Whistleblowing - Disegno di legge S.2208 - APPROFONDIMENTI
Stato dei lavori: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/46411.htm
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[color=red][b]DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati BUSINAROLO, AGOSTINELLI, FERRARESI e SARTI
(V. Stampato Camera n. 3365)[/b][/color]
approvato dalla Camera dei deputati il 21 gennaio 2016
Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 22 gennaio 2016
Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Modifica dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti)
1. L'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
«Art. 54-bis. - (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). -- 1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, in buona fede segnala al responsabile della prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L'adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
2. È in buona fede il dipendente pubblico che effettua una segnalazione circostanziata nella ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata si sia verificata. La buona fede è comunque esclusa qualora il segnalante abbia agito con colpa grave. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico, nonché ai lavoratori e ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.
3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'indentità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
6. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte dell'ente, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro.
7. Le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.
8. Qualora al termine del procedimento penale, civile o contabile ovvero all'esito dell'attività di accertamento dell'ANAC risulti l'infondatezza della segnalazione e che la stessa non è stata effettuata in buona fede, il segnalante è sottoposto a procedimento disciplinare dall'ente di appartenenza, al termine del quale, sulla base di quanto stabilito dai contratti collettivi, può essere irrogata la misura sanzionatoria anche del licenziamento senza preavviso».
Art. 2.
(Tutela del dipendente o collaboratore
che segnala illeciti nel settore privato)
1. All'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono:
a) a carico delle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), nonché di coloro che a qualsiasi titolo collaborano con l'ente, l'obbligo di presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto, che in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, ritengano essersi verificate, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte;
b) canali alternativi di segnalazione, di cui almeno uno idoneo a garantire, anche con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante;
c) misure idonee a tutelare l'identità del segnalante e a mantenere la riservatezza dell'informazione in ogni contesto successivo alla segnalazione, nei limiti in cui l'anonimato e la riservatezza siano opponibili per legge;
d) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione, fatto salvo il diritto degli aventi causa di tutelarsi qualora siano accertate in capo al segnalante responsabilità di natura penale o civile legate alla falsità della dichiarazione;
e) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola gli obblighi di riservatezza o compie atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante.
2-ter. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa».
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[color=red][b]Servizio studi
A.S. n. 2208, "Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano ve-nuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di la-voro pubblico o privato"[/b][/color]
Riferimenti:
A.S. 2208
Classificazione Teseo: DENUNCIA RAPPORTO E REFERTO, PARTI DEL RAPPORTO DI LAVORO, REATI, TUTELA DEI LAVORATORI
Il disegno di legge in esame - approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 21 gennaio 2016 - concerne la tutela dei lavoratori, pubblici o privati, che segnalino o denuncino reati o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza nell'àmbito del proprio rapporto di lavoro.
L'articolo 1 modifica l'attuale disciplina in materia relativa ai lavoratori pubblici (posta dall'art. 54-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni), mentre l'articolo 2 concerne i lavoratori del settore privato.
Rispetto all'attuale normativa per i lavoratori pubblici, le novelle di cui all'articolo 1 confermano il principio di tutela - in base al quale l'autore della segnalazione o denuncia non può essere sottoposto a misure (determinate dalla segnalazione o denuncia) aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro - e presentano le seguenti modifiche ed integrazioni:
sotto il profilo soggettivo, l'àmbito di applicazione della disciplina viene esteso ai lavoratori pubblici diversi dai lavoratori dipendenti ("collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico") nonché: ai lavoratori, collaboratori e consulenti degli enti pubblici economici; a quelli degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico (secondo la nozione di società controllata di cui all'art. 2359 del codice civile); ai lavoratori ed ai collaboratori, a qualsiasi titolo, di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzino opere in favore dell'amministrazione pubblica (comma 1, capoverso 2);
sotto il profilo oggettivo, si specifica (comma 1, capoversi 1 e 2) che l'àmbito di applicazione riguarda le segnalazioni o denunce effettuate nell'interesse dell’integrità della pubblica amministrazione ed in buona fede. Quest'ultima è ivi definita come la ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita si sia verificata; la buona fede è, in ogni caso, esclusa qualora il segnalante abbia agito con colpa grave;
riguardo ai possibili soggetti destinatari della segnalazione, la novella sostituisce il riferimento al "superiore gerarchico" con quello al responsabile della prevenzione della corruzione (figura presente in ogni pubblica amministrazione(1) ai sensi dell'art. 1, comma 7, della L. 6 novembre 2012, n. 190, e dell'art. 43, comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33) (comma 1, capoverso 1). Resta ferma l'ipotesi di segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) o di denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile;
in merito al principio di tutela summenzionato, si prevede che l'adozione di misure ritenute ritorsive sia comunicata in ogni caso all’ANAC, da parte dell’interessato o delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (nell’amministrazione nella quale le stesse misure siano state poste in essere) e che l’ANAC informi il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina, per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza (comma 1, capoverso 1). In merito, la norma vigente prevede, invece, che l'interessato o le suddette organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative segnalino le misure (ritenute discriminatorie) al Dipartimento della funzione pubblica;
sempre con riferimento al principio di tutela, si introduce, per il caso di adozione di una misura discriminatoria, una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro, a carico del responsabile che abbia adottato la misura, "fermi restando gli altri profili di responsabilità" (comma 1, capoverso 6, primo periodo). La sussistenza di una misura discriminatoria è accertata dall'ANAC, che è altresì competente ad irrogare la relativa sanzione;
con riferimento ai procedimenti disciplinari, si modifica la tutela della riservatezza circa l'identità dell'autore della segnalazione o denuncia, limitando la vigente deroga (al principio di riservatezza) relativa al caso in cui la conoscenza dell'identità sia indispensabile per la difesa dell'incolpato (e sempre che la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione o denuncia) (comma 1, capoverso 3). La norma vigente prevede che, in tale ipotesi, l'identità possa essere rilevata. La novella richiede, invece, per la medesima fattispecie, il consenso dell'interessato alla rilevazione della propria identità e, in assenza di consenso, l'impossibilità di utilizzare la segnalazione o denuncia ai fini disciplinari;
si inserisce la previsione che l'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotti apposite linee guida, relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni in oggetto (comma 1, capoverso 5). Le linee guida devono contemplare l’impiego di modalità anche informatiche e promuovere il ricorso a strumenti di crittografia, per garantire la riservatezza sia dell’identità del segnalante sia del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione. Si ricorda che l'ANAC ha già adottato linee guida sui suddetti profili con la determina n. 6 del 28 aprile 2015 ("Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)". La novella, in merito, sembra, da un lato, porre un esplicito fondamento legislativo alle determinazioni dell'ANAC, ma, d'altro lato, prevedendo il parere sulla proposta di linee guida da parte del Garante per la protezione dei dati personali, richiede forse un nuovo atto di definizione delle stesse. Sembrerebbe opportuna una più chiara formulazione in merito.
Potrebbe inoltre essere ritenuto opportuno prevedere esplicitamente che l'ANAC stabilisca, nelle linee guida, un termine temporale per l'adozione, da parte di ogni soggetto interessato, dei suddetti strumenti e procedure, considerato che la novella introduce una sanzione amministrativa pecuniaria per l'ipotesi di omissione.
Tale sanzione (di cui al comma 1, capoverso 6, secondo periodo) è prevista, a carico del responsabile, in una misura compresa tra i 5.000 ed i 20.000 euro, sia per i casi di assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni sia per i casi di adozione di procedure non conformi a quelle di cui al suddetto capoverso 5. L'accertamento di tali violazioni e l'irrogazione della sanzione sono di competenza dell'ANAC;
si esclude l'applicazione delle tutele, per i casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante o denunciante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la medesima segnalazione o denuncia ovvero la sua responsabilità civile, "per lo stesso titolo", nei casi di dolo o colpa grave (comma 1, capoverso 7). Rispetto alla norma vigente(2) , tra l'altro, si limita l'esclusione delle tutele ai casi di dolo o colpa grave e si prevede esplicitamente la medesima esclusione anche per le sentenze diverse da quelle passate in giudicato; a quest'ultimo riguardo, si ricorda che la citata determina n. 6 del 28 aprile 2015 dell'ANAC - pur rilevando l'esigenza di un chiarimento in via legislativa - ha interpretato la norma vigente (che fa riferimento, in via sintetica, a "casi di responsabilità") nel senso che anche una sentenza di primo grado determini la cessazione della tutela.
Sembrerebbe opportuno chiarire se con la locuzione "per lo stesso titolo" si faccia riferimento soltanto alla responsabilità civile relativa a fattispecie di reato e se l'ipotesi della colpa grave riguardi solo la responsabilità di natura civile (peraltro, i reati in questione hanno tendenzialmente natura esclusivamente dolosa).
Mentre la presente novella fa riferimento, come detto, anche alle sentenze di primo grado, la novella relativa ai lavoratori privati, di cui al successivo articolo 2, comma 1, capoverso 2-bis, lettera d), prevede l'esclusione dalla tutela ivi disciplinata per i casi di accertamento di responsabilità di natura penale o civile, legate alla falsità della dichiarazione. Quest'ultima norma fa forse riferimento esclusivamente alle sentenze passate in giudicato e pare individuare un àmbito di fattispecie parzialmente diverso da quello suddetto di cui all'articolo 1, non ponendo una limitazione ai casi di dolo o colpa grave e facendo, da un lato, riferimento alle sole responsabilità legate a ipotesi di falsità della dichiarazione e, dall'altro lato, non ponendo un eventuale nesso tra responsabilità civile e reato (in quanto non si adopera la locuzione "per lo stesso titolo").
Si ricorda altresì che il parere approvato dalla I Commissione permanente della Camera il 19 novembre 2015 ha invitato a valutare il riferimento alle sentenze non definitive alla luce del principio costituzionale - relativo al processo penale - della presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva(3) ;
si specifica che, qualora al termine del procedimento penale, civile o contabile ovvero dell’attività di accertamento dell’ANAC risultino l’infondatezza della segnalazione e la mancanza di buona fede, il segnalante o denunciante è sottoposto a procedimento disciplinare dall’ente di appartenenza, al termine del quale, sulla base di quanto stabilito dai contratti collettivi, può essere irrogata la misura sanzionatoria anche del licenziamento senza preavviso (comma 1, capoverso 8).
Resta fermo (come nella disciplina vigente) che alle segnalazioni in oggetto non si applica la disciplina sul diritto di accesso, di cui agli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (comma 1, capoverso 4).
Sul piano terminologico, si osserva che la distinzione tra segnalazione e denuncia è operata solo nella parte iniziale del comma 1, capoverso 1, e non anche dalla restante parte del capoverso né dai successivi capoversi della novella (né nella rubrica dell'articolo 1); appare opportuna una riformulazione in merito, con riferimento alle norme della novella che si riferiscono anche alle ipotesi di denuncia (all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile) - mentre nel secondo e nel terzo periodo del comma 1, capoverso 3, il riferimento al segnalante dovrebbe essere sostituito con il riferimento al denunciante e nella seconda parte del comma 1, capoverso 7, andrebbe invece aggiunto il riferimento alla fattispecie della segnalazione.
L'articolo 2 del presente disegno di legge riguarda le segnalazioni, da parte di lavoratori privati, di reati o di altre specifiche violazioni, di cui siano venuti a conoscenza nell'àmbito del proprio rapporto di lavoro.
Le prime novelle integrano la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti privati derivante da reati, di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Si ricorda che tale disciplina concerne gli enti, società ed associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici. In base a questa normativa, essi sono responsabili (sotto il profilo di sanzioni amministrative) per i reati commessi da determinati soggetti(4) nell'interesse o a vantaggio dell'ente (o società o associazione). La responsabilità di quest'ultimo è esclusa, ai sensi degli artt. 6 e 7 del citato D.Lgs. n. 231 del 2001, e successive modificazioni, qualora ricorrano alcune condizioni, tra cui l'adozione e l'attuazione di un modello di organizzazione e gestione avente determinati requisiti.
Le novelle di cui al comma 1, capoverso 2-bis, del presente articolo 2 integrano i requisiti stabiliti per i suddetti modelli. Potrebbe essere ritenuto opportuno valutare se sussista l'esigenza di porre, come norma transitoria, in fase di prima applicazione, un termine temporale per l'adempimento di questi nuovi obblighi.
Secondo i requisiti aggiunti con le novelle, i modelli devono contemplare:
a carico di coloro che a qualsiasi titolo dirigano o collaborano con l’ente (o società o associazione), l’obbligo di presentare, a tutela dell'integrità del medesimo, segnalazioni circostanziate di condotte costituenti reati (qualora, in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, si ritenga che esse si siano verificate) o di violazioni del modello di organizzazione e gestione, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte (lettera a)).
Si osserva che, contrariamente a quanto previsto per altri obblighi e divieti posti dalla presente novella (cfr. infra), per l'obbligo in esame non si richiede esplicitamente che il modello contempli sanzioni disciplinari. Sembrerebbe opportuna una più chiara formulazione, considerato anche che le sanzioni disciplinari sono forse in ogni caso richieste dalla norma generale (sul modello), di cui all'art. 6, comma 2, lettera e), del citato D.Lgs. n. 231 del 2001;
canali alternativi di segnalazione, di cui almeno uno idoneo a garantire, anche con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante (capoverso 2-bis, lettera b));
misure idonee (sorrette da relative sanzioni disciplinari) per tutelare l'identità del segnalante e mantenere la riservatezza dell’informazione in ogni contesto successivo alla segnalazione, nei limiti in cui l’anonimato e la riservatezza siano opponibili in base alle norme di legge (capoverso 2-bis, lettere c) ed e)). Sembrerebbe preferibile chiarire la portata e gli effetti del richiamo del termine "anonimato", considerato che le altre novelle di cui al presente capoverso fanno riferimento esclusivamente alla riservatezza;
il divieto (sorretto da relative sanzioni disciplinari) di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione, fatto salvo il diritto degli aventi causa di tutelarsi qualora siano accertate in capo al segnalante responsabilità di natura penale o civile, legate alla falsità della dichiarazione (capoverso 2-bis, lettere d) ed e)).
Le novelle specificano che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuino le segnalazioni in oggetto può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo (capoverso 2-ter). Sotto il profilo terminologico, sembrerebbe preferibile far riferimento anche al termine "ritorsive" (oltre che al termine "discriminatorie"), per coerenza con le locuzioni adoperate dai capoversi 2-bis e 2-quater.
Il capoverso 2-quater sancisce che i licenziamenti o altre misure ritorsive o discriminatorie, adottati nei confronti del segnalante, ivi compreso il mutamento di mansioni, sono nulli e pone a carico del datore di lavoro, per le controversie inerenti a misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro e successive alla presentazione della segnalazione, l'onere della prova che le medesime misure siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa. Sotto il profilo terminologico, occorrerebbe chiarire se con la locuzione "datore di lavoro" si intenda far riferimento solo ai lavoratori subordinati.
Più in generale, si osserva che le previsioni di cui ai capoversi 2-ter e 2-quater, essendo anch'esse poste in forma di novella del D.Lgs. n. 231 del 2001, sembrerebbero letteralmente riguardare solo i datori ed i committenti diversi da quelli individuali. Riguardo ai princìpi di tutela di cui al capoverso 2-quater, occorrerebbe altresì valutare se sia congruo non formularli anche con riferimento ai datori e committenti pubblici (che, come detto, sono esclusi, ad eccezione degli enti pubblici economici, dall'àmbito del D.Lgs. n. 231).
Sembrerebbe opportuno chiarire se le novelle di cui al presente articolo 2 riguardino anche, in alcuni punti, le denunzie alla magistratura (oltre che le segnalazioni operate nell'àmbito del proprio ambiente di lavoro).
Per alcune difformità tra le novelle di cui all'articolo 2 ed il precedente articolo 1, si rinvia alla scheda relativa a quest'ultimo.
a cura di: M. Bracco
1) Nonché in altre strutture (diverse dalle pubbliche amministrazioni), individuate dall'art. 11 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e successive modificazioni.
2) Cfr., in merito, la prima parte del comma 1 del citato art. 54-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.
3) Principio di cui all'art. 27, secondo comma, della Costituzione.
4) Questi ultimi (ai sensi dell'art. 5 del citato D.Lgs. n. 231 del 2001) sono costituiti da: a) le persone che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché le persone che esercitino, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
In ogni caso, l'ente non è responsabile qualora le persone suddette abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/964350/index.html