Data: 2016-02-26 08:02:07

UFFICI POSTALI "minori" - per la chiusura serve confronto con il Sindaco

UFFICI POSTALI "minori" - per la chiusura serve confronto con il Sindaco

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TAR Toscana, sez. I – sentenza 25 febbraio 2016 n. 337

N. 00337/2016 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 658 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Comune di Cinigiano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Melani, con domicilio eletto presso Gabriele Melani in Firenze, piazza G. Vieusseux, 9;

contro

Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Clarizia, Carlo Mirabile, Fabiola Improta, Andrea Sandulli, Marco Filippetto, con domicilio eletto presso – Ufficio Legale Poste Italiane in Firenze, piazza dei Davanzati, 4;

Poste Italiane S.p.A. Filiale di Grosseto;

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t., Ministero dell’Economia e delle Finanze, in pPersona del Ministro p.t., Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – AGCOM -, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distr.le dello Stato, presso cui domiciliano, in Firenze, Via degli Arazzieri 4;

per l’annullamento

del provvedimento datato 4.02.2015 (pervenuto il successivo giorno 19, protocollato sub 799) con il quale Poste Italiane S.p.A., deducendo la necessità “di adeguare l’offerta di Poste Italiane all’effettiva domanda dei servizi postali nel territorio comunale” preannunciava che “con decorrenza 13/4/2015 si procederà alla chiusura dell’ufficio postale di Monticello dell’Amiata sito in Via Amiata, 4”;

nonché di tutti gli atti ad esso presupposti e/o consequenziali ancorché incogniti o richiamati per relationem.

E con i motivi aggiunti depositati in data 29 luglio 2015,

per l’annullamento,

del provvedimento datato 2.07.2015 con il quale Poste Italiane S.p.A. comunicava la chiusura dell’ufficio postale, nonché di tutti gli atti (in particolare il provvedimento datato 4.02.2015) ad esso presupposti, connessi e/o consequenziali ancorché incogniti;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Poste Italiane S.p.A., Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il d.lgs. n. 261/1999, di attuazione della Direttiva 97/67/CE sono state dettate disposizioni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità dei servizi stabilendo che la raccolta degli invii postali, rientrante nel servizio postale universale, deve essere garantita dal fornitore del servizio “in tutti i punti del territorio nazionale incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane”, precisando che tale presenza va assicurata “secondo criteri di ragionevolezza, attraverso l’attivazione di un congruo numero di punti d’accesso, al fine di tenere conto delle esigenze dell’utenza”.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 ottobre 2008 venivano fissati criteri di distribuzione degli uffici postali ai fini dell’individuazione di un congruo numero di punti di accesso alla rete postale, stabilendo all’art 2, co. 2, che, con riferimento all’intero territorio nazionale, il fornitore del servizio universale deve assicurare un punto di accesso entro: 3 km per il 75% della popolazione; 5 km per il 92,5% della popolazione; 6 km per il 97,5 % della popolazione. Si precisava inoltre che il fornitore del servizio assicura l’operatività di almeno un ufficio postale nel 96% dei comuni italiani e che nei comuni con un unico presidio postale non è consentito effettuare soppressioni di uffici.

Con il contratto di programma 2009/2011 stipulato tra il MISE e Poste italiane si evidenziava “una drastica riduzione dei volumi postali ed un conseguente incremento dell’onere del servizio universale” conseguendone la necessità di “rafforzare le misure di contenimento dei costi del servizio universale”.

Infine, con la deliberazione n. 342/14/CONS del 26 giugno 2014, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, cui nel frattempo erano state demandate le relative competenze, venivano definiti i criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete che Poste italiane è tenuta a garantire ai fini della fruibilità del servizio postale universale. Con tale atto veniva fissato il divieto di chiusura degli uffici ubicati in comuni classificabili nel contempo rurali e montane, salvo trattarsi di comuni in cui siano presenti più di 2 uffici postali ed il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800; il divieto di chiusura di uffici postali unici nelle isole minori; la possibilità di razionalizzare a 2 giorni e 12 ore settimanali gli uffici presidio unico di comune con popolazione inferiore a 500 abitanti, purché sia presente un ufficio limitrofo entro i 3 km, regolarmente aperto per tre giorni a settimana.

In attuazione di tali disposizioni, con nota del 4.02.2015 Poste Italiane partecipava al Comune di Cinigiano la chiusura, con decorrenza dal 13/4/2015, dell’ufficio postale situato nella frazione di Monticello dell’Amiata, in Via Amiata, 4, deducendo la necessità “di adeguare l’offerta di Poste Italiane all’effettiva domanda dei servizi postali nel territorio comunale”.

Avverso tale atto insorgeva il Comune di Cinigiano chiedendone l’annullamento, previa sospensione e deducendo:

1. Violazione dell’art. 2 del d.m. 7.10.2008 con riferimento all’art. 3 d.lgs. n. 261/1999, all’art. 17 della l. n. 412/1991 e all’art. 1, co. 3, d.lgs. n. 58/2011. violazione della delibera n. 342/14/CONS dell’AGCOM e dell’art. 2 del Contratto di programma. Eccesso di potere.

2. Violazione degli artt. 5 e 6 della delibera n. 342/14/CONS dell’AGCOM, dell’art. 1 della delibera n. 385/13/CONS dell’AGCOM e dell’art. 2, co. 8 del Contratto di programma.

3. Eccesso di potere per insussistenza di presupposti, carenza assoluta di motivazione o, in subordine, motivazione apparente, perplessità, illogicità.

4. Violazione dell’art. 3 d.lgs. n. 261/1999 anche in relazione alla delibera n. 342/14/CONS.

Poste Italiane S.p.A. si costituiva in giudizio contestando la fondatezza del gravame.

Nella camera di consiglio del 20 maggio 2015 il Comune ricorrente rinunciava alla domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato avendo preso atto della nota in data 27 aprile 2015 con la quale veniva informato che l’intimata amministrazione “ha avviato un più ampio processo di dialogo con le Istituzioni Locali per l’analisi di dettaglio dei territori in relazione agli interventi di attuazione del Piano” conseguendone che “a valle di questo confronto Azienda-Istituzioni Locali durante il quale sarà approfondito il tema della presenza territoriale di Poste Italiane, verrà concretamente avviato… il Piano di razionalizzazione di efficientamento”.

Successivamente, perveniva al Comune la nota del 5 luglio 2015 con cui Poste Italiane, facendo riferimento alla precedente comunicazione oggetto dell’atto introduttivo del giudizio, preannunciava, con decorrenza dal 7 settembre 2015, la chiusura dell’ufficio postale di Monticello dell’Amiata, in asserita ottemperanza all’art. 2, comma 6, del vigente Contratto di programma 2009-2011.

L’atto in questione veniva impugnato con i motivi aggiunti depositati il 29 luglio 2015 deducendo:

1. Violazione dell’art. 6 della delibera n. 342/14/CONS dell’AGCOM e dell’art. 2 del Contratto di programma. Eccesso di potere. Sviamento di potere e/o della causa tipica. Contraddittorietà con precedenti manifestazioni ed illogicità manifesta. Travisamento. Difetto di motivazione. Elusione.

2. Eccesso di potere per insussistenza di presupposti, carenza assoluta di motivazione o, in subordine, motivazione apparente, perplessità, illogicità.

Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2015, dopo il deposito di memorie e repliche, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il Comune di Cinigiano, agendo quale ente esponenziale degli interessi della collettività, impugna il provvedimento in epigrafe con cui Poste Italiane S.p.A., deducendo la necessità “di adeguare l’offerta di Poste Italiane all’effettiva domanda dei servizi postali nel territorio comunale” preannunciava che “con decorrenza 13/4/2015 si procederà alla chiusura dell’ufficio postale di Monticello dell’Amiata sito in Via Amiata, 4”.

2. Preliminarmente vanno scrutinate le eccezioni di inammissibilità e incompetenza territoriale avanzate dalla difesa di Poste Italiane.

Ad avviso di controparte, infatti, il giudice amministrativo difetterebbe di giurisdizione sulla controversia in esame sia perché l’atto impugnato non avrebbe natura di atto amministrativo, sia perché la società Poste Italiane “è un soggetto di diritto privato le cui decisioni relativamente all’organizzazione dei suoi uffici e dei suoi servizi appartengono alla sua autonomia privata”.

Il ricorso sarebbe comunque inammissibile per omessa impugnazione degli atti presupposti, peraltro ben conosciuti e citati dalla parte ricorrente e, nel caso in cui si ritenesse che tali atti siano stati implicitamente contestati, non si sfuggirebbe all’eccezione di incompetenza territoriale, attesa l’efficacia territoriale ultra regionale di tali provvedimenti e, in particolare della deliberazione n. 342/14/CONS dell’AGCOM.

3. Le tesi esposte non possono essere condivise.

Quanto all’asserito difetto di giurisdizione si osserva che, per giurisprudenza largamente maggioritaria, le controversie attinenti ai provvedimenti di chiusura o rimodulazione oraria degli uffici postali appartengono alla cognizione di questo Giudice (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2015, n. 1262; id., 10 dicembre 2014, n. 6051; id., sez. III, 6 giugno 2014, n. 2873; T.A.R. Lazio, sez. III, 29 gennaio 2014, n. 1117; T.A.R. Toscana, sez. I, 1 luglio 2014, n. 1155; T.A.R. Campania, Salerno sez. I, 5 marzo 2013, n. 530).

Si è rilevato, in proposito che “la controversia in esame, pur non inerendo direttamente al rapporto tra ente concedente e soggetto concessionario, present(a) uno stretto collegamento con la concessione in forza della quale la società resistente eroga il servizio postale universale, avendo ad oggetto le modalità organizzative di erogazione dello stesso e la loro conformità alla disciplina regolatrice del rapporto concessorio” e perciò rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c) cod. proc. amm. (T.A.R. Campania, Salerno sez. I, 5 marzo 2013, n. 530)

Si è ritenuto, altresì, che, a sostegno dell’attrazione della controversia de qua nel perimetro giurisdizionale esclusivo del giudice amministrativo, “possano essere utilmente invocati, in via analogica, gli artt. 1 ss. del d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198 (Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici), i quali, ugualmente affidandone la cognizione al giudice amministrativo in sede esclusiva (art. 1, comma 7), delineano un rimedio i cui connotati tipologici presentano strette affinità con quelli caratterizzanti l’azione esercitata con il ricorso in esame, ovvero:

– la finalizzazione al ripristino della corretta erogazione del servizio pubblico interessato (art. 1, comma 1);

– la valenza rappresentativa ed esponenziale – equiparabile a quella di una associazione o comitato (art. 1, comma 4) – del Comune ricorrente, titolare “mediato” degli interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei degli utenti residenti nel relativo territorio;

– la veste di concessionario del servizio pubblico postale della società evocata in giudizio (art. 1, comma 1);

– la derivazione, dall’atto impugnato, di una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi degli utenti del servizio postale, identificabile nelle nuove e più gravose condizionidi accesso al servizio medesimo conseguenti alla soppressione degli uffici con lo stesso disposta” (TAR Campania, Salerno n. 530/2013 cit.)

3.1. Si è ulteriormente rilevato che, diversamente da quanto argomentato da altro T.A.R., secondo cui sarebbe necessario per gli utenti o per gli enti (anche locali) che li rappresentano rivolgersi previamente all’Autorità di regolamentazione, per contestare le scelte organizzative di Poste Italiane, fatta salva la possibilità di impugnarne, in un secondo momento, i relativi atti dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (T.A.R. Umbria, n. 223/2003), “la fattispecie in esame non è riconducibile ad un semplice ed isolato rapporto di utenza, dal momento che la condotta di Poste Italiane determina effetti di carattere generale su di un’intera popolazione locale, violando in tesi quegli obblighi di servizio universale che, per il diritto comunitario, gravano innanzi tutto sugli Stati, cui spetta adottare e far rispettare le misure occorrenti affinché le correlate prestazioni siano assicurate nel rispettivo territorio” e, d’altro canto, “nelle previsioni della disciplina nazionale sopra richiamata, i reclami che gli utenti, singolarmente o collettivamente, possono rivolgere all’Autorità di regolamentazione, lamentando disservizi di vario genere imputabili agli operatori, non precludono né condizionano, sul piano della procedibilità, la tutela giurisdizionale, anche in forma immediata” (Cons. Stato, sez. sez. III, 6 giugno 2014, n. 2873).

3.2. In ordine all’ulteriore profilo di inammissibilità invocato da controparte è sufficiente rilevare che il ricorso è sorretto da censure che involgono autonomamente l’atto impugnato e, quanto agli atti presupposti, essi vengono evocati dal Comune ricorrente, non per contestarli, bensì proprio al fine di dimostrarne l’omessa applicazione al caso di specie.

4. Nel merito il ricorso si palesa suscettibile di accoglimento come di seguito esposto.

Va premesso che il d.lgs. 58/2011 ha previsto che il servizio universale sia affidato a Poste italiane s.p.a. (che, fino al momento della notifica del ricorso, era una società totalmente partecipata dal Ministero dell’Economia e della Finanze) per un periodo di quindici anni, con scadenza quindi fino al 2026, fatta salva la possibilità di revoca qualora la verifica dello stato del rispetto degli obblighi del contratto di programma dia esito negativo. Il decreto legislativo ha poi confermato l’obbligo per il fornitore del servizio universale di istituire la separazione contabile distinguendo, fra singoli servizi, i prodotti rientranti nel servizio universale, per i quali è previsto un finanziamento statale, e quelli esclusi da tale ambito ed offerti in condizioni di piena concorrenza con gli altri operatori.

5. I rapporti tra lo Stato e il fornitore del servizio universale sono disciplinati dal contratto di programma. Il Contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane per il triennio 2009-2011 (recentemente rinnovato) è stato approvato con l. n. 183/2011, fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria. L’efficacia del contratto è stata quindi perfezionata con la decisione della Commissione europea del 20 novembre 2012, che ha autorizzato i trasferimenti statali verso Poste Italiane a parziale copertura degli oneri connessi con lo svolgimento degli obblighi di servizio postale universale.

6. La normativa comunitaria (direttiva 97/67/CE) e quella nazionale hanno assegnato particolare rilievo anche sulle esigenze degli utenti, in particolare delle zone rurali e di quelle scarsamente popolate; esigenze che non sarebbero rispettate col solo criterio di ragionevolezza basato sull’equilibrio economico come presupposto per la permanenza di uffici postali in territori particolarmente disagiati, allo scopo non potendo attribuirsi all’equilibrio economico la stessa determinante rilevanza che assume nella gestione di una impresa privata.

In tal senso l’art. 3 del d.lgs. d.lgs 22 luglio 1999, n. 261/1999 evidenzia l’obbligo di “garantire il rispetto delle esigenze essenziali”, di “offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico”, di “evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché delle esigenze dell’utenza”, nonché di svolgere “un ruolo fondamentale nella funzione di coesione sociale ed economica sul territorio nazionale”, ai sensi del contratto di programma), allo scopo prevedendo la possibilità del concorrente finanziamento pubblico degli oneri per la fornitura del servizio universale (art. 3, co. 12).

7. Va peraltro evidenziato che la giurisprudenza ha variamente interpretato, alla luce delle considerazioni sopra riportate, la facoltà di Poste Italiane di procedere alla chiusura degli uffici postali per i quali tale esigenza emergeva “nell’ottica del contenimento dei costi del servizio universale”.

Così si è ritenuto: che la chiusura di un ufficio postale non può essere disposta solo per ragioni di carattere economico, senza considerare il criterio di distribuzione degli uffici postali di cui all’art. 3, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 e, soprattutto, senza ponderare il pregiudizio alle esigenze degli utenti derivante dalla chiusura dell’ufficio individuando valide soluzioni alternative, a tutela della coesione sociale e territoriale (Consiglio di Stato sez. III, 6 giugno 2014 n. 2873; id., sez. III, 27 maggio 2014 n. 2720); che è illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento si dispone la chiusura permanente di un ufficio postale, facendo generico riferimento ad un “piano di efficientamento volto all’adeguamento dell’offerta all’effettiva domanda dei servizi postali in tutti i Comuni del territorio nazionale in ragione del comprovato disequilibrio economico di cui alla erogazione del servizio postale universale”, atteso che tale motivazione risulta disancorata da qualunque esplicitazione di fatti riferibili al caso di specie, tanto da ridursi ad una mera clausola di stile, replicabile in maniera identica in qualunque situazione (T.A.R. Sardegna, sez. I, 16 ottobre 2015, n. 1068).

7.1. Per contro si è affermata la legittimità dei provvedimenti di chiusura quando siano stati rispettati i parametri normativi sopra richiamati ove interpretati secondo ragionevolezza, la normativa richiamata non facendo carico a Poste Italiane di assicurare punti di accesso distribuiti in maniera così puntiforme sul territorio, la stessa prevedendo che può essere concordata con le Autorità locali “una presenza più articolata nelle singole aree territoriali, i cui costi non siano a carico” di Poste Italiane (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 marzo 2013 n. 533; T.A.R. Abruzzi 6 marzo 2014 n. 197).

8. Quanto alla controversia all’esame il Collegio non reputa necessario prendere posizione sulle problematiche appena riferite, pur convenendo che “in una fase di mercato caratterizzata da una forte contrazione dei volumi, in un contesto in cui assume rilievo l’esigenza di contenere gli oneri del servizio universale a garanzia della sua sostenibilità futura” (del. AGCOM n. 342/14/CONS), la rimodulazione del servizio attraverso la soppressione di taluni uffici possa legittimamente essere condotta a compimento dalla società resistente nel rispetto delle “soglie minime di copertura della popolazione nazionale fissate dalla normativa vigente con riferimento all’intero territorio nazionale” (delib. cit.) che, secondo AGCOM, appaiono ampiamente rispettate, ferma restando la necessità di preservare gli attuali livelli di copertura delle zone remote del Paese.

9. Dirimenti si palesano, per contro, i profili procedimentali posti in evidenza dal Comune ricorrente con il terzo motivo con cui si lamenta la mancanza di un confronto e, in senso più stringente, l’obbligo di preavviso sancito dall’art. 1 della delibera di AGCOM n. 385/13.

9.1. Giova premettere che, come rilevato nelle sue difese da Poste Italiane, non è rinvenibile nella normativa, anche di secondo rango, un obbligo di preventiva comunicazione nei confronti degli enti locali interessati dei provvedimenti di chiusura o rimodulazione oraria degli uffici, né tantomeno un più ampio obbligo di concertazione o contraddittorio anticipato con i medesimi.

Non può tuttavia sottacersi che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (a cui è demandata la funzione di Autorità di regolamentazione del servizio) con la sua delibera n. 342/14 ha stabilito, nelle sue conclusioni, di “introdurre un obbligo di comunicazione preventiva da parte di Poste Italiane nei confronti delle Istituzioni locali, avente ad oggetto l’attuazione di interventi di chiusura o rimodulazione oraria di uffici postali, al fine di instaurare un confronto nell’ambito del quale siano rappresentate le esigenze della popolazione locale e possano essere eventualmente individuate soluzioni in grado di limitare gli impatti negativi sull’utenza”. E ciò “al fine di consentire l’instaurazione di un confronto tra la società e le Istituzioni locali, nell’ambito del quale valutare più attentamente l’impatto dell’intervento sulla popolazione locale ed individuare, ove possibile, eventuali soluzioni alternative più rispondenti alla specifica situazione di fatto”.

9.2. D’altro canto Poste Italiane medesima, nel contesto della consultazione avviata dall’Autorità di regolamentazione si è premurata di affermare che essa riserva “da sempre particolare attenzione all’interlocuzione con le istituzioni locali. In particolare, il piano annuale di razionalizzazione è oggetto di confronto preventivo sia con le organizzazioni sindacali, sia con le istituzioni locali, anche al fine di individuare e valutare con queste ultime eventuali soluzioni alternative a drastici interventi di chiusura di uffici postali”.

Non pare porsi in dubbio, quindi, che per un verso attraverso le deliberazione dell’Autorità di regolamentazione, e per altro verso, per mezzo di un vincolo procedimentale autoimposto, Poste italiane sia tenuta, prima di porre in essere i provvedimenti di cui si controverte, a confrontarsi con gli enti locali destinati a veder ridurre il servizio all’utenza, senza, peraltro, che ciò comporti un vero e proprio obbligo di concertazione.

Quanto a tale ultimo profilo è sufficiente la lettura della nota di Poste Italiane in data 27 aprile 2015 da cui si evince che la stessa Amministrazione “ha avviato un più ampio processo di dialogo con le Istituzioni Locali per l’analisi di dettaglio dei territori in relazione agli interventi di attuazione del Piano” conseguendone che “a valle di questo confronto Azienda-Istituzioni Locali durante il quale sarà approfondito il tema della presenza territoriale di Poste Italiane, verrà concretamente avviato… il Piano di razionalizzazione di efficientamento”.

Non risulta che tale confronto sia mai stato effettivamente condotto a compimento.

Con la consultazione pubblica avviata da AGCOM cui si è fatto cenno sopra veniva richiesta ai partecipanti di esprimersi, tra l’altro, sul seguente quesito: “Esprimere le proprie osservazioni, debitamente motivate, in merito all’opportunità o meno di introdurre, in aggiunta ai vigenti criteri di distribuzione degli uffici postali previsti dal DM 7 ottobre 2008, l’obbligo di Poste Italiane di comunicare ai Sindaci con congruo anticipo (entro trenta giorni dalla trasmissione all’Autorità del “piano di razionalizzazione degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono condizioni di equilibrio economico”) la propria intenzione di procedere alla chiusura e/o alla rimodulazione oraria di uffici presenti nei rispettivi Comuni, anche al fine di tener conto delle specifiche esigenze della popolazione locale”.

Ebbene alla consultazione (non obbligatoria), oltre ad alcune Associazioni per la difesa dei consumatori, hanno partecipato, per quanto riguarda la Regione Toscana, solo il Comune di Monticiano (SI) il Comune di Rosignano Marittimo (LI) e l’Unione nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM) Toscana.

Non consta alcuna partecipazione o altra forma di interlocuzione per il Comune ricorrente.

10. Orbene è del tutto incontestato che la discrezionalità amministrativa può essere limitata per disposizione normativa o anche per determinazione della stessa pubblica amministrazione la quale, in via preventiva e generale, si impone delle regole che dovrà necessariamente seguire, pena il vizio di eccesso di potere, nello svolgimento della futura azione amministrativa (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I 22 febbraio 2006 n. 171; Cons. Stato sez. VI, 12 ottobre 2010, n. 7429).

Ciò comporta, nel caso di specie, considerata anche la natura del procedimento e degli interessi coinvolti, che la pretermissione della fase del confronto, oltre ad aver leso le garanzie partecipative della controparte (in questo caso un soggetto pubblico), ha arrecato un vulnus anche i principi di imparzialità e buon andamento, dal momento che gli apporti di collaborazione e conoscenza del soggetto inciso dall’atto non possono che determinare l’arricchimento delle ragioni poste a fondamento del provvedimento finale, oggettivamente orientando l’operato dell’Amministrazione procedente.

11. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso va accolto, conseguendone, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati con l’atto introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti successivamente depositati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione precisati.

Condanna Poste Italiane s.p.a. al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in € 3.000, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Bernardo Massari, Presidente FF, Estensore

Gianluca Bellucci, Consigliere

Pierpaolo Grauso, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 25/02/2016.

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