Strutture precarie in CAMPEGGIO - TAR 26/11/2015
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[b]T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione I, 26 novembre 2015 n. 1593[/b]
FATTO
[b]Il ricorso in esame tende all’annullamento del provvedimento con cui il Comune ha ordinato la demolizione di taluni manufatti sprovvisti di titolo edilizio che sarebbero stati realizzati, in violazione degli artt. 27 e 31 del DPR 380/01, all’interno del campeggio (esistente sin dal 1989) gestito dal ricorrente, prevedendo, in caso di inerzia, l’acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive e dell’area di sedime, entro il limite di dieci volte la superficie complessiva utile delle opere abusive.Nell’adozione di tale provvedimento il Comune avrebbe, erroneamente, secondo quanto si dirà nel prosieguo, accomunato due diverse categorie di opere: [/b]
a) le strutture, di ridotte dimensioni, tutte adibite a campeggio, che rappresentano i manufatti che i vari utenti del campeggio hanno posato sulle piazzole onde trascorrere i periodi di ferie;
b) i manufatti (due, identificati alle lettere A e B) che rappresentano elementi pertinenziali (lavatoio di 8,6 mq e ripostiglio di 6,56 mq), di proprietà del ricorrente.
L’ingiunzione di demolizione di tutti tali manufatti sarebbe illegittima per le seguenti ragioni di diritto:
1. violazione degli artt. 3, 17 e 31 del DPR 380/2001, in quanto i manufatti oggetto del provvedimento impugnato non sarebbero strutture “rilevanti” ai fini edilizi e urbanistici, trattandosi di opere non soggette al regime del permesso di costruire, ma semmai di opere destinate ad uso temporaneo e limitato al periodo estivo e come tali riconducibili al genus dell’attività edilizia libera in ragione dell’eccezione introdotta dall’art. 3, comma 1, lett. e.5 del DPR 380/2001 e comunque non suscettibili di ordine demolitorio;
2. violazione degli artt. 51 e seguenti della L.R. n. 15/2007: le opere in questione sarebbero strutture posate su piazzole da campeggio, in quanto tali sottratte al regime concessorio ai sensi della calendata norma, che distinguerebbe tra strutture fisse e strutture mobili;
3. violazione dell’art. 31 del DPR n. 380/2001 ed eccesso di potere per l’omessa motivazione (circa l’interesse pubblico sotteso alla demolizione) nonostante il lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere in questione e per la mancata considerazione della natura di “variazioni non essenziali” delle trasformazioni contestate;
4. violazione degli artt. 29 e 31 del DPR n. 380/2001, in quanto il ricorrente non è né proprietario, né costruttore delle strutture posate sulle piazzole, costruite dai clienti del campeggio, i quali non sono stati destinatari del provvedimento. Egli non avrebbe, dunque, la disponibilità del bene, con la conseguenza che, come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 345 del 15 luglio 1991, non poteva essere disposta l’acquisizione al patrimonio indisponibile del terreno su cui le opere abusive sono state realizzate.
In sede cautelare sono stati ravvisati i presupposti per la concessione della misura cautelare e alla prima udienza per la trattazione del merito si è disposta una verificazione tecnica al fine di ottenere un preciso quadro delle contestazioni mosse, dello stato dei luoghi (documentato anche fotograficamente) e delle eventuali variazioni intervenute dopo il 2013.
Il tecnico comunale all’uopo incaricato degli adempimenti tecnici ha prodotto una puntuale relazione, corredata delle fotografie documentanti quanto descritto.
In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha ribadito quanto già rappresentato nel ricorso e richiamato la sopravvenuta modifica dell’art. 3, comma 1, lett. e), per effetto del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, sostenendo che, in base a tale norma, le strutture ricettive collocate all’interno dei campeggi non sarebbero soggette a previo rilascio di permesso di costruire.
In punto di fatto essa ha puntualizzato che parte delle strutture sarebbero state rimosse, alcune sarebbero risultate, in sede di verificazione, non ancorate stabilmente al suolo e quindi oggettivamente rimuovibili, per altre è stata allegata la scheda del costruttore che ne attesta la amovibilità e, pressoché in tutti i casi, sarebbe stato dimostrato che il ricorrente non è il proprietario dei manufatti in questione.
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2015, la causa, su conforme richiesta del procuratore di parte ricorrente, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La corretta definizione della controversia in esame, avente ad oggetto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione di una pluralità di opere realizzate all’interno di un camping in assenza di titolo edilizio, non può prescindere dall’introduzione di una netta distinzione tra:
A) strutture, collocate su piazzole, adibite all’uso abitativo da parte degli stessi fruitori del campeggio che le hanno realizzate;
B) manufatti realizzati dal ricorrente adibiti a servizi comuni messi a disposizione dei clienti del C.
A) opere realizzate da terzi o comunque a fruizione singola dei clienti:
Con riferimento alla prima categoria di manufatti, secondo la tesi di parte ricorrente, le strutture rinvenute all’interno del campeggio, realizzate in assenza di titolo edilizio non sarebbero illegittime, in quanto rientrerebbero nel concetto di case mobili installate con temporaneo ancoraggio al suolo all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore per la sosta e il soggiorno di turisti, che sarebbero comunque, e per ciò stesso, legittime, in quanto la loro realizzazione non necessiterebbe di previo titolo edilizio in ragione dell’eccezione alla regola introdotta dall’art. 3, comma 1, lett e.5 del DPR 380/2001.
Sono definite “case mobili”, le strutture non ancorate al terreno, costruite su appositi carrelli, che ne consentono una rapida installazione su qualsiasi terreno privato, camping o villaggio turistico: quelle omologate sono montate su di un pianale omologato che ne consente il trasporto, mentre quelle non omologate, solitamente destinate a campeggi e villaggi turistici, pur essendo ideate per stare ferme debbono avere caratteristiche tali che ne consentano il facile spostamento.
[b]Ciò che è essenziale è che tali case mobili, ancorchè realizzate all’interno di camping o villaggi turistici, condizione, questa, che ne consente l’ancoraggio al suolo, è che lo siano (ancorate) solo temporaneamente e, dunque, con caratteristiche che ne dimostrino la precarietà: precarietà che è diversa dalla stagionalità, ovvero dalla “ciclicità”. Il Consiglio di Stato (sentenza 3 giugno 2014, n.2842) ha, infatti, chiarito che le opere aventi carattere stagionale, qualora siano orientate alla soddisfazione di interessi permanenti nel tempo, devono essere equiparate alle “nuove costruzioni” necessitando di conseguenza di permesso di costruire. Ancora più chiaramente, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9268 del 26/02/2014, ha affermato che le case mobili, collocate in campeggi, ma poggiate su mattoni, cavalletti e ruote, collegate stabilmente e permanentemente alle reti di distribuzione idrica e del gas ed alla rete di collettamento fognario configurano comunque una lottizzazione materiale abusiva. [/b]
Né può rilevare in senso contrario il mero fatto che tali strutture non siano adibite ad “abitazione”, intesa in senso di domicilio principale e/o residenza, dagli utilizzatori, in quanto deve ritenersi che non sia la continuità della presenza ad imprimere la funzione, bensì la potenziale fruibilità del manufatto, costante nel tempo, ancorchè con la ciclicità dell’alternarsi delle stagioni che la rendano gradevole e/o apprezzabile.
Nella fattispecie in esame, le fotografie e la documentazione prodotte in esito alla verificazione dimostrano:
1. con riferimento alle strutture indicate nella planimetria allegata al provvedimento impugnato con i nr 1, 2, 3, 4, 7, 8, 14, 17, 18, 18 B, 22, 28, 29, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38:
1.a) che le stesse (in parte case mobili e in parte roulotte con preingressi di dimensioni superiori a quelle ammesse dalla normativa regionale e completamente chiusi) sono state collocate all’interno del camping da soggetti diversi dall’odierno ricorrente e agli stessi ancor oggi appartengono;
1.b) che esse sono corredate di impianti tecnologici (elettrico, idraulico, riscaldamento e gas) realizzati a regola d’arte, come dagli stessi proprietari dichiarato;
1.c) che, a prescindere dall’impossibilità di accertare come siano state ancorata al terreno a causa di rivestimenti esterni inammovibili, si deve presumere che lo siano state in modo stabile, anche in considerazione della presenza di sistemazioni esterne a terrazza leggermente sopraelevata e/o di verande in legno, antistanti le strutture (nel caso sub 14, addirittura chiusa e costituente un corpo unico, almeno dall’esterno, rispetto alla casa mobile) e ad esse stabilmente fissate, nonchè delle finiture con elementi esterni autonomi e sistemi di raccolta delle acque che scompaiono nel sottosuolo e, dunque, presumibilmente direttamente scaricanti, in tubature sotterranee del tutto incompatibili con una amovibilità che, allo stato, deve ritenersi venuta meno;
1.d) che, in ragione di ciò, del tutto prive di rilevanza si appalesano le dichiarazioni del costruttore che qualificano, in taluni casi, i manufatti come “casa mobile”, dato che ne hanno completamente perso le caratteristiche per effetto della loro trasformazione e sistemazione, di fatto, in una costruzione inamovibile, se non previa demolizione delle opere accessorie di cui sono state corredate.
Oggetto di contestazione non è, dunque, il fatto che le strutture rilevate fossero originariamente delle case mobili, ma la circostanza che, a seguito del loro ancoraggio fisso e della loro sistemazione interna, alle stesse siano state attribuite caratteristiche che ne hanno determinato la perdita della qualità e dimostrano, invece, come esse siano state stabilmente adibite ad abitazione, ancorchè soggetta ad uso stagionale e, dunque, illegittimamente realizzate in assenza di un titolo edilizio.
Peraltro, con specifico riferimento ai casi in cui è contestata la realizzazione di “preingressi” si rende necessario chiarire che il regolamento di attuazione della norma che disciplina le aziende ricettive all’aria aperta (già legge regionale n. 7 del 2001, poi abrogata dalla L.R. 16 luglio 2007, n. 15), stabilisce che “Sui mezzi mobili di pernottamento possono essere installati, senza preventiva richiesta di concessione o autorizzazione edilizia, pre-ingressi in materiale rigido, smontabile e trasportabile, purché non coprano una superficie superiore a mq. 12 e non superino di oltre 25 cm. il mezzo di cui costituiscono pertinenza.”.
Nel caso indicato sub n. 15, il preingresso risulta conglobato in un’unica struttura che contiene anche la roulotte, per una superficie complessiva di 38,59 mq e, dunque, non risulta rispettata la sopra ricordata disposizione. Analoga considerazione può essere ripetuta per il caso 32 e per il caso sub 29, in relazione al quale la struttura inglobante ha modificato l’aspetto esteriore del mezzo collocato così tanto, che non è dato nemmeno comprendere se essa includa una roulotte o una casa mobile.
La norma risulta violata anche nel caso 17, dove il preingresso ha una superficie di 19,43 mq e risulta chiuso su tre lati (il quarto è appoggiato alla roulotte) con una struttura realizzata in assi di legno, nonché nel caso 34, in cui il preingresso, completamente chiuso, con serramenti e appoggiato al suolo, ha una superficie di 22,99 mq e negli analoghi casi n. 35, dove la superficie è di 22,60 mq e 38, dove la superficie è di 22,28 mq.
Ne deriva la legittimità dell’ordine di demolizione di tutti i manufatti indicati, in quanto tali strutture non risultano essere conformi alla normativa regionale e, pertanto, a prescindere dalla natura amovibile (peraltro esclusa per tutto quanto più sopra specificato), comunque non possono rientrare nell’esenzione dalla necessità del titolo edilizio di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.5 del DPR 380/2001;
2. con riferimento alle strutture indicate nella planimetria allegata al provvedimento impugnato con i nr 9, 11, 13, 21, 25, 27 e 40, la loro rimozione, con la conseguenza che rispetto ad esse non può ritenersi sussistere un interesse alla caducazione del provvedimento;
3. con riferimento alla strutture indicate nella planimetria allegata al provvedimento impugnato con i nr n. 12 e 15, la presenza di sistemazioni esterne che ne fanno venire meno la agevole amovibilità, nonchè di finiture come, ad esempio, la collocazione di un pluviale che lascia presumere lo scolo dell’acqua direttamente in fognatura, in quanto scompare nel terreno.
Anche in tale caso la “permanenza” dell’uso e della disponibilità, comprovata talvolta dall’essere, le strutture, collegamento con acquedotto, fognature e altri sottoservizi e dall’apprestamento dell’area esterna che ne dimostra il sostanziale utilizzo come “seconda casa” fissa e non mobile, non può che determinare il rigetto del ricorso.
Nei casi indicati sub 1 e 3, dunque, non può ravvisarsi alcuna violazione né degli artt. 3, comma 1, lett. e.5 e 6, comma 2, lett. b) del DPR n. 380/2001, né, conseguentemente, dell’art. 51 della L.R. 15/07 (doglianza n. 2 del ricorso).
In relazione a quest’ultima norma, appare opportuno precisare che il terzo comma dell’art. 55 prevede che “Non è richiesto il titolo abilitativo edilizio per gli allestimenti mobili di pernottamento, che conservano i meccanismi di rotazione in funzione, non sono collegati permanentemente al terreno e i cui allacciamenti alla rete idrica, elettrica e fognaria sono rimovibili in qualsiasi momento.”.
Con il ricorso non è stato fornito alcun principio di prova di nessuna di tali condizioni, mentre, al contrario, la loro assenza si può presumere in ragione dell’evidenza della documentazione fotografica prodotta e della descrizione operata in sede di verificazione e non contestata dal ricorrente.
Inoltre, nessuna delle opere la cui realizzazione è stata contestata è stata datata da parte ricorrente, che si è limitata ad affermare l’esistenza del campeggio sin dal 1959 e, quindi, a lamentare l’assenza di adeguata motivazione dell’ordine di demolizione imposto senza alcuna specificazione dell’interesse pubblico sussistente, a fronte dell’interesse alla conservazione di manufatti realizzati “da decenni”. In assenza di un principio di prova della loro esistenza da un lungo lasso di tempo, dunque, non può ravvisarsi la necessità di quell’obbligo motivazionale rafforzato che parte ricorrente collega a una, solo asserita, risalente datazione delle contestate trasformazioni di case mobili e roulottes oggetto dell’impugnato provvedimento. Anche sotto il profilo di cui alla censura n. 3, dunque, il ricorso non può trovare accoglimento, richiamata anche la giurisprudenza costante in argomento, secondo cui la realizzazione di opere edilizie, in mancanza dei prescritti titoli abilitativi, di per se stessa, è sufficiente a fondare la reazione repressiva dell’organo di vigilanza, non essendovi spazio per apprezzamenti discrezionali (cfr, in tal senso, da ultimo, TAR Napoli, VI, sentenza n. 1521 del 12 marzo 2015).
E ciò nemmeno nella parte in cui richiama il concetto di variazioni non essenziali che non potrebbero determinare l’applicazione dell’ordine demolitorio così come previsto dall’art. 31 del DPR 308/2001, dal momento che, per tutto quanto più sopra rappresentato, le strutture adibite a campeggio debbono, nel caso in esame, rientrare nel concetto di opere realizzate senza permesso di costruire.
Il provvedimento impugnato appare, dunque, immune dai vizi dedotti, per quanto attiene alla parte in cui esso ordina la demolizione di opere realizzate senza il necessario titolo edilizio.
Il ricorso risulta, infine, fondato, nella parte in cui tende ad escludere la legittimità del provvedimento laddove prevede, quale sanzione rispetto all’inerzia, l’acquisizione al patrimonio comunale del suolo su cui insistono le opere non di proprietà del ricorrente.
La giurisprudenza è costante, infatti, nell’escludere tale effetto nel caso in cui le opere non appartengano al proprietario dell’area e, dunque, questi non possa procedere alla loro demolizione Come si legge, ad esempio, nella sentenza del TAR Palermo, n. 808/2015, “il proprietario, il possessore o il detentore di un bene abusivo, può “evitare” gli effetti della eventuale inottemperanza all’ordine di demolizione solamente dimostrando in sede procedimentale di non avere avuto (o di aver perduto) la concreta disponibilità dell’immobile; e di essere stato, pertanto, impossibilitato ad eseguire l’ingiunzione di demolizione”.
Nel caso in esame è incontestato che le opere di cui è stata ordinata la demolizione sono state realizzate dai proprietari di roulottes e case mobili che si sono assunti la responsabilità di ciò. Di tali manufatti il proprietario del camping non ha né il possesso, né la detenzione e qualsiasi intervento sugli stessi potrebbe essere, per ciò stesso, sanzionato. La mancata ottemperanza dell’ordine demolitorio non può, dunque, condurre all’applicazione della sanzione dell’acquisizione del loro sedime al patrimonio comunale che, dunque, risulta essere stata illegittimamente prevista.
B) manufatti di proprietà dell’odierno ricorrente.
Un diverso ragionamento deve essere compiuto con riferimento al secondo ordine di violazioni contestate, riguardante le “strutture fisse” del campeggio, incontestatamente di proprietà del ricorrente.
Si tratta di un lavatoio (struttura in legno e in muratura appoggiata al suolo tramite basamento in cemento, indicata con la lettera A nel provvedimento impugnato) di 8,6 mq e di un ripostiglio (struttura in legno e lamiera appoggiata al suolo tramite blocco di cemento, indicata con la lettera B nel provvedimento impugnato) di 6,56 mq.
La prima risulta essere, in esito alla verificazione disposta, una struttura isolata (il che ne esclude la qualificazione come “variazione non essenziale” di un progetto assentito), rappresentata da una tettoia, chiusa su due lati, al di sotto della quale sono collocati lavandini e lavatrice e da intendersi come riconducibile alla categoria delle “strutture fisse” del campeggio. In base all’art. 55, comma 1, “La realizzazione delle strutture fisse delle aziende ricettive di cui al presente capo è soggetta a permesso di costruire rilasciato dal comune competente per territorio, ovvero a denuncia di inizio attività, che devono essere accompagnate dalla relazione paesistica inerente la sensibilità del sito e l'incidenza del progetto proposto”. A tale regola si sottraggono solo “gli allestimenti mobili di pernottamento, che conservano i meccanismi di rotazione in funzione, non sono collegati permanentemente al terreno e i cui allacciamenti alla rete idrica, elettrica e fognaria sono rimovibili in qualsiasi momento”.
Ne deriva che tale manufatto è stato illegittimamente realizzato in assenza del necessario titolo edilizio, tanto più che il campeggio ricade in area soggetta a vincolo di tutela del paesaggio e, quindi, si rendeva comunque necessaria l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla sua tutela.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire anche in ordine al manufatto individuato con la lettera B. Si tratta, anche in questo caso, di un manufatto isolato ed autonomo, chiuso sui quattro lati e corredato di porta, collocato su di una piastra di cemento e adibito a deposito.
Si tratta, dunque, di un volume autonomo, appartenente all’intimato, non qualificabile come struttura “amovibile”, la cui realizzazione non è stata datata, con la conseguenza che non può nemmeno ravvisarsi un affidamento ingenerante una pretesa di tutela comportante un obbligo di motivazione rinforzato.
Ne discende il rigetto del ricorso anche con riferimento alle opere indicate con le lettere A e B nell’ordinanza impugnata.
Appare opportuno, peraltro, dare conto che tale provvedimento prevedeva la rimozione anche del manufatto sub C. Il ricorso nulla deduce in proposito, ma la verificazione ha accertato la rimozione dello stesso, con la conseguenza che rispetto a tale parte del provvedimento deve ritenersi venuto meno l’interesse alla caducazione.
Così accolto il ricorso nella sola parte in cui prospetta l’acquisizione al patrimonio indisponibile in caso di inerzia dell’intimato, nulla deve essere disposto in ordine alle spese del giudizio, attesa la mancata costituzione del Comune.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, fatta salva la caducazione della previsione dell’acquisizione del sedime come meglio in motivazione precisato.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore