Data: 2016-03-15 07:51:28

Impianto di telefonia mobile: la legittimazione a ricorrere di coloro che hanno

[b]Impianto di telefonia mobile: la legittimazione a ricorrere di coloro che hanno uno stabile collegamento con la zona sulla quale sarà eseguita l’opera[/b]

In materia urbanistica e ambientale contro i provvedimenti abilitativi sono legittimati a ricorrere tutti coloro che hanno uno stabile collegamento con la zona della quale fa parte il sedime sul quale sarà eseguita l’opera. In questo senso è la giurisprudenza consolidata sull’art. 31 della legge urbanistica n. 1150/1942, nel testo modificato dalla legge n. 765/1967 (cfr. da ultimo Cons. Stato n. 1210/2014); ed è significativo che questa giurisprudenza si sia formata interpretando restrittivamente la formulazione della norma sopra citata, la quale attribuiva la legittimazione a ricorrere a «chiunque». Si può aggiungere che in questo contesto s’intende avere uno «stabile collegamento» con una determinata zona il soggetto che è proprietario di immobili nella zona medesima oppure che, pur non essendo proprietario, vi ha la residenza. Questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 11.3.2016 n. 980 sulla cui base ha rigettato la censura proposta da un gestore di telefonia in quanto nella vicenda attenzionata "è, di fatto, questa la situazione nella quale si trovano i cinque privati cittadini ai quali la sentenza appellata ha riconosciuto legittimazione ed interesse a ricorrere; per questa parte, dunque, la sentenza deve essere confermata.". "L’appellante, tuttavia, sostiene che i ricorrenti in primo grado non erano legittimati, in quanto le prescrizioni vincolistiche da essi invocate non erano state dettate specificamente a tutela di un qualche loro diritto o interesse individuale, bensì genericamente a tutela di interessi “diffusi” appartenenti alla collettività indifferenziata. Questa tesi difensiva appare basata su un errore concettuale, in quanto ignora la distinzione fra l’interesse tutelato che conferisce la legittimazione a ricorrere e il vizio di legittimità dedotto con il motivo d’impugnazione. Una volta riconosciuti la legittimazione e l’interesse a ricorrere (e questo è il caso) non è necessario che la norma che si assume violata coincida con quella da cui deriva il titolo del ricorrente. Quanto, infine, al fatto che il ricorso in primo grado era proposto da una pluralità di ricorrenti, non tutti ugualmente interessati (come ha ritenuto il T.A.R. ritenendo ammissibile l’impugnazione solo con riguardo ad alcuni di loro) si osserva che non è questa una ragione sufficiente per giudicare inammissibile il ricorso nel suo insieme. Una siffatta ragione d’inammissibilità si potrebbe ipotizzare solo qualora i soggetti che ricorrono collettivamente risultassero titolari di interessi non solo in qualche modo diversificati, ma altresì in reciproco conflitto: tali cioè che la soddisfazione dell’uno comportasse necessariamente il sacrificio dell’altro. Ma non è questo il caso. Concludendo sul punto, il motivo di appello che ripropone le eccezioni preliminari deve essere respinto. Nel merito, la decisione del T.A.R. – sorretta da un’ampia ed approfondita motivazione, che si può intendere qui riprodotta – deve ugualmente essere confermata. "E’ sufficiente osservare che l’autorizzazione paesaggistica appare motivata in modo sommario e apodittico, senza precisi riferimenti ai valori ambientali e paesaggistici tutelati. Essa si sofferma semmai sulla presenza di “serre fatiscenti” quasi che si trattasse di un elemento idoneo a sminuire il valore paesaggistico del contesto ambientale, laddove appare chiaro che l’opera di cui si discute (un’antenna-torre dell’altezza di circa 10 metri) ha una visibilità e un impatto non confrontabile con quello delle vecchie serre, caratterizzate dalla precarietà e dalla modestissima altezza. D’altra parte va notato che la sentenza appellata non afferma che l’effetto dei vincoli sia tale da precludere in senso assoluto la realizzazione dell’opera; si limita a segnalare che essi dovevano essere tenuti in considerazione e valutati ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, il che non è avvenuto. Quanto alla preesistenza di una simile antenna a breve distanza, si osserva che non è questo un elemento sufficiente per ritenere senz’altro assentibile la realizzazione di un secondo manufatto analogo; semmai tale circostanza rendeva pertinente la censura – dedotta in primo grado dai ricorrenti e ritenuta fondata dal T.A.R. – della omessa valutazione dell’ipotesi di “condivisione” o “coubicazione” degli impianti al fine di minimizzare l’impatto visivo. A quest’ultimo proposito l’appellante sostiene che la eventuale scelta della “coubicazione” produrrebbe risultati ancor meno accettabili sotto il profilo ambientale: ma si tratta evidentemente di argomenti opinabili e soggettivi, non apprezzabili nella presente sede di legittimità, mentre il vizio consiste nel fatto che nell’iter procedimentale l’ipotesi della condivisione non sia stata presa in considerazione e valutata nell’esercizio della discrezionalità amministrativa."


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