Data: 2016-02-05 08:33:35

MOBILITA' VOLONTARIA va sempre esperita ma il difetto non annulla il bando - CDS

MOBILITA' VOLONTARIA va sempre esperita ma il difetto non annulla il bando - CDS

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Cons. di Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 305

N. 00305/2016REG.PROV.COLL.

N. 03257/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso n. 3257/2015 RG, proposto dall’avv. Vittorio Elio Manduca, rappresentato e difeso dagli avvocati Adalberto Maria Siano e Martino Valerio Grillo, con domicilio eletto in Roma, via G. Palombini n. 55, presso l’avv. Persi,
contro
l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri – DFP e Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, come sopra domiciliata,
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. III, n. 966/2015, resa tra le parti e relativa al concorso pubblico per il reclutamento di n. 403 dirigenti di seconda fascia presso l’Agenzia intimata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 17 novembre 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. Grillo e l'Avvocato dello Stato Paola Palmieri;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. – L’avv. Vittorio Elio Manduca, dirigente in servizio presso la Regione Calabria, dichiara d’aver appreso l’imminenza dell’indizione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di un concorso a numerosi posti di dirigente di II fascia.
In relazione a ciò, egli ha proposto a detta Agenzia l’istanza del 10 marzo 2014 —intesa ad ottenere la propria mobilità esterna volontaria ex art. 30 del Dlg 39 marzo 2001 n. 165—, all’uopo allegando il suo curriculum vitae ed il nulla-osta alla mobilità in uscita pubblicato in BUR. Tanto perché, a suo dire, l’Agenzia non pareva d’aver «… ancora adempiuto all’obbligo di cui al comma 2 - bis dell’art. 30 D. Lgs. n. 165/2001, il quale stabilisce che: “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1...” …». L’avv. Manduca precisa altresì che, in base al citato art. 39, c. 2-bis ed in relazione all’ampia vacanza di posti nell’organico della dirigenza dell’Agenzia stessa, non è possibile bandire un concorso senza il previo esperimento, per quanto d’interesse, della procedura di mobilità volontaria, peraltro previste «… a pena di nullità degli atti, delle procedure e dei contratti eventualmente sottoscritti…».
Tuttavia, con decreto n. 65107 del 6 maggio 2014, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 403 posti di dirigente di II fascia, pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia e con avviso nella GU, IV s. spec. n. 37 dello stesso giorno. L’avv. Manduca, con istanza spedita mediante PEC il successivo giorno 21, ha chiesto all’Agenzia l’immediato avvio dell’istruttoria ed il conseguente accoglimento della sua domanda di mobilità volontaria, nonché la revoca o l’annullamento in autotutela del concorso pubblico de quo, ma senza esito.
2. – L’avv. Manduca ha allora proposto al TAR Lazio il ricorso n. 8392/2014 RG, chiedendo sia l’annullamento dell’indizione del concorso, sia l’accertamento dell’obbligo dell’Agenzia intimata a provvedere sulla sua istanza di mobilità volontaria.
L’avv. Manduca ha là dedotto: 1) – l’improprio richiamo del bando all’art. 8, c. 24 del DL 2 marzo 2012 n. 16 (conv. modif. dalla l. 26 aprile 2012 n. 44) in ordine all’indizione di apposite procedure concorsuali per la copertura di posti di dirigenti, sia perché l’Agenzia non ha rispettato il termine al riguardo previsto del 31 dicembre 2013, sia perché il bando non è stato preceduto dal DM ex art. 2, c. 2 del DL 30 settembre 2005 n. 203 (conv. modif. dalla l. 2 dicembre 2005 n. 248) e che avrebbe dovuto determinare le quote di personale e le modalità (anche speciali) del reclutamento, sia perché le relative procedure vanno tenute distinte da quelle di mobilità e non possono derogarvi neppure ai sensi dell’art. 1, c. 530 della l. 27 dicembre 2006 n. 296; 2) – la nullità assoluta del bando per aver violato l’art. 30, commi 1 e 2 del Dlg 165/2001, poiché esso e gli atti presupposti sono elusivi degli obblighi previsti dalle norme indicate; 3) – l’omessa considerazione che le nuove assunzioni non possano avvenire che soltanto dopo la concreta verifica, da parte dell’Agenzia, dell’impossibilità di avvalersi del personale in mobilità volontaria, la quale è obbligatoria, va resa pubblica e non è mai eludibile, se non a fronte d’una motivazione rigorosa e puntuale; 4) – l’illegittimità dell’omessa valutazione dell’istanza attorea di mobilità e l’obbligo di pronunziarsi su di essa, essendo l’avviso pubblico di mobilità una facoltà e non già un dovere della P.A. che possa condizionare l’attivazione della relativa procedura. Nella memoria di replica, l’avv. Manduca ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale sul ripetuto art. 8, c. 24 (poiché all’epoca non era ancora intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 17 marzo 2015), in riferimento all’ordinanza della Sezione n. 5619 del 2013, di rimessione alla Corte della relativa questione di legittimità.
L’adito TAR, con sentenza n. 966 del 20 gennaio 2015, ha: I) – declinato la giurisdizione di questo Giudice, limitatamente alla richiesta declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato dall’Agenzia sull’istanza di mobilità ed al quarto motivo di gravame, la cui cognizione spetta all’AGO; II) – ritenuto ammissibili le restanti questioni sull’indizione del predetto concorso quale presupposto per paralizzare o negare il diritto alla mobilità, ma respingendole nel merito perché il termine ex art. 8, c. 24 per l’indizione del concorso stesso è stato prorogato al 31 dicembre 2014 (dall’art. 1, c. 14 del DL 30 dicembre 2013 n. 150, conv. modif. dalla l. 27 febbraio 2014 n. 15), tale indizione è avvenuta in attuazione doverosa delle norme che hanno stabilito un contenuto ed una modalità speciali e pure derogatori in ordine a detto concorso; il potere dell’Agenzia al riguardo è delimitato nel tempo circa l’avvio e la definizione delle relative procedure; la predetta deroga riguarda espressamente queste ultime ed è perciò opponibile a quelle di mobilità anche per la posteriorità della norma che prevede l’una rispetto a quella che disciplina l’altra, e non sussiste comunque una priorità di detta mobilità volontaria neppure nelle procedure concorsuali ordinarie; III) – rigettato la doglianza sull’omessa emanazione del DM ex art. 2, c. 2 del DL 203/2005; IV) – respinto la censura sull’irrazionalità del punteggio spettante, a favore dei candidati del concorso de quo, per i pregressi incarichi professionali conferiti da Amministrazioni pubbliche, perché il loro peso assoluto è pari al 16,07% del punteggio massimo spettante a ciascun candidato e non riguarda i soli incarichi dirigenziali, né favorisce per forza i soli funzionari dell’Agenzia.
3. – Appella quindi l’avv. Manduca, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per: A) – l’omessa pronuncia sull’illegittimità costituzionale dell’art. 8, c. 24 del decreto n. 16 e s.m.i., la cui QLC era stata sollevata dalla Sezione con l’ordinanza del 16 novembre 2013 ed è stata accolta dalla Corte costituzionale con sentenza n. 37/2015, donde l’illegittimità dell’indizione del concorso de quo; B) – per non aver comunque colto che il citato art. 8, c. 24 ha delineato sì una procedura concorsuale specifica per il reclutamento dei dirigenti nelle Agenzie fiscali, ma «… fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente… », tra i quali rientra quanto statuisce l’art. 39, c. 3 della l. 27 dicembre 1994 n. 449 e s.m.i. (sulla subordinazione del reclutamento al previo esperimento di detta mobilità, anche volontaria), con conseguente violazione, da parte del bando, dell’art. 30 del Dlg 165/2001; C) – per aver trascurato che la specialità di tal concorso, come affermata dall’art. 1, c. 530 della l. 296/2006, non avrebbe mai potuto superare il predetto limite, avendo la norma citata ammesso sì la deroga, ma per le sole procedure di reclutamento e non anche quelle di mobilità; D) – aver affermato la legittimità d’indire il concorso stesso senza la previa mobilità elidendo in pratica l’obbligo di motivazione del bando sul punto, laddove invece avrebbe dovuto dar specifica contezza della scelta, nella copertura dei posti vacanti e disponibili, tra concorso, mobilità e scorrimento delle pregresse graduatorie; E) – non aver colto come la sentenza n. 37/2015 ha eliso in radice, in capo all’intimata Agenzia, non solo la possibilità il concorso stesso, ma pure ogni termine per espletarlo; F) – aver omesso ogni specifica pronuncia sul secondo (omessa previa pubblicazione dei posti disponibili ai fini del previo esperimento della mobilità) e sul terzo motivo (omessa previa verifica dell’impossibilità di coprire tali posti con le procedure di mobilità) del ricorso al TAR; G) – aver disposto la condanna alle spese, nonostante la complessità della materia e l’incertezza sull’esito del ricorso alla Corte costituzionale.
Resistono in giudizio le Amministrazioni statali intimate, che concludono in modo articolato per il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 17 novembre 2015, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – Il primo motivo d’appello, con cui l’avv. Manduca lamenta l’omessa pronuncia sulla violazione degli artt. 3, 97 e 98 Cost. e sull’illegittimità, dedotta con motivi aggiunti, del concorso de quo a causa dell’intervenuta declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 8, c. 24 del DL 16/2012, è manifestamente infondato.
È materialmente vero che, con la citata sentenza n. 37/2015, la Corte costituzionale ha dichiarato tal incostituzionalità del citato art. 8, c. 24, in una con l’art. 1, c. 14 del DL 150/2013 e con l’art 1, c. 8 del DL 192/2014, in forza dei quali è stato via via prorogato fino al 31 dicembre 2015 il termine per indire il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 403 posti di dirigente di II fascia presso l’Agenzia delle entrate.
Sennonché l’oggetto di tal declaratoria è stato non già l’art. 8, c. 24 nella sua interezza ma quella parte della stessa disposizione che, a suo tempo, ha consentito alle tre Agenzie fiscali di attribuire, in via provvisoria ma illegittimamente, incarichi dirigenziali a funzionari della III Area nelle more dello svolgimento dei concorsi a dirigente. Dalla serena lettura della sentenza n. 37/2015 s’evince che restano integre le potestà di tali Agenzie, previste nel medesimo c. 24 al I per. e con riferimento alle modalità all’uopo previste nella normativa speciale esistente e tuttora vigente (art. 1, c. 530 della l. 296/2006; art. 2, c. 2 del DL 203/2005), ad attivare il concorso per dirigenti. Il rinvio, da parte del citato art. 8, c. 24, alle norme speciali citate a tutto concedere implica soltanto che la sua caducazione ex tunc, nella parte in cui è stato colpito dalla Corte costituzionale, non fa venir meno gli atti posti in essere dal MEF e dall’Agenzia intimata. S’avrà dunque che tanto il DM 14 febbraio 2014, quanto l’indizione della procedura selettiva de qua restano del tutto legittimi, poiché ripetono le loro validità ed efficacia da tali norme specifiche. Non a caso, la Corte costituzionale precisa su tal aspetto che è«… del tutto indipendentemente dalla norma impugnata, l’indizione di concorsi per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti è resa possibile da norme già vigenti, che lo stesso art. 8, comma 24,… si limita a richiamare senza aggiungervi nulla (si veda l’art. 2, comma 2, del D.L. n. 203 del 2005…)…».
Come si vede, a differenza di ciò che opina l’appellante, la sentenza n. 37/2015 non dichiara affatto l’«… illegittimità costituzionale delle norme che hanno consentito all’Agenzia delle entrate di indire il concorso pubblico a 403 posti di dirigente in oggetto…», né tampoco «… ne palesa l’illegittimità originaria per carenza dei presupposti di legge… (onde non si riespande punto) … la disciplina ordinaria in materia…», per cui la sentenza stessa nulla aggiunge o toglie alla necessità, anche nella specie, del previo esperimento, o no, delle procedure ex art. 30 del Dlg 165/2001.
5. – Meritevole d’accoglimento è invece il secondo motivo d’appello, con il quale l’avv. Manduca si duole che l’impugnata sentenza non abbia considerato come il citato art. 8, c. 24 abbia delineato una procedura concorsuale specifica per il reclutamento dei dirigenti nelle Agenzie fiscali, ma «… fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente…».
Invero, l’art. 8, c. 24, I per. del DL 16/2012 autorizza le Agenzie fiscali ad effettuare i concorsi per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, «… fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente, in relazione all'esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione…». La norma prevede che tali concorsi sono preordinati al potenziamento dell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale pure con il finanziamento di specifici programmi di reclutamento del personale (art. 1, c. 530 della l. 296/2006), ai sensi dell’art. 2, c. 2, II per. del DL 203/2005. A sua volta, quest’ultimo rinvia al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, affinché stabilisca «… le modalità, anche (non necessariamente e non in tutto) speciali, per il reclutamento, ivi inclusa la possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate,… ovvero (non per forza in modo disgiuntivo) di ricorrere alla mobilità…». Il combinato disposto di tali disposizioni, più che delineare un sistema derogatorio all’ordinamento generale ed in sé concluso, in realtà enfatizza, anche mercé l’indicazione d’un termine essenziale, la sola necessità di dotarsi di tal personale dirigente nel più breve tempo possibile al fine di realizzare il risultato previsto dalla legge.
Come si vede e ad onta della specialità derogatoria su cui pure il TAR molto si sofferma e che vuol vedere nelle norme citate, in realtà la clausola «fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente» e, più in generale, il complesso di tali regole rendono meno “speciali” e più finalizzate all’obbiettivo le procedure concorsuali de quibus. Anzi, la clausola stessa conferma, ove mai ve ne fosse bisogno, che le procedure concorsuali in parola sono sì urgenti e molto mirate, ma non derogano ad alcunché di quanto l’ordinamento generale prevede sul reclutamento dei lavoratori subordinati pubblici, pur se di livello dirigenziale. Rettamente allora l’avv. Manduca sottolinea che siffatta “specialità”, sotto il profilo testuale, si limita all’espletamento dei concorsi de quibus, ma non tocca gli altri istituti che regolano i modi di provvista di tali lavoratori. Sicché, tra i predetti limiti, v’è pure l’invocato art. 30, c. 2-bis del Dlg 165/2001, per il quale «…le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1…», il quale attua il generale principio, mai dismesso, ex art. 39, c. 3, III per. della l. 27 dicembre 1997 n. 449.
Si badi, però, che nella specie (e ciò non è controverso tra le parti) si tratta di mobilità volontaria, ai sensi del citato art. 30, nei cui confronti l’Agenzia intimata esercita funzioni discrezionali non certo sull’an, bensì nel quid, nel quando e nel quomodo. Infatti, la mobilità volontaria è lo strumento con cui i lavoratori subordinati pubblici, ancorché appartenenti ad altro comparto del pubblico impiego, esprimono l’interesse personale (e non collegato a necessità di riassorbimento di qualunque genere) a svolgere la prestazione lavorativa, inerente alla qualifica, posseduta in una P.A. datrice di lavoro diversa da quella d’attuale appartenenza, ove la destinataria presenti carenze di organico. È allora corretto quel che dice l’Agenzia intimata sulla differenza tra la mobilità volontaria e quella d’ufficio ex art. 34-bis del Dlg 165/2001. Nell’un caso, ciascuna P.A. è tenuta a rendere nota la disponibilità dei soli posti in organico che scelgono di coprire con il passaggio diretto del personale da altre Amministrazioni e, nell’altro, deve dar contezza e render disponibili tutti i posti che intende coprire tramite il concorso.
Erra dunque l’appellante, sovrapponendo così i due istituti di mobilità, ad affermare che i posti da assegnare alla mobilità volontaria coincidano con quelli disponibili da mettere a concorso. Né può il Collegio seguire l’argomento attoreo, in difetto d’un sicuro principio di prova sul punto, per cui il concorso de quo sarebbe stato indetto anche per eludere (recte: per non applicare) la citata regola ex art. 30, c. 2-bis sul previo esperimento della mobilità rispetto all’assunzione di nuovo personale. Ciò non è coerente con la ratio dell’istituto della mobilità volontaria, né tampoco con il dato testuale del medesimo art. 30, secondo cui quest’ultima serve a e deve «… garantire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni, che presentano carenze di organico…». È vero che tal istituto muove dalla equiordinazione del personale, a seconda dei ruoli di appartenenza e delle q.f. possedute, da utilizzare in qualsiasi sede di una P.A. datrice di lavoro. Ma è evidente del pari la non automatica estensibilità di siffatto principio in ogni possibile contesto organizzativo, in particolare quando ai compiti d’istituto, connotati da elevata specialità, occorra applicare perlopiù personale con professionalità tecniche altrettanto specialistiche e in pratica infungibili (cfr., p.es., per i docenti universitari, ma ciò vale pure per ogni professionalità tecnica e/o ad alta specializzazione, Cons. St., VI, 16 settembre 2013 n. 4569).
Ebbene, anche nella specie si versa nel caso in cui v’è una P.A. (l’Agenzia delle entrate) che ricerca in via prioritaria personale particolarmente versato nelle specialistiche funzioni inerenti al prelievo tributario, le cui regole, è fatto notorio, costituiscono un’autonoma branca dell’ordinamento positivo e sono tutelate innanzi ad un ordine giudiziario proprio. Pertanto i posti da coprire con la mobilità vanno individuati, di volta in volta ed in base alla valutazione discrezionale circa il loro effettivo fabbisogno, soltanto in relazione a quei posti di funzione disponibili, che l’Agenzia vuol ricoprire con il passaggio diretto di personale da altre Amministrazioni ed a fronte di professionalità adeguate per tutti i suoi compiti d’istituto. È allora compito dell’Agenzia dare adeguata pubblicità sì delle disponibilità dei posti in organico da ricoprire con la mobilità volontaria, ma pur sempre tenendo conto pure delle proprie esigenze organizzative, ossia modulandone il tipo ed il numero a seconda che si tratti d’immettere personale formato o da formare, in uffici strategici ed operativi o di supporto e di gestione, presso lo strutture centrali o nel territorio, ecc. Se si considera il complesso di compiti, specie se affidati al personale dirigente, strettamente legati alla mission commessa dalla legge all’Agenzia nella realizzazione del prelievo fiscale, detta modulazione non può prescindere in alcun caso che a tal fine essa abbisogna di personale reclutato a tal precipuo scopo. Per quest’ultimo non si possono individuare ragioni di indifferenziata applicazione, in qualsiasi luogo di lavoro, di dipendenti amministrativi di pari qualifica a quelli reclutandi con il concorso esterno, ma privi in sé della professionalità adeguata ed immediatamente disponibile (stante la ragione dell’ urgenza per il loro reclutamento).
Tal esigenza s’avverte meno o non ha la medesima rilevanza peculiare nei confronti di chi dovrà invece svolgere le attività logistiche e d’amministrazione delle risorse e del patrimonio, per la cui effettuazione occorrono di regola professionalità aventi altre attitudini.
Per ben adempiere all’obbligo di pubblicità, spetta all’Agenzia di valutare se ed in qual misura sia necessario o solo opportuno o, addirittura, sconsigliato reclutare personale mediante il passaggio diretto di personale da altre Amministrazioni, all’uopo fissando previamente i criteri di scelta in relazione ai profili professionali carenti ed alle specifiche esigenze di funzionalità di tutti e ciascun suo ufficio.
Osserva allora il Collegio che non si può predicare la nullità (in realtà: l’illegittimità) tout court del bando impugnato per il concorso in questione, per violazione degli artt. 30 e 34-bis del decreto n. 165, per il sol fatto del mancato esperimento della procedura di mobilità volontaria. Infatti, la norma colpisce con la nullità ex art. 30, c. 2 gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti a eludere l’applicazione del principio di previo esperimento della mobilità (rispetto al reclutamento di nuovo personale), non già del previo esperimento della mobilità stessa. Non vuole così il Collegio sfuggire al principio d’effettività ex art. 1 c.p.a. nella tutela in via d’azione d’annullamento di cui al successivo art. 29. Infatti, nel caso in esame si verifica il caso d’un provvedimento in sé legittimo (il bando nella sua struttura), che però sottende un accertamento non corretto a priori (il numero dei posti messi a concorso senza sapere se ed in qual misura sarà influenzato dalle autonome scelte per la mobilità volontaria), ma non idoneo a contagiarlo (la procedura concorsuale è neutra rispetto al numero di posti da coprire). È però appunto tal aspetto ad esser in sé e per sé lesivo della situazione giuridica dell’appellante, al Collegio non resta, esaminando l’intero rapporto di questi con l’intimata Agenzia e da essa conformato con l'esercizio del potere, se non di salvare il bando e d’eliminare dal mondo giuridico l'accertamento operato “al buio”, che, solo, ha portata lesiva.
Il che è come dire, nella specie, che è nullo (rectius, illegittimo) non certo il bando in sé, ma al più il numero dei posti messi a concorso, da cui, se del caso, dovranno esser sì scorporati quelli da coprire con la mobilità, ma solo DOPO la fissazione discrezionale dei previ criteri inerenti a detta procedura di trasferimento e la pubblicazione della relativa disponibilità.
Di ciò, d’altronde, l’appellante è tanto consapevole che l’ha dedotto nel terzo motivo del ricorso di primo grado, quando ha affermato che le nuove assunzioni non possano avvenire se non solo dopo la concreta verifica, da parte dell’Agenzia intimata, dell’impossibilità di avvalersi del personale in mobilità volontaria. Ciò è vero, per l’appunto, e in effetti tal verifica è obbligatoria, va resa pubblica e non è eludibile se non a fronte d’una motivazione rigorosa e puntuale, certo, ma nei limiti e per le considerazioni fin qui esaminate.
6. – Restano così accolte le doglianze di cui al secondo, al terzo ed al sesto motivo d’appello, con le precisazioni fin qui viste, mentre non ha pregio né la censura d’omessa motivazione nel bando sulla scelta di mettere i posti de quibus a concorso (giacché a ciò deve pensare un provvedimento ad hoc per la SOLA mobilità), né la QLC sull’art. 8, c. 24 (essendo stata superata dalla pronuncia espressa della Corte costituzionale anche sulla legittimità del concorso stesso).
Quanto all’annullamento dell’indicazione dei posti messi a concorso, il cui risultato scaturirà dopo l’esercizio dell’attività di riemanazione dell’Agenzia intimata sui criteri della mobilità volontaria, il Collegio deve certo attenersi, tra l’altro, al principio enunciato dall’Adunanza plenaria (cfr. Cons. St., ad. plen., 13 aprile 2015 n. 4), per cui questo Giudice non può "modulare" la forma di tutela, sostituendola a quella richiesta. Al più questo Giudice può determinare, in relazione ai motivi di annullamento proposti e riscontrati ed all'interesse del ricorrente, la portata dell’effetto demolitorio con formule ben note alla prassi giurisprudenziale, come l'annullamento parziale, nella parte in cui prevede o non prevede alcunché o nei limiti d’interesse del ricorrente, ecc. Ciò è esattamente quel che dirà il dispositivo, laddove appunto, l’appello dell’avv. Manduca e, di conseguenza, il ricorso di primo grado sono accolti in parte, per quanto di ragione e negli stretti limiti dell’interesse azionato. D’altro canto, se il numero dei posti predetti è condizionato da un’attività sì ulteriore della stessa Agenzia, ma diversa dalla procedura concorsuale, allora quest’ultima di per sé sola non è preclusa, né sospesa, tranne diversa volizione della P.A., dallo svolgimento delle operazioni inerenti alla mobilità volontaria.
Quanto poi alla censura sulle spese di lite, che ha formato oggetto d’apposito motivo d’appello ma che il Collegio reputa opportuno trattare solo ora per evidenti ragioni di logica espositiva, giusti motivi e la novità della questione ne suggeriscono, con riguardo ad entrambi i gradi del presente giudizio, la compensazione integrale tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 3257/2015 RG in epigrafe), lo accoglie in parte e per l'effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, accoglie per quanto di ragione e nei limiti di cui in motivazione il ricorso di primo grado, con salvezza dell’ulteriore attività di riemanazione della P.A. intimata.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 17 novembre 2015, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Riccardo Virgilio,  Presidente
Nicola Russo,  Consigliere
Fabio Taormina,  Consigliere
Andrea Migliozzi,  Consigliere
Silvestro Maria Russo,  Consigliere, Estensore
     
     
L'ESTENSORE      IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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