Data: 2016-04-01 08:35:38

RIABILITAZIONE durante pena detentiva - lingua italiana

Un esercente somministrazione alimenti e bevande ha il casellario con detenzione dal 2009 alo 2012 (reato ostativo per un quinquennio). Produce la seguente dichiarazione:
"durante l'espiazione della pena di detenzione (nel casellario
giudiziale risulta dal 19/03/2009 al 22/05/2012) ha partecipato a
percorsi riabilitativi ed è stato ammesso all'art. 21 all'esterno
dell'Istituto penitenziario, con un provvedimento del magistrato di
sorveglianza".
Qualora si riesca ad avere questa certificazione dal magistrato di sorveglianza, il sig. può somministrare alimenti e bevande?

possesso LINGUA ITALIANA
per la somministrazione alimenti e bevande c'è bisogno di documentazione che attesti possesso lingua italiana. Un sig. può iniziare l'attività e partecipare al corso poi?
entro quanto tempo?

ringrazio anticipatamente

riferimento id:33355

Data: 2016-04-01 09:08:30

Re:RIABILITAZIONE durante pena detentiva - lingua italiana

[color=red][b]Lavoro esterno (art. 21 O.P.)[/b][/color]
[color=red]Non si tratta di una vera misura alternativa alla detenzione ma di un beneficio, concesso dal direttore dell’Istituto di pena, che consiste nella possibilità di uscire dal carcere per svolgere un’attività lavorativa, anche autonoma (art. 48, comma 12, R.E.), oppure per frequentare un corso di formazione professionale (art. 21 O.P., comma 4 bis).[/color]

Ciò premesso l'ammissione al lavoro esterno NON HA effetti riabilitativi sui requisiti morali nè tantomeno esonera dal possesso di quelli professionali.

QUINDI:
1) se il soggetto non ha i requisiti morali (occorre verificare per quale reato si trova in carcere) continua a non averli anche se ha svolto attività esterna
2) il quinquennio di interdizione scade il 22/5/2017
3) per la somministrazione deve dimostrare uno dei requisiti professionali dell'art. 71 dlgs 59/2010
4) non occorre la conoscenza della lingua italiana
5) se non possiede i requisiti professionali può fare il corso ma non può attestare il possesso fino a quando non viene rilasciato l'attestato. Nelle more nominerà un preposto.

riferimento id:33355

Data: 2016-04-01 09:25:05

Re:RIABILITAZIONE durante pena detentiva - lingua italiana

da quando non vi è più la verifica del requisito di cui all'art. 67, comma 2bis, della L.R. 6/2010 (lingua italiana per stranieri) ?

riferimento id:33355

Data: 2016-04-01 09:52:21

Re:RIABILITAZIONE durante pena detentiva - lingua italiana


da quando non vi è più la verifica del requisito di cui all'art. 67, comma 2bis, della L.R. 6/2010 (lingua italiana per stranieri) ?
[/quote]

Occorre distinguere:
1) la certificazione circa la conoscenza della lingua italiana non è richiesta per la maturazione del REQUISITO PROFESSIONALE nè fuori dalla Lombardia nè in Lombardia
2) la LR 6/2010 prescrive la necessità di " un certificato di conoscenza della lingua italiana, Certificazione Italiano Generale (CELI)" "Per il rilascio dell’autorizzazione" in capo a "titolare o delegato, che esercita effettivamente l’attività". Detto requisito è alternativo al requisito professionale standard ... per cui se il soggetto frequenta un corso (online o in altra regione) ed ottiene l'attestato non può essergli chiesto in Lombardia detto requisito, come stabilito dalla [color=red][b]Corte Costituzionale Sentenza 98/2013[/b][/color]

[i]Premesso infatti che il Governo non contesta che al legislatore regionale, nella regolamentazione dell’accesso alle attività in esame (riconducibile, in termini generali, alla materia del commercio ex art. 117, quarto comma, Cost.) sia consentito di prevedere, in capo a chi richieda il rilascio della autorizzazione ad esercitare detta attività, il possesso di requisiti professionali (che evidentemente costituiscono elementi atti a dimostrare la affidabilità dell’operatore e la sua capacità professionale in rapporto alla concorrente esigenza di garantire la tutela del consumatore), va rilevato che il censurato art. 2, comma 2, richiede la produzione da parte dell’interessato «di uno dei» documenti previsti dall’art. 67, comma 2-bis, della legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6, recante il «Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere» (comma aggiunto dall’art. 19 della legge regionale n. 3 del 2012, congiuntamente impugnato). Trattasi di una previsione che lascia al soggetto interessato la scelta di presentare o un certificato di conoscenza della lingua italiana, Certificazione Italiano Generale (CELI) (art. 67, comma 2-bis, lettera a); ovvero un attestato che dimostri il conseguimento di un titolo di studio presso una scuola italiana legalmente riconosciuta o ancora, in alternativa, un attestato che dimostri l’avvenuta frequenza, con esito positivo, di un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare o per la somministrazione di alimenti e bevande istituito o riconosciuto dalla Regione Lombardia, dalle altre Regioni o dalle Province autonome di Trento e Bolzano (lettera b).
Alla esclusione dell’asserito effetto discriminatorio derivante (direttamente o indirettamente) dalla cittadinanza dell’operatore (che viene posto a base delle singole censure mosse dal ricorrente alla normativa impugnata), si perviene, dunque, muovendo dalla constatazione che[b] la conoscenza della lingua italiana non è dal legislatore regionale prevista quale unico imprescindibile requisito (imposto agli stranieri) richiesto per avviare l’attività commerciale, giacché la stessa norma prevede che l’interessato possa in alternativa attestare anche la frequenza ed il superamento del corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico di riferimento[/b]. Ed in ordine a tale possibilità, va rilevato che l’art. 66, comma 1, lettera a), dello stesso testo unico regionale in materia di commercio – nel fissare i requisiti professionali per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, con previsioni sostanzialmente identiche a quelle di cui al comma 6 dell’art. 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) – prevede (sempre in via alternativa) proprio la medesima condizione dell’«avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano». La sostanziale identità di uno dei requisiti stabiliti tanto per gli italiani quanto per gli stranieri (siano essi comunitari o non) rappresenta ulteriore riprova della non configurabilità del lamentato effetto discriminatorio (peraltro non censurato in termini di ingiustificata disparità di trattamento di situazioni asseritamente uguali, ex art. 3 Cost.) derivante dalla applicazione delle norme censurate.
Dunque, il carattere meramente alternativo del requisito (individuato in un contesto normativo di disciplina del commercio, di competenza regionale residuale: sentenze n. 299 del 2012, n. 247 del 2010 e n. 430 del 2007), fa sì che esso, in quanto tale, sia inidoneo ad incidere negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati, ovvero sulla condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea, ovvero infine sui vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario; con la conseguenza che le disposizioni censurate non vulnerano alcuno dei parametri evocati.[/i]

http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2013&numero=98

riferimento id:33355
vuoi interagire con la community? vai al NUOVO FORUM - community.omniavis.it