Istituzione di una nuova farmacie: il parametro demografico e l´utilizzazione facoltativa del resto
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[color=red][b]Consiglio di Stato Sez. III del 18.12.2015 n. 5780[/b][/color]
Nel giudizio in esame l’appellante è titolare di una delle farmacie esistenti nel Comune di Sant’Anastasia (Napoli) e si considera leso nei suoi interessi legittimi dai provvedimenti adottati dal Comune e dalla Regione Campania in applicazione dell’art. 11 del decreto legge n. 1/2012. Con il ricorso di primo grado ha impugnato una serie di atti, fra i quali il principale è la delibera 7 dicembre 2012, n. 366, della Giunta comunale, con la quale è stata “revisionata” la pianta organica delle farmacie, a modifica ed integrazione della precedente delibera n. 167 del 12 giugno 2012. Con motivi aggiunti notificati e depositati nel corso del giudizio di primo grado l’interessato ha esteso l’impugnazione ad alcuni atti sopravvenuti, dei quali il più rilevante è il bando di concorso, emanato dalla Regione, per l’assegnazione delle farmacie di nuova istituzione. Il T.A.R. Campania ha definito il giudizio con la sentenza 8 ottobre 2014, n. 5194, con la quale ha giudicato tardivo il ricorso introduttivo. Il T.A.R. ha infatti osservato che la delibera n. 366 era stata affissa, per pubblicazione, all’albo pretorio del Comune, dal 12 al 27 dicembre 2012; il termine per ricorrere decorreva dunque da quest’ultima data e scadeva il 25 febbraio 2013; il ricorso invece è stato notificato il 6 marzo 2013. La tardività dell’impugnazione della delibera n. 366/2012 ha reso inammissibile per difetto d’interesse, a giudizio del T.A.R., l’impugnazione di tutti gli altri atti comunque connessi o conseguenziali. Il ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato contestando la tardività dell’impugnazione. L’appellante sostiene che a far decorrere il termine non era sufficiente l’affissione della delibera all’albo comunale, ma sarebbe stata necessaria una comunicazione individuale, considerata la posizione di esso ricorrente. In subordine l’appellante deduce che le norme sostanziali e procedimentali in materia di pianificazione delle farmacie erano di recentissima modificazione e per di più sono di contenuto alquanto incerto, specie per quanto riguarda le modalità di approvazione e di pubblicazione degli atti; invoca pertanto il beneficio dell’errore scusabile. Il Consiglio di Stato, Sezione IV con la sentenza del 18.12.2015 n. 5780 ha ritenuto che nella fattispecie si possa concedere il beneficio dell’errore scusabile, con riferimento all’impugnazione della delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, trattandosi di vicenda inerente alla fase di prima applicazione di una normativa recentemente introdotta e di non chiaro coordinamento con le disposizioni rimaste in vigore. Nel merito il Collegio ha rigettato l´appello. In particolare il Collegio ha analizzato Il primo motivo di ricorso che investe gli atti impugnati nella parte in cui hanno elevato a 9 il numero delle farmacie istituite nel Comune di Sant’Anastasia. La questione riguarda in particolare la farmacia n. 9. Il decreto legge n. 1/2012 ha ridotto a 3.300 il coefficiente del rapporto fra popolazione e farmacie (una popolazione ogni 3.300 abitanti); tenuto conto del numero degli abitanti del Comune, i quozienti interi sono solo 8, con un resto non molto superiore alla metà. In questa situazione, il ricorrente deduce che la legge “consente” di utilizzare il resto, purché superiore alla metà del quoziente intero, per istituire una ulteriore farmacia (nella specie, la n. 9), ma tale utilizzazione è facoltativa e non vincolata. La decisione del Comune doveva quindi essere convenientemente motivata, mentre ciò non è avvenuto. Il Collegio osserva che la determinazione del numero delle farmacie, nella vicenda in esame, è stata riprodotta nell’atto impugnato dal ricorrente, ossia la delibera n. 366 del 7 dicembre 2012, ma era già contenuta nella delibera n. 167 del 12 giugno precedente. Si porrebbe quindi un distinto problema di tempestività dell’impugnazione, giacché la scusabilità dell’errore, già riconosciuta con riferimento alla delibera del 7 dicembre 2012, non necessariamente vale anche per la precedente delibera del 12 giugno. Tuttavia il Collegio vuol prescindere dalla questione, in quanto questo capo d’impugnazione appare comunque infondato. Nel merito, il problema della farmacia n. 9 si pone perché applicando il nuovo parametro demografico (3300) stabilito dal decreto legge n. 1/2012 si ottengono otto quozienti interi, non nove. Il Comune ha inteso avvalersi della disposizione che “consente” di istituire una ulteriore farmacia (nella fattispecie la n. 9) utilizzando il resto, se questo è superiore alla metà. Il ricorrente non contesta che, nel caso in esame, il resto sia superiore alla metà (in caso contrario, l’istituzione della nona farmacia sarebbe illegittima per violazione di legge e per mancanza del presupposto). Deduce, però, che la utilizzazione del resto, pur quando è possibile, non è obbligatoria ma facoltativa (come è attestato dall’uso del termine “consente”) e che pertanto la scelta di utilizzarlo doveva essere appositamente motivata. Nella specie, egli osserva, la determinazione del Comune non è stata motivata e anche nella sostanza è criticabile, perché il servizio farmaceutico è reso già in modo soddisfacente. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, reiterata anche di recente, riconosce che l’utilizzazione del resto è facoltativa; ma che nel sistema del d.l. n. 1/2012 essa non necessita di particolari giustificazioni o motivazioni. Infatti lo scopo dichiaratamente perseguito dall’art. 11 del decreto legge è quello di «favorire l´accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti... nonché di favorire le procedure per l´apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico»; mentre il decreto legge nel suo insieme (che riguarda anche materie assai diverse dal servizio farmaceutico) persegue un obiettivo di politica economica mediante l’incremento della «concorrenza» e della «competitività». In questo contesto si comprende come il legislatore pur non qualificando l’utilizzazione del resto come obbligatoria, non la subordini a particolari esigenze da accertare caso per caso. Per approfondire scarica gratuitamente la sentenza.
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