Data: 2015-12-03 08:42:39

DECRETO SBLOCCA ITALIA

Buongiorno avrei necessità di sapere se, secondo voi, in base al c.d. Decreto "Sblocca Italia" in Toscana è possibile trasformare un Albergo in Residence. Grazie

riferimento id:30574

Data: 2015-12-03 18:34:47

Re:DECRETO SBLOCCA ITALIA


Buongiorno avrei necessità di sapere se, secondo voi, in base al c.d. Decreto "Sblocca Italia" in Toscana è possibile trasformare un Albergo in Residence. Grazie
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La risposta è in linea generale POSITIVA in quanto i RESIDENCE sono strutture ricettive a se stanti, disciplinate dalla lr 42/2000 come tertium genus rispetto alle strutture ricettive extra - alberghiere per la ospitalità collettiva ed alle strutture ricettive extra - alberghiere con le caratteristiche della civile-abitazione.

Quindi a mio avviso, anche a prescindere dallo SBLOCCA ITALIA, è sempre ammesso il passaggio dell'albergo al residence.
Sulla similitudine fra alberghi e residence si veda:
Consiglio di Stato, Sezione IV, 31 luglio 2011 SENTENZA N. 7288 (testo integrale in calcio)

In questi casi occorre aver cura a non incorrere in eventuali ipotesi di LOTTIZZAZIONE ABUSIVA qualora il residence sia figura individuata per mascherare una lottizzazione in civili abitazioni ....

Approfondimenti
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=6023.0

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[color=red][b]Consiglio di Stato, Sezione IV, 31 luglio 2011 SENTENZA N. 7288[/b][/color]

1. Gli “alberghi, pensioni, ristoranti” sono immobili che costituiscono parte delle rispettive aziende finalizzate all’impresa turistica. Tali imprese,ai sensi dell’art. 7, l. n. 135/2001, sono quelle che “esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabirlimenti balneari, di infrastrut-ture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, con-dorrenti alla formazione dell'offerta turistica”. Le “case per vacanze” sono, al contrario, immo-bili che hanno uso squisitamente abitativo, da parte del proprietario o di chi ne abbia la dispo-nibilità; uso che sarà stabile, nel caso di utilizzatori residenti; stagionale e/o saltuario, nel caso di utilizzatori non residenti in loco. In definitiva, ciò che distingue le case per abitazione dalle case per vacanze, è solo un elemento successivo e flebile, consistente nell’eventuale diverso uso che di esse, in concreto, faccia l’utilizzatore, se proprietario in esplicazione delle proprie facoltà di godimento del bene, se detentore in virtù dei diritti scaturenti dal tipo di contratto in virtù del quale egli utilizza il bene. Al contrario, ciò che distingue le case vacanze dalle strutture turistiche (e segnatamente dagli alberghi, pensioni e ristoranti) è un elemento ben più rilevante, e cioè la assenza di funzionalizzazione delle prime ad una impresa, laddove l’essere gli immobi-li adibiti a quella finalità è caratteristica essenziale (e vincolante) dei secondi.

2. Quanto ora rilevato è ciò che fonda la differenza tra case per vacanze e residence, e, al tempo stesso, consente di assimilare questi ultimi agli alberghi. Infatti, mentre le residenze turistico – alberghiere sono dotati di servizi comuni e costituiscono beni (immobili) al servizio di una atti-vità di impresa (turistica), le case per vacanze sono immobili nella disponibilità del proprietà-rio con finalità meramente abitativa (permanente o temporanea che essa sia). Non a caso, infatti, gli alberghi “e simili” sono previsti dallo strumento urbanistico in zona F (riferita a “at-trezzature e impianti di interesse generale” ex D.M. n. 1444/1968, e, nella Regione Calabria, a servizi pubblici o di interesse pubblico, ex l. n. 19/2002), mentre l’edilizia residenziale private attiene a zone omogenee diverse.

3. La “vocazione turistica” delle case per vacanze (sulla quale anche la precedente decisione n. 4967/2007 fonda la propria conclusione favorevole) discende solo dalla mera eventualità dell’utilizzazione delle stesse, in tutto e per tutto simili, quanto a tipologia immobiliare, alle normali case di abitazione privata.
FATTO

1. Con l’appello in esame, la società “Edil Mar” impugna la sentenza 18 maggio 2010 n. 778, con la quale il TAR Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, ha respinto il suo ricorso avverso il provvedimento 5 marzo 2009 n. 1229, con il quale è stato adottato “l’ordine di non effettuazione lavori”, relativi al mutamento di destinazione d’uso, da turistico-alberghiero ad appartamenti per le vacanze (residenze turistiche ad uso privato), degli immobili di sua proprietà ubicati in Rossano, loc. Zolfara, e per i quali aveva in precedenza presentato d.i.a. in data 23 febbraio 2009.
Secondo il Tribunale, “la modifica della destinazione d’uso e l’attuazione del diverso uso sono pur sempre subordinati alle previsioni dello strumento urbanistico e devono adeguarsi ad esse” di modo che “il diverso uso dell’immobile non sarà quindi attuabile allorchè risulti in contrasto con le previ-sioni urbanistiche”. Tanto si desume, secondo il primo giudice, dalla corretta interpretazione dell’art. 57 l. reg. Calabria n. 19/2002 – che distingue appunto tra “modifiche alla destinazione d’uso” (che si ha in caso di passaggio tra i diversi raggruppamenti previsti dal comma 4, ovvero tra le zone omoge-nee del D.I. n. 1444/1968) e il “diverso uso”. Nel caso di specie, “lo strumento urbanistico vigente non prevede la realizzazione di edilizia residenziale privata”.
Inoltre, secondo il Tribunale (che ha rigettato in tal modo i motivi di ricorso con i quali si deduceva il difetto di istruttoria e di presupposti, nonché il difetto di congrua motivazione), l’art. 57 citato “altro non fa che prevedere le destinazioni d’uso compatibili con le zone previste dal D.M. n. 1444/1968, senza incidere minimamente sulla disciplina, propria dei singoli strumenti urbanistici, inerenti alle singole destinazioni d’uso delle sottozone”. Nel caso di specie, “le N.T.A. disciplinano in modo puntuale le destinazioni d’uso ammissibili in zona F3 e tra esse non figurano certamente destinazioni compatibili con le case per le vacanze, giacchè le strutture ricettive ammesse sono solo quelle di tipo alberghiero, come reso evidente dal riferimento esclusivo ad alberghi e pensioni.”.
Inoltre, per un verso, non risulta dimostrato che il residence in questione ha rispettato l’indice di fabbricazione previsto per gli immobili diversi dagli alberghi, per altro verso, è infondato il dedotto vizio di difetto di motivazione, secondo il quale l’amministrazione avrebbe omesso di esplicitare un’adeguata ponderazione dello stato di urbanizzazione della zona considerata.
Avverso la decisione del TAR Calabria, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) error in iudicando; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, insufficienza e/o inadeguatezza della motivazione, illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta; ciò in quanto:
a) il provvedimento impugnato in I grado “si limita a dichiarare in maniera apodittica l’incompatibi-lità tra il richiesto mutamento di destinazione e le destinazioni consentite nella sottozona di P,R.G. di riferimento ossia quella F3” senza motivare in ordine a quali sarebbero le differenze tra “residenze estive per le vacanze” e gli “alberghi, pensioni . . . e simili”, richiamati dalle N.T.A.;
b) le N.T.A., contrariamente a quanto asserito dal Comune, “non prevedono un indice fondiario di m. 2 mc/mq esclusivamente per la realizzazione di alberghi”, dovendosi invece “ragionevolmente rite-nere che tale indice debba essere applicato, non solo agli alberghi, ma anche alle strutture ricettive a queste assimilabili come i residence alberghieri e . . . le case per le vacanze”;
c) inoltre, il cambio di destinazione d’uso del residence “avrebbe dovuto essere oggetto di una speci-fica ed autonoma valutazione, dalla quale sarebbe emerso, peraltro, che lo stesso è stato realizzato applicando un indice fondiario inferiore rispetto ai 2,0 mc/mq, rientrante nei 1,5 mc/mq previsti per la sottozona F3”;
d) le N.T.A, lungi dal fare esclusivo riferimento alle strutture alberghiere, richiamano espressamente una “similìtudine”, potendosi ricomprendere anche le case per vacanze, posto che esse “non possono essere assimilate alle comuni residenze private”; e tanto avrebbe dovuto considerare l’amministrazio-ne, “spingendosi ad una valutazione sulla similitudine tra i residence turistico-alberghieri e le case per le vacanze”;
b) in via subordinata: error in iudicando; violazione e falsa applicazione art. 22 DPR n. 380/2001; art. 57 l. reg. n. 19/2002; artt. 5, punto 7, co. 3, 19 e 158 NTA del Comune di Rossano; violazione e/o falsa applicazione art. 97 Cost; eccesso di potere per carenza di presupposti ed illogicità; poiché “anche qualora il cambio di destinazione richiesto dalla Edil Mar comportasse una destinazione degli immobili per l’uso residenziale, il provvedimento gravato in prime cure sarebbe comunque illegitti-mo, se si considera che sia la destinazione turistico-ricettiva, sia quella residenziale, fanno parte del medesimo raggruppamento normativamente previsto”, di modo che il mutamento di destinazione d’uso “può ritenersi ammissibile a condizione che dallo stesso non derivi . . . la necessità di dotazioni aggiuntive di standards, servizi e spazi pubblici o privati”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Rossano, che ha concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Oggetto della presente controversia – così come preliminarmente chiarito anche dal ricorso in appel-lo – è la affermata “incompatibilità tra il richiesto mutamento di destinazione e le destinazioni con-sentite nella sottozona del PRG di riferimento, ossia quella F3”, e ciò assumendosi che “la nuova de-stinazione da imprimersi agli immobili realizzandi sia satisfattiva di interessi che esulano dalla ricet-tività turistica e, al contrario, diretti a soddisfare esigenze di carattere residenziale-privato”.
Nella prospettazione della società ricorrente, il mutamento di destinazione d’uso degli immobili da “residenze turistico alberghiere ad appartamenti per le vacanze” non sarebbe impedito né dalla disci-plina urbanistica della Regione Calabria (art. 57 l. reg. n. 19/2002), né dal PRG di Rossano, che, con riferimento alla sottozona di interesse F3, prevede la possibilità di realizzare “alberghi, pensioni . . . e simili”, con ciò ricomprendendo, appunto, tra le strutture similari le case per vacanze. A maggior ragione, nel caso di specie, dove il mutamento non avrebbe comportato “la realizzazione di alcuna opera edile, conservandosi i medesimi servizi per la ricettività alberghiera”.
Al contrario, nella appellata sentenza è esclusa ogni assimilazione, ritenendosi che “le N.T.A. disciplinano in modo puntuale le destinazioni d’uso ammissibili in zona F3 e tra esse non figurano certamente destinazioni compatibili con le case per le vacanze, giacchè le strutture ricettive ammesse sono solo quelle di tipo alberghiero, come reso evidente dal riferimento esclusivo ad alberghi e pen-sioni.”.Più precisamente, in zona F3 “lo strumento urbanistico vigente non prevede la realizzazione di edilizia residenziale privata”.
Ancor prima della sentenza appellata, il provvedimento impugnato in I grado (ordine di non effettua-zione lavori 5 marzo 2009 n. 1229) aveva affermato, con riguardo alla zona del PRG di Rossano nella quale risulta ubicato l’intervento edilizio, che “nella zona F3 non è possibile realizzare edilizia residenziale privata” e che “l’utilizzo dell’indice fondiario 2,00 mc/mq è ammesso esclusivamente per la costruzione di alberghi”
Orbene, occorre innanzi tutto chiarire alcuni elementi in fatto ed in diritto:
- in fatto, risulta pacifico tra le parti che l’intervento è ubicato in zona omogenea “F”, sottozona “3” del Comune di Rossano;
- in diritto, che il quadro normativo di riferimento è rappresentato, oltre che dalle prescrizioni del PRG di Rossano ed in particolare dalle NTA (in specie, dall’art. 158), dall’art. 57 della l. reg. Calabria 16 aprile 2002 n. 19, e, in parte, dal D.M. 2 aprile 1968 n. 1444.
Orbene, l’art. 57 L. reg. Calabria, relativamente alla “disciplina del mutamento delle destinazioni d’uso degli immobili”, prevede, tra l’altro:
(comma 3): “Le destinazioni d'uso sono definite sulla base del rapporto tra funzionalità e qualità urbana, ai fini della formazione di centri di aggregazione di funzioni, di riordino e di riequilibrio delle strutture insediative ed in coerenza con il piano del traffico e delle mobilità e con il programma urbano dei parcheggi.”
(comma 4): “ Le destinazioni d'uso sono suddivise nei seguenti raggruppamenti:
a) residenziale, turistico-ricettiva e direzionale, sanitaria;
b) produttiva (commerciale, artigianale, industriale nei limiti dimensionali stabiliti dalla normativa vigente in materia di piccole e medie imprese e di trasformazione);
c) industriale (nei limiti dimensionali stabiliti dalla legislazione vigente in materia di imprese maggiori);
d) servizi pubblici o di interesse pubblico a carattere generale o comprensoriale;
e) agricola.”
Il successivo comma 5 prevede che “ le destinazioni d'uso di cui alla lettera a) possono essere insediate nelle zone di tipo A), B) e C) di cui al Decreto Interministeriale n. 1444, del 2 aprile 1968, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.”.
Al contrario, nelle zone omogenee di tipo F, di cui al D.M. n. 1444/1968, possono essere insediate le destinazioni d’’uso di cui al “raggruppamento D”, cioè “servizi pubblici o di interesse pubblico, a carattere generale o comprensoriale”.
Per l’art. 57, inoltre:
- il “mutamento di destinazione d’uso”, si ha quando vi è “il passaggio tra i diversi raggruppamenti di cui al precedente comma 4, nonché tra le zone omogenee del Decreto Interministeriale n. 1444, del 2 aprile 1968, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali” (comma 9), e ciò “quando l'immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenente ad una delle categorie di destinazione di cui al comma 4 diversa da quella in atto.” (comma 10). Tale “destinazione in atto”, ai sensi del comma 11, “è quella fissata dalla licenza, permesso di costruire o autorizzazione per essi rilasciata, ovvero, in assenza o nell'indeterminatezza di tali atti, della classificazione catastale attribuita in sede di accatastamento o da altri atti probanti.”;
- il “diverso uso” dell’immobile si ha quando vi sia una utilizzazione diversa da quella di cui alle au-torizzazioni, ma “all’interno dello stesso raggruppamento tra quelli elencati al comma 4 e comunque il mutamento da cui non derivi la necessità di dotazioni aggiuntive e di standards, servizi e spazi pub-blici o privati”. In questo caso (che è quello oggetto della presente controversia) il privato può proce-dere in base a D.I.A. (comma 14).
In definitiva – e per quel che interessa ai fini della presente decisione – la legge regionale include in un unico raggruppamento, la destinazione d’uso “residenziale” con quella “turistico-ricettiva” e, per entrambe (in quanto ricomprese nel “raggruppamento A”), prevede una loro possibile collocazione nelle zone omogenee A, B, e C del territorio comunale, sempre che in tal senso disponga lo strumento urbanistico comunale.
Allo stesso tempo, l’art. 57 citato dispone che il “diverso uso” tra diverse destinazioni rientranti nel medesimo raggruppamento possa essere effettuato con DIA
Tuttavia, non è questa l’ipotesi applicabile al caso di specie, poiché l’intervento edilizio (del cui uso differente dall’originario titolo autorizzatorio si controverte) è collocato in Zona F3 del PRG di Rossano, da questo destinata a “attrezzature e servizi privati”, peraltro in coerenza con quanto disposto dal D.M. n. 1444/1969, che all’art. 2 (disciplinante le “zone territoriali omogenee”), prevede quale zona F “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”.
Lo strumento urbanistico, dunque, non dispone in modo coerente con il comma 6 dell’art. 57, che espressamente subordina la propria operatività alle previsioni in concreto introdotte dal piano regolatore, né tanto meno ne costituisce attuazione.
In definitiva, nell’ottica dell’art. 57, il “passaggio” da “residenza turistico-alberghiera” a “casa per vacanza” (o, come precisamente indicato nella DIA, a “residenza turistica ad uso privato”), se pure avverrebbe tra destinazioni appartenenti allo stesso raggruppamento (e ciò anche ritenendo “residen-ziale” e non “turistico-alberghiera” la nuova destinazione), sconta tuttavia la collocazione dell’inter-vento stesso in zona F (e non in una delle zone A, B, o C che lo stesso art. 57 considera come quelle “di riferimento”per il raggruppamento in esame), di modo che non risulta applicabile la previsione del comma 14.
A ciò occorre aggiungere che il sopra riportato comma 9 dell’art. 57, nell’individuare cosa debba intendersi per “mutamento di destinazione d’uso”, afferma essere tale non solo il “passaggio tra i diversi raggruppamenti di cui al precedente comma 4” (ipotesi che non ricorrerebbe nel caso di spe-cie, stante l’appartenenza delle due destinazioni allo stesso raggruppamento), ma anche il passaggio tra le zone omogenee di cui al D.M. n. 1444/1968.. Ed il mutamento di destinazione d’uso, a diffe-renza del “diverso uso” soggetto a DIA, è assoggettato a permesso di costruire.
Né, infine, l’assimilazione operata dall’art. 57 tra destinazione “residenziale” e “turistico-ricettiva” è utilizzabile ai fini del presente giudizio, proprio perché essa sconta una non irrilevante (ai fini della assimilazione) collocazione degli interventi in zone omogenee A, B, e C, presupposto la cui mancan-za ne esclude l’utilizzabilità anche a fini interpretativi generali.
Le considerazioni sin qui esposte chiariscono l’infondatezza del motivo di appello riportato sub b) dell’esposizione in fatto, determinandone il rigetto.

3. Il Collegio ritiene, quindi, dirimente, ai fini del decidere sull’appello proposto, stabilire se le “case per le vacanze” (ovvero “residenze turistiche ad uso privato”) possano essere considerate e/o assimi-late a strutture turistiche propriamente dette, e se, in tal caso, risulti possibile, alla luce della discipli-na vigente, il mutamento di destinazione d’uso, ovvero il richiesto “diverso uso” dell’immobile.
Al fine di affrontare correttamente la questione – e prima ancora di entrare nel merito della possibile (o meno) assimilazione - il Collegio osserva, per maggior chiarezza, che la norma invocata per sotto-porre l’intervento a DIA (art. 57, comma 14 l. reg. n. 19(2002), prevede che il “diverso uso” si ha allorchè la modifica avviene tra destinazioni rientranti nello stesso raggruppamento.
Ma le destinazioni “residenziale” e “turistico-alberghiera”, nell’ottica di detta legge, non attengono alla zona omogenea F, bensì alle diverse zone A, B e C, mentre la norma invocata prevede, per la zona F, “servizi pubblici e di interesse pubblico a carattere generale o comprensoriale”.
In definitiva (e come già risultava evidente da quanto esposto al punto precedente della decisione), vi è uno “scarto” tra normativa nazionale (D.M. n. 1444/1968), alla quale si è adeguato il PRG – e che prevede le strutture turistiche inerenti alla zona F – e la legge regionale, che invece prevede tali strutture come inerenti alle zone A, B, e C.
Da ciò consegue che l’art. 57, se non è proficuamente utilizzabile per fondare l’assimilazione tra de-stinazione residenziale e destinazione turistico alberghiera (stante l’assenza dei presupposti di cui ai commi 4 e 6), non di meno – per il tramite del classico argumentum a contrariis – porta un argomen-to, con riferimento al caso di specie, in favore della tesi della non assimilazione.
Infatti, se tale assimilazione, nell’ottica della norma regionale, è possibile solo nell’ambito delle pre-dette zone A, B e C, dove una attività edilizia, anche di completamento e/o sviluppo, attiene ad inter-venti massimamente, e lato sensu, residenziali, appare evidente che tale assimilazione sia da esclude-re laddove la zona omogenea - sia per normativa nazionale, sia per normativa regionale - risulta destinata a “servizi” ovvero ad “attrezzature ed impianti di interesse generale”.
Prescindendo da tale argomento, il Collegio ritiene che gli immobili con destinazione a case per vacanze non siano assimilabili a residenze turistico - alberghiere.
Innanzi tutto, occorre osservare che l’art. 158 NTA del Comune di Rossano prevede che le destina-zioni consentite in zona F3 (si cita dal ricorso, pag. 12) “concernnono gli interventi per la realizza-zione di “attrezzature per il tempo libero, il ristoro, i servizi di utenza ecc. – attività commerciali e socio-sanitarie; alberghi, pensioni, ristoranti e simili”.
Se tale è il testo della disposizione, il Collegio rileva che un primo problema di assimilazione agli “alberghi e pensioni” riguarda proprio le stesse residenze turistiche alberghiere, che senza alcun dub-bio possono essere assimilate agli alberghi, e poi (come nel caso di specie), solo in seconda battuta, le “case per vacanze”.
Si intende affermare che il problema di “similitudine”, evocato nell’atto di appello, a stretto rigore non riguarda direttamente le case vacanze alle residenze alberghiere, bensì innanzi tutto questi ultimi agli alberghi e, solo successivamente (e qualora la prima “similitudine” sia positiva) le case per vacanze alle citate residenze.
Si tratta, per così dire, di una “similitudine di secondo grado”, non immediata, e il cui esame sconta un meno diretto rapporto con la norma ed abbisogna, per concludersi positivamente, di un maggior esame argomentativo.
Questo Collegio non ignora che in una propria precedente decisione (indicata anche nell’atto di ap-pello: Sez. IV, 26 settembre 2007 n. 4967) si è ritenuto che le case per vacanze possano essere ricom-prese tra le strutture turistiche e, quindi, essere assimilate agli alberghi. Nel caso ivi considerato, la zona F dello strumento urbanistico del Comune prevedeva la realizzabilità di “opere con destinazione turistico-ricettiva”, così rivelando, secondo il precedente citato “la compatibilità con la destinazione di zona della realizzazione di opere che, per la loro destinazione funzionale, servono a soddisfare proprio l’interesse generale del Comune . . . (dotato di palese vocazione turistica) all’incremento della ricettività nel periodo estivo. Né la destinazione turistica può intendersi . . . come circoscritta alle (ed esaurita dalle) sole strutture alberghiere, atteso che anche gli appartamenti per le vacanze realizzano, seppur con modalità diverse, la medesima funzione ricettiva degli alberghi e servono, allo stesso modo, ad accrescere l’offerta di alloggi ai turisti.”.
Il Collegio ritiene di doversi discostare da tale orientamento, oltre che per le argomentazioni sin qui richiamate, per le ragioni di seguito esposte.
Gli “alberghi, pensioni, ristoranti” (cui fa riferimento l’art. 158 delle N.T.A.) sono immobili che costituiscono parte delle rispettive aziende finalizzate all’impresa turistica.
Tali imprese,ai sensi dell’art. 7, l. n. 135/2001, sono quelle che “esercitano attività economiche, orga-nizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di ser-vizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministra-zione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica.”.
Le “case per vacanze” sono, al contrario, immobili che hanno uso squisitamente abitativo, da parte del proprietario o di chi ne abbia la disponibilità; uso che sarà stabile, nel caso di utilizzatori residenti; stagionale e/o saltuario, nel caso di utilizzatori non residenti in loco.
In definitiva, ciò che distingue le case per abitazione dalle case per vacanze, è solo un elemento suc-cessivo e flebile, consistente nell’eventuale diverso uso che di esse, in concreto, faccia l’utilizzatore, se proprietario in esplicazione delle proprie facoltà di godimento del bene, se detentore in virtù dei diritti scaturenti dal tipo di contratto in virtù del quale egli utilizza il bene.
Al contrario, ciò che distingue le case vacanze dalle strutture turistiche (e segnatamente dagli alber-ghi, pensioni e ristoranti) è un elemento ben più rilevante, e cioè la assenza di funzionalizzazione delle prime ad una impresa, laddove l’essere gli immobili adibiti a quella finalità è caratteristica essenziale (e vincolante) dei secondi.
Quanto ora rilevato è ciò che fonda la differenza tra case per vacanze e residence, e, al tempo stesso, consente di assimilare questi ultimi agli alberghi.
Infatti, mentre le residenze turistico - alberghiere sono dotati di servizi comuni e costituiscono beni (immobili) al servizio di una attività di impresa (turistica), le case per vacanze sono immobili nella disponibilità del proprietario con finalità meramente abitativa (permanente o temporanea che essa sia).
Non a caso, infatti, gli alberghi “e simili” sono previsti dallo strumento urbanistico in zona F (riferita a “attrezzature e impianti di interesse generale” ex D.M. n. 1444/1968, e, nella Regione Calabria, a servizi pubblici o di interesse pubblico, ex l. n. 19/2002), mentre l’edilizia residenziale private attiene a zone omogenee diverse.
In definitiva, la “vocazione turistica” delle case per vacanze (sulla quale anche la precedente decisio-ne n. 4967/2007 fonda la propria conclusione favorevole) discende solo dalla mera eventualità dell’utilizzazione delle stesse, in tutto e per tutto simili, quanto a tipologia immobiliare, alle normali case di abitazione privata.
Al contrario, la previsione delle potenzialità edificatorie della zona F attiene strettamente, nella logi-ca sottostante all’esercizio del potere discrezionale pianificatorio dell’amministrazione, alla realizza-zione di insediamenti produttivi (nel settore dei servizi) o di attrezzature ed impianti di interesse ge-nerale, categorie alle quali sembra difficile ricondurre immobili ad uso abitativo di proprietà privata.
Né si giunge a diverse conclusioni argomentando che anche l’utilizzo di case per vacanze da parte di proprietari od utilizzatori, risponde ad una finalità di incremento dell’offerta di alloggio ai turisti.
In disparte ogni considerazione sul carattere di mera eventualità della predetta finalità, appare ad ogni evidenza del tutto diversa una previsione urbanistica volta ad incrementare, in una determinata zona del territorio, le strutture ricettive di tipo imprenditoriale (con le conseguenze occupazionali, ed economiche in generale, che tale incremento comporta) – finalità che consente anche, nell’ambito delle valutazioni discrezionali, di prevedere, come nel caso di specie, indici e standard differenti e più “favorevoli” – rispetto ad una previsione urbanistica che si risolve nella mera realizzazione di alloggi, distinguibili solo in ragione dell’uso che il proprietario intende fare dei medesimi.
Né dagli atti si ricava che, una volta realizzate, le case per vacanze dovranno essere destinate dal pro-prietario solo per utilizzazioni temporanee, connesse a finalità turistiche, e secondo gli schemi tipici contrattuali del settore turistico. Ed anche se ciò in ipotesi avvenisse, si rileva comunque una forte differenza, non essendo affatto rapportabile alla creazione di strutture ricettive costituenti beni di impresa turistica, la realizzazione di alloggi privati, per di più destinati a restare inutilizzati per buona parte dell’anno.
Non sono, in altre parole, comparabili le valutazioni discrezionali che l’amministrazione ha potuto effettuare, con riferimento a imprese turistico- ricettive, con quelle che comportano una utilizzazione del territorio per cd. “seconde case”.
Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, consegue che le “case per vacanze” ovvero “residenze turistiche ad uso privato”, non sono equiparabili agli “alberghi, pensioni, ristoranti, e simili”, di cui all’art. 158 NTA del Comune di Rossano e, pertanto, non è possibile il “diverso uso” degli immobili, ai sensi dell’art. 57, comma 14, l. reg. Calabria n. 19/2002.
Per le ragioni espresse, risultano infondati i motivi di impugnazione, come esposti nel ricorso e riportati sub lett. a) dell’esposizione in fatto, con conseguente reiezione dell’appello e conferma della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Edil Mar s.a.s. (n. 7288/2010 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Rossano, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori previsti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

riferimento id:30574

Data: 2015-12-03 19:36:30

Re:DECRETO SBLOCCA ITALIA

Anche il TAR Toscana n. 680 del 02/05/2014
Afferma il tribunale
[i]...orbene, come sottolineato in altra decisione della Sezione (n. 1458/2009), può accadere che tali residenze vengano abusivamente utilizzate a fini abitativi, previo frazionamento dell’immobile. Non è invero infrequente che costruzioni edificate in base a permessi per uso alberghiero (specie in località di vacanza) vengano poi cedute dai costruttori, o da successivi acquirenti, per quote, o, addirittura, previo frazionamento dell’immobile in appartamenti, a un prezzo di mercato simile a quello degli immobili per abitazione. Tale mutamento di destinazione d’uso può avvenire con o senza realizzazione di opere ulteriori, ma in ogni caso implica un organismo in tutto o in parte diverso da quello precedente e integra gli estremi della lottizzazione abusiva; e ciò in violazione di numerose norme (urbanistiche, tributarie, turistiche, sanitarie, di pubblica sicurezza, antincendio, ma anche penali) e con danni di natura ambientale e fiscale, derivanti dalla minore recettività delle strutture e dalla mancata assunzione di personale.
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