Data: 2015-12-11 11:12:39

NULLO l'incarico in assenza dell'impegno di spesa - CASSAZIONE

NULLO l'incarico in assenza dell'impegno di spesa - CASSAZIONE

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[color=red][b]CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – sentenza 1° dicembre 2015 n. 24447[/b][/color]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 3 febbraio 2005 l’ing. S. P. conveniva dinanzi al collegio arbitrale il comune di Palazzolo Acreide, esponendo:

[b]– che con delibera 10 settembre 1987 la giunta del Comune gli aveva conferito la progettazione, direzione e contabilità della realizzazione di una circonvallazione, sulla base di un disciplinare che prevedeva il finanziamento da parte dell’assessorato dei lavori pubblici della regione Sicilia, alla cui effettiva erogazione era condizionato il suo compenso;[/b]

– che, realizzato un primo stralcio del progetto, con regolare pagamento del corrispettivo, egli aveva redatto anche il progetto per il secondo stralcio, regolarmente approvato dalla giunta ma non più eseguito, perchè i nuovi amministratori del consiglio comunale avevano deciso di destinare il finanziamento ricevuto ad una diversa opera pubblica.

Tutto ciò premesso, ritenuto che la condizione per il pagamento del compenso non si era avverata per fatto e colpa del Comune, chiedeva il pagamento delle proprie prestazioni professionali, nella misura liquidata dal consiglio dell’ordine in Euro 343.571,92, oltre Euro 4.294,34.

Costituitosi il collegio arbitrale, il comune di Palazzolo resisteva alla domanda, eccependo l’invalidità della delibera per omessa previsione dell’impegno di spesa e della copertura finanziaria, oltre che l’inesistenza del debito, non essendosi verificata la condizione del finanziamento dell’opera.

Con lodo 14 luglio 2006 il collegio arbitrale condannava il comune di Palazzolo Acreide al pagamento della somma di Euro 347.856,26, oltre interessi legali e spese di lite.

In accoglimento della successiva impugnazione, la Corte d’appello di Catania, con sentenza 19 marzo 2012 dichiarava la nullità del lodo e rigettava la domanda dello S., che condannava alla rifusione delle spese processuali.

Motivava:

– che era infondata l’eccezione di preclusione per giudicato della dedotta nullità della delibera di incarico e del relativo disciplinare, formatosi su una precedente pronunzia della medesima Corte d’appello di Catania, che si era invece solo limitata ad accertare la validità della clausola compromissoria, la cui nullità per omessa sottoscrizione era stata eccepita, in tale sede, dal comune di Palazzolo;

– che, nel merito, la delibera doveva essere dichiarata nulla, atteso il suo contenuto generico, inerente alla progettazione, direzione, assistenza e contabilità di lavori non meglio precisati, in carenza di alcun progetto di massima e di indicazione della spesa per l’esecuzione delle opere e l’espropriazione delle aree interessate;

– che pertanto ricorreva il vizio di indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto del contratto, causa di nullità ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.; oltre che di contrarietà all’art. 284 del Testo unico della legge comunale e provinciale, per omessa previsione dell’ammontare delle spese e dei mezzi per farvi fronte: questione, diversa e preliminare rispetto alla clausola di subordinazione del diritto del professionista alla condizione sospensiva del finanziamento dell’opera pubblica da parte dell’assessorato dei lavori pubblici della regione Sicilia.

Avverso la sentenza, non notificata, l’ing. S. proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e notificato il 6 luglio 2012.

Il Comune di Palazzolo resisteva con controricorso.

All’udienza del 30 settembre 2015 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2909 e 1421 c.c., per omesso rilievo del giudicato formatosi sulla validità del contratto, in conseguenza di una precedente sentenza della Corte d’appello di Catania che aveva rigettato le eccezioni di nullità, ivi sollevate dal comune, del disciplinare, per omessa sottoscrizione da parte del sindaco, e della clausola compromissoria, per mancata approvazione scritta.

Il motivo è infondato.

Irrilevante la questione di nullità della clausola compromissoria, dotata di autonomia causale, il rigetto delle dell’eccezione di nullità del disciplinare per uno specifico vizio formale, non è di per sè preclusivo di un’eventuale rilevazione successiva, anche ex officio, di nullità ancorate a presupposti diversi e sostanziali:

dovendosi escludere, nella specie, sia il giudicato implicito (su eccezioni, e non su domande) ricollegabili a vizi non esaminati, sia la consumazione del potere di dedurre la nullità del contratto, tenuto conto che il lodo del 2002 – le cui impugnazioni hinc et inde erano state poi respinte dalla Corte d’appello di Catania con sentenza 8 luglio 2005 – palesa mera natura processuale, limitandosi alla dichiarazione di improcedibilità della domanda, in pendenza del ricorso al Tar proposto dallo stesso S..

Pertanto, la valutazione dell’immunità del disciplinare e della clausola compromissoria dai vizi di nullità eccepiti era solo strumentale all’accertamento preliminare della potestas judicandi, senza alcun accertamento di merito sulla validità sostanziale del contratto nella sua interezza.

Con il secondo motivo lo S. censura la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine al ritenuto difetto dei requisiti di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto e per contrarietà alle disposizioni del Testo unico della leggi comunale e provinciale.

Il motivo è infondato.

Nè la delibera 10 settembre 1987 di conferimento dell’incarico all’ing. S., nè il disciplinare ad essa allegato recano l’indicazione precisa degli oneri di spesa, nè tanto meno del compenso del professionista incaricato del progetto dell’opera pubblica. Lacuna, implicitamente confermata dal passo della successiva delibera 12 dicembre 1988 – di cui sono riportati ampi stralci nel ricorso – in cui ci si limita ad enunciare che “il costo dell’opera è di circa 15 miliardi, come si evince dalla valutazione di massima dell’Ufficio Tecnico Comunale”.

[color=red][b]Sotto tale profilo, il divieto per i comuni, in base al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, commi 3 e 4, – convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 1989, n. 144 (e poi sostituito dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191) – di effettuare spese in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione, si applica anche se la spesa sia interamente finanziata da altro ente pubblico ed in presenza di una clausola di copertura finanziaria in base alla quale il professionista subordina il pagamento del compenso alla concessione di un finanziamento pubblico.[/b][/color]

[b]L’inosservanza di tale requisito vincolante importa, quindi, la nullità del contratto di prestazione d’opera professionale poi stipulato con il professionista (Cass., sez. unite 10 giugno 2005, n. 12195).[/b]

Al riguardo, già la disciplina del R.D. n. 383 del 1934, artt. 284 e 288, come poi quella dettata dalla L. n. 142 del 1990, art. 55, rispondono al medesimo principio ispiratore, siccome entrambe dirette ad assicurare l’equilibrio economico e finanziario degli enti locali e, quindi, correlate ad un rilevante interesse pubblico, che impone di attribuire carattere imperativo alle norme finalizzate alla sua tutela (non a caso, sanzionate dalla previsione di nullità testuale).

[b]Il tratto saliente della disciplina va individuato nello iato introdotto nel rapporto organico tra i funzionari o l’amministratore che abbiano consentito la spesa e l’Amministrazione: così da escludere la riferibilità a quest’ultima di iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto. E la ratio legis va ravvisata nell’esigenza di assicurare il rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparenza della gestione; e nel contempo, di contenere la spesa pubblica e prevenire il formarsi di un incontrollato disavanzo finanziario degli enti territoriali (Cass., sez unite 18 dicembre 2014 n. 26657).[/b]

Del pari infondato appare, conseguentemente, il terzo motivo con cui si deduce l’omesso rilevo dell’imputabilità allo stesso comune della mancata erogazione del finanziamento dell’opera pubblica già concesso, stante la rilevata nullità, “a monte” del contratto.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e dei numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in concessivi Euro 7.200,00, di cui e 7.000,00 per compenso, oltre l’iva e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2015.

Depositata in Cancelleria il 1° dicembre 2015.

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