Data: 2016-03-22 14:36:55

GIOCHI, DISTANZE e competenza del SUAP - TAR Toscana 4 marzo 2016

GIOCHI, DISTANZE e competenza del SUAP - TAR Toscana 4 marzo 2016

[color=red][b]T.A.R. Toscana, Sezione II, 4 marzo 2016 n. 388[/b][/color]

FATTO

Con provvedimento 6 luglio 2015, Cat. 11E-2015 P.A.S.I. prot. n. 59/2015, il Questore di Prato autorizzava, ex art. 88 e 110, 6° comma lett. b) del T.U.L.P.S., il Signor Artur Ahi, in qualità di legale rappresentante della società Universe di Artur Ahi s.n.c., all’esercizio dell’attività di esercizio del gioco lecito tramite videoterminali (VLT) nei locali siti in Pieve a Nievole, via Don Minzoni, n. 21; l’atto autorizzativo recava espressa clausola (“l’autorizzazione deve intendersi rilasciata ai soli fini di pubblica sicurezza, fatte salve le limitazioni imposte da norme di legge statale, regionale o da regolamento comunale, ed in particolare, da quelle inerenti alla nuova collocazione di apparecchi a distanza dai luoghi sensibili, ai sensi della legge regionale n. 57 del 18.10.2013 e successive modificazioni”) che espressamente faceva salve le valutazioni comunali in materia di distanza dai luoghi sensibili previste dalla l.r. 18 ottobre 2013, n. 57.
[color=red][b]Con ordinanza 30 settembre 2015 n. 92, il Responsabile del S.U.A.P. del Comune di Pieve a Nievole, ordinava alla società ricorrente, a seguito della rilevazione della violazione della previsione dell’art. 4 della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57 constatata nel corso del sopralluogo svolto in data 16 luglio 2015, la cessazione immediata dell’attività di gioco lecito svolta nella struttura. [/b][/color]
L’ordinanza era impugnata dalla ricorrente per: 1) incompetenza, violazione e/o falsa applicazione art. 10, 11, 88, 100 e 110 T.U.L.P.S., art. 153 regolamento esecuzione del T.U.L.P.S., art. 107 T.U.E.L.; 2) violazione e/o falsa applicazione art. 4 legge regionale toscana 18 ottobre 2013, n. 57, artt. 3 e 135 Cod. Strada, artt. 3 e 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, d.m. 5.11.2001, d.m. 14.6.1989 n. 236, D.P.R. 24.7.1996 n. 593, art. 136 e 146 l.r. toscana 10 novembre 2014 n. 65, eccesso di potere per illogicità manifesta, carenza dei presupposti, di istruttoria e di motivazione, violazione del principio di affidamento, disparità di trattamento, eccesso di potere; con il ricorso era altresì richiesto il risarcimento dei danni, non provati o quantificati in qualche modo, derivanti dal provvedimento impugnato.
Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Interno, la Questura di Pistoia (con comparsa di pura forma) e il Comune di Pieve a Nievole che controdeduceva sul merito del ricorso e formulava altresì eccezione preliminare di inammissibilità del gravame, a seguito dell’omessa impugnazione della clausola di riserva delle valutazioni di cui alla l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, apposta all’autorizzazione ex art. 88 T.U.L.P.S.; il Comune di Pieve a Nievole presentava altresì ricorso incidentale, impugnando l’autorizzazione ex art. 88 T.U.L.P.S. (il provvedimento 6 luglio 2015, Cat. 11E-2015 P.A.S.I. prot. n. 59/2015 della Questura di Pistoia) rilasciata alla ricorrente e ponendo a base dell’impugnazione l’omessa valutazione delle limitazioni di localizzazione previste dall’art. 4 della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57.
Con decreto Presidenziale 9 ottobre 2015 n. 699, era accolta l’istanza di tutela cautelare monocratica presentata con il ricorso, fino alla camera di consiglio del 22 ottobre 2015; con l’ordinanza 22 ottobre 2015 n. 729, la Sezione rigettava l’istanza cautelare proposta con il ricorso,
Con ordinanza 1° dicembre 2015 n. 5337, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’appello proposto dalla ricorrente, ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, 10° comma c.p.a., condividendo, per il resto, le argomentazioni della Sezione relative al diniego di tutela cautelare; a seguito dell’intervento dell’ordinanza del Consiglio di Stato, la ricorrente decideva, di sua iniziativa, di riprendere l’attività (lettera 11 dicembre 2015 dell’avv. Nocentini).
All'udienza del 17 febbraio 2016 il ricorso passava quindi in decisione.

DIRITTO

La palese infondatezza del ricorso permette di prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso (a seguito dell’omessa impugnazione della clausola di riserva delle valutazioni di cui alla l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, apposta all’autorizzazione ex art. 88 T.U.L.P.S.) sollevata dalla difesa del Comune di Pieve a Nievole (circostanza che, comunque, assume rilevanza ai fini del rigetto del primo motivo di ricorso, come più avanti rilevato).
Con le sentenze 19 febbraio 2015 n. 284 e 16 giugno 2015 n. 936, la Sezione ha già affrontato gran parte delle censure proposte da parte ricorrente, ricostruendo, in particolare, l’impianto normativo fondamentale della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57 (disposizioni per il gioco consapevole e per la prevenzione della ludopatia), oggi applicabile nel testo risultante dalle modificazioni disposte con la l.r. 23 dicembre 2014 n. 85 (che hanno espressamente superato alcune delle problematiche precedenti, specificando meglio l’ambito di applicabilità della legge).
Per quello che ci occupa, assume particolare interesse l’art. 2 (definizioni) della l. r. 18 ottobre 2013, n. 57 (ovviamente nel testo attualmente vigente) che, nel dettare le definizioni generali necessarie per l’applicazione della legge, ne ha previsto l’indiscussa applicabilità ai luoghi pubblici, aperti al pubblico o ai circoli privati “in cui siano presenti e accessibili gli apparecchi per il gioco lecito di cui all' articolo 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza)” (art. 2 lett. b) e c) l.r. 57 del 2013, come modificate dalla l.r. 23 dicembre 2014 n. 85); del tutto infondata appare pertanto la prospettazione della ricorrente (evidentemente riferita alla precedente formulazione della legge, comunque considerata comprensiva delle autorizzazioni ex art. 88 T.U.L.P.S. dalle già citate sentenze 19 febbraio 2015 n. 284 e 16 giugno 2015 n. 936 della Sezione) tendente a limitare l’applicazione della previsione alle sole autorizzazioni ex art. 86 T.U.L.P.S. e non anche alle autorizzazioni ex art. 88, relative agli apparecchi per il gioco lecito di cui all' articolo 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (come quella che ci occupa).
Per quello che riguarda le Amministrazioni deputate a dare applicazione alle previsioni della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57 (soprattutto, alla previsione dell’art. 4, in materia di distanza dai cd. luoghi sensibili), le due precedenti sentenze della Sezione hanno confutato la tesi che tendeva ad escluderne l’applicazione da parte degli organi del Ministero dell’interno: “la contraria tesi posta a base della difesa delle Amministrazioni resistenti (anche se non richiamata nell’atto impugnato) e di circolari del Ministero dell’Interno (da ultimo, si veda la circolare 6 marzo 2014 prot. 557/PAS/004248/12001 1) non considera, infatti, adeguatamente la previsione dell’art. 153 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S.) che, con riferimento alle autorizzazioni ex artt. 86 e 88, prevede espressamente che “la licenza può essere rifiutata o revocata per ragioni di igiene” vale a dire, per ragioni oggi riportabili alla più moderna definizione di sanità pubblica e, quindi, anche alla prevenzione della ludopatia.
Del resto, la soluzione sopra richiamata (fondata peraltro su una previsione espressamente richiamata nell’atto impugnato) è posta a base dei precedenti giurisprudenziali che riguardano la materia, come Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2013 n. 4498, espressamente riferita all’impugnazione di una licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. rilasciata (in quel caso, da organo non appartenente al Ministero dell’Interno) in violazione di una legge regionale (in quel caso, di una Provincia autonoma) finalizzata alla prevenzione della ludopatia” (T.A.R. Toscana, sez. II, 19 febbraio 2015 n. 284 e 16 giugno 2015 n. 936).
[color=red][b]Quanto sopra rilevato, non esclude però che sussista una competenza “concorrente” (come correttamente prospettato dalla difesa del Comune di Pieve a Nievole) dell’Amministrazione comunale in ordine all’applicazione della l.r. 57 del 2013; detta competenza è, infatti, espressamente prevista dall’art. 13 (che attribuisce ai Comuni, nei quali sono ubicati i centri di scommesse e gli spazi per il gioco con vincita in denaro, “funzioni di vigilanza sull'osservanza dei divieti di cui all'articolo 4”) e 14 (che attribuisce ai Comuni l’esercizio ed una parte preponderante del gettito dei poteri sanzionatori in materia) della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57. [/b][/color]
Del resto, la stretta attinenza delle previsioni in materia di limitazioni territoriali all’insediamento di sale da gioco alla materia del governo del territorio è stata riconosciuta da Corte cost. 18 luglio 2014, n. 220 (più oltre richiamata) ed in questa logica fondamentale, ben si inseriscono le previsioni della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57 che riconoscono fondamentali poteri di intervento e controllo alle Amministrazioni comunali.
[b]In buona sostanza, siamo pertanto in presenza di un sistema di “doppia tutela” che attribuisce il potere di dare applicazione alle norme di cui all’art. 4 della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57 agli organi del Ministero dell’Interno (in questo caso, radicando le relative valutazioni sulla previsione dell’art. 153 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635) e all’Amministrazione comunale nel cui territorio sono ubicati i centri di scommesse e gli spazi per il gioco (in questo caso, ex artt. 13 e 14 della l.r. 57 del 2013). [/b]
Del resto, la tesi proposta dalla ricorrente non potrebbe comunque trovare accoglimento:
a) per effetto di ragioni squisitamente processuali, non avendo la stessa impugnato la clausola di riserva delle valutazioni dell’Amministrazione comunale in ordine all’applicazione dell’art. 4 della l.r. 57 del 2013 espressamente apposta all’atto impugnato (circostanza che, pur non importando l’inammissibilità dell’intera impugnazione, comunque impedisce alla ricorrente di contestare la condizione apposta all’atto autorizzatorio e che contrasta con la tesi successivamente proposta in giudizio e tendente ad attribuire agli organi del Ministero dell’Interno la competenza esclusiva in materia);
b) per ragioni sostanziali, non essendo possibile ravvisare nella fattispecie una forma di sostanziale revoca dell’autorizzazione ex art. 88 T.U.L.P.S. (che continua ad esistere, anche se praticamente svuotata di effetti pratici), trattandosi dell’autonomo esercizio di poteri inibitori propri dell’Amministrazione comunale riconosciuti dalla legge regionale e dall’assetto concreto dato al rapporto dal provvedimento concessorio non espressamente impugnato.
È poi da escludersi che si sia verificata una qualche forma di violazione dell’art. 107 (in visione coordinata con gli artt. 50, 5° comma e 54, 1° comma del decreto legislativo) del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non trattandosi ovviamente dell’esercizio di poteri contingibili ed urgenti in materia di sanità o di ordine e sicurezza pubblica, ma di normali poteri gestionali in materia di prevenzione della ludopatia previsti dagli artt. 13 e 14 della l.r. 57 del 2013 (in questo senso, in termini generali, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5251 che ha riportato i poteri in materia agli ordinari poteri gestionali dei dirigenti ex art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
A partire dalla camera di consiglio del 22 ottobre 2015, la difesa di parte ricorrente si è poi incentrata su una più generale censura di illegittimità costituzionale (pienamente ammissibile, trattandosi di questione sollevabile d’ufficio) dell’intera sistematica della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, soprattutto con riferimento alle problematiche originate dalla previsione dell’art. 7, 10° comma del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 conv. in l. 8 novembre 2012, n. 189 (si tratta del cd. decreto Balduzzi) che, con riferimento alla problematica della lotta alla ludopatia, ha attribuito all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (e, a seguito della sua incorporazione, all'Agenzia delle dogane e dei monopoli) il compito di “pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi” applicabili alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto; il tutto, “tenuto conto degli interessi pubblici di settore..(e) sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del … decreto”, che non risultano ancora intervenuti alla data odierna.
Al proposito, appare del tutto indubbio come la giurisprudenza della Corte costituzionale stia seguendo un percorso di progressivo avvicinamento al nucleo centrale della problematica della competenza statale o regionale in materia di misure di lotta alla ludopatia.
Con una prima sentenza ([b]Corte cost. 10 novembre 2011 n. 300[/b]) è stato, infatti, escluso, con riferimento a legge della Provincia di Bolzano intervenuta prima del cd. decreto Balduzzi, che le misure di lotta alla ludopatia del tipo di quelle che oggi ci occupano (imposizione di distanze minime da luoghi cd. “sensibili”) possano avere un’attinenza esclusiva alle materie dell’ordine e della sicurezza pubblica, investendo, al contrario, in via primaria, la tutela di materie e beni (sanità; inquinamento; ecc.) di competenza anche regionale: “nel caso in esame, le disposizioni censurate hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell'ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso a detti giochi degli utenti. Le disposizioni impugnate, infatti, non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell'illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; dall'altro, influire sulla viabilità e sull'inquinamento acustico delle aree interessate” (Corte cost. 10 novembre 2011 n. 300).
Una successiva decisione, intervenuta poi dopo il decreto Balduzzi (e da cui si possono già trarre elementi su quella che potrebbe essere l’impostazione della problematica da parte del Giudice delle leggi) ha poi riportato alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione urbanistica il potere degli enti locali di imporre distanze minime tra gli spazi dedicati al gioco e i luoghi sensibili: “il TAR rimettente omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l'imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni. Dello stesso avviso è il Consiglio di Stato quando afferma che l'esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti (Consiglio di Stato, sentenza n. 2710 del 2012)” ([b]Corte cost., 18 luglio 2014, n. 220[/b]).
Oggi la questione di costituzionalità è stata nuovamente rimessa al Giudice delle leggi da T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, ord. 23 aprile 2015. n. 2529 che dubita della costituzionalità, in relazione alle previsioni degli artt. 117, 3° e 2° comma lett. h) della Costituzione ed all’art. 7, 10° comma del cd. decreto Balduzzi (che, in buona sostanza rinvierebbe l’operatività di dette norme di tutela ad un periodo successivo all’intervento del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, prevedente i criteri generali di applicazione delle misure), di una legge regionale pugliese che prevede misure sostanzialmente analoghe a quelle previste dalla l.r. 18 ottobre 2013, n. 57.
La Sezione ritiene però che la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, estesa dalla ricorrente anche alla l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, permetta di prescindere dal rinvio della relativa questione alla Corte costituzionale; la tesi dell’incostituzionalità sostenuta dal T.A.R. Puglia, Lecce non considera, infatti, adeguatamente:
a) il dato normativo ed in particolare, l’art. 14, 3° comma della l. 11 marzo 2014, n. 23 (delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita) che, nel delegare il governo a “introdurre e garantire l'applicazione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni” ha assicurato “la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i princìpi delle norme di attuazione della presente lettera”; al momento, le norme emanate in sede regionale e locale emanate nelle more dell’intervento del detto provvedimento di riordino godono pertanto della salvaguardia prevista dalla detta disposizione, così superando sostanzialmente la problematica del contrasto con il cd. decreto Balduzzi (in questo senso, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761);
b) l’impostazione già data alla problematica dalla già citata Corte cost., 18 luglio 2014, n. 220, in un contesto in cui l’entrata in vigore del cd. decreto Balduzzi avrebbe dovuto indurre ad escludere la possibilità per gli enti locali di dettare norme limitative non preventivamente legittimate dai criteri generali di fonte statale;
c) la forte analogia che sussiste tra gli strumenti di tutela (distanze minime tra luoghi sensibili e sale gioco) previsti dalle leggi regionali e la sistematica statale che risultano identicamente caratterizzati dalla stessa logica di prevenzione e da strumenti operativi (distanze dai luoghi sensibili) analoghi (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761 e la giurisprudenza ivi richiamata);
d) la stessa rilevazione presente in T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, ord. 23 aprile 2015.n. 2529 in ordine alla possibilità, per le regioni, “di stabilire livelli di tutela più elevati per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (cfr. in tal senso T.A.R. Lombardia 4.4.2012 n. 1006; T.A.R. Puglia 7.12.2012 n. 2100; Corte Cost. 5 marzo 2009, n. 61; Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 62)”; ed in questo caso, contrariamente a quanto rilevato nell’ordinanza di rimessione, siamo in presenza proprio di un livello di tutela più elevato di quello statale, almeno sotto l’aspetto temporale dell’immediata operatività dei divieti.
La questione di costituzionalità sviluppata dalla ricorrente nella memoria conclusionale deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata, sulla base delle plurime argomentazioni sopra richiamate.
Per quello che riguarda il secondo motivo di ricorso (relativo prevalentemente al calcolo delle distanze dai luoghi sensibili) è poi sufficiente rilevare:
[color=red][b]a) come non sussista una qualche norma che imponga all’Amministrazione comunale di procedere al calcolo delle distanze in contraddittorio con l’interessato;
b) come, ai sensi dell’art. 4 della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, la detta distanza debba essere “misurata in base al percorso pedonale più breve” e, quindi, con riferimento alla segnaletica (soprattutto per quello che riguarda gli attraversamenti pedonali) attualmente esistente, senza possibilità di sollevare le contestazioni mosse da parte ricorrente (non rispondenza degli attraversamenti pedonali attualmente esistenti al codice della strada) che presuppongono la contestazione di attività amministrativa del tutto autonoma (l’apposizione della segnaletica e le relative ordinanze di regolazione del traffico) che non risulta essere stata ritualmente proposta in sede giurisdizionale;
c) come, pertanto, il calcolo delle distanze effettuato dal Settore Tecnico Manutentivo del Comune di Pieve a Nievole (rispecchiato dal verbale 16 luglio 2015) non appaia caratterizzato da errori rilevabili in sede di legittimità;
d) come, per quello che riguarda il cd. centro AUSER, risulti del tutto indubbia la sussistenza, al momento dell’emanazione dell’atto impugnato, di una convenzione (quella dd. 3 settembre 2015) relativa alla concessione dell’immobile fino al 31 agosto 2018 e prevedente in allegato un programma di attività;
e) come la previsione dell’art. 4 della l.r. 18 ottobre 2013, n. 57, non preveda, relativamente ai “centri socio-ricreativi e sportivi”, standard minimi di utilizzazione per un minimo di ore giornaliere, settimanali o mensili, ma solo la sussistenza ed operatività del centro, così togliendo ogni rilevanza alle soggettive (e opinabili) valutazioni della ricorrente in ordine alla sostanziale inoperatività della struttura (comunque smentite alla documentazione versata in giudizio dall’Amministrazione comunale). [/b][/color]
[b]Conclusivamente deve poi rilevarsi come nessuna rilevanza possa essere attribuita al presunto affidamento maturato dalla ricorrente a seguito dei procedimenti edilizi che hanno preceduto l’apertura della sala giochi; l’attività edilizia appare, infatti, finalizzata ad un’utilizzazione commerciale dell’immobile che non si esaurisce nella destinazione a sala giochi ed è pertanto con riferimento a tale risultato finale (che costituisce un bene ancora in godimento della ricorrente, indipendentemente dalla possibilità di utilizzare le VLT) che deve essere valutato l’affidamento ingenerato dall’Amministrazione e che non può comprendere utilità (la possibilità di installare VLT) che non trovano valutazione in sede edilizia. [/b]
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, sia per quello che riguarda l’azione di annullamento che per quello che riguarda l’azione risarcitoria; il rigetto del ricorso impone poi la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso incidentale proposto dal Comune di Pieve a Nievole.
Le spese di giudizio dell’Amministrazione comunale di Pieve a Nievole devono essere poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese tra le parti nei confronti delle Amministrazioni statali che non hanno sostanzialmente svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) rigetta il ricorso, come da motivazione;
b) dichiara l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso incidentale proposto dal Comune di Pieve a Nievole.
Condanna la ricorrente alla corresponsione al Comune di Pieve a Nievole della somma di € 4.000,00 (quattromila/00), oltre ad Iva e CAP, a titolo di spese del giudizio.
Compensa le spese di giudizio nei confronti delle Amministrazioni statali costituite.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Carlo Testori, Consigliere
Luigi Viola, Consigliere, Estensore

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