Lgs n. 228 del 2001, che rinvia ai limiti dei ricavi derivanti dalla vendita di prodotti non provenienti dalla propria azienda, ossia 160.000 euro nel caso dell’imprenditore individuale e 4.000.000 nel caso delle società.[/b]

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Ministero dello Sviluppo Economico
Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, i Consumatori, la Vigilanza e la Normativa Tecnica
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www.sviluppoeconomico.gov.it
Risoluzione n. 81039 del 22 marzo 216
Oggetto: D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 – Applicazione limiti dell’articolo 4 – Quesito
Si fa riferimento alla nota pervenuta per e-mail, con la quale la S.V. chiede alcune
delucidazioni con riguardo a quanto disposto dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del
2001.
Nello specifico, richiamati i limiti di ricavi derivanti dalla vendita di prodotti non
provenienti dalla propria azienda, ossia 160.000 euro nel caso dell’imprenditore individuale
e 4.000.000 nel caso delle società, chiede se detti limiti siano riferibili ai soli ricavi ottenuti
con la vendita di prodotti finiti acquistati da terzi oppure anche alla vendita di quei prodotti
alla cui produzione hanno contribuito anche materie prime acquistate da fornitori terzi.
Al riguardo, la scrivente Direzione rappresenta quanto segue.
L’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 228 del 18 maggio 2001 dispone che:
“Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui
all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio,
in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle
rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità”.
Il successivo comma 5, medesimo decreto, dispone altresì che: “La presente disciplina
si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di
manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo
sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa”.
Il comma 8, infine, dispone che: “Qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla
vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente sia
superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni di euro per le
società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998”.
Da quanto sopra consegue che i produttori agricoli sono legittimati a vendere anche
prodotti non provenienti dai propri fondi, purché in misura non prevalente.
Per prodotti non provenienti dai propri fondi si intendono sia i prodotti alimentari
lavorati presso la propria azienda agricola ma con materie prime acquistate da terzi (ad
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esempio le mozzarelle prodotte nella propria azienda agricola con il latte acquistato da terzi),
sia quei prodotti oggetto di un ciclo industriale di trasformazione.
Quei prodotti alimentari, invece, lavorati e trasformati da terzi con prodotti della
propria azienda agricola (ad esempio il gelato prodotto con il latte di propria produzione
anche se lavorato da terzi) sono considerati prodotti provenienti dai propri fondi.
Per rendere più esplicito il concetto di misura non prevalente occorre, quindi, fare
riferimento all’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita di quei prodotti non provenienti
dai propri fondi: tale ammontare deve sempre restare inferiore all’ammontare dei ricavi
derivante dalla vendita dei prodotti provenienti in misura prevalente dai propri fondi, fino al
limite massimo, comunque, dei limiti di importo fissati dalla disposizione in discorso per le
diverse tipologie di imprese agricole, dal citato comma 8.
E’ indispensabile, pertanto, rimanere entro certi limiti (sia quelli percentuali, relativi
alla prevalenza, che quelli assoluti, relativi ai ricavi) poiché superare i medesimi comporta il
passaggio dall’attività di imprenditore agricolo a quella di esercente al dettaglio, nelle
differenti forme di vendita e con i relativi adempimenti previsti per lo svolgimento
dell’attività commerciale, con la conseguente applicabilità delle disposizioni contenute nel
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, tra le quali anche l’obbligatorietà del possesso dei
requisiti professionali per il commercio alimentare al dettaglio di cui all’articolo 71, comma
6, del decreto legislativo n. 59 del 2010.
Stante, comunque, l’argomento in questione, la presente nota ed il relativo quesito
sono inviati al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con preghiera di far
conoscere eventuali determinazioni contrarie.
IL DIRETTORE GENERALE
(Gianfrancesco Vecchio)

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