Data: 2016-01-19 10:34:32

PAESAGGISTICA improcedibile se manca la conformità urbanistico-edilizia

PAESAGGISTICA improcedibile se manca la conformità urbanistico-edilizia

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[color=red][b]T.A.R. Toscana, Sezione III, 22 dicembre 2015 sent. 1782[/b][/color]

FATTO e DIRITTO

1 - Con il ricorso introduttivo del giudizio la Macbeth s.r.l., premesso di essere proprietaria di immobile in Monte Argentario – Porto S. Stefano, località , espone di aver avanzato in data 31 marzo 2014 istanza per il rilascio di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, per l’esecuzione di opere di “ristrutturazione edilizia con demolizione e fedele ricostruzione, demolizione e ricostruzione di volumi secondari, di un edificio ad uso residenziale”. Con il provvedimento n. 40 del 2014, previo preavviso di rigetto, il Comune di Monte Argentario respingeva la suddetta istanza sul rilievo che, avendo l’edificio una destinazione turistico-ricettiva, non poteva essere autorizzato un intervento per ristrutturazione ad uso residenziale, poiché in zona EA2 non sono consentiti cambi di destinazione d’uso.
2 – La Macbeth s.r.l. impugna il suddetto provvedimento, articolando nei suoi confronti le seguenti censure:
- con il primo motivo parte ricorrente censura il gravato provvedimento per difetto di istruttoria e di motivazione, come emerge dal fatto che essa ha rilevato che il manufatto in questione ricadrebbe in area EA2, mentre in realtà ricade in area EA1;
- con il secondo motivo parte ricorrente avanza la censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, poiché a fronte della memoria partecipativa di parte ricorrente l’Amministrazione si è limitata ad evidenziare la sua irrilevanza senza procedere ad esame alcuno del suo contenuto;
- con il terzo motivo parte ricorrente censura il provvedimento gravato per violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e della procedura ivi stabilita, contestando la scelta dell’Amministrazione di non seguire il procedimento previsto dalla norma paesaggistica, con richiesta del parere della Soprintendenza, ma chiudendo in limine il procedimento medesimo per motivi edilizi, in tal modo precludendo la valutazione paesaggistica richiesta dall’istante, con pregiudizio delle sue ragioni e anche dell’interesse pubblico;
- con il quarto motivo parte ricorrente contesta che l’immobile in esame abbia destinazione turistico-ricettiva, evidenziando che al contrario esso ha destinazione residenziale, ciò in base alla licenza edilizia originaria, destinazione mai cambiata;
- con il quinto motivo si evidenzia che nella zona EA1 non è vero che non è consentito il cambio di destinazione d’uso per immobili non agricoli.
3 - Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Monte Argentario. Si sono altresì costituiti in giudizio per resistere al ricorso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto.
4 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2015 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
5 – Con il primo mezzo parte ricorrente censura il provvedimento gravato, evidenziando che esso risulterebbe illegittimo per difetto di istruttoria e motivazione, stante il fatto che da esso risulta che il manufatto in considerazione rientrerebbe in area EA2 mentre in realtà ricade in area EA1.
La censura è infondata.
Il Comune di Monte Argentario nei suoi scritti difensivi ha ammesso l’errore commesso, cioè che il manufatto di cui al provvedimento gravato rientra in area EA1 e non EA2, come affermato nel provvedimento impugnato. Rileva tuttavia il Collegio che si tratta di una irregolarità dell’atto gravato che non è idonea a determinarne la illegittimità e quindi l’annullamento, trattandosi di profilo errato che non incide sulla disciplina applicabile e quindi sulla motivazione del provvedimento in contestazione. In base al Regolamento Urbanistico di Monte Argentario (doc. 12 dell’Amministrazione) le aree EA sono gli “ambiti territoriali a prevalente carattere agricolo” e le stesse si ripartiscono in EA1, cioè “aree agricole di interesse primario” (disciplinate dall’art. 63 del R.U.) e EA2, cioè “aree con prevalente funzione agricola” (disciplinate dall’art. 64); tanto l’art. 63 quanto l’art. 64 hanno un comma 2.3, di identico tenore, a mente del quale “la residenza non agricola è consentita esclusivamente se e in quanto già legittimamente presente all’entrata in vigore delle presenti norme”; poiché la questione giuridica posta dall’Amministrazione a fondamento della sua decisione risiede nel suddetto comma 2.3, e cioè nella possibilità di consentire un cambio di destinazione a favore della residenza non agricola, l’errore commesso dall’Amministrazione nell’indicare la zona EA2, anziché EA1, risulta del tutto irrilevante.
6 – Con il secondo motivo parte ricorrente censura la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, poiché a fronte della memoria partecipativa di parte ricorrente l’Amministrazione si è limitata a evidenziarne la irrilevanza.
La censura è infondata.
L’Amministrazione sostiene, anche nel preavviso di rigetto, che l’autorizzazione paesaggistica richiesta non possa essere rilasciata stante la preclusione derivante dalla norme urbanistiche alla concreta realizzazione delle opere volute dal privato, essendo precluso in area agricola il cambio di destinazione del manufatto da turistico-ricettivo a residenziale non agricolo; nella memoria partecipativa parte ricorrente evidenzia gli elementi fattuali in base ai quali è da escludere che il manufatto in questione abbia destinazione turistico-ricettiva (originaria destinazione residenziale dell’immobile, inidoneità dei condoni a realizzare il cambio di destinazione, inidoneità del pari della destinazione di fatto diversa da quella residenziale, irrilevanza della variazione catastale); nel provvedimento finale l’Amministrazione ribadisce la propria impostazione e cioè che nonostante la originaria destinazione residenziale dell’immobile questo sia venuto acquisendo una destinazione non residenziale in esito alle opere di ristrutturazione edilizia realizzate e alle sanatorie che hanno dato giuridica rilevanza a tali modificazioni; in tal stato di cose è chiaro che la contrapposizioni tra le parti è sulla diversa qualificazione giuridica di un quadro fattuale sul quale le parti concordano (originaria destinazione residenziale, uso non residenziale di fatto, realizzazione di opere di trasformazione, rilascio di sanatorie), sicché non può ritenersi illegittimo il provvedimento sol perché in esso l’Amministrazione conferma la propria lettura interpretativa dei fatti rilevanti, spostandosi il contendere tra le parti sulla fondatezza della tesi dell’una o dell’altra di esse, ma senza che possa dirsi compromesso il contraddittorio e la interlocuzione tra le parti in sede procedimentale, che c’è stato ed è servito a rendere chiara la situazione fattuale e a indicare le diverse letture giuridiche che le parti offrono di quei fatti.
[color=red][b]7 – Con il terzo motivo parte ricorrente contesta la determinazione amministrativa gravata per violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 sul rilievo che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto portare avanti l’esame del profilo paesaggistico, con richiesta del parere della competente Soprintendenza, e non chiudere in limine il procedimento per ragioni edilizie. [/b][/color]
[b]La censura è infondata. [/b]
La società ricorrente ha presentato in data 31 marzo 2014 istanza di autorizzazione paesaggistica al fine di poter eseguire le opere edilizie consistenti in “ristrutturazione edilizia con demolizione e fedele ricostruzione, demolizione e ricostruzione di volumi secondari, di un edificio ad uso residenziale”; l’Amministrazione comunale ha di contro evidenziato che l’edificio sui cui devono porsi in essere gli interventi di ristrutturazione ha destinazione turistico-ricettiva e si trova in area agricola, nella quale le norme urbanistiche non consentono il cambio di destinazione d’uso verso la residenza; avendo l’Amministrazione rilevato che l’intervento edilizio non è suscettibile di realizzazione, per contrasto con le norme urbanistiche, non ha portato avanti il procedimento sul piano specificamente paesaggistico, non avendo senso la verifica di compatibilità paesaggistica di un intervento edilizio che non è realizzabile.[color=red][b] Ritiene il Collegio che la scelta dell’Amministrazione comunale di non portare aventi la procedura paesaggistica sia corretta, fondandosi su ragioni di razionale svolgimento delle procedure amministrative e di non aggravio dei procedimenti, risultando privo di logica un eventuale assenso paesaggistico ad un progetto che comunque è da un punto di vista urbanistico-edilizio non realizzabile. Conferma di ciò si trova anche nell’art. 4, comma 2, del DPR n. 139 del 2010 a mente del quale “in caso di non conformità dell'intervento progettato alla disciplina urbanistica ed edilizia, l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione dichiara l'improcedibilità della domanda di autorizzazione paesaggistica, dandone immediata comunicazione al richiedente”; è vero che si tratta di disciplina riferita ai procedimenti di autorizzazione paesaggistica per interventi di lieve entità, ma essa è attuazione di un principio che risulta avere portata generale, appunto il principio di non aggravamento del procedimento di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990. [/b][/color]
8 – Con il quarto motivo parte ricorrente censura il gravato provvedimento, contestando che l’immobile in considerazione abbia destinazione turistico-ricettiva, in quanto lo stesso è stato edificato in base a licenza edilizia riferita a destinazione residenziale e la suddetta destinazione non è mai stata variata, non potendo valere a tal fine né l’utilizzo in fatto dell’immobile per finalità ricreative né le procedure di condono edilizie poste in essere.
La censura è infondata.
Ritiene il Collegio che l’esame della documentazione versata in atti dimostri che l’immobile in considerazione, seppur edificato nel marzo del 1960 in base a titolo edilizio riferito a destinazione residenziale, ha con successivi atti dell’Amministrazione perduto la destinazione residenziale stessa. Già l’autorizzazione di abitabilità rilasciata il 26 agosto 1960 (doc. 3 del deposito comunale), quindi in termini ravvicinati rispetto all’edificazione, autorizza l’abitabilità dell’edificio “ad uso ristorante”, a testimonianza del quasi immediato superamento della destinazione residenziale. In data 30.9.1986 la società proprietaria presentava poi domanda di condono edilizio per “opere ad uso non residenziale”, in base alla legge n. 47 del 1985 (doc. 7 dell’Amministrazione), nella quale si dichiarava che la destinazione dell’opera era turistico-ricettiva ed “esclusivamente non residenziale” e si indicava altresì una superficie di mq 156,33 sempre con finalità turistico-ricettiva; è poi significativa la relazione tecnica presentata ad integrazione della domanda di condono (doc. 6 dell’Amministrazione) nella quale si legge che gli interventi oggetto di condono riguardano “la sistemazione e trasformazione di tutta l’area di proprietà con la realizzazione degli impianti e strutture necessari alla utilizzazione a night-club-discoteca”, con la creazione “di zone di sosta a sedere in muratura, due piccoli locali adibiti a bar e cabina dischi; lo spazio ricompresi tra questi manufatti è attrezzato a pista da ballo con tralicciature, piattaforma girevole e illuminazione necessaria” e altresì con le realizzazione di “sistemazione idonee per l’ingresso, biglietteria e sosta dei clienti”; con provvedimento prot. n. 17299/86 del 17 dicembre 2008 (doc. 2 quater dell’Amministrazione) il Comune di Monte Argentario rilasciava concessione in sanatoria per interventi “per opere in ampliamento e modificazione di immobili adibiti ad attività turistico ricettiva”. Analoghe considerazioni valgono per l’ulteriore domanda di condono presentata in data 1 marzo 1995, ai sensi della legge 724 del 1994, per opere anche in questo caso finalizzate all’utilizzazione dell’immobile per fini non residenziali, quale night-club e discoteca (cfr. relazione tecnica di cui al doc. 10 dell’Amministrazione); con provvedimento prot. n. 3467/95 dell’11 novembre 2010 (doc. 2 ter dell’Amministrazione) veniva rilasciata concessione in sanatoria per varie opere di sistemazioni esterne, tra cui copertura di porzioni di pista da ballo, realizzazione di cabina per DJ ecc. Gli atti emanati successivamente alla originaria licenza edilizia hanno conseguentemente modificato la destinazione d’uso dell’immobile in considerazione, in accoglimento di specifiche istanze del privato e in correlazione a trasformazioni oggettive dell’immobile stesso, che ha perduto la destinazione residenziale a favore di una destinazione turistico-ricettiva.
9 – Con il quinto mezzo parte ricorrente censura il provvedimento gravato sull’assunto che non corrisponda al vero che in zona EA1 sia escluso il cambio di destinazione d’uso, cioè il passaggio alla destinazione residenziale.
La censura è infondata.
È sufficiente sul punto evidenziare come l’art. 63 al comma 2.3 del R.U. stabilisca che “la residenza non agricola è consentita esclusivamente se e in quanto già legittimamente presente all’entrata in vigore delle presenti norme”; l’entrata in vigore del R.U. di Monte Argentario decorre dalla sua pubblicazione sul BURT, avvenuta in data 11 luglio 2012 (cfr. doc. 29 dell’Amministrazione); la norma è sufficientemente chiara e non richiede complesse procedure ermeneutiche, discendendone che poiché a quella data, che è successiva agli atti richiamati al precedente punto 8 della presente sentenza che hanno determinato la destinazione non residenziale dell’immobile in questione, la destinazione residenziale non era presente nell’edificio della ricorrente, non è possibile un cambio di destinazione da uso turistico-ricettivo a residenziale.
10 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto; le spese devono essere poste a carico della ricorrente e liquidate a favore del Comune di Monte Argentario nell’importo di cui al dispositivo, mentre devono essere compensate nei confronti delle Amministrazioni statali resistenti, sostanzialmente estranee al contenzioso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Monte Argentario, che liquida in € 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge; compensa le spese con le Amministrazioni statali resistenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
Raffaello Gisondi, Consigliere

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