Data: 2016-03-03 14:25:11

Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - AGGIORNAMENTI

Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - 3 marzo 2016

[img width=176 height=300]http://www.ansa.it/webimages/img_457x/2016/3/3/8acf89cf02f0e8389ea40f2c530a975c.jpg[/img]

[color=red][b]In allegato il testo[/b][/color]

[b]Fonte:[/b]
http://www.governo.it/articolo/consiglio-dei-ministri-n-107/4284

[b]Le slides:[/b]
http://www.governo.it/sites/governo.it/files/documenti/documenti/Notizie-allegati/governo/Nuovo_Codice_appalti_e_concessioni.pdf

[b]Il Comunicato stampa:[/b]

NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E DELLE CONCESSIONI

Attuazione di direttive sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto e per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo - esame preliminare)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Come previsto dalla legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11, approvata dalle Camere il 14 gennaio 2016, il Governo  recepisce in un unico decreto le direttive appalti pubblici e concessioni e riordina la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e contratti di concessione.

Una sola legge, declinata dalle linee guida ANAC e con Cabina di regìa

Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” contiene criteri di semplificazione, snellimento, riduzione delle norme in materia, rispetto del divieto di gold plating.

È una disciplina autoapplicativa. Non prevede infatti, come in passato, un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Le linee guida, quale strumento di soft law, contribuiranno ad assicurare la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure e fornire criteri unitari.  Avranno valore di atto di indirizzo generale e consentiranno un aggiornamento costante e coerente con i mutamenti del sistema. Dove sono stati previsti decreti amministrativi attuativi, comunque non di natura regolamentare, è stata individuata, nel regime transitorio, la valenza temporanea di alcune norme del regolamento, relative a contabilità, verifiche e collaudi, per consentire l’immediata applicabilità della nuova normativa.

Viene poi regolata la Governance, con il rafforzamento dell’ANAC nel  sostegno alla legalità, il ruolo del  Consiglio Superiore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e l’istituzione della Cabina di regìa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo di coordinamento e monitoraggio.

Il Codice è articolato per processi, di facile consultazione, articolato in sequenza dal momento in cui si decide una procedura di affidamento a quello finale dell’esecuzione.

Declina la pianificazione, programmazione e progettazione, fasi fondamentali per la stazione appaltante, le modalità di affidamento, individuando i principi comuni a tutti  i tipi di affidamento: trasparenza, economicità, efficacia, correttezza, tempestività, libera concorrenza, non discriminazione, applicabilità dei contratti collettivi al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto dei contratti, applicabilità della legge 241/1990, il RUP, le fasi delle procedure, i controlli sugli atti di affidamento e i criteri di sostenibilità energetica e ambientale.

Sono quindi disciplinate  le regole procedurali per ogni  tipologia contrattuale: appalto, concessioni, altre tipologie quali quelle in house, contraente generale, strumenti di partenariato pubblico-privato, ricomprendendo in quest’ultimo il project financing, strumenti di sussidiarietà orizzontale, il baratto amministrativo. Vengono disciplinati i passaggi: verifica della soglia comunitaria e requisiti di qualificazione della stazione appaltante, modalità di affidamento e scelta del contraente, bandi, avvisi, selezione delle offerte, aggiudicazione, esecuzione, della verifica e collaudo.

Il Codice sviluppa il superamento della Legge Obiettivo attraverso strumenti di programmazione delle infrastrutture, insediamenti prioritari e l’espresso richiamo all’applicazione delle procedure ordinarie.

Sul contenzioso, introduce un nuovo rito abbreviato in camera di consiglio sull’impugnativa dei motivi di esclusione, nonché disciplina i rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale.

Qualità del progetto, della stazione appaltante e degli operatori

Il  nuovo sistema è incentrato sulla qualità e consentecausa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche.

Sono previsti tre livelli di progettazione: il nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo ed il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara.

La nuova forma di  progetto di fattibilità  rafforza la qualità tecnica ed economica del progetto. La progettazione deve assicurare il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità architettonica e tecnico-funzionale dell’opera, un limitato consumo del suolo, il rispetto dei vincoli idrogeologici sismici e forestali e l’efficientamento energetico. Il nuovo progetto di fattibilità sarà redatto sulla base di indagini geologiche e geognostiche, di verifiche preventive dell’assetto archeologico, fermo restando che deve individuare il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività.  È stata prevista la progressiva introduzione

Quanto alla scelta del contraente, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che coniuga offerta economica e offerta tecnica), che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a disposizione delle stazioni appaltanti, diviene il criterio di aggiudicazione preferenziale, nonché obbligatorio per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di qualità o di tutela dei lavoratori.

È richiesta la qualificazione sia agli operatori economici, per i quali è prevista una specifica disciplina, sia alle stazioni appaltanti, secondo standard predefiniti e sistemi premianti  che consentono, progressivamente, di appaltare opere, lavori e servizi più costosi e complessi.

Misure a sostegno della legalità, rafforzamento del ruolo di ANAC

Numerose le disposizioni a sostegno della legalità, partendo dal rafforzamento e potenziamento del ruolo dell’ANAC nel quadro delle sue funzioni di vigilanza, di promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti. L’ANAC è chiamato ad adottare atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione del Codice. Viene favorita l’indipendenza delle commissioni giudicatrici, con la scelta dei componenti delle commissioni da un albo detenuto dall’ANAC. È prevista una specifica disciplina per i contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, per i quali viene potenziata l’attività di controllo della Corte dei conti.

Disciplinate le concessioni, superata la garanzia globale, arriva il documento di gara europeo

Per la prima volta il nuovo Codice, come richiesto dal legislatore europeo, affronta l’istituto della concessione in modo organico. Viene prevista una disciplina unitaria per le concessioni di lavori, servizi e forniture, chiarendo che le concessioni  sono contratti di durata, caratterizzati dal rischio operativo in capo al concessionario in caso di mancato ritorno economico dell'investimento effettuato. Si prevede inoltre, che i soggetti privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto o con procedure di gara ad evidenza pubblica, siano obbligati ad affidare una quota pari all’80% dei contratti di importo superiore a 150.000 euro mediante le procedure ad evidenza pubblica. Le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice. La verifica è effettuata dall’ANAC e dai soggetti preposti, secondo le indicazioni delle linee guida ANAC.

Il Codice prevede una nuova disciplina del sistema delle garanzie. La vecchia garanzia globale è eliminata e sostituita da due diverse garanzie, rilasciate contestualmente: la garanzia definitiva, senza possibilità di svincolo, che permane fino alla conclusione dell’opera  e la garanzia extracosti che copre il costo del nuovo affidamento in tutti i casi in cui l’affidatario viene meno e il maggior costo che viene praticato dal subentrante.

Tra le disposizioni volte a favorire la concorrenza, viene introdotto il Documento di gara unico europeo, che consentirà un’immediata apertura della concorrenza europea.

Trasparenza e dematerializzazione con le gare elettroniche , banche dati

È previsto il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi.

Nell’ambito delle misure di trasparenza si prevede infatti il ricorso generalizzato ai mezzi elettronici di comunicazione ed informazione, la pubblicità di tutte le fasi prodromiche e successive della gara, che si affianca alla pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara. Misure volte alla razionalizzazione delle banche dati, ridotte a due, quella presso l’ANAC per l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo e quella presso il MIT sui requisiti generali di qualificazione degli operatori economici.

Norme per il Partenariato pubblico privato

Viene disciplinato nel Codice per la prima volta l’istituto del “Partenariato pubblico privato” (PPP) come disciplina generale autonoma e a sé stante , quale forma di sinergia tra poteri pubblici e privati per il finanziamento, la realizzazione o la gestione costruire  delle infrastrutture o dei servizi pubblici, affinché l’amministrazione possa disporre di maggiori  risorse e acquisire soluzioni innovative. Si prevede che i ricavi di gestione dell’operatore economico possano provenire dal canone riconosciuto dall’ente concedente, ma anche da altre forme di contropartita economica, come l’introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Nell’ambito del PPP rientrano gli “interventi di sussidiarietà orizzontale”, ossia la partecipazione della società civile alla cura di aree pubbliche o alla valorizzazione di aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale. È disciplinato anche il “baratto amministrativo” per la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati, senza oneri per l’ente.

Programmazione delle opere e superamento della Legge Obiettivo

Il Codice non prevede deroghe alla sua applicazione, ad eccezione dei settori esclusi esplicitamente dalla direttiva e dei casi di somma urgenza, nei quali si prevede che si possa disporre l’immediata esecuzione dei lavori entro 200.000 euro per rimuovere il pregiudizio alla pubblica incolumità.

Con l’eliminazione del ricorso a procedure straordinarie, si prevede il superamento della Legge Obiettivo riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari allo sviluppo del Paese, agli strumenti ordinari quali il Piano generale dei trasporti e della logistica triennale e il Documento pluriennale di pianificazione (DPP), di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011. Per la redazione del primo DPP, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua, avvalendosi della struttura tecnica di missione, una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti e ne attua una revisione (project review). Per migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per le infrastrutture di preminente interesse nazionale è prevista l’istituzione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di specifici Fondi. In sede di prima assegnazione delle risorse,  sono conservati gli impegni già assunti e le assegnazioni effettuate con delibera CIPE, fatta salva la possibilità di riprogrammazione e revoca secondo le modalità e le procedure stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Rivisitazione del general contractor e albi per direttori lavori e collaudatori

L’istituto del contraente generale subisce una profonda rivisitazione. Per farvi ricorso la stazione appaltante dovrà fornire un’adeguata motivazione, in base a complessità, qualità, sicurezza ed economicità dell’opera. È vietato per il general contractor esercitare il ruolo di direttore dei lavori. È eliminata la possibilità di ricorrere alla procedura ristretta e a base di gara sarà posto il progetto definitivo e non più il preliminare.

Cambia anche il sistema di qualificazione che ora viene attribuito all’ANAC. Viene creato presso il MIT un apposito albo nazionale  cui devono essere obbligatoriamente iscritti  i soggetti che possono ricoprire gli incarichi di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici aggiudicati con la formula del contraente generale. La loro nomina nelle procedure di appalto avviene mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo. Il MIT disciplinerà le modalità di iscrizione all’albo e di nomina. Sono escluse da incarichi di collaudo varie figure, tra cui  coloro che hanno svolto o svolgono attività di controllo, verifica, vigilanza e altri compiti relativi al contratto da collaudare.

Riduzione del contenzioso amministrativo

Al fine di garantire l’efficacia e la celerità delle procedure di aggiudicazione e tempi certi nella esecuzione dei contratti viene introdotto un rito speciale in camera di consiglio del Tar. In particolare si prevede che i vizi relativi alla composizione della commissione di gara, all’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali sono considerati immediatamente lesivi e sono ricorribili innanzi al TAR entro trenta giorni dalla pubblicazione della composizione della commissione o dell’elenco degli esclusi e degli ammessi. L’omessa impugnazione di tali provvedimenti preclude la facoltà di far valere l’illegittimità nei successivi atti della procedura di gara anche con ricorso incidentale.

Sono poi previsti rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale quali l’accordo bonario, (esteso anche alle contestazioni per appalti di servizi e forniture, eliminando il ricorso alla Commissione e prevedendo la conclusione entro 45 giorni), l’arbitrato (prevedendo il solo ricorso all’arbitrato amministrato nonché l’istituzione di una Camera arbitrale che cura la formazione della tenuta dell’albo degli arbitri e dei segretari e redige il codice deontologico degli arbitri camerali), la transazione (nell’impossibilità di ricorrere ad altre soluzioni). Sono poi inseriti altri rimedi quali il collegio tecnico consultivo (con funzioni di assistenza e non vincolante, al fine di giungere, nella fase dell’esecuzione, ad una rapida definizione delle controversie) e i pareri di precontenzioso dell’ANAC (dove l’ANAC esprime parere su iniziativa della stazione appaltante o di una delle parti su questioni insorte durante la procedura di gara). Il parere è vincolante e il mancato adeguamento della stazione appaltante determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 25.000 euro a carico del dirigente responsabile.

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Data: 2016-03-04 09:00:48

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - 3 marzo 2016

[color=red][size=18pt][b]COMMENTI E APPROFONDIMENTI[/b][/size][/color]

Il nuovo codice appalti , primi commenti
http://www.unitel.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4614:il-nuovo-codice-appalti--primi-commenti&catid=133:appalti&Itemid=184

Cantone: Con il nuovo codice, più discrezionalità alla Pa e più controlli.
http://www.unitel.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4610:2016-03-04-08-46-27&catid=133:appalti&Itemid=184

Il nuovo codice degli appalti e dei contratti di concessione: la scheda di tutte le novità
http://www.diritto.it/docs/5090830-il-nuovo-codice-degli-appalti-e-dei-contratti-di-concessione-la-scheda-di-tutte-le-novit?source=1&tipo=news

Nuovo Codice degli Appalti: Cdm approva le modifiche. Il testo aggiornato, le novità punto per punto
http://www.leggioggi.it/2016/03/03/nuovo-codice-degli-appalti-cdm-approva-le-modifiche-il-testo-aggiornato-tutte-le-novita-punto-per-punto/

Codice appalti pubblici 2016: tutte le novità
http://www.laleggepertutti.it/113843_codice-appalti-pubblici-2016-tutte-le-novita

Codice appalti, il Governo approva la riforma. Delrio: obiettivo semplificazione
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-03-03/codice-appalti-governo-approva-riforma-delrio-obiettivo-semplificazione-124140.shtml?uuid=AChEOggC

Novità del Codice Appalti: obbligo di pagamenti diretti ai subappaltatori
http://www.ediltecnico.it/38313/novita-codice-appalti-obbligo-pagamenti-diretti-subappaltatori/

AL VIA IL NUOVO CODICE APPALTI, DELRIO : "DA ORA TEMPI E COSTI GIUSTI"
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Al-via-il-nuovo-Codice-appalti-Delrio-dice-da-ora-tempi-e-costi-giusti-d298aeb4-3e19-4524-bf7c-9e93b65105cc.html

Le novità del Codice Appalti sui Concorsi di progettazione e i Requisiti per le Gare
http://www.ediltecnico.it/38291/novita-del-codice-appalti-su-concorsi-di-progettazione-e-requisiti-per-le-gare/

riferimento id:32680

Data: 2016-03-08 07:23:16

Le Slides di presentazione del Ministro Del Rio

Le Slides di presentazione del Ministro Del Rio

[img width=300 height=173]http://www.mit.gov.it/sites/default/files/media/notizia/2016-03/20160303_4.jpg[/img]

http://www.governo.it/sites/governo.it/files/documenti/documenti/Notizie-allegati/governo/Nuovo_Codice_appalti_e_concessioni.pdf

riferimento id:32680

Data: 2016-03-11 06:35:32

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - 3 marzo 2016

Approfondimenti

[img]http://www.forumpa.it/assets/site/brand-forum-pa.jpg[/img]

Manzione: "Ecco come semplifichiamo le procedure appalti con il nuovo codice"
http://www.forumpa.it/riforma-pa/manzione-ecco-come-semplifichiamo-le-procedure-per-gli-appalti-con-il-nuovo-codice?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

Riforma appalti, Anac: "Più trasparenza e regolazione, è una rivoluzione copernicana"
http://www.forumpa.it/riforma-pa/riforma-appalti-anac-piu-trasparenza-e-regolazione-e-una-rivoluzione-copernicana?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

Appalti "senza frontiere" con il nuovo documento di gara europeo
http://www.forumpa.it/riforma-pa/appalti-senza-frontiere-con-il-nuovo-documento-di-gara-europeo?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

Appalti, Unionsoa: "Bene la riforma, ora un tavolo di confronto con Anac"
http://www.forumpa.it/riforma-pa/appalti-unionsoa-bene-la-riforma-ora-un-tavolo-di-confronto-con-anac?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

Appalti, cinque nuove forme di partenariato: un'analisi
http://www.forumpa.it/pa-digitale/appalti-cinque-nuove-forme-di-partenariato-unanalisi?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

Appalti e PA locali: le centrali acquisti hanno bisogno di manager
http://www.forumpa.it/riforma-pa/appalti-e-pa-locali-ora-le-centrali-acquisti-hanno-bisogno-di-manager?utm_source=newsletter&utm_medium=PROCUREMENT&utm_campaign=MAILUP

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Data: 2016-03-22 08:13:07

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - 3 marzo 2016

Nuovo Codice dei contratti pubblici

[b]Schede di lettura aggiornata al 17 marzo 2016[/b]

[img width=300 height=90]https://accreditogiornalisti.camera.it/cameraAccreditiGiornalisti/assets/logo_camera.jpg[/img]

http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/AM0187A.Pdf

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Data: 2016-03-23 08:19:02

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - AGGIORNAMENTI

Nuovo Codice Appalti, i tecnici PA possono non aggiornarsi
http://www.ediltecnico.it/38918/nuovo-codice-appalti-i-tecnici-pa-possono-non-aggiornarsi/

Nuovo Codice Appalti, 4 punti irrinunciabili
http://www.ediltecnico.it/38635/codice-appalti-i-punti-irrinunciabili/

Nuovo codice appalti, per l’Anac rischio paralisi da superlavoro. E la trasparenza è solo sulle gare più grandi
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/22/nuovo-codice-appalti-per-lanac-rischio-paralisi-da-superlavoro-e-la-trasparenza-e-solo-sulle-gare-piu-grandi/2565871/

riferimento id:32680

Data: 2016-04-03 13:28:11

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - APPROFONDIMENTI

[color=red][b]Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di Codice dei contratti pubblici (1-4-2016)[/b][/color]

Cons. St., comm.spec., parere 1 aprile 2016, n. 855

[b]I punti principali del parere del Consiglio di Stato sullo schema di codice dei contratti pubblici[/b]

[b]Contesto ordinamentale: il vecchio codice[/b]
I contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture sono una voce significativa della spesa pubblica, con la duplice implicazione di costituire una leva importante della politica economica e sociale di un Paese, e di essere particolarmente sensibili a pratiche corruttive e fenomeni di inquinamento del mercato da parte della criminalità organizzata.
Nella disciplina dei contratti pubblici occorre coniugare apertura del mercato, flessibilità e semplificazione burocratica con la tutela dei valori di trasparenza e lotta alla corruzione e criminalità organizzata.
La materia dei contratti pubblici è trasversale e conseguentemente il nuovo codice deve inserirsi armonicamente nel tessuto del vigente ordinamento, in termini di coerenza del linguaggio e uniformità degli istituti giuridici.
Finora in Italia i contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture sono stati regolati dal d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) e dal d.P.R. n. 207/2010 (regolamento di esecuzione e attuazione del codice), oltre a una serie di altri atti normativi, primari o secondari, per specifici settori.
Il codice del 2006 (che a sua volta recepiva due direttive comunitarie e sostituiva la c.d. legge Merloni) è stato sino ad oggi modificato da 52 atti normativi nazionali e da sei regolamenti comunitari. Solo in tre casi si è trattato dei fisiologici decreti legislativi correttivi (nell’arco del primo biennio); nel solo anno 2012 il codice è stato modificato con otto atti normativi, di cui sette decreti legge; nell’anno 2014 è stato modificato da nove atti normativi di cui otto decreti legge.
Il quadro normativo previgente conta, solo sommando codice e regolamento generale, 630 articoli e 37 allegati. Senza contare normative settoriali (appalti della difesa, beni culturali, servizi segreti),  norme isolate sparse, e, soprattutto le leggi regionali sui contratti pubblici, che possono essere veri e propri “codici” per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano.
La Corte costituzionale è stata ripetutamente chiamata a dirimere i conflitti di competenza legislativa tra Stato, Regioni e Province autonome in materia di appalti.
Nel corso degli anni si sono sovrapposte norme e regimi transitori, con incertezza delle regole, aumento del contenzioso e dei costi amministrativi per le imprese, soprattutto piccole e medie.
Numerosi gli interventi interpretativi del giudice amministrativo e dell’ANAC: la sola adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha reso 48 decisioni in funzione nomofilattica dal 2010 ad oggi.
Il quadro normativo anteriore al nuovo codice sconta, oltre alla complessità delle fonti, una complessità soggettiva (sono state censite oltre 32.000 stazioni appaltanti) e procedurale (numerose procedure di gara atipiche rispetto ai modelli comunitari).
Infine, complesso è il quadro del contenzioso, essendo competenti sugli appalti pubblici, in diversi ambiti e sotto diverse angolazioni, il giudice amministrativo, il giudice civile, quello penale e quello contabile, senza contare gli interventi della Corte costituzionale e della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non sempre è chiaro l’ambito di reciproca competenza e si genera così ulteriore contenzioso.

[b]Contesto ordinamentale: le nuove direttive[/b]
Le tre nuove direttive comunitarie (23, 24 e 25 del 2014) sugli appalti pubblici fanno parte della strategia Europa 2020 e perseguono obiettivi ambiziosi:
- rendere più efficiente l’uso dei fondi pubblici;
- garantire la dimensione europea del mercato dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture, incentivando la concorrenza e  tutelando anche le piccole e medie imprese;
- l’uso strategico degli appalti pubblici, come strumento di politica economica e sociale;
- lotta alla corruzione attraverso procedure semplici e trasparenti, e certezza del quadro regolatorio.

[b]Le tre nuove direttive perseguono gli obiettivi fissati attraverso importanti novità:[/b]
-  per la prima volta, una disciplina sistematica delle concessioni di beni e servizi;
- strumenti di aggiudicazione innovativi e flessibili;
- strumenti elettronici di negoziazione e aggiudicazione;
- utilizzo generalizzato di forme di comunicazione elettronica;
- centralizzazione della committenza;
- criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti;
- rafforzata tutela dei subappaltatori;
- introduzione del documento unico europeo di gara;
- disciplina dei conflitti di interesse;
- risoluzione dell’appalto, anche a distanza notevole di tempo, per stigmatizzare gravi violazioni commesse in sede di aggiudicazione.

[b]Contesto ordinamentale: la legge delega[/b]
La legge delega n. 11 del 2016 prevede una operazione di codificazione settoriale, mediante recepimento delle tre direttive e al contempo riordino dell’intera disciplina.
La legge delega n. 11 del 2016 impone semplificazione e accelerazione delle procedure salvaguardando al contempo valori fondamentali quali la trasparenza, la prevenzione della corruzione e della infiltrazione della criminalità organizzata, la tutela ambientale e sociale.
La legge delega n. 11 del 2016 va oltre il recepimento delle tre direttive, introducendo ulteriori strumenti e istituti inediti, che, se ben declinati, potranno portare effettiva trasparenza e efficienza in un mercato non immune da vischiosità burocratica e illegalità.
La legge n. 11 del 2016 costituisce delega “lunga” e puntuale, per un totale di 71 principi, rispetto ai quattro principi della delega contenuta nella legge n. 62 del 2005, sulla base della quale fu varato il previgente codice degli appalti pubblici.
La legge delega impone una drastica riduzione dello stock normativo, perciò esige un codice snello, abbandona il modello del regolamento di esecuzione e introduce strumenti attuativi di soft law.
La legge delega pone il divieto di gold plating, ossia di oneri burocratici non essenziali.
La legge delega fissa obiettivi di qualità della regolazione intesa in senso formale (codificazione e semplificazione normativa) e sostanziale (semplificazione burocratica).
La legge delega contiene essa stessa alcune regole più severe rispetto a quelle comunitarie, in funzione di valori di trasparenza e concorrenza, quali la centralizzazione obbligatoria della committenza, la qualificazione obbligatoria delle stazioni appaltanti, la istituzione di un albo dei commissari di gara, la separazione tra progettazione e esecuzione, i criteri reputazionali per gli operatori economici, il conto corrente dedicato, regole di rigore per gli appalti della protezione civile e per le concessioni autostradali, il dibattito pubblico sulle grandi opere.
La legge delega disegna una governance efficace e efficiente del settore, attraverso la nuova cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il rafforzato ruolo dell’ANAC che coniuga i compiti di autorità anticorruzione e di vigilanza e regolazione del mercato degli appalti pubblici.
Il recepimento delle tre direttive costituisce occasione e sfida per un ripensamento complessivo del sistema degli appalti pubblici in Italia, in una nuova filosofia che coniuga flessibilità e rigore, semplificazione ed efficienza con la salvaguardia di insopprimibili valori sociali e ambientali.
La “sfida storica” del nuovo codice appalti è affidata a un delicato equilibrio in cui è assolutamente indispensabile tenere insieme “il combinato disposto” degli istituti previsti. Perciò:
- il codice “snello” deve essere tempestivamente seguito da atti attuativi chiari, tempestivi, coordinati tra loro;
- le stazioni appaltanti avranno maggiore discrezionalità, ma devono essere poche, ben organizzate e qualificate;
- se aumentano gli appalti sotto soglia, per la previsione dei lotti, e se le regole del sotto soglia sono più flessibili, occorrono controlli rigorosi e una tutela giurisdizionale efficace.

[b]Il nuovo codice e il parere del Consiglio di Stato[/b]
Il “codice degli appalti pubblici” e delle concessioni è il primo codice di diritto amministrativo elaborato nella presente legislatura, così auspicabilmente riaprendo una “stagione di codici”, necessari in funzione di semplificazione e chiarezza del quadro regolatorio.
Il codice potrebbe avere un “nome di battesimo”  meglio rispondente ai suoi obiettivi ambiziosi, ed essere denominato “codice dei contratti pubblici”.
Il codice è stato elaborato in via preliminare in poco più di un mese. Il Governo ha meritoriamente optato per un’attuazione della delega in un solo tempo, entro il 18 aprile 2016.
I tempi stretti per il recepimento della delega (meno di tre mesi) hanno dettato una tabella di marcia veloce al Governo e agli organi consultivi.
Il Consiglio di Stato ha ricevuto lo schema di codice il 7 marzo 2016 e ha reso il suo parere in venticinque giorni, nei quali è stata istituita (il 12 marzo) una Commissione speciale di diciannove Magistrati, che ha ripartito i suoi lavori in cinque sottocommissioni, ciascuna coordinata da un Presidente di sezione. La Commissione speciale si è riunita in sede plenaria nell’adunanza del 21 marzo; il parere è stato successivamente redatto e infine pubblicato il 1° aprile.
L’apporto consultivo del Consiglio di Stato si è mosso lungo tre direzioni:
- esame di questioni di carattere generale;
- esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni puntuali e di agevole recepimento;
- esame dei singoli articoli con formulazione di osservazioni che richiedono maggior tempo e dovranno essere affidate ai decreti correttivi.
Dopo il varo del codice, il Consiglio di Stato potrà dare il proprio apporto consultivo per l’elaborazione dei decreti correttivi e degli atti attuativi, o rispondendo a specifici quesiti sulla nuova disciplina.
L’elaborazione di un codice richiede ordinariamente tempi molto lunghi. I tempi stretti di redazione hanno comportato inevitabili refusi, incoerenze e difetti, che potranno essere in parte rimediati da subito attraverso il recepimento dei pareri, in parte mediante gli altri strumenti apprestati dall’ordinamento (avvisi di rettifica, errata corrige, decreti correttivi).
A fini di maggior chiarezza il codice andrebbe corredato da tabelle di corrispondenza delle sue disposizioni a quelle delle direttive e del previgente codice.
Quanto più il codice riuscirà a essere chiaro e completo, tanto più esso avrà raggiunto gli obiettivi di semplificazione del quadro regolatorio, di certezza delle regole, di prevenzione e riduzione del contenzioso.

[b]Il codice e il sistema delle fonti del diritto sovraordinate o pariordinate: rapporto con direttive, legge delega, leggi regionali[/b]
Un primo gruppo di problemi di carattere generale attiene alla collocazione del codice nel sistema delle fonti del diritto di rango sovranazionale e costituzionale e delle fonti di rango primario: rispetto delle direttive comunitarie, rispetto della legge delega sotto il duplice profilo della mancata o inesatta attuazione, rispetto delle competenze legislative regionali.
Il primo problema generale è il rapporto tra direttive, legge delega e codice, quanto al divieto di gold plating (inserimento di oneri aggiuntivi rispetto al livello minimo prescritto dalle direttive).
Tale divieto va riferito agli oneri burocratici fini a sé stessi, non alle prescrizioni poste a tutela di valori costituzionali ritenuti più pregnanti del valore competitività, quali la tutela del lavoro, della salute, dell’ambiente, la trasparenza e prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni criminali.
La legge delega, che pone il divieto di gold plating nel recepimento delle direttive, può essa stessa derogarvi a tutela di detti valori.
Anche il codice può, in circostanze eccezionali, derogare al divieto di gold plating, dandone conto con adeguata motivazione (nella scheda di analisi di impatto della regolamentazione). Si giustificano così alcune opzioni di maggior rigore (ad esempio in materia di subappalto, o concessioni), già fatte dal codice.
Il Consiglio di Stato invita il Governo a valutare, in certi ambiti, la possibilità di una disciplina di maggior rigore a tutela di fondamentali valori: in tema di appalti sotto soglia, subappalto, contratti esclusi.
Il divieto di gold plating dovrà essere rispettato anche in sede di adozione degli atti attuativi del codice.
Il mancato o incompleto recepimento di alcuni punti della legge delega costituisce una scelta politica del Governo, non sindacabile in sede di parere di legittimità; con il warning che l’omessa attuazione della delega non potrà essere rimediata mediante i decreti correttivi.
È mancato il completo recepimento dei principi di delega relativi ai conti correnti dedicati, alle concessioni del servizio idrico, agli obblighi di esternalizzazione e avvio tempestivo delle nuove gare per le concessioni nuove.
La complessità della delega e i tempi stretti per la sua attuazione hanno determinato nel codice alcune imprecisioni, che vanno corrette per fugare dubbi di eccesso di delega.
Dubbi di violazione della delega sorgono con riguardo alla gara informale negli appalti sotto soglia con un numero minimo di tre concorrenti, in luogo del minimo di cinque fissato dalla delega, alla disciplina degli appalti della protezione civile e a quella del dibattito pubblico.
Le competenze legislative dello Stato e delle Regioni (ordinarie e speciali) nonché delle Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di contratti pubblici, vanno verificate alla luce sia del vigente art. 117 Cost.  che del futuro (in itinere) art. 117 Cost.
È sconsigliabile l’elaborazione di una norma codicistica che delinei tale riparto di competenza tra Stato e Regioni (che compete alla Costituzione), e in subordine va impiegata una formulazione elastica, compatibile sia con il vigente che con il futuro art. 117 Cost.
La nuova disciplina delle Commissioni di gara può ascriversi alla competenza esclusiva statale, nella prospettiva del suo carattere pro concorrenziale e di tutela della trasparenza.

[b]Il codice e la qualità della regolazione formale e sostanziale[/b]
Un secondo gruppo di questioni di carattere generale attiene ai profili della codificazione nella prospettiva dei parametri, anche internazionali, di better regulation, e ai rapporti tra codice e suoi atti attuativi.
Il codice va analizzato anzitutto secondo i parametri della qualità formale della regolamentazione.
Sotto il profilo della completezza del riordino, si chiede che si riproducano e/o abroghino tutte le fonti previgenti, secondo il primato dell’abrogazione espressa su quella tacita; andrà (prima o poi) riordinata nel codice anche la legislazione di contabilità di Stato, ormai “ultranovantenne”.
Si auspica (futura) stabilità normativa, dovendosi evitare modifiche continue delle disposizioni sugli appalti; a tal fine, non essendo sufficiente, se non come monito morale ed esegetico, la clausola di riserva di codice, andrebbero de iure condendo utilizzati strumenti quali la legge annuale sugli appalti, o apposite sessioni parlamentari.
Il codice deve rispettare il canone della chiarezza formale, declinata come
- chiarezza del linguaggio utilizzato, univoco e coerente con l’intero ordinamento giuridico nazionale;
- chiarezza dei singoli articoli, che devono essere snelli e sintetici; “peccano” per eccesso l’art. 3 del codice, con 83 definizioni, enumerate arrivandosi fino alla lettera vvvv), e il comma 7 dell’art. 93, articolato in sei lunghe frasi a loro volta composte di numerosi periodi sintattici;
- coerenza interna del codice, quanto a rinvii interni, definizioni, rubriche degli articoli;
- coerenza esterna del codice, con definizioni e norme contenute in altre discipline settoriali, vigenti o in corso di approvazione, quali il codice dell’amministrazione digitale, della trasparenza, la disciplina delle società pubbliche, il codice dei beni culturali, il codice penale, il testo unico del casellario giudiziale, la legge quadro sul procedimento amministrativo.

[b]Il codice e i suoi atti attuativi. Natura degli atti attuativi di soft law[/b]
Il codice va analizzato anche secondo il parametro della qualità sostanziale della regolamentazione.
Si condivide l’abbandono del modello dell’unico regolamento di attuazione, che sinora non ha dato buona prova (per iperregolamentazione di dettaglio e tempi lunghi di adozione).
Si esprime preoccupazione per l’attuazione del codice affidata a oltre 50 atti attuativi, analiticamente censiti. Anche gli atti attuativi dovranno attenersi al divieto di gold plating.
Sarà necessario un costante monitoraggio e verifica di impatto della nuova disciplina codicistica, anche per i futuri correttivi.
Si richiede che la cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri elabori un piano di azione della fase attuativa del codice, coordinando gli interventi di competenza dei diversi Ministeri, assicurando la tempestiva e ordinata attuazione, e evitando sovrapposizioni e duplicazioni.
La cabina di regia dovrà avere un ruolo cruciale anche per il monitoraggio e la verifica di impatto del codice.
Una seria verifica di impatto richiede un tempo minimo di due anni: il termine per l’adozione dei correttivi, fissato in un anno, appare troppo breve, e si auspica che il Parlamento possa portarlo a due anni.
Si ipotizza un doppio ruolo dei decreti correttivi: un correttivo in senso “atecnico” per emendare da subito errori inevitabili stante la complessità dell’attuazione della delega e i tempi stretti; uno o più correttivi in senso “tecnico” dopo un congruo e effettivo periodo di monitoraggio e verifica di impatto della regolamentazione.
Gli atti attuativi, dopo l’adozione, devono essere raccolti in testi unici da ciascuna Autorità competente (in particolare MIT e ANAC).
Nella fase attuativa il Consiglio di Stato potrà esplicare la sua funzione consultiva mediante risposta a quesiti specifici o parere sui singoli atti attuativi.
Il delicato tema della natura giuridica della c.d. soft law, va affrontato analizzando le tre tipologie di linee guida previste dalla delega, tutte, secondo la delega, giustiziabili davanti al giudice amministrativo.
I decreti ministeriali contenenti le linee guida adottate su proposta dell’ANAC, e sottoposti a parere delle commissioni parlamentari, sono veri e propri regolamenti, che seguiranno lo schema procedimentale disegnato dall’art. 17, legge n. 400 del 1988 (ivi compreso il parere del Consiglio di Stato).
Le linee guida “vincolanti” dell’ANAC, sono (non regolamenti, bensì) atti di regolazione di un’Autorità indipendente, che devono seguire alcune garanzie procedimentali minime: consultazione pubblica, metodi di analisi e di verifica di impatto della regolazione, metodologie di qualità della regolazione, compresa la codificazione, adeguata pubblicità e pubblicazione, se del caso parere (facoltativo) del Consiglio di Stato.
Le linee guida non vincolanti dell’ANAC avranno un valore di indirizzo a fini di orientamento dei comportamenti di stazioni appaltanti e operatori economici.
Nel “regolamento di confini” tra materie assegnate alle linee guida ministeriali e alle linee guida dell’ANAC, la qualificazione, attenendo a requisiti e status soggettivi, è tipicamente affidata a regole generali e astratte che completano le norme di rango primario, e dovrebbe essere affidata a fonte regolamentare, quali sono i decreti ministeriali. La competenza dell’ANAC troverebbe comunque piena esplicazione attraverso il potere di proposta, essendo la proposta un atto tipico che predetermina il contenuto del provvedimento finale.

[b]La disciplina transitoria[/b]
Un ultimo, ma non per ordine di importanza, problema di carattere generale è quello della fase  transitoria. Essendo molteplici gli atti attuativi del codice che dovranno sostituire l’attuale, pressoché unico, regolamento generale, è auspicabile che detto regolamento non sia abrogato con effetto immediato, il che creerebbe un vuoto normativo, ma dalla data di adozione dei singoli atti attuativi (che opereranno una ricognizione delle disposizioni sostituite) e comunque con una “ghigliottina” allo scadere di due anni (circa) dall’entrata in vigore del codice.

[color=red][b]Questioni specifiche maggiormente rilevanti[/b][/color]
Riguardo alle disposizioni più rilevanti dell’articolato, il Consiglio di Stato ha richiesto che:
Ø  sia espunta la previsione che fa salve speciali disposizioni vigenti per amministrazioni, organismi e organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile, apparendo generica, eccentrica, non conforme alle direttive e alla legge delega (art. 1);
Ø  la regola di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni sia flessibile e coerente sia con il vigente che con il futuro art. 117 Cost. (art. 2);
Ø  le definizioni siano chiare, leggibili, coerenti con gli articoli specifici (art. 3);
Ø  l’in house sia meglio coordinato con la disciplina (in itinere) sui limiti alla costituzione delle società pubbliche (artt. 5 e 192);
Ø  vi sia prudenza nel tasso di semplificazione degli affidamenti sotto soglia e dei contratti esclusi, che potrebbe esitare in una riduzione eccessiva di concorrenza e trasparenza; alla gara informale si invitino almeno cinque concorrenti (artt. 4 e 36);
Ø  l’obiettivo, innovativo e centrale, della riduzione del numero delle stazioni appaltanti, attraverso la loro qualificazione e centralizzazione obbligatorie, sia perseguito con determinazione, mediante una celere adozione degli atti attuativi, e salvaguardando meglio le piccole e medie imprese nei confronti della grande committenza (artt. 37-41);
Ø  la disciplina dei requisiti morali dei concorrenti abbia maggior rigore, mediante ampliamento del novero delle condanne penali ad effetto escludente e mediante ripescaggio di altre fattispecie escludenti previste dal vecchio codice (art. 80);
Ø  la disciplina dei requisiti reputazionali non sia  punitiva degli operatori che esercitano in modo legittimo e non emulativo o pretestuoso il diritto di difesa in giudizio (art 84);
Ø  il soccorso istruttorio sia chiaro nei suoi presupposti e limiti, e non sia mai oneroso (art. 83);
Ø  la qualificazione degli operatori economici sia affidata a principi codicistici e regole attuative (di natura sostanzialmente regolamentare) chiare; il sistema SOA sia ripensato all’esito della revisione straordinaria affidata all’ANAC (artt. 83 e 84);
Ø  sia chiaro il coordinamento tra codice appalti e codice della disciplina antimafia (art. 80);
Ø  la disciplina dell’avvalimento, sia completata con la previsione del contratto di avvalimento, mentre è corretta la mancata riproduzione dei divieti di avvalimento plurimo, frazionato, e infra-ATI (art. 89);
Ø  il preferenziale criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sia vanificato da fughe elusive nel criterio del prezzo più basso, e sia garantito per tutti i servizi a contenuto intellettuale (art. 95);
Ø  nella disciplina delle offerte anomale si ripristinino garanzie procedimentali minime della fase di verifica in contraddittorio, e si valuti il ripristino dell’esclusione automatica per le offerte anomale sotto soglia; si ripristini la facoltà di estendere la verifica di anomalia anche a offerte che non superano la soglia matematica di anomalia (art. 97);
Ø  il principio di tendenziale separazione tra progettazione e esecuzione non sia eluso mediante contratti atipici di partenariato pubblico-privato (art. 180);
Ø  le deroghe alla gara pubblica in caso di eventi di protezione civile siano di stretta interpretazione e limitate allo stretto necessario; sia circoscritto il presupposto della previsione di un evento imminente, che non può che essere una previsione fondata su parametri scientifici e riferita alla probabile oltre che imminente verificazione dell’evento; siano abrogate espressamente le previgenti regole derogatorie specifiche dettate per singoli eventi (artt. 63 e 163);
Ø  per gli appalti nei settori speciali, sia chiaro e definito il regime derogatorio; mentre è corretta l’estensione di disposizioni di maggior rigore a tutela della trasparenza, della partecipazione e della concorrenza, sia chiarito l’ambito della disciplina applicabile alla fase di esecuzione (artt. 114 ss.);
Ø  nelle concessioni il rischio sia l’effettivo elemento differenziale dall’appalto; si valuti il completamento dell’attuazione della delega in tema di concessioni autostradali (ivi compresi il divieto di proroga e l’avvio tempestivo delle procedure di gara) e obblighi di esternalizzazione (artt. 164, 165, 177, 178);
Ø  nella cornice generale del partenariato pubblico-privato siano chiari la definizione, l’ambito, la portata del rischio e l’ambito della progettazione a carico del partner privato (art. 180);
Ø  il precontenzioso sia disciplinato con modalità chiare, per evitare che si generi un “contenzioso sul precontenzioso” (art. 211);
Ø  la decisione dell’ANAC resa in sede precontenziosa sull’accordo delle parti, che vincola le parti, sia impugnabile entro un termine breve, e si preveda che il giudice valuterà la condotta della parte soccombente ai fini della lite temeraria (art. 211);
Ø  si rimoduli il potere dell’ANAC di sollecito dell’autotutela delle stazioni appaltanti, trasformandolo da potere sanzionatorio a potere impugnatorio secondo il modello AGCM (controllo collaborativo) (art. 211);
Ø  l’immediata impugnazione degli atti di ammissione e esclusione dalle gare sia accompagnata da tempi certi di conoscenza e accesso agli atti; si valuti una riduzione della misura del contributo unificato; non si sopprima la tutela cautelare nel rito superspeciale (artt. 204, 29, 76);
Ø  il dibattito pubblico sia da subito obbligatorio, e si chiarisca l’ambito dei soggetti ammessi al dibattito, mentre è corretta l’estensione dell’istituto ai settori speciali (art. 22).

Altre questioni specifiche
Riguardo alle disposizioni più rilevanti dell’articolato, il Consiglio di Stato ha richiesto che:
Ø  non si restringano eccessivamente i tempi per la verifica preventiva di interesse archeologico (art. 25);
Ø  nella scansione delle fasi delle procedure di affidamento, si elimini ogni riferimento all’aggiudicazione provvisoria e definitiva, da qualificare, più propriamente, e rispettivamente, come proposta di aggiudicazione e aggiudicazione tout court (art. 32);
Ø  non si eludano le regole dello stand-still nell’avvio di urgenza dell’esecuzione del contratto (art. 32);
Ø  sia chiaro l’uso delle espressioni sotto soglia, sopra soglia, pari alla soglia (art. 35 e articoli che lo richiamano);
Ø  nella scelta delle procedure sia meglio chiarito il rapporto tra regola (procedure aperte e ristrette) e eccezioni (procedure negoziate con e senza bando, dialogo competitivo, partenariato per l’innovazione) (art. 59);
Ø  nella procedura negoziata senza bando per ragioni di estrema urgenza a causa di eventi imprevedibili non si menzionino tipi nominati, quali le bonifiche e la protezione civile, che non possono essere ipotesi aggiuntive, ma solo esemplificative (art. 63);
Ø  nel dialogo competitivo non sia ricopiata la vecchia definizione non più attuale (artt. 3 e 64);
Ø  nella disciplina dell’albo dei commissari di gara si fissino per legge i principi sui requisiti dei commissari (artt. 77 e 78);
Ø  siano meglio precisati i presupposti per la partecipazione alle gare e per la prosecuzione dei contratti in caso di sottoposizione dell’operatore economico a procedure concorsuali (art. 110);
Ø  sia espressamente motivato nell’AIR il divieto di avvalimento per gli appalti nel settore dei beni culturali (art. 146);
Ø  nella cessione di immobili pubblici in cambio di opere sia meglio circoscritta e garantita la possibilità di trasferimento della proprietà del bene pubblico prima del completamento dei lavori (art. 191);
Ø  nella disciplina del contraente generale siano più chiari deroghe e rinvii alla disciplina generale, e si valuti la competenza transitoria sul sistema di qualificazione (artt. 194 ss.);
Ø  le discipline transitorie contenute nel codice siano tutte accorpate in un unico articolo finale (art. 216);
Ø  sia integrato l’elenco delle abrogazioni espresse con una puntuale ricognizione del quadro normativo vigente (art. 217).


[b]Il parere (versione integrale 65 mega):[/b]
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mtkz/~edisp/nsiga_4071395.pdf

riferimento id:32680

Data: 2016-04-15 18:21:53

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - AGGIORNAMENTI

[color=red][b]Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 112 - 15 Aprile 2016[/b][/color]

Il Consiglio dei ministri si è riunito oggi, venerdì 15 aprile 2016, alle ore 11:50 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti.

NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E DELLE CONCESSIONI

Attuazione di direttive europee sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto e per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo - esame definitivo)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, ha approvato in esame definitivo un decreto legislativo di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Contratti pubblici, concessioni e servizi in un unico decreto

Il Codice, che conferma l’impianto del testo preliminare del 3 marzo scorso e la formulazione in base alla legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11, approvata dalle Camere il 14 gennaio 2016, contiene recepimenti dei pareri del Consiglio di Stato, delle Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza Unificata. Trattandosi di norma ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Prevede una disciplina transitoria, nel passaggio dal vecchio al nuovo Codice, per dare certezza di riferimento alle stazioni appaltanti e ai soggetti coinvolti.

Il Governo recepisce quindi in un unico decreto, passando dagli oltre 2.000 articoli del vecchio codice agli attuali poco superiori ai 200, le direttive appalti pubblici e concessioni e riordina la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e contratti di concessione, esercitando così la delega e recependo le direttive europee nei tempi previsti al passo con gli altri paesi europei.

Una sola legge, declinata da atti di indirizzo e linee guida ANAC e con Cabina di regìa

Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” contiene criteri di semplificazione, snellimento, riduzione delle norme in materia, rispetto del divieto di gold plating.

È una disciplina autoapplicativa. Non prevede infatti, come in passato, un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Le linee guida, quale strumento di soft law, contribuiranno ad assicurare la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure e fornire criteri unitari.  Avranno valore di atto di indirizzo generale e consentiranno un aggiornamento costante e coerente con i mutamenti del sistema. Dove sono stati previsti decreti amministrativi attuativi, comunque non di natura regolamentare, è stata individuata, nel regime transitorio, la valenza temporanea di alcune norme del regolamento, relative a contabilità, verifiche e collaudi, per consentire l’immediata applicabilità della nuova normativa.

Viene poi regolata la Governance, con il rafforzamento dell’ANAC nel sostegno alla legalità, il ruolo del Consiglio Superiore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e l’istituzione della Cabina di regìa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo di coordinamento e monitoraggio.

Il Codice è articolato per processi, in sequenza dal momento in cui si decide una procedura di affidamento a quello finale dell’esecuzione.

Declina la pianificazione, programmazione e progettazione, fasi fondamentali per la stazione appaltante, le modalità di affidamento, individuando i principi comuni a tutti  i tipi di affidamento: trasparenza, economicità, efficacia, correttezza, tempestività, libera concorrenza, non discriminazione, applicabilità dei contratti collettivi al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto dei contratti, applicabilità della legge 241/1990, il RUP, le fasi delle procedure, i controlli sugli atti di affidamento e i criteri di sostenibilità energetica e ambientale.

Sono quindi disciplinate le regole procedurali per ogni tipologia contrattuale: appalto, concessioni, altre tipologie quali quelle in house, contraente generale, strumenti di partenariato pubblico-privato, ricomprendendo in quest’ultimo il project financing, strumenti di sussidiarietà orizzontale, il baratto amministrativo. Vengono disciplinati i passaggi: verifica della soglia comunitaria e requisiti di qualificazione della stazione appaltante, modalità di affidamento e scelta del contraente, bandi, avvisi, selezione delle offerte, aggiudicazione, esecuzione, della verifica e collaudo.

Il Codice sviluppa il superamento della Legge Obiettivo attraverso strumenti di programmazione delle infrastrutture, insediamenti prioritari e l’espresso richiamo all’applicazione delle procedure ordinarie. E’ stata introdotta una forte limitazione forte all'appalto integrato, ammesso solo in casi eccezionali quali la finanza di progetto o il contraente generale. Sul contenzioso, introduce un nuovo rito abbreviato in camera di consiglio sull’impugnativa dei motivi di esclusione, nonché disciplina i rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale.



Qualità del progetto, della stazione appaltante e degli operatori

Il nuovo sistema è incentrato sulla qualità e consente di eliminare la causa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche, rappresentata da gare su progettazioni preliminari.

Sono previsti tre livelli di progettazione: il nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo ed il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara.

La nuova forma di progetto di fattibilità rafforza la qualità tecnica ed economica del progetto. La progettazione deve assicurare il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità architettonica e tecnico-funzionale dell’opera, un limitato consumo del suolo, il rispetto dei vincoli idrogeologici sismici e forestali e l’efficientamento energetico. Il nuovo progetto di fattibilità sarà redatto sulla base di indagini geologiche e geognostiche, di verifiche preventive dell’assetto archeologico, fermo restando che deve individuare il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività.  È stata prevista la progressiva introduzione di strumenti di modellazione elettronica che potranno essere utilizzate nelle gare bandite dalle stazioni appaltanti più qualificate.

Il subappalto sarà possibile entro la soglia massima del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

Quanto alla scelta del contraente, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa basata sul miglior rapporto qualità/prezzo (che coniuga offerta economica prevista  e offerta tecnica), che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a disposizione delle stazioni appaltanti, diviene il criterio di aggiudicazione preferenziale, nonché obbligatorio per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di qualità o di tutela dei lavoratori.

È richiesta la qualificazione sia agli operatori economici, per i quali è prevista una specifica disciplina nella quale rientra anche il rating di legalità, sia alle stazioni appaltanti, secondo standard predefiniti e sistemi premianti che consentono, progressivamente, di appaltare opere, lavori e servizi più costosi e complessi. Si rafforza quindi il cammino già intrapreso nella spending review, poche stazioni appaltanti e qualificate.

Misure a sostegno della legalità, rafforzamento del ruolo di ANAC

Numerose le disposizioni a sostegno della legalità, partendo dal rafforzamento e potenziamento del ruolo dell’ANAC nel quadro delle sue funzioni di vigilanza, di promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti. L’ANAC è chiamato ad adottare atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione del Codice. Viene favorita l’indipendenza delle commissioni giudicatrici, con la scelta dei componenti delle commissioni da un albo detenuto dall’ANAC. È prevista una specifica disciplina per i contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, per i quali viene potenziata l’attività di controllo della Corte dei conti.

Disciplinate le concessioni, superata la garanzia globale, arriva il documento di gara europeo

Per la prima volta il nuovo Codice, come richiesto dal legislatore europeo, affronta l’istituto della concessione in modo organico. Viene prevista una disciplina unitaria per le concessioni di lavori, servizi e forniture, chiarendo che le concessioni sono contratti di durata, caratterizzati dal rischio operativo in capo al concessionario in caso di mancato ritorno economico dell'investimento effettuato. Si prevede inoltre, che i soggetti privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto o con procedure di gara ad evidenza pubblica, siano obbligati ad affidare una quota pari all’80% dei contratti di importo superiore a 150.000 euro mediante le procedure ad evidenza pubblica. Le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice. La verifica è effettuata dall’ANAC e dai soggetti preposti, secondo le indicazioni delle linee guida ANAC.

Sono stati precisati gli effetti dell'annullamento delle concessioni in caso di revoca e le prestazioni economiche e finanziarie a carico delle parti in caso di revoca. E’ stata introdotta l'ipotesi di revoca per motivi di pubblica utilità.

Il Codice prevede una nuova disciplina del sistema delle garanzie. La vecchia garanzia globale è eliminata e sostituita da due diverse garanzie, rilasciate contestualmente: la garanzia di buon adempimento, senza possibilità di svincolo, che permane fino alla conclusione dell’opera e la garanzia per la risoluzione che copre il costo del nuovo affidamento in tutti i casi in cui l’affidatario viene meno e il maggior costo che viene praticato dal subentrante.

Tra le disposizioni volte a favorire la concorrenza, viene introdotto il Documento di gara unico europeo, che consentirà un’immediata apertura della concorrenza europea e semplificazioni per gli operatori economici che utilizzeranno un unico documento per autocertificare l’assenza di tutti motivi di esclusione che la stazione appaltante verificherà.

Trasparenza e dematerializzazione con le gare elettroniche, banche dati

È previsto il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi.

Nell’ambito delle misure di trasparenza si prevede infatti il ricorso generalizzato ai mezzi elettronici di comunicazione ed informazione, la pubblicità di tutte le fasi prodromiche e successive della gara, che si affianca alla pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara. Misure volte alla razionalizzazione delle banche dati, ridotte a due, quella presso l’ANAC per l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo e quella presso il MIT sui requisiti generali di qualificazione degli operatori economici.

Norme per il Partenariato pubblico privato

Viene disciplinato nel Codice per la prima volta l’istituto del “Partenariato pubblico privato” (PPP) come disciplina generale autonoma e a sé stante, quale forma di sinergia tra i poteri pubblici e i privati per il finanziamento, la realizzazione o la gestione delle infrastrutture o dei servizi pubblici, affinché l’amministrazione possa disporre di maggiori  risorse e acquisire soluzioni innovative. Si prevede che i ricavi di gestione dell’operatore economico possano provenire dal canone riconosciuto dall’ente concedente, ma anche da altre forme di contropartita economica, come l’introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Nell’ambito del PPP rientrano gli “interventi di sussidiarietà orizzontale”, ossia la partecipazione della società civile alla cura di aree pubbliche o alla valorizzazione di aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale. È disciplinato anche il “baratto amministrativo” per la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati, senza oneri per l’ente.

Programmazione delle opere e superamento della Legge Obiettivo

Il Codice non prevede deroghe all’applicazione delle ordinarie procedure di evidenza pubblica, ad eccezione dei settori esclusi esplicitamente dalla direttiva e dei casi di somma urgenza e di protezione civile, nei quali si prevede che si possa disporre l’immediata esecuzione dei lavori o dei servizi necessari euro per rimuovere il pregiudizio alla pubblica incolumità entro limiti stabiliti. I limiti specificati nel nuovo codice sono di 200.000 o di quanto necessario per rimuovere il pregiudizio, per i beni culturali fino 300.000 euro e per protezione civile nei casi di dichiarazione di stato di emergenza fino alla soglia dei lavori.

Con l’eliminazione del ricorso a procedure straordinarie, si prevede il superamento della Legge Obiettivo riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari allo sviluppo del Paese, agli strumenti ordinari quali il Piano generale dei trasporti e della logistica triennale e il Documento pluriennale di pianificazione (DPP), di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011. Per la redazione del primo DPP, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti e ne attua una revisione (project review). Per migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per le infrastrutture di preminente interesse nazionale è prevista l’istituzione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di specifici Fondi.

Dibattito pubblico

Per le grandi opere pubbliche che possono avere impatto ambientale e sociale sui territori è obbligatorio il ricorso alla procedura del dibattito pubblico. I criteri per l'individuazione delle opere interessate e i termini di svolgimento e conclusione dell’iter, verranno fissati da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Rivisitazione del general contractor e albi per direttori lavori e collaudatori

L’istituto del contraente generale subisce una profonda rivisitazione. Per farvi ricorso la stazione appaltante dovrà fornire un’adeguata motivazione, in base a complessità, qualità, sicurezza ed economicità dell’opera. È vietato per il general contractor esercitare il ruolo di direttore dei lavori. È eliminata la possibilità di ricorrere alla procedura ristretta e a base di gara sarà posto il progetto definitivo e non più il preliminare.

Cambia anche il sistema di qualificazione che ora viene attribuito all’ANAC. Viene creato presso il MIT un apposito albo nazionale cui devono essere obbligatoriamente iscritti i soggetti che possono ricoprire gli incarichi di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici aggiudicati con la formula del contraente generale. La loro nomina nelle procedure di appalto avviene mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo. Il MIT disciplinerà le modalità di iscrizione all’albo e di nomina. Sono escluse da incarichi di collaudo varie figure, tra cui coloro che hanno svolto o svolgono attività di controllo, verifica, vigilanza e altri compiti relativi al contratto da collaudare.

Riduzione del contenzioso amministrativo

Al fine di garantire l’efficacia e la celerità delle procedure di aggiudicazione e tempi certi nella esecuzione dei contratti viene introdotto un rito speciale in camera di consiglio del Tar. In particolare si prevede che i vizi relativi alla composizione della commissione di gara, all’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali sono considerati immediatamente lesivi e sono ricorribili innanzi al TAR entro trenta giorni dalla pubblicazione della composizione della commissione o dell’elenco degli esclusi e degli ammessi. L’omessa impugnazione di tali provvedimenti preclude la facoltà di far valere l’illegittimità nei successivi atti della procedura di gara anche con ricorso incidentale.

Sono poi previsti rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale quali l’accordo bonario, (esteso anche alle contestazioni per appalti di servizi e forniture, eliminando il ricorso alla Commissione e prevedendo la conclusione entro 45 giorni), l’arbitrato (prevedendo il solo ricorso all’arbitrato amministrato nonché l’istituzione di una Camera arbitrale che cura la formazione della tenuta dell’albo degli arbitri e dei segretari e redige il codice deontologico degli arbitri camerali), la transazione (nell’impossibilità di ricorrere ad altre soluzioni). Sono poi inseriti altri rimedi quali il collegio tecnico consultivo (con funzioni di assistenza e non vincolante, al fine di giungere, nella fase dell’esecuzione, ad una rapida definizione delle controversie) e i pareri di precontenzioso dell’ANAC (dove l’ANAC esprime parere su iniziativa della stazione appaltante o di una delle parti su questioni insorte durante la procedura di gara). Il parere è vincolante e il mancato adeguamento della stazione appaltante determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 25.000 euro a carico del dirigente responsabile.


http://www.mit.gov.it/sites/default/files/media/notizia/2016-04/Nuovo%20Codice%20appalti%20e%20concessioni%20v2%20-%2015%20aprile%202016.pdf

riferimento id:32680

Data: 2016-04-18 12:07:12

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - AGGIORNAMENTI

Nuovo Codice Appalti: via libera del Consiglio dei Ministri

Le novità in sintesi. Si passa dagli oltre 2.000 articoli del vecchio codice a poco più di 200. Rafforzato il ruolo dell'ANAC. Introdotta la revoca per motivi di pubblica utilità e il Documento di gara unico europeo. Trasparenza e dematerializzazione. Modifiche al contenzioso amministrativo.

[b]Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, ha approvato venerdì 15 aprile, in esame definitivo, un decreto legislativo di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.[/b]

Contratti pubblici, concessioni e servizi in un unico decreto

Il Codice, che conferma l’impianto del testo preliminare del 3 marzo scorso e la formulazione in base alla legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11, approvata dalle Camere il 14 gennaio 2016, contiene recepimenti dei pareri del Consiglio di Stato, delle Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza Unificata. Trattandosi di norma ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Prevede una disciplina transitoria, nel passaggio dal vecchio al nuovo Codice, per dare certezza di riferimento alle stazioni appaltanti e ai soggetti coinvolti.

Il Governo recepisce quindi in un unico decreto, passando dagli oltre 2.000 articoli del vecchio codice agli attuali poco superiori ai 200, le direttive appalti pubblici e concessioni e riordina la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e contratti di concessione, esercitando così la delega e recependo le direttive europee nei tempi previsti al passo con gli altri paesi europei.

Una sola legge, declinata da atti di indirizzo e linee guida ANAC e con Cabina di regìa

Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” contiene criteri di semplificazione, snellimento, riduzione delle norme in materia, rispetto del divieto di gold plating.

È una disciplina autoapplicativa. Non prevede infatti, come in passato, un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Le linee guida, quale strumento di soft law, contribuiranno ad assicurare la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure e fornire criteri unitari.  Avranno valore di atto di indirizzo generale e consentiranno un aggiornamento costante e coerente con i mutamenti del sistema. Dove sono stati previsti decreti amministrativi attuativi, comunque non di natura regolamentare, è stata individuata, nel regime transitorio, la valenza temporanea di alcune norme del regolamento, relative a contabilità, verifiche e collaudi, per consentire l’immediata applicabilità della nuova normativa.

Viene poi regolata la Governance, con il rafforzamento dell’ANAC nel sostegno alla legalità, il ruolo del Consiglio Superiore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e l’istituzione della Cabina di regìa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo di coordinamento e monitoraggio.

Il Codice è articolato per processi, in sequenza dal momento in cui si decide una procedura di affidamento a quello finale dell’esecuzione.

Declina la pianificazione, programmazione e progettazione, fasi fondamentali per la stazione appaltante, le modalità di affidamento, individuando i principi comuni a tutti  i tipi di affidamento: trasparenza, economicità, efficacia, correttezza, tempestività, libera concorrenza, non discriminazione, applicabilità dei contratti collettivi al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto dei contratti, applicabilità della legge 241/1990, il RUP, le fasi delle procedure, i controlli sugli atti di affidamento e i criteri di sostenibilità energetica e ambientale.

Sono quindi disciplinate le regole procedurali per ogni tipologia contrattuale: appalto, concessioni, altre tipologie quali quelle in house, contraente generale, strumenti di partenariato pubblico-privato, ricomprendendo in quest’ultimo il project financing, strumenti di sussidiarietà orizzontale, il baratto amministrativo. Vengono disciplinati i passaggi: verifica della soglia comunitaria e requisiti di qualificazione della stazione appaltante, modalità di affidamento e scelta del contraente, bandi, avvisi, selezione delle offerte, aggiudicazione, esecuzione, della verifica e collaudo.

Il Codice sviluppa il superamento della Legge Obiettivo attraverso strumenti di programmazione delle infrastrutture, insediamenti prioritari e l’espresso richiamo all’applicazione delle procedure ordinarie. E’ stata introdotta una forte limitazione forte all'appalto integrato, ammesso solo in casi eccezionali quali la finanza di progetto o il contraente generale. Sul contenzioso, introduce un nuovo rito abbreviato in camera di consiglio sull’impugnativa dei motivi di esclusione, nonché disciplina i rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale.



Qualità del progetto, della stazione appaltante e degli operatori

Il nuovo sistema è incentrato sulla qualità e consente di eliminare la causa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche, rappresentata da gare su progettazioni preliminari.

Sono previsti tre livelli di progettazione: il nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo ed il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara.

La nuova forma di progetto di fattibilità rafforza la qualità tecnica ed economica del progetto. La progettazione deve assicurare il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità architettonica e tecnico-funzionale dell’opera, un limitato consumo del suolo, il rispetto dei vincoli idrogeologici sismici e forestali e l’efficientamento energetico. Il nuovo progetto di fattibilità sarà redatto sulla base di indagini geologiche e geognostiche, di verifiche preventive dell’assetto archeologico, fermo restando che deve individuare il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività.  È stata prevista la progressiva introduzione di strumenti di modellazione elettronica che potranno essere utilizzate nelle gare bandite dalle stazioni appaltanti più qualificate.

Il subappalto sarà possibile entro la soglia massima del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

Quanto alla scelta del contraente, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa basata sul miglior rapporto qualità/prezzo (che coniuga offerta economica prevista  e offerta tecnica), che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a disposizione delle stazioni appaltanti, diviene il criterio di aggiudicazione preferenziale, nonché obbligatorio per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di qualità o di tutela dei lavoratori.

È richiesta la qualificazione sia agli operatori economici, per i quali è prevista una specifica disciplina nella quale rientra anche il rating di legalità, sia alle stazioni appaltanti, secondo standard predefiniti e sistemi premianti che consentono, progressivamente, di appaltare opere, lavori e servizi più costosi e complessi. Si rafforza quindi il cammino già intrapreso nella spending review, poche stazioni appaltanti e qualificate.

Misure a sostegno della legalità, rafforzamento del ruolo di ANAC

Numerose le disposizioni a sostegno della legalità, partendo dal rafforzamento e potenziamento del ruolo dell’ANAC nel quadro delle sue funzioni di vigilanza, di promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti. L’ANAC è chiamato ad adottare atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione del Codice. Viene favorita l’indipendenza delle commissioni giudicatrici, con la scelta dei componenti delle commissioni da un albo detenuto dall’ANAC. È prevista una specifica disciplina per i contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, per i quali viene potenziata l’attività di controllo della Corte dei conti.

Disciplinate le concessioni, superata la garanzia globale, arriva il documento di gara europeo

Per la prima volta il nuovo Codice, come richiesto dal legislatore europeo, affronta l’istituto della concessione in modo organico. Viene prevista una disciplina unitaria per le concessioni di lavori, servizi e forniture, chiarendo che le concessioni sono contratti di durata, caratterizzati dal rischio operativo in capo al concessionario in caso di mancato ritorno economico dell'investimento effettuato. Si prevede inoltre, che i soggetti privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto o con procedure di gara ad evidenza pubblica, siano obbligati ad affidare una quota pari all’80% dei contratti di importo superiore a 150.000 euro mediante le procedure ad evidenza pubblica. Le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice. La verifica è effettuata dall’ANAC e dai soggetti preposti, secondo le indicazioni delle linee guida ANAC.

Sono stati precisati gli effetti dell'annullamento delle concessioni in caso di revoca e le prestazioni economiche e finanziarie a carico delle parti in caso di revoca. E’ stata introdotta l'ipotesi di revoca per motivi di pubblica utilità.

Il Codice prevede una nuova disciplina del sistema delle garanzie. La vecchia garanzia globale è eliminata e sostituita da due diverse garanzie, rilasciate contestualmente: la garanzia di buon adempimento, senza possibilità di svincolo, che permane fino alla conclusione dell’opera e la garanzia per la risoluzione che copre il costo del nuovo affidamento in tutti i casi in cui l’affidatario viene meno e il maggior costo che viene praticato dal subentrante.

Tra le disposizioni volte a favorire la concorrenza, viene introdotto il Documento di gara unico europeo, che consentirà un’immediata apertura della concorrenza europea e semplificazioni per gli operatori economici che utilizzeranno un unico documento per autocertificare l’assenza di tutti motivi di esclusione che la stazione appaltante verificherà.

Trasparenza e dematerializzazione con le gare elettroniche, banche dati

È previsto il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi.

Nell’ambito delle misure di trasparenza si prevede infatti il ricorso generalizzato ai mezzi elettronici di comunicazione ed informazione, la pubblicità di tutte le fasi prodromiche e successive della gara, che si affianca alla pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara. Misure volte alla razionalizzazione delle banche dati, ridotte a due, quella presso l’ANAC per l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo e quella presso il MIT sui requisiti generali di qualificazione degli operatori economici.

Norme per il Partenariato pubblico privato

Viene disciplinato nel Codice per la prima volta l’istituto del “Partenariato pubblico privato” (PPP) come disciplina generale autonoma e a sé stante, quale forma di sinergia tra i poteri pubblici e i privati per il finanziamento, la realizzazione o la gestione delle infrastrutture o dei servizi pubblici, affinché l’amministrazione possa disporre di maggiori  risorse e acquisire soluzioni innovative. Si prevede che i ricavi di gestione dell’operatore economico possano provenire dal canone riconosciuto dall’ente concedente, ma anche da altre forme di contropartita economica, come l’introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Nell’ambito del PPP rientrano gli “interventi di sussidiarietà orizzontale”, ossia la partecipazione della società civile alla cura di aree pubbliche o alla valorizzazione di aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale. È disciplinato anche il “baratto amministrativo” per la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati, senza oneri per l’ente.

Programmazione delle opere e superamento della Legge Obiettivo

Il Codice non prevede deroghe all’applicazione delle ordinarie procedure di evidenza pubblica, ad eccezione dei settori esclusi esplicitamente dalla direttiva e dei casi di somma urgenza e di protezione civile, nei quali si prevede che si possa disporre l’immediata esecuzione dei lavori o dei servizi necessari euro per rimuovere il pregiudizio alla pubblica incolumità entro limiti stabiliti. I limiti specificati nel nuovo codice sono di 200.000 o di quanto necessario per rimuovere il pregiudizio, per i beni culturali fino 300.000 euro e per protezione civile nei casi di dichiarazione di stato di emergenza fino alla soglia dei lavori.

Con l’eliminazione del ricorso a procedure straordinarie, si prevede il superamento della Legge Obiettivo riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari allo sviluppo del Paese, agli strumenti ordinari quali il Piano generale dei trasporti e della logistica triennale e il Documento pluriennale di pianificazione (DPP), di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011. Per la redazione del primo DPP, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti e ne attua una revisione (project review). Per migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per le infrastrutture di preminente interesse nazionale è prevista l’istituzione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di specifici Fondi.

Dibattito pubblico

Per le grandi opere pubbliche che possono avere impatto ambientale e sociale sui territori è obbligatorio il ricorso alla procedura del dibattito pubblico. I criteri per l'individuazione delle opere interessate e i termini di svolgimento e conclusione dell’iter, verranno fissati da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Rivisitazione del general contractor e albi per direttori lavori e collaudatori

L’istituto del contraente generale subisce una profonda rivisitazione. Per farvi ricorso la stazione appaltante dovrà fornire un’adeguata motivazione, in base a complessità, qualità, sicurezza ed economicità dell’opera. È vietato per il general contractor esercitare il ruolo di direttore dei lavori. È eliminata la possibilità di ricorrere alla procedura ristretta e a base di gara sarà posto il progetto definitivo e non più il preliminare.

Cambia anche il sistema di qualificazione che ora viene attribuito all’ANAC. Viene creato presso il MIT un apposito albo nazionale cui devono essere obbligatoriamente iscritti i soggetti che possono ricoprire gli incarichi di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici aggiudicati con la formula del contraente generale. La loro nomina nelle procedure di appalto avviene mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo. Il MIT disciplinerà le modalità di iscrizione all’albo e di nomina. Sono escluse da incarichi di collaudo varie figure, tra cui coloro che hanno svolto o svolgono attività di controllo, verifica, vigilanza e altri compiti relativi al contratto da collaudare.

Riduzione del contenzioso amministrativo

Al fine di garantire l’efficacia e la celerità delle procedure di aggiudicazione e tempi certi nella esecuzione dei contratti viene introdotto un rito speciale in camera di consiglio del Tar. In particolare si prevede che i vizi relativi alla composizione della commissione di gara, all’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali sono considerati immediatamente lesivi e sono ricorribili innanzi al TAR entro trenta giorni dalla pubblicazione della composizione della commissione o dell’elenco degli esclusi e degli ammessi. L’omessa impugnazione di tali provvedimenti preclude la facoltà di far valere l’illegittimità nei successivi atti della procedura di gara anche con ricorso incidentale.

Sono poi previsti rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale quali l’accordo bonario, (esteso anche alle contestazioni per appalti di servizi e forniture, eliminando il ricorso alla Commissione e prevedendo la conclusione entro 45 giorni), l’arbitrato (prevedendo il solo ricorso all’arbitrato amministrato nonché l’istituzione di una Camera arbitrale che cura la formazione della tenuta dell’albo degli arbitri e dei segretari e redige il codice deontologico degli arbitri camerali), la transazione (nell’impossibilità di ricorrere ad altre soluzioni). Sono poi inseriti altri rimedi quali il collegio tecnico consultivo (con funzioni di assistenza e non vincolante, al fine di giungere, nella fase dell’esecuzione, ad una rapida definizione delle controversie) e i pareri di precontenzioso dell’ANAC (dove l’ANAC esprime parere su iniziativa della stazione appaltante o di una delle parti su questioni insorte durante la procedura di gara). Il parere è vincolante e il mancato adeguamento della stazione appaltante determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 25.000 euro a carico del dirigente responsabile.

Per saperne di più:

http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2016/aprile/1460875040272.html

riferimento id:32680

Data: 2016-04-19 08:30:35

Schema di Regolamento per la disciplina di alcune procedure selettive richiesta

[b][size=14pt]Schema di Regolamento per la disciplina di alcune procedure selettive richiesta dalle norme transitorie del nuovo Codice degli appalti.[/size][/b]

A cura di Alberto Barbiero

http://dirittoitalia.it/speciale_riforma_appalti/

riferimento id:32680

Data: 2016-04-22 07:28:15

Re:Nuovo Codice degli appalti e delle concessioni - AGGIORNAMENTI

[color=red][b]DECRETO LEGISLATIVO 18 aprile 2016, n. 50 - Nuovo CODICE DEGLI APPALTI[/b][/color]

[b]Art. 189 (Interventi di sussidiarietà orizzontale) [/b]
1. Le aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale, riservati alle attività col-lettive sociali e culturali di quartiere, con esclusione degli immobili ad uso scolastico e sportivo, ceduti al comune nell’ambito delle convenzioni e delle norme previste negli strumenti urbanistici attuativi, co-munque denominati, possono essere affidati in ge-stione, per quanto concerne la manutenzione, con diritto di prelazione ai cittadini residenti nei com-prensori oggetto delle suddette convenzioni e su cui insistono i suddetti beni o aree, nel rispetto dei prin-cipi di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento. A tal fine i cittadini residenti costitui-scono un consorzio del comprensorio che raggiunga almeno il 66 per cento della proprietà della lottizza-zione. Le regioni e i comuni possono prevedere in-centivi alla gestione diretta delle aree e degli immo-bili di cui al presente comma da parte dei cittadini costituiti in consorzi anche mediante riduzione dei tributi propri. 2. Per la realizzazione di opere di interesse locale, gruppi di cittadini organizzati possono formulare all’ente locale territoriale competente proposte ope-rative di pronta realizzabilità, nel rispetto degli stru-menti urbanistici vigenti o delle clausole di salva-guardia degli strumenti urbanistici adottati, indi-cando nei costi e di mezzi di finanziamento, senza oneri per l’ente medesimo. L’ente locale provvede sulla proposta, con il coinvolgimento, se necessario, di eventuali soggetti, enti ed uffici interessati, for-nendo prescrizioni ed assistenza. Gli enti locali pos-sono predisporre apposito regolamento per discipli-nare le attività ed i processi di cui al presente comma. 3. Decorsi due mesi dalla presentazione della pro-posta, la proposta stessa si intende respinta. Entro il medesimo termine l’ente locale può, con motivata delibera, disporre l’approvazione delle proposte for-mulate ai sensi del comma 2, regolando altresì le fasi essenziali del procedimento di realizzazione e i tempi di esecuzione. La realizzazione degli inter-venti di cui ai commi da 2 a 5 che riguardino immo-bili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggi-stico-ambientale è subordinata al preventivo rila-scio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle disposizioni di legge vigenti. Si applicano in partico-lare le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 4. Le opere realizzate sono acquisite a titolo origina-rio al patrimonio indisponibile dell’ente compe-tente. 5. La realizzazione delle opere di cui al comma 2 non può in ogni caso dare luogo ad oneri fiscali ed am-ministrativi a carico del gruppo attuatore, fatta ec-cezione per l’imposta sul valore aggiunto. Le spese per la formulazione delle proposte e la realizzazione delle opere sono, fino alla attuazione del federali-smo fiscale, ammesse in detrazione dall’imposta sul reddito dei soggetti che le hanno sostenute, nella misura del 36 per cento, nel rispetto dei limiti di am-montare e delle modalità di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e relativi provvedi-menti di attuazione, e per il periodo di applicazione delle agevolazioni previste dal medesimo articolo 1. Successivamente, ne sarà prevista la detrazione dai tributi propri dell’ente competente. 6. Restano ferme le disposizioni recate dall’articolo 43, commi 1, 2, e 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di valorizzazione e incremento del patrimonio delle aree verdi urbane.

[color=red][b]Art. 190 (Baratto amministrativo) [/b][/color]
1. Gli enti territoriali definiscono con apposita deli-bera i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di pro-getti presentati da cittadini singoli o associati, pur-chè individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale. I contratti possono riguardare la puli-zia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione me-diante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutiliz-zati. In relazione alla tipologia degli interventi, gli enti territoriali individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un’ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa.

[i][b]Il testo completo del Codice e gli approfondimenti su:[/b][/i]
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=33681.0

riferimento id:32680

Data: 2016-04-24 07:14:39

Dalla legge delega al nuovo ‘Codice’: opportunità e profili di criticità

[size=14pt][color=red][b]Dalla legge delega al nuovo ‘Codice’: opportunità e profili di criticità [/b][/color][/size]


1. Aspetti generali della questione: i rapporti fra legge delega n. 11/2016 e nuovo ‘Codice’

   La genesi del nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione (pubblicato il 19 aprile ed entrato in vigore lo stesso giorno) è stata seguita con grande interesse dagli addetti ai lavori e la sua emanazione è stata accompagnata da una campagna anche mediatica la cui intensità raramente può essere riscontrata per le novità che riguardano il mondo del diritto.
   Ma si può davvero credere che il nuovo Codice riuscirà a recare in settori cruciali per l’economia del Paese i decisivi elementi di semplificazione auspicati dal Parlamento e dal Governo, così da non tradire le numerose aspettative che lo accompagnano?
   Probabilmente sì, in quanto esso contiene numerosi elementi che sembrano muovere effettivamente nella direzione della semplificazione e della razionalizzazione di tali settori.
   Il complessivo snellimento delle procedure, la riduzione numerica delle disposizioni vigenti, il divieto del c.d. ‘gold plating’ e l’introduzione del documento di gara unico europeo (imposta peraltro dalle nuove direttive europee) costituiscono alcune soltanto fra le numerosissime novità del nuovo testo e costituiscono altrettanti tasselli di un mosaico che, laddove correttamente costruito e sapientemente gestito, potrebbe davvero apportare decisivi elementi di modernizzazione in un ambito settoriale che ‘pesa’ all’incirca il 16 per cento del PIL.
   D’altra parte, un’analisi serena, disincantata e scevra dai facili entusiasmi che troppo spesso accompagnano le riforme di settore (e che preludono poi a repentini mutamenti di umore, come quelli che hanno investito gli ultimi anni di vita del ‘Codice de Lise) porta ad affermare che il nuovo ‘Codice’ non risulta a sua volta esente da profili di criticità che emergono già da un suo esame ‘di prima lettura’.
   Molti di questi aspetti di criticità traggono origine in modo diretto dalle scelte operate in sede di delega legislativa con la legge 28 gennaio 2016, n. 11.
   
________________________
   
(*) Il presente contributo rappresenta un estratto del volume C. Contessa, D. Crocco, Il nuovo codice degli appalti commentato, Roma, DEI, 2016, di imminente pubblicazione
   
   Si tratta di una legge di delega che ha conosciuto un iter piuttosto travagliato e comunque di durata eccessiva e che, nonostante la lunghissima gestazione e le buone intenzioni che ne hanno caratterizzato la genesi, presenta elementi di disarmonia e difetti di coordinamento che, purtroppo, si sono riverberati in modo inevitabile sul testo del nuovo ‘Codice’.
   Del resto, la scelta del Legislatore del 2016 è stata nel senso di conferire una delega ‘a maglie strette’, il cui estremo livello di dettaglio ha di fatto vincolato il Governo nella stesura del testo finale e nell’adozione di numerosissime fra le grandi ‘scelte di campo’ che l’adozione del nuovo ‘Codice’ imponeva.
   Solo per fare un paragone storico con quanto avvenuto nel recente passato, si osserva che la delega di cui alla legge n. 62 del 2005 (quella sulla cui scorta è stato emanato il ‘Codice’ del 2006) era limitata a quattro commi e quattro principi direttivi e che questa delega ‘a maglie larghe’ non ha impedito l’emanazione di un corposo codice di settore composto di ben 257 articoli.
   Al contrario, la legge n. 11 del 2016 si compone di ben tredici commi e cinquantanove criteri direttivi, con un incremento per questi ultimi, di circa il millequattrocento per cento. Ciò significa che (in disparte l’evidente incoerenza con i principi di semplificazione e razionalizzazione che la stessa legge delega ha predicato) la struttura della delega ha condizionato in modo rilevantissimo l’esercizio della stessa.
   Ed infatti, nel predisporre il testo del nuovo Codice, il Governo è stato costretto entro limiti piuttosto angusti da criteri di delega talvolta estremamente dettagliati e da una legge delega che, sotto alcuni aspetti, si presenta come una sorta di ‘libro dei sogni’. 
   D’altra parte, nonostante la sua lunghissima gestazione, la legge di delega presenta alcune evidenti (e talvolta difficilmente spiegabili) antinomie e incongruenze interne che solo in parte si è riusciti a risolvere in sede di stesura del decreto delegato.
   Nelle pagine che seguono si esamineranno alcuni degli aspetti di maggiore interesse del nuovo ‘Codice’, partendo dall’angolo visuale dei limiti imposti dalla legge delega e delle ragioni (laddove ve ne sono) che sembrano averla ispirata.
   
   
2. L’iter e la tempistica di approvazione della legge di delega e l’influenza sulle scelte successive
   
   L’iter di approvazione della legge di delega è stato obiettivamente troppo lungo perché il Governo potesse elaborare in modo adeguatamente ponderato le numerosissime grandi scelte di politica normativa ed economica che il recepimento delle Direttive UE 2014 imponeva.
   Basti pensare che le direttive in questione sono state pubblicate nella Gazzetta UE il 28 marzo 2014 e sono entrate in vigore il successivo 28 aprile.
   Da allora i Parlamenti nazionali avevano a disposizione ventiquattro mesi per esercitare la delega nell’ambito degli ordinamenti interni.
   Un tempo non troppo lungo, ma tutto sommato adeguato per impostare in modo corretto le linee di fondo di una grande riforma di settore.
   In casi analoghi la scelta del Legislatore italiano è solitamente stata nel senso di inserire la delega per il recepimento nell’ambito della legge di delegazione europea[ La legge annuale di delegazione europea è prevista in via generale dall’articolo 29 della l. 234 del 2012 (c.d. legge Moavero Milanesi’).], che assicura tempi di approvazione certi e corsie parlamentari – per così dire – ‘privilegiate’.
   Nel caso delle nuove direttive si è invece optato per un diverso percorso parlamentare, forse nella convinzione che questo diverso iter avrebbe assicurato tempi ancora più rapidi di approvazione del disegno di legge e che avrebbe consentito di tenere più adeguatamente conto della grande rilevanza ‘di sistema’ del nuovo testo.
   Questa scommessa, però, non si è rivelata vincente.
   In particolare, mentre l’iter di approvazione della l. 11 del 2016 è giunto alla sua conclusione solo nel gennaio del 2016 (cioè, dopo circa ventuno mesi dalla pubblicazione delle Direttive UE 2014), al contrario la legge di delegazione europea è stata approvata e pubblicata circa sei mesi prima (si tratta della legge 9 luglio 2015, n. 114).
   Ciò vuol dire che una scelta strategica rivelatasi non oculata ha di fatto privato il Governo di ben sei mesi di tempo per elaborare un ‘Codice’ di settore di cruciale importanza la cui impostazione necessitava di un adeguato spatium deliberandi[ Si osserva anche che il Legislatore della delega, evidentemente consapevole di quanto fosse difficile adottare in tempi estremamente ristretti un testo privo di errori e omissioni, ha anche ipotizzato una sorta di recepimento ‘in due tempi’, ipotizzando che in un primo momento (aprile 2016) venisse emanato solo un decreto di recepimento delle direttive e che in un secondo momento (luglio 2016) venisse adottato il vero testo finale (i.e.: il nuovo ‘Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione’).
Tuttavia il Governo (ad avviso di chi scrive, in modo del tutto condivisibile) ha ritenuto di non avvalersi di tale facoltà e di procedere a un recepimento di tipo – per così dire – ‘one shot’, anche al fine di evitare le inevitabili incertezze e complicazioni operative che una delega ‘in due tempi’ avrebbe certamente determinato.].
   Evidentemente, non è affatto fisiologico che, a fronte di ventiquattro mesi complessivamente disponibili per recepire le nuove direttive, ne siano stati impiegati circa ventuno per completare il solo conferimento della delega (atto di grande importanza, ma pur sempre preliminare e meramente preparatorio) e se ne siano fatti residuare appena tre per l’esercizio concreto della delega (il quale, come è evidente, implica una serie sterminata di scelte normative talvolta estremamente complesse)[ Si osserva al riguardo che, in occasione dell’approvazione del ‘Codice dei contratti’ del 2006, le cose andarono in parte diversamente: la legge di delega n. 62 del 2005 fu promulgata il 18 aprile 2005 e il Governo al tempo in carica ebbe a disposizione quasi un anno di tempo per predisporre il ‘Codice’ (che venne emanato il 12 aprile dell’anno successivo).].
   Inoltre, questa innaturale alterazione della tempistica ha – per così dire – ‘costretto’ il Legislatore a contingentare oltre misura i tempi per l’adozione dei pareri obbligatori (in particolare, quello della Conferenza unificata, quello del Consiglio di Stato e quello delle competenti Commissioni parlamentari).
   Ed infatti, non solo è stato previsto un termine brevissimo per rendere tali pareri (pari ad appena venti giorni), ma è stato altresì previsto che essi fossero resi – per così dire – contestualmente e ‘in parallelo’.
   E’ stato in tal modo alterato un tradizionale modus procedendi in base al quale (al fine di rendere avvisi più consapevoli e ponderati) ciascun Organo consultivo si pronunzia solitamente solo dopo aver acquisito il parere dell’Organo precedentemente investito (solitamente, la sequenza è la seguente: Conferenza unificata, Consiglio di Stato, Commissioni parlamentari).
   Ebbene, al di là delle tecnicalità (che possono non appassionare gli operatori del settore, interessati solo a disporre di un Codice chiaro, completo e di buona qualità normativa), il punto è che l’innaturale dilatazione dei tempi di approvazione parlamentare e l’altrettanto innaturale compressione dei tempi di lavorazione del testo (e dei pareri ad esso prodromici) hanno inevitabilmente comportato alcune antinomie e disarmonie nel testo finale, che dovranno essere necessariamente corrette con successivi interventi normativi.
   
   
3. Le grandi scelte di fondo operate dal Legislatore della delega: un’analisi puntuale per settori
   
   Nelle pagine che seguono si esamineranno alcuni fra i principali aspetti della materia disciplinata prendendo le mosse dall’impostazione di fondo della legge di delega e svolgendo un’analisi – per così dire – ‘di primo livello’ su come l’impostazione della delega ha influenzato la stesura del decreto delegato.

3.1. Il c.d. divieto di ‘gold plating’
   
   Il primo dei criteri di delega recati dalla l. 11 del 2016 (e la scelta tassonomica non è certamente casuale) è quello del c.d. ‘divieto di gold plating’ (i.e.: di introduzione di livelli di regolazione maggiori o più incisivi rispetto a quelli contenuti nelle disposizioni oggetto di recepimento)[ Secondo il criterio in parola, nell’emanare il decreto delegato il Governo avrebbe dovuto rispettare (inter alia) il «divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive (…)».].
   Il criterio in questione è di quelli che – almeno in via di principio - incontrano consensi pressoché unanimi fra gli addetti ai lavori, anche perché caratterizzati da un sufficiente grado di fumosità semantica ed accompagnati da una certa eco giornalistica, nei cui confronti le capacità di discernimento del giurista medio risultano via via più inefficaci.
   Va osservato in primo luogo che il divieto di ‘gold plating’ non nasce con il recepimento delle Direttive appalti/concessioni del 2014 anche se il dibattito che ha accompagnato tale recepimento ha fornito al tema una risonanza in precedenza sconosciuta[ Le implicazioni del principio in questione in relazione all’attività di recepimento delle direttive appalti/concessioni del 2014 sono state esaminate da F. Sciaudone in: Le nuove direttive e il loro recepimento: dal gold plating al copy out, in: www.igitalia.it.].
In realtà, è già dal novembre del 2011 che il Legislatore ha imposto, in sede di recepimento delle direttive UE, il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie, fra cui «“l’estensione dell'ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari»”[ In tal senso i commi 24-ter e 24-quater dell’articolo 14 della l. 246 del 2005 (‘legge di semplificazione per il 2005’) per come introdotti dalla l. 183 del 2011 (‘legge di stabilità per il 2012).].
   Ma se le parole hanno un senso, allora il Legislatore della delega avrebbe dovuto in radice astenersi dall’introdurre nella materia aspetti regolatori non compresi nell’ambito delle Direttive oggetto di recepimento.
   Ebbene, l’esame della legge delega e del nuovo ‘Codice’ dimostra che le cose non sono andate in questo modo.
   In alcuni casi, la scelta di estendere l’ambito di applicazione oggettivo della nuova disciplina appare giustificata in quanto si pone sul solco di scelte normative pregresse. In questi casi, l’estensione in parola risponde comunque alla condivisibile finalità di conferire completezza ed organicità al nuovo testo (basti pensare alla disciplina in tema di esecuzione dell’appalto[ La materia dell’esecuzione, tradizionalmente esclusa dall’ambito di applicazione delle Direttive UE, conosce oggi una disciplina – per così dire – ‘minimale’ nell’ambito degli articoli 70-73 della c.d. ‘Direttiva appalti’ n. 2014/24/UE. Si tratta, comunque, di una disciplina certamente meno incisiva di quella sino ad oggi dedicata dal legislatore italiano al tema dell’esecuzione.] o a quella in tema di contratti al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria).
   In altri casi, tuttavia, l’ansia del Legislatore della delega di coprire ogni possibile spazio disciplinare, ha dato origine a criteri direttivi che impongono di disciplinare spazi e fattispecie obiettivamente estranee alla litera e alla ratio delle direttive UE e che, quindi, finiscono  per disattendere in modo piuttosto evidente il primo dei criteri della delega.
   Basti pensare al riguardo (ma l’elenco potrebbe essere ben più nutrito):
alla previsione di un sistema di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive (criterio di delega q5); ora: articolo 83, comma 10 del nuovo ‘Codice’);
all’istituzione di un nuovo albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici (criterio di delega hh); ora: articolo 78 del nuovo ‘Codice’);
all’istituzione presso l’ANAC di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in regime di c.d. ‘in house providing’ (criterio di delega eee); ora: articolo 192 del nuovo ‘Codice’);
alla previsione di una particolare disciplina transitoria per l’affidamento delle concessioni autostradali scadute o prossime alla scadenza (criterio di delega  mmm) – ora: articolo 178 del ‘Codice’);
all’introduzione di una prima disciplina nazionale in tema di ‘lobbismo accreditato’ e di débat public (criteri di delega ppp e qqq); ora: articolo 22 del nuovo ‘Codice’).
   Certamente non si intende con ciò dire che molte di queste previsioni non fossero utili o opportune.
   E’ tuttavia evidente che, se vi era la consapevolezza che l’ambito disciplinato dalle nuove Direttive non consentisse di fornire risposta ad alcuni rilevanti interrogativi di sistema, non era opportuno vincolare ex ante il Legislatore delegato entro gli angusti confini del divieto di gold plating, in tal modo fissando una velleitaria ‘regola di ingaggio’ che lo stesso Legislatore della delega era pronto a disattendere un momento dopo averla posta.
   
   
3.2. Il nodo (risolto o irrisolto?) delle cc.dd. ‘grandi opere’
   
   Il tema delle cc.dd. ‘grandi opere’ (o: ‘infrastrutture pubbliche e private e insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale’, secondo la roboante definizione della c.d. ‘legge obiettivo’ del 2001)[ Legge 21 dicembre 2001, n. 443 (‘Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive’).] è di quelli che, ancora per molti anni, non potranno conoscere un sereno dibattito scientifico.
   Troppo recente e troppo lacerante è la contrapposizione fra:
(da un lato) coloro che vedevano nella legge obiettivo una delle ultime occasioni per dotare il Paese di un sistema infrastrutturale più moderno ed efficiente, se del caso ricorrendo a procedure di aggiudicazione ed esecuzione delle gare e di gestione del contenzioso tanto speciali quanto adeguate alla rilevanza degli interessi in gioco e
(dall’altro) coloro che vedevano in tale sistema – peraltro, confortati sovente dalla cronaca giudiziaria – una pericolosa fucina di deroghe opache e foriere di possibili derive collusive. Secondo tale corrente di pensiero, il sistema derogatorio delineato dalla ‘legge obiettivo’ possiederebbe in se una natura intrinsecamente ‘criminogena’ e rappresenterebbe di fatto la quintessenza di quel novero di strumenti derogatori che avrebbe il demerito di aver reso il sistema nazionale degli appalti opaco e permeabile ai fenomeni corruttivi.
   Ora, non spetta a chi scrive esprimere un bilancio dell’esperienza avviata con la ‘legge obiettivo’ del 2001, né prendere posizione su una scelta di campo (quella volta a superare tale esperienza) che sembra aver preso le mosse da una sostanziale identificazione fra la patologia del modello e il modello in quanto tale.
   Tuttavia, gli operatori pratici del diritto si aspettano dal Legislatore scelte (magari opinabili, ma pur sempre) chiare e univoche.
   Ebbene, sul tema delle cc.dd. grandi opere il Legislatore della delega non ha fornito la chiarezza (per così dire: ‘in un senso o nell’altro’) che gli operatori si aspettavano per ciò che riguarda il destino delle procedure derogatorie delineate dalla legge del 2001.
   Basti pensare al riguardo:
che il criterio di delega sss) ha imposto in modo stentoreo «[l’]espresso superamento delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto di riordino». Il che sembra costituire indice di una inflessibile volontà di superare il modello delle cc.dd. ‘grandi opere’;
che, al contrario, il criterio di delega i), nel declinare i principi di semplificazione ed armonizzazione che dovrebbero ispirare il nuovo ‘Codice’, ha sancito che tali principi dovrebbero applicarsi «con particolare riguardo allo sviluppo delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale». Insomma, il Legislatore del 2016 non imporrebbe più la radicale soppressione del modello, ma anzi ne postulerebbe la proiezione nel futuro, previa rimodulazione in senso funzionale;
che il criterio di delega ee), nel delineare la disciplina prossima ventura delle varianti in corso d’opera, ha previsto che tale disciplina dovrà essere modulata «con specifico riferimento agli insediamenti produttivi strategici e alle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni». Anche in questo caso, la volontà del Legislatore non sembra affatto nel senso del superamento del modello, quanto – piuttosto – di una sua modernizzazione in chiave funzionale.
   Ebbene, questo essendo il quadro (non del tutto chiaro) delineato dal Legislatore della delega, non vi è da stupirsi se le scelte operate sul punto del superamento del sistema delle cc.dd. ‘grandi opere’ non siano state del tutto chiare.
   Ed infatti, se nell’ambito delle prime bozze del nuovo ‘Codice’[ La bozza in data 22 febbraio 2016 è reperibile al sito www.lexitalia.it.] figurava un’apposita Parte V, interamente dedicata al tema del ‘Superamento della legge obiettivo’, al contrario, le scelte operate in sede di stesura finale del ‘Codice’ sono state in parte meno chiare.
   E’ certamente da notare che l’articolo 217, dedicato alle abrogazioni, contempli in modo espresso la l. 443 del 2001 (rectius: l’articolo 1, commi da 1 a 5 che ne rappresentano certamente la parte essenziale), ma è altrettanto importante notare che il nuovo ‘Codice’ contempla una nuova Parte V (dedicata alle Infrastrutture e agli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese) che riprende molti dei contenuti e delle logiche di specialità che nel 2001 avevano ispirato la disciplina delle cc.dd. ‘grandi opere’.
   E’ ben vero che nel modello da ultimo delineato dal Legislatore del 2016 è venuto meno il riferimento a sistemi e procedure di aggiudicazione derogatori rispetto a quelli ordinari, ma è pur vero che la scelta di predisporre un apposito elenco di opere prioritarie e di riservare alle stesse sistemi di pianificazione, programmazione e finanziamento speciali risulti evidentemente tributaria di un orientamento di politica legislativa assai vicino a quello che aveva ispirato il Legislatore del 2001.
   Il tutto, naturalmente, nel preminente interesse nazionale alla celere realizzazione delle opere (ed è rilevante osservare che, sotto tale aspetto, la terminologia utilizzata nell’ambito del nuovo ‘Codice’ coincide di fatto con quella di cui alla previgente ‘legge obiettivo’).
   Da ultimo (considerato che l’effettivo grado di novità delle … grandi novità deve talvolta essere esaminato a partire dai dettagli) non va trascurato che il nuovo ‘Codice’ ha espressamente mantenuto in vita lo strumento della c.d. ‘struttura tecnica di missione’ presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora: articolo 214, comma 3) il quale – come è probabilmente noto - ha rappresentato nel corso degli anni il vero ‘motore’ tecnico-amministrativo dell’evoluzione del sistema della ‘legge obiettivo’[ Nell’ordito del nuovo ‘Codice’ alla riconfermata struttura tecnica di missione vengono demandati incisivi compiti nell’ambito delle attività «di indirizzo e pianificazione strategica, ricerca, supporto e alta consulenza valutazione, revisione della progettazione, monitoraggio e alta sorveglianza delle infrastrutture».].
   
   
3.3. La nuova configurazione istituzionale dell’ANAC e i rapporti con la nuova ‘Cabina di regia’ presso la PCM
   
   E’ opinione largamente diffusa quella secondo cui uno dei tratti caratterizzanti del nuovo ‘Codice’ sia rappresentato dal notevole rafforzamento del ruolo e delle funzioni dell’ANAC (sorta, come è noto, sulle ceneri della soppressa AVCP).
   Esula certamente dai limiti del presente contributo una disamina compiuta circa l’intero novero delle attribuzioni e dei compiti che la legge di delega (e in seguito il nuovo ‘Codice’) hanno demandato all’ANAC.
   In questa parte del contributo ci si limiterà, quindi:
a fornire alcune osservazioni di massima circa il novero talora indistinto ed obiettivamente eterogeneo di funzioni da ultimo attribuite all’Autorità di settore;
al fatto che, con la legge delega (e successivamente con il nuovo ‘Codice’) l’ANAC viene ad assommare una congerie di compiti, funzioni e facoltà di tale latitudine da farne un unicum nell’ambito del (peraltro già variegato) panorama nazionale delle Autorità amministrative indipendenti;
al fatto che, con una sorta di ‘ripensamento in corsa’, gli estensori del decreto abbiano inserito nel corpus del ‘Codice’ una figura del tutto innovativa (la ‘cabina di regia’ istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) non contemplata dalla legge di delega e di cui sembrano in parte da chiarire la configurazione sistematica e i rapporti con l’Autorità di settore.
   
   Ebbene, quanto al primo novero di questioni (nuovi compiti e funzioni riconosciuti all’ANAC) è appena il caso di rilevare che esse hanno carattere amplissimo e del tutto eterogeneo e che, in modo piuttosto evidente, nella relativa attribuzione non si è seguito un criterio di predeterminazione organica, quanto – piuttosto – un criterio di fatto ‘residuale’ (in base al quale ogni funzione o compito che risultasse connotato da un pur minimo interesse pubblico è stata ipso facto demandato all’Autorità in parola).
   Fra le ben diciannove disposizioni della legge di delega che richiamano i compiti dell’ANAC (e che risultano trasfuse in numerosissime disposizioni del nuovo ‘Codice’) si ritiene qui di richiamare il criterio di delega t) che rappresenta una sorta di summa e la cui eterogeneità costituisce l’indice più eloquente di un orientamento normativo la cui ratio di fondo è costituita dalla volontà di ampliare in modo sostanzialmente indistinto il perimetro di azione dell’Autorità, anche a prescindere da un effettivo disegno organico.
   Il criterio direttivo in questione prevede «[l’]attribuzione all’ANAC di più ampie funzioni di promozione dell’efficienza, di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonché di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante e fatta salva l’impugnabilità di tutte le decisioni e gli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa».
   Ebbene, la declinazione concreta del criterio in parola è avvenuta con la stesura dell’articolo 213 del nuovo ‘Codice’: una disposizione estremamente complessa che con i suoi quindici commi delinea i contorni operativi della nuova Autorità, demandando alla stessa (inter alia):
generali compiti di vigilanza, controllo e regolazione nel settore degli appalti e delle concessioni (peraltro, in linea di continuità con quanto già previsto dall’articolo 6 del ‘Codice’ del 2006);
il potere di emanare «linee-guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati» (a ben vedere, la disposizione in parola rappresenta – per così dire – il ‘manifesto’ del carattere di a-tipicità’ di tali strumenti di regolazione flessibile);
il potere di rivolgere atti di segnalazione e proposta al Governo, nonché di relazionare al Parlamento;
la gestione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza;
la gestione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, «nella quale confluiscono tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive» (per la gestione di tale banca dati unificata l’ANAC si avvale dell’Osservatorio dei contratti pubblici già previsto dall’articolo 7 del ‘Codice de Lise);
la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
la tenuta della Camera arbitrale per i contratti pubblici di cui all’articolo 210;
la gestione e l’aggiornamento dell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle Commissioni giudicatrici di cui al’articolo 78;
la tenuta dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti e dell’elenco dei soggetti aggregatori;
i potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione delle disposizioni ricadenti nell’ambito disciplinato.
   
   Ebbene, se si esamina il complesso di poteri che il nuovo ‘Codice’ demanda all’ANAC, ne emerge la figura istituzionale di un’Autorità di settore caratterizzata da un’ampiezza di attribuzioni che non conosce eguali nell’esperienza nazionale.
   In particolare:
mentre l’elaborazione tradizionale in tema di Authorities solitamente distingue fra (da un lato) un modello di Autorità di regolazione dei mercati – con funzione eminentemente regolatoria – e (dall’altro) un modello regolativo-giustiziale – con più accentuate funzioni di vigilanza e di adjudication –
al contrario, il modello che emerge dal nuovo ‘Codice’ assomma e sintetizza di fatto le due tipologie di funzioni.
   Inoltre, la nuova configurazione dei poteri di regolazione demandati all’ANAC presenta caratteri di assoluta novità rispetto al modello che ha sinora caratterizzato l’esperienza nazionale in tema di Autorità amministrative indipendenti.
   E’ noto al riguardo che il modello tradizionale di Authority si fondi solitamente su due elementi:
sul fatto di operare in settori considerati ‘sensibili’ o ad alto contenuto di tecnicità;
sul fatto che la particolarità degli ambiti di riferimento richiede una particolare posizione di autonomia e indipendenza (in primis: rispetto all’Esecutivo) allo scopo di garantire una maggiore imparzialità (vel: neuralità) nei confronti degli interessi coinvolti.
   Non a caso, nell’esperienza italiana, il carattere di indipendenza che costituisce un tratto fondativo della figura è stato solitamente inteso come sinonimo di indipendenza dall’Esecutivo (in primis: nell’esercizio della funzione di regolazione).
   Ebbene, se questi sono i caratteri tipici del requisito di indipendenza che caratterizza il modello nazionale di Autorità indipendenti, non può che rimarcarsi l’assoluta peculiarità del sistema di regolazione delineato dal nuovo ‘Codice’ il quale
demanda, sì, all’ANAC rilevanti funzioni di regolazione del settore (attraverso lo strumento delle linee-guida ‘anche di carattere vincolante’);
ma prevede altresì una particolarissima forma di sostanziale co-gestione di tale funzione con il Governo (ci si riferisce, in particolare, alle «linee guida di carattere generale proposte dall’ANAC e approvate con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti» di cui all’articolo 1, comma 5 della legge di delega, in più punti ripreso nell’ambito del nuovo ‘Codice’).
   Si osserva al riguardo che questa sostanziale forma di co-gestione (nel cui ambito, peraltro, l’ultima parola spetta all’Organo governativo) appare difficilmente armonizzabile con il canone stesso di indipendenza dall’Esecutivo che tipicamente caratterizza il modello in esame e che fa sorgere interrogativi circa il tendenziale spostamento dell’ANAC dal modello delle Independent Regulatory Agencies di matrice anglosassone verso il diverso (e comunque rilevante) modello delle Agenzie governative di cui agli articoli 8 e seguenti del decreto legislativo n. 300 del 1999.
   
   Un’ulteriore, marcata peculiarità del modello di Autorità che emerge dal testo del nuovo ‘Codice’ è rappresentata dal diffuso riconoscimento all’ANAC di compiti di vera e propria amministrazione attiva, come quelli relativi alla tenuta di Albi e registri non sempre coessenziali all’esercizio dei richiamati poteri di vigilanza e controllo (basti pensare alla tenuta e all’aggiornamento dell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle Commissioni giudicatrici di cui al’articolo 78, nonché alla tenuta dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti e dell’elenco dei soggetti aggregatori).
   
   Ebbene, una volta fatto cenno ai rapporti (per così dire ‘di nuovo tipo’) che sussistono fra l’ANAC e la compagine governativa, non ci si può esimere dallo svolgere alcune considerazioni sulle funzioni di indirizzo e coordinamento che l’articolo 212 del ‘Codice’ demanda alla ‘Cabina di regia’ istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
   Va premesso al riguardo che l’istituzione della ‘Cabina di regia’ non è stata prevista – almeno in modo espresso - dalla legge di delega, il che pone di per sé alcuni interrogativi in ordine alla conformità di tale previsione con l’articolo 32 della c.d. ‘legge Moavero Milanesi’, secondo cui le amministrazioni direttamente interessate all’attività di recepimento «provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi».
   La disposizione in questione (peraltro, espressamente richiamata dall’articolo 1,comma 1 della legge di delega n. 11 del 2016) viene solitamente intesa come ostativa all’istituzione di nuove strutture amministrative nell’ambito di decreti di recepimento della normativa UE.
   Non ci si può qui soffermare sui compiti demandati alla ‘Cabina di regia’[ Si rinvia, per un esame di dettaglio, alle osservazioni svolte nel commento all’articolo 213 del ‘Codice’.] i quali, peraltro, sono riconducibili alle funzioni di Governance (in specie per ciò che riguarda i rapporti con le Istituzioni UE) di cui all’articolo 83 della nuova ‘Direttiva appalti’ 2014/24/UE.
   Si osserva comunque che la disposizione in questione suscita ulteriori spunti di riflessione per ciò che riguarda l’innovativo assetto dei rapporti fra l’Autorità governativa e l’ANAC (che, in quanto Autorità di settore dovrebbe essere in primis indipendente dall’Esecutivo).
   A titolo solo esemplificativo di tale innovativo novero di rapporti ci si limita qui a richiamare l’articolo 213, comma 3 che delinea una innovativa forma di avvalimento da parte della PCM nei confronti dell’ANAC, secondo un modello concettuale del tutto nuovo nella disciplina delle Autorità indipendenti.
   Concludendo sul punto, è opinione di chi scrive che la legge di delega (e con essa il ‘nuovo Codice’) segnino un vero e proprio punto di svolta nei rapporti fra il Governo e le Autorità di settore, secondo un nuovo assetto di rapporti che – è agevole prevederlo – potrebbe in futuro sortire una valenza extrasettoriale.
   
   Un ultimo (ma non minore per importanza) aspetto sul quale la legge delega ha delineato in modo del tutto peculiare i poteri del’Autorità di settore è quello della valenza dei pareri di precontenzioso.
   La legge delega (ad avviso di chi scrive, in modo condivisibile) ha tentato di rinvenire un adeguato punto di equilibrio fra:
(da un lato) il rafforzamento dei poteri decisori dell’ANAC nella fase precontenziosa e
(dall’altro) l’esigenza di non istituire un modello paragiurisdizionale foriero di possibili sovrapposizioni e incertezze[ Non a caso il criterio t) della legge di delega ha chiarito la volontà del legislatore di escludere qualunque forma di attribuzione di poteri paragiurisdizionali all’Autorità, chiarendo che «[resta sempre] salva l’impugnabilità di tutte le decisioni e gli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa».].
   Tuttavia, nella stesura del Codice si è introdotta nel sistema una disposizione (si tratta dell’articolo 211, comma 2) il cui effetto è quello di rendere di fatto vincolate il contenuto del parere di precontenzioso e addirittura sanzionabile il comportamento del dirigente che non si conformi al relativo contenuto.
   La disposizione in questione suscita perplessità
sia in relazione all’effettiva compatibilità con il generale principio di legalità che opera anche nella materia sanzionatoria amministrativa (si osserva al riguardo che la previsione dell’articolo 211 non rinviene apparentemente un fondamento puntuale nell’ambito della legge di delega);
sia per avere introdotto una sorta di presunzione legale di correttezza e legittimità dei pareri di precontenzioso resi dall’ANAC, secondo un modello che rappresenta un unicum nell’ambito del panorama giuridico nazionale.
   

3.4. Il mito della soft regulation e il problema concreto degli atti secondari: il sistema necessita di chiarezza

   Secondo J.W. Goethe, «la soluzione di ogni problema è un altro problema» e la verità di questa proposizione universale trova puntuale conferma nel limitato (ma rilevante) settore degli atti di regolazione ‘a valle’ del nuovo ‘Codice’.
   Il dibattito che ha preceduto l’impostazione e l’approvazione della legge delega e che ne ha condizionato a fondo la genesi ha individuato nel Regolamento n. 207 del 2010 (e nel suo antecedente storico – d.P.R. 554 del 1999 -) una delle ragioni principali della iper-regolamentazione del settore degli appalti e quindi (secondo un nesso logico tanto ferreo quanto indimostrato) della sua vischiosità e farraginosità.
   L’architrave logico di questa incontrastabile corrente di pensiero può essere così sintetizzato:
se è vero che un ‘Codice’ di settore di circa 250 articoli è già di per sé troppo lungo e dettagliato (e merita la «drastica riduzione» richiamata dall’articolo d) della legge di delega), a fortiori è intollerabile la permanenza nell’ordinamento di un Regolamento che consta di oltre 350 articoli (fino a determinare un corpus disciplinare popolato da circa 600 disposizioni);
la figura stessa del ‘regolamento’ è figlia legittima di un antiquato sistema di regolazione (quello basato sulla dicotomia ‘fonte primaria / fonte secondaria’) eccessivamente rigido e la cui farraginosità ha rappresentato una delle principali ragioni della crisi del sistema nazionale degli appalti;
la soluzione (semplice, autoevidente e certamente risolutiva) è quindi quella di regolare il settore attraverso una disciplina primaria snella, autoesecutiva e ‘per principi’ e di demandare la disciplina sub-primaria ad atti di soft-regulation da parte dell’Autorità di settore (secondo una formula – quella della soft regulation - tanto rassicurante quanto oscura e quindi destinata a riscuotere immediati e generalizzati consensi).
   
   Ne è scaturito il testo della l. 11 del 2016 che, sulla base di un incrollabile ‘ottimismo della volontà’, ha tracciato per l’esercizio della delega alcuni punti fermi non derogabili:
il definitivo superamento del modello di regolazione secondaria attraverso la fonte regolamentare;
l’espressa ed immediata abrogazione del d.P.R. 207 del 2010 per effetto dell’entrata in vigore del nuovo ‘Codice’ (articolo 1, comma 4 della legge di delega);
la previsione (apparentemente tassativa – ma la questione sembra aperta -) secondo cui la regolazione sub-primaria resti demandata in modo esclusivo a «linee guida di carattere generale proposte dall’ANAC e approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che sono trasmesse prima dell’adozione alle competenti Commissioni parlamentari per il parere» (articolo 1, comma 5 della legge di delega).

Si tratta di una soluzione?
   Ad avviso di chi scrive, si tratta piuttosto di un nuovo problema, ovvero (per lasciare spazio a un ragionevole ottimismo, di questi tempi pressoché doveroso) di un abbozzo di soluzione il quale reca con sé alcuni inevitabili problemi, che occorrerà risolvere quanto prima.
   
   Qui di seguito si esamineranno (sia pure con la necessaria sintesi imposta dai limiti del presente contributo) alcune fra le principali criticità connesse al modello di regolazione sub-primaria imposto dal Legislatore del 2016 e trasfuso nel testo del nuovo ‘Codice’.
   La prima criticità consiste nel fatto che la legge di delega non chiarisce in modo adeguato se il modello delle linee guida MIT/ANAC (articolo 1, comma 5) costituisca un modello unico e tassativo di regolazione sub-primaria e/o un modello prevalente e/o un modello soltanto tendenziale.
   Il testo della legge di delega (nonché la ratio ispiratrice allo stesso sottesa) sembra deporre nel primo dei sensi indicati, ma l’esame del nuovo ‘Codice’ sembra andare in una direzione del tutto diversa.
   Ed infatti, esaminando il testo del decreto delegato non solo emerge con evidenza che gli estensori non si siano ispirati al modello unico delle ‘linee guida MIT/ANAC’, ma emerge con altrettanta evidenza che il nuovo ‘Codice’ riconosca cittadinanza a decine di atti attuativi, caratterizzati da forma, contenuto e modalità di adozione del tutto differenziati[ Solo per fornire un esempio dei numerosi diversi modelli di regolazione previsti dal nuovo ‘Codice’, ci si limita qui ad osservare che esso prevede l’emanazione (fra l’altro) di: a) decreti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministeri dell’economia e delle finanze, previo parere del CIPE e sentita la Conferenza unificata (art. 21, comma 8); b) decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti (articolo 22, comma 2); c) di decreti del Ministro delle infrastrutture e trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (articolo 23, comma 3); d) di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta  del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro  delle  infrastrutture e dei trasporti  (articolo 25, comma 13); e) di decreti del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottarsi sentita una rappresentanza dei dipartimenti archeologici universitari (articolo 25, comma 2). L’elenco, evidentemente, potrebbe continuare.]
   Il che rappresenta di per sé un primo rilevante vulnus rispetto ai principi di semplificazione e razionalizzazione che hanno ispirato (almeno, nelle intenzioni) la legge delega.
   La seconda criticità consiste nella difficile qualificazione giuridica delle ‘linee guida’ di cui non è allo stato chiaro il carattere di effettiva vincolatività, l’eventuale natura regolamentare e il regime di impugnabilità in giudizio.
   Non si tratta di questioni astratte o meramente speculative, ma di aspetti dalle numerose ricadute pratiche per gli operatori del settore.
   Quanto al primo aspetto, si osserva che il nuovo Codice introduce sia linee guida “di carattere vincolante” (come quelle di cui all’articolo 198, in tema di determinazione dei requisiti del contraente generale), sia linee guida di cui non viene esplicitato il grado di vincolatività (come quelle volte a disciplinare i criteri di selezione di cui all’articolo 83 del ‘Codice’). Tale discrasia rende evidentemente difficile per l’interprete stabilire in quali casi le linee guida si esauriscano nell’ambito della (pur qualificata) moral suasion e in quali casi esse siano davvero idonee a recare prescrizioni di carattere vincolante per gli operatori.
   Quanto al secondo aspetto (evidentemente connesso in modo stretto con il primo) il testo del nuovo ‘Codice’ non rende del tutto esplicito se le linee guida di carattere vincolante siano davvero idonee ad integrare l’ordinamento giuridico attraverso prescrizioni di carattere generale e astratto o se si atteggino come atti amministrativi di carattere generale idonei a regolare una serie comunque limitata di rapporti e situazioni.
   Ma se la soluzione corretta (come sembra) è nel primo dei sensi indicati, allora occorre interrogarsi in ordine: i) alla natura regolamentare delle linee guida in questione (in specie, laddove esse siano emanate nella forma del decreto ministeriale ai sensi dell’articolo 1, comma 5 della legge di delega); ii) all’iter di approvazione di tali regolamenti in senso sostanziale[ Come è noto, l’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 stabilisce che i regolamenti statali (ivi compresi i decreti ministeriali aventi natura regolamentare ai sensi dell’articolo 17, comma 3) debbono essere emanati previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato.]; iii) al regime della loro impugnativa in giudizio e agli effetti erga omnes dell’eventuale loro annullamento per motivi di legittimità.
   La terza criticità (di contenuto eminentemente pratico) riguarda il tema della conoscibilità e reperibilità delle nuove linee-guida.
   Si osserva al riguardo che, sia pure con tutti i suoi indubbi limiti, il modello del regolamento statale governativo presentava per gli operatori l’indubbio vantaggio di consentire di reperire nell’ambito di un unico testo tutte le disposizioni di interesse, peraltro emanate uno actu.
   Al contrario, il nuovo modello di regolazione sub-primaria sarà costellato di disposizioni di diversa natura e contenuto, emanate in momenti diversi e – si paventa – pubblicate secondo modalità differenziate.
   Il che potrebbe onerare l’operatore del settore di una prima (e non lieve) difficoltà di carattere preliminare: quella di individuare le linee guida di proprio interesse nell’ambito di numerosi e diversi sistemi di pubblicità.
   E’ certamente da apprezzare che in sede di stesura finale il Governo (accogliendo sul punto un’indicazione resa dal Consiglio di Stato) abbia imposto all’ANAC di pubblicare gli strumenti di regolazione flessibile di propria competenza «con modalità tali da rendere immediatamente accessibile alle stazioni appaltanti e agli operatori economici la disciplina applicabile a ciascun procedimento» (articolo 213, comma 16).
   Ma il punto è che tale – pur condivisibile – previsione non potrà risolvere che una parte soltanto dei numerosi problemi di carattere conoscitivo che la vera e propria diaspora delle fonti sub-primarie determinata dalle recenti scelte normative molto probabilmente recherà con sé.
   
   Concludendo sul punto, il nuovo ‘Codice’ (in modo coerente rispetto alla legge di delega) prende le mosse dal condivisibile intento di semplificare e snellire l’ambito della regolazione sub-primaria nella cruciale materia degli appalti e delle concessioni.
   Tuttavia, vi è il rischio che il superamento del pregresso modello regolamentare e la sua sostituzione con una pluralità di modelli (in alcuni casi di incerta configurazione giuridica) non fornisca agli operatori del settore i necessari elementi di chiarificazione.
   E’ del tutto evidente al riguardo che il tema in esame rappresenti uno di quelli sui quali si misurerà la capacità concreta del nuovo ‘Codice’ di conseguire in modo effettivo (e non meramente astratto) gli obiettivi di semplificazione e razionalizzazione del sistema (obiettivi – questi - che hanno rappresentato probabilmente la principale ‘regola di ingaggio’ per l’adozione della riforma di settore).
   
   
3.5. Il nuovo rito abbreviato e la sfida di un processo rapido, efficace ma anche giusto.
   
   E’ opinione tanto diffusa quanto corretta quella secondo cui la tutela giurisdizionale rappresenterà uno degli ambiti su cui si misurerà l’effettiva capacità del nuovo ‘Codice’ di conseguire risultati concreti nell’ottica della semplificazione, della trasparenza e della legalità.
   Il tema sarà autorevolmente esaminato da Giuseppe Severini nelle pagine che seguono, ragione per cui ci si limiterà qui ad offrire solo alcuni brevi spunti di riflessione.
   
   Nel corso degli anni non sono certamente mancati gli interventi volti ad accelerare il rito per il contenzioso in materia di appalti pubblici.
   Negli ultimi quindici anni circa il Legislatore è intervenuto per almeno sei volte[ Per ragioni di brevità ci si limiterà qui a richiamare i seguenti interventi normativi: a) legge 205 del 2000 (c.d. ‘miniriforma del processo amministrativo’); b) decreto legislativo n. 190 del 2012 (attuativo della c.d. ‘legge obiettivo’ del 2001); c) decreto legislativo 163 del 2006 (c.d. ‘Codice dei contratti’); d) decreto legislativo n. 53 del 2010 (recepimento della nuova direttiva ricorsi 2007/66/CE); e) decreto legislativo n. 104 del 2010 (Codice del processo amministrativo); e) decreto-legge n. 190 del 2014 (c.d. ‘decreto Madia’).] su tale delicatissima materia con interventi dal contenuto talvolta eterogeneo, ma accomunati da tre grandi linee di tendenza: i) la complessiva accelerazione del rito degli appalti; ii) il complessivo favor al mantenimento del contratto e alla sua più celere esecuzione; iii) la limitazione delle ipotesi di sospensione cautelare degli atti della gara.
   Nel corso del tempo (e con più di qualche ragione) la dottrina ha criticato il complessivo modello in tal modo instaurato e ha rilevato:
che, per effetto delle riforme degli ultimi anni, sia stato nei fatti istituito un sistema di tutela ‘a doppia velocità’, nel cui ambito alle controversie in materia di appalti viene riconosciuta una sorta di ‘corsia privilegiata’, ma a scapito della tempistica di definizione dei ricorsi – per così dire – ‘ordinari’ (si tratta di una linea di tendenza i cui effetti sono stati aggravati dagli interventi normativi degli anni più recenti che hanno di fatto contratto gli organici della Giustizia amministrativa e, di riflesso, la sua capacità di far fronte a un contenzioso stabilmente cospicuo);
che, in particolare, gli interventi sul c.d. ‘rito degli appalti’ hanno reso estremamente difficoltosa per la parte privata la possibilità di conseguire in giudizio l’utilità finale (i.e.: l’aggiudicazione e/o il ristoro del danno per equivalente), in tal modo introducendo nell’ordinamento la figura denominata (in modo icastico ma non irrealistico) delle aggiudicazioni e dei contratti ‘ricorso-resistenti’[ Sul punto: M.A. Sandulli, Il processo amministrativo super accelerato e i nuovi contratti ricorso-resistenti, in: www.federalismi.it.
].
   
   Il Legislatore del 2016 non si è a propria volta sottratto alla tentazione di intervenire con disposizioni ulteriormente acceleratorie (su un modello invero già sufficientemente accelerato).
   Sotto questo aspetto, la disposizione-chiave del nuovo ‘Codice’ è rappresentata dal criterio di delega bbb) il quale ha prefigurato l’istituzione di «un rito speciale in camera di consiglio che consente l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione».
   La disposizione in parola (tradotta in norma processuale dell’articolo 204 del nuovo ‘Codice’) è certamente idonea ad incidere in modo determinante su uno dei principali filoni del contenzioso in materia di appalti: quello relativo alle cause di esclusione dalle gare, solitamente esplicitate contestualmente all’impugnazione dell’atto di aggiudicazione e quindi in una fase in cui la contestata ammissione è stata già condotta ad ulteriori effetti.
   Allo stesso modo la disposizione in questione è idonea ad arrestare – per così dire – sul nascere le censure incrociate volte all’esclusione dalla gara della stessa ricorrente principale, secondo il ben noto schema processuale del ricorso incidentale ‘escludente’ o ‘paralizzante’.
   Tuttavia, pur dovendosi ammettere che il Legislatore del 2016 ha individuato in modo estremamente realistico una delle più delicate e cospicue fonti di contenzioso in materia di appalti (frenandone il proliferare), deve anche rivelarsi che lo strumento individuato potrebbe determinare una sensibile riduzione dei livelli di tutela concretamente attingibili in questo delicatissimo settore (con ogni conseguenza in ordine all’effettiva compatibilità con il crisma della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale di cui all’articolo 24, Cost.).
   Nulla quaestio, evidentemente, per ciò che attiene l’onere di immediata impugnativa dei provvedimenti di esclusione, atteso il carattere evidentemente pregiudizievole che li connota.
   Ben più delicata, invece, è la previsione secondo cui il concorrente è immediatamente onerato dell’impugnativa degli atti di ammissione ed esclusione degli altri concorrenti nell’ambito di una fase – per così dire – preliminare ed accelerata, che si configurerà come una vera e propria ‘fase di filtro’ per il successivo eventuale ricorso avverso l’aggiudicazione.
   Ebbene, l’onere di immediata impugnativa dell’ammissione del concorrente (e la concomitante preclusione ad un’impugnativa successiva, in una con l’atto di aggiudicazione) renderà estremamente difficoltoso per il futuro ricorrere al rimedio giurisdizionale in tutti i casi in cui alla gara partecipino numerosi concorrenti.
   In tali ipotesi è ben difficile individuare un interesse concreto ed attuale all’impugnativa dell’ammissione del concorrente, non essendo in una fase iniziale chiaro se tale concorrente disporrà di effettive chances di vittoria.
   In definitiva, la scelta del Legislatore del 2016 (comprensibile nelle sue ispirazioni di fondo, ma nondimeno estremamente delicata) è stata nel senso di istituire una sorta di ‘presunzione legale di interesse al ricorso’.
   Si tratta di un sistema nel cui ambito (per una consapevole scelta del Legislatore) l’onere dei impugnativa viene anticipato a un momento in cui l’interesse potrebbe non essere concreto ed attuale, mentre l’impugnativa resta preclusa proprio nel momento in cui – attraverso l’aggiudicazione dei concorrente – l’interesse si sarà medio tempore attualizzato.
   Molto probabilmente, spetterà al Giudice delle leggi stabilire se il modello in tal modo delineato (pur nella sua evidente logica di deflazione del contenzioso) risulti pienamente compatibile con i generali canoni di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale di cui all’articolo 24, Cost.


4. Alcune prime (provvisorie) conclusioni: un nuovo sistema alla ricerca di fiducia (e che merita fiducia)
   
   E’ naturalmente impossibile tracciare un giudizio preliminare in ordine all’impianto complessivo del nuovo ‘Codice’.
   Ad avviso di chi scrive è quanto mai opportuno, nella prima fase di applicazione del testo di riforma, astenersi sia dagli entusiasmi – per così dire – ‘di contesto’, sia da un atteggiamento pregiudizialmente critico (talvolta dettato più dal narcisismo di chi formula le critiche che dalle oggettive manchevolezze di chi le riceve).
   
   Si tratta certamente di un testo ambizioso e complesso, nel cui ambito non è tuttavia agevole individuare chiare ed univoche linee di indirizzo.
   La legge Merloni del 1994, ad esempio, prendeva le mosse da una sorta di generale e coerente premessa di fondo: la sostanziale sfiducia nei confronti degli operatori (pubblici e privati) del settore degli appalti e la volontà di limitarne in ogni modo la discrezionalità e i possibili ambiti di accordo i quali si ponessero al di fuori di un rigidissimo schema legale.
   Il nuovo ‘Codice’, invece, non muove dalla medesima premessa (e, ad avviso di chi scrive, si tratta di un indubbio punto di forza della riforma del 2016).
   E’ vero che, sotto numerosi aspetti, anche il nuovo ‘Codice’ mira ad istituire un rigido sistema di controlli e sanzioni su un settore ad alto rischio di corruttela (in tal modo perpetuando una linea di indirizzo coerente con quella che ispirava la legge del 1994); ma è anche vero che esso amplia al contempo gli ambiti di discrezionalità rimessi a un’amministrazione pubblica auspicabilmente competente e professionale.
   Secondo il monito (quanto mai attuale) di G.B. Shaw, «per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice. Che è sbagliata».
   Ebbene, il legislatore delegato del 2016 (superando alcune iniziali istanze di ottimistica semplificazione dei problemi sul tappeto) sembra aver preso realisticamente atto che il settore degli appalti e delle concessioni è un settore di estrema complessità, il quale non ammette soluzioni magiche o ricette preconfezionate.
   Del resto, anche l’abbandono del mantra della brevità a tutti i costi (e l’approvazione di un testo la cui consistenza complessiva è analoga a quella del ‘Codice’ del 2006) non appare a chi scrive una sconfitta del ‘partito della semplificazione a tutti i costi’, quanto – piuttosto – l’auspicabile presa d’atto della sterminata complessità dei problemi sul campo con la consapevolezza che tali problemi debbano essere affrontati con risposte adeguate (e non necessariamente sintetiche).
   Come si è visto nelle pagine precedenti, alcune delle sfide lanciate dal Legislatore del 2016 risultano particolarmente delicate e foriere di possibili criticità (in primis, quella relativa all’ambito della regolazione sub-primaria e quella della tutela giurisdizionale).
   A questo punto non si può che auspicare che il nuovo modello nazionale di regolazione in tema di appalti e di concessioni superi nel migliore dei modi il vero e proprio ‘esame di maturità’ che lo attende nel prossimo futuro.
   E sarà compito di tutti gli operatori del settore (operatori economici, Autorità di settore, Amministrazioni, Magistratura) impegnarsi – ciascuno per la propria parte – affinché i punti di forza del sistema siano adeguatamente valorizzati e quelli di debolezza siano prontamente corretti.
   La posta in gioco è troppo alta perché una partita di così grande importanza di sistema non sia giocata da ogni attore con il massimo dell’impegno, della lealtà e della fiducia nel proprio operato e in quello degli altri.
   
   
   
   Claudio Contessa
   Consigliere di Stato
   

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