Data: 2015-11-30 08:23:12

Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

[color=red][b]APPROFONDIMENTI sul PREAVVISO DI RIGETTO[/b][/color]:

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[color=red][b]Legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme sul procedimento amministrativo"[/b][/color]
[b]Testo coordinato ed aggiornato al 30 novembre 2015[/b]

Art. 1 (Princípi generali dell'attività amministrativa)

1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell'ordinamento comunitario.
(comma così modificato dall'art. 1, comma 1, legge n. 15 del 2005 poi dall'art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)

1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005)

1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei princípi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005, poi così modificato dall'art. 1, comma 37, legge n. 190 del 2012)

2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.

Art. 2 (Conclusione del procedimento)
(articolo così sostituito dall'art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.
(comma così modificato dall'art. 1, comma 38, legge n. 190 del 2012)

2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.

3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.

4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.

5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.

6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2.

8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti.
(comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012)

9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
(comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012)

9-bis. L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione. Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l’interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012, poi così modificato dall'art. 13, comma 01, legge n. 134 del 2012)

9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012)

9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all'organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge o dai regolamenti. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012)

9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte è espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all'articolo 2 e quello effettivamente impiegato.
(comma introdotto dall'art. 1, comma 1, legge n. 35 del 2012)

Art. 2-bis. (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento)
(articolo introdotto dall'art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)

1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento.
(comma introdotto dall'art. 28, comma 9, legge n. 98 del 2013)

2. (comma abrogato dall'Allegato 4, articolo 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

Art. 3 (Motivazione del provvedimento)

1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.

3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama.

4. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.

Art. 3-bis (Uso della telematica)
(introdotto dall'art. 3 della legge n. 15 del 2005)

1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.

Art. 4 (Unità organizzativa responsabile del procedimento)

1. Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l’unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale.

2. Le disposizioni adottate ai sensi del comma 1 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.

Art. 5 (Responsabile del procedimento)

1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all’unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale.

2. Fino a quando non sia effettuata l’assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell’articolo 4.

3. L’unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai soggetti di cui all’articolo 7 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse.

Art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento)

1. Il responsabile del procedimento:

a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;
c) propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all’articolo 14;
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti;
e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.
(lettera così modificata dall'art. 4 della legge n. 15 del 2005)

Art. 6-bis. (Conflitto di interessi)
(introdotto dall'art. 1, comma 41, legge n. 190 del 2012)

1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

Art. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento)

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.

Art. 8 (Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento)

1. L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale.

2. Nella comunicazione debbono essere indicati:

a) l’amministrazione competente;
b) l’oggetto del procedimento promosso;
c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
(lettera introdotta dall'art. 5 della legge n. 15 del 2005)
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;
(lettera introdotta dall'art. 5 della legge n. 15 del 2005)
d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima.

4. L’omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.

Art. 9 (Intervento nel procedimento)

1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.

Art. 10 (Diritti dei partecipanti al procedimento)

1. I soggetti di cui all’articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell’articolo 9 hanno diritto:

a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24;
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.

Art. 10-bis. (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza)
(introdotto dall'art. 6 della legge n. 15 del 2005)

1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all'amministrazione.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 3, della legge n. 180 del 2011)

Art. 11 (Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento)

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo.
(comma così modificato dall'art. 7, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005)

1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati.
(comma introdotto dall'art. 3-quinquies della legge n. 273 del 1995)

2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3.
(comma così modificato dall'art. 1, comma 47, legge n. 190 del 2012)

3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.

4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.

4-bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento.
(comma introdotto dall'art. 7, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005)

5. (comma abrogato dall'Allegato 4, articolo 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

Art. 12 (Provvedimenti attributivi di vantaggi economici)

1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
(comma così modificato dall'art. 42, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013)

2. L’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1.

Art. 13 (Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione)

1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.

2. Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.

Art. 14 (Conferenza di servizi)
(articolo già sostituito dall'art. 9 della legge n. 340 del 2000)

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi.
(comma così modificato dall'art. 49, comma 1, legge n. 122 del 2010)

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005, poi dall'art. 49, comma 1, legge n. 122 del 2010)

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall’amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005)

4. Quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione competente per l’adozione del provvedimento finale.

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario, entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1, lettera c), legge n. 15 del 2005)

5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni.
(comma introdotto dall'art. 8, comma 1, lettera d), legge n. 15 del 2005)

Art. 14-bis (Conferenza di servizi preliminare)
(articolo già sostituito dall'art. 10 della legge n. 340 del 2000)

1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005)

1-bis. In relazione alle procedure di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la conferenza dei servizi è sempre indetta. La conferenza si esprime sulla base dello studio di fattibilità per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara ovvero sulla base del progetto preliminare per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara. Le indicazioni fornite in sede di conferenza possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.
(comma introdotto dall'art. 3, comma 1, legge n. 134 del 2012)

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l’interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005)

3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d’impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell’ambito di tale conferenza, l’autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell’ambito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 14-quater, comma 3.
(comma introdotto dall'art. 9, comma 1, lettera c), legge n. 15 del 2005)

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. (ora d.lgs. n. 163 del 2006 - n.d.r.)

Art. 14-ter (Lavori della conferenza di servizi)
(articolo già sostituito dall'art. 11 della legge n. 340 del 2000)

01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.
(comma introdotto dall'art. 10, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005)

1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti e può svolgersi per via telematica.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 1, legge n. 69 del 2009)

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l’effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l’amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. La nuova data della riunione può essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la richiesta provenga da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l'edilizia, ove costituiti, o i Comuni concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
(comma così modificato dall'art. 10, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005, poi dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

2-bis. Alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto.
(comma aggiunto dall'art. 9, comma 2, legge n. 69 del 2009)

2-ter. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.
(comma aggiunto dall'art. 9, comma 2, legge n. 69 del 2009)

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell’istanza o del progetto definitivo ai sensi dell’articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l’amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo.
(comma così modificato dall'art. 10, comma 1, lettera c), legge n. 15 del 2005)

3-bis. In caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, 42.
(comma introdotto dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

4. Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis, nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori. Per assicurare il rispetto dei tempi, l’amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale può far eseguire anche da altri organi dell’amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. In tal caso gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto, secondo le tabelle approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
(comma così modificato dall'art. 10, comma 1, lettera d), legge n. 15 del 2005, poi dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

4-bis. Nei casi in cui l'intervento oggetto della conferenza di servizi è stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS), i relativi risultati e prescrizioni, ivi compresi gli adempimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA, qualora effettuata nella medesima sede, statale o regionale, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
(comma introdotto dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità.
(comma così modificato dall'art. 10, comma 1, lettera e), legge n. 15 del 2005)

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui ai commi 3 e 4, l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato. Resta salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli 2 e 2-bis.
(comma così sostituito dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paessaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.
(comma così sostituito dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento.

8-bis. I termini di validità di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell'ambito della Conferenza di Servizi, decorrono a far data dall'adozione del provvedimento finale.
(comma introdotto dall'art. 25, comma 1, lettera a), legge n. 164 del 2014)

9. (comma abrogato dall'art. 49, comma 2, legge n. 122 del 2010)

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all’estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.

Art. 14-quater (Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi)
(articolo già sostituito dall'art. 12 della legge n. 340 del 2000)

1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso.
(comma così modificato dall'art. 49, comma 3, legge n. 122 del 2010)

2. (abrogato dall'art. 11, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005)

3. Al di fuori dei casi di cui all'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, ai fini del raggiungimento dell'intesa, entro trenta giorni dalla data di rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la partecipazione della regione o della provincia autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione sulle decisioni di competenza. In tale riunione i partecipanti debbono formulare le specifiche indicazioni necessarie alla individuazione di una soluzione condivisa, anche volta a modificare il progetto originario. Se l'intesa non è raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, è indetta una seconda riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con le medesime modalità della prima, per concordare interventi di mediazione, valutando anche le soluzioni progettuali alternative a quella originaria. Ove non sia comunque raggiunta l'intesa, in un ulteriore termine di trenta giorni, le trattative, con le medesime modalità delle precedenti fasi, sono finalizzate a risolvere e comunque a individuare i punti di dissenso. Se all'esito delle predette trattative l'intesa non è raggiunta, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate.
(comma sostituito dall'art. 49, comma 3, legge n. 122 del 2010, poi modificato dall'art. 5, comma 2, lettera b), legge n. 106 del 2011, poi dall'art. 33-octies, comma 1, legge n. 221 del 2012, poi dall'art. 25, comma 1, lettera b), legge n. 164 del 2014)

3-bis. 3-ter. 3-quater. (commi soppressi dall'art. 49, comma 3, legge n. 122 del 2010)

3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione
(comma introdotto dall'art. 11, comma 1, lettera b), legge n. 15 del 2005)

4. (abrogato dall'art. 11, comma 1, lettera c), legge n. 15 del 2005)

5. Nell’ipotesi in cui l’opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.

Art. 14-quinquies (Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto)
(introdotto dall'art. 12 della legge n. 15 del 2005)

1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, (ora articolo 153 del d.lgs. n. 163 del 2006 - n.d.r.) sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'articolo 37-quinquies della medesima legge.

Art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni)

1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2 e 3.
(comma così modificato dall'Allegato 4, art. 3, comma 2, d.lgs. n. 104 del 2010)

2-bis. A fare data dal 30 giugno 2014 gli accordi di cui al comma 1 sono sottoscritti con firma digitale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con firma elettronica avanzata, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera q-bis) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o con altra firma elettronica qualificata pena la nullità degli stessi. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. All'attuazione della medesima si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalia legislazione vigente.
(comma aggiunto dall'art. 6, comma 2, legge n. 221 del 2012, poi così modificato dall'art. 6, comma 5, legge n. 9 del 2014)

Art. 16 (Attività consultiva)

1. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, (ora articolo 1 del d.lgs. n. 165 del 2001 - n.d.r.) sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro venti giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso, che comunque non può superare i venti giorni dal ricevimento della richiesta.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere obbligatorio o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’espressione del parere. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere facoltativo o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere. Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri di cui al presente comma.
(comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.

4. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie i termini di cui al comma 1 possono essere interrotti per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
(comma così modificato dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

5. I pareri di cui al comma 1 sono trasmessi con mezzi telematici.
(comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

6. Gli organi consultivi dello Stato predispongono procedure di particolare urgenza per l’adozione dei pareri loro richiesti.

6-bis. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 127 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
(comma aggiunto dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

Art. 17 (Valutazioni tecniche)

1. Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell’amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.

3. Nel caso in cui l’ente od organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie all’amministrazione procedente, si applica quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 16.

Art. 17-bis. Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici
(articolo introdotto dall'art. 3 della legge n. 124 del 2015)

1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.

Art. 18 (Autocertificazione)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni. Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla Commissione di cui all’articolo 27.

2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
(comma così sostituito dall'art. 3, comma 6-octies, legge n. 80 del 2005)

3. Parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

Art. 19 (Segnalazione certificata di inizio attività - SCIA)
(articolo così sostituito dall'art. 49, comma 4-bis, legge n. 122 del 2010)
(per l'interpretazione si veda l'art. 5, comma 2, legge n. 106 del 2011)

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.
(comma modificato dall'art. 5, comma 2, lettera b), legge n. 106 del 2011, poi dall'art. 2, comma 1, legge n. 35 del 2012, poi dall'art. 13, comma 1, legge n. 134 del 2012)

2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.

3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell'attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata.
(comma così sostituito dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)


4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies.
(comma così sostituito dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
(comma introdotto dall'art. 2, comma 1-quinquies, legge n. 163 del 2010)

5. (comma abrogato dal n. 14 del comma 1 dell'art. 4 dell'allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010)

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni

6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali.
(comma aggiunto dall'art. 5, comma 2, legge n. 106 del 2011, poi così modificato dall'art. 6, comma 1, decreto-legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011)

6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
(comma aggiunto dall'art. 6, comma 1, decreto-legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011)

Art. 20 (Silenzio assenso)
(articolo così sostituito dall'art. 3, comma 6-ter, legge n. 80 del 2005)

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.

2. L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.

3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 3, legge n. 69 del 2009)

5. Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis.
(comma così modificato dall'art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)

5-bis. Ogni controversia relativa all'applicazione del presente articolo è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
(comma introdotto dall'art. 2, comma 1-sexies, della legge n. 163 del 2010)

Art. 21 (Disposizioni sanzionatorie)

1. Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall’articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.
(comma così modificato dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

2. (comma abrogato dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

2-bis. Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20.
(comma aggiunto dall'art. 3, comma 6-nonies, legge n. 80 del 2005)

CAPO IV-bis - EFFICACIA ED INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO. REVOCA E RECESSO
(capo introdotto dall'art. 14 della legge n. 15 del 2005)

Art. 21-bis. (Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati)

1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci.

Art. 21-ter. (Esecutorietà)

1. Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.

2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato.

Art. 21-quater. (Efficacia ed esecutività del provvedimento)

1. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo.

2. L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze. La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l'esercizio del potere di annullamento di cui all'articolo 21-nonies.
(comma così modificato dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

Art. 21-quinquies. (Revoca del provvedimento)

1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
(comma modificato dall'Allegato 4, articolo 4, del d.lgs. n. 104 del 2010, poi così modificato dall'art. 25, comma 1, lettera b-ter), legge n. 164 del 2014)

1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.
(comma aggiunto dall'art. 12, comma 4, del decreto-legge n. 7 del 2007, soppresso dalla legge di conversione n. 40 del 2007, reintrodotto dall'art. 13, comma 8-duodeviecies dello stesso decreto-legge n. 7 del 2007, aggiunto dalla citata legge di conversione n. 40 del 2007)

1-ter. (comma, identico al comma 1-bis, aggiunto dall'art. 12, comma 1-bis, legge n. 133 del 2008, poi abrogato dall'allegato A alla legge n. 35 del 2012)

Art. 21-sexies. (Recesso dai contratti)

1. Il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto.

Art. 21-septies. (Nullità del provvedimento)

1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.

2. (comma abrogato dall'Allegato 4, articolo 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

Art. 21-octies. (Annullabilità del provvedimento)

1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Art. 21-nonies. (Annullamento d'ufficio)
(si veda anche l'articolo 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004)

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
(comma modificato dall'art. 25, comma 1, lettera b-quater), legge n. 164 del 2014, poi dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
(comma aggiunto dall'art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015)

CAPO V
(si veda il regolamento approvato con d.P.R. n. 184 del 2006)

Art. 22 (Definizioni e princípi in materia di accesso)
(articolo così sostituito dall'art. 15 della legge n. 15 del 2005)

1. Ai fini del presente capo si intende:

a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;
b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;
c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;
d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;
e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

2. L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.
(comma così sostituito dall'art. 10, comma 1, legge n. 69 del 2009)

3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.

5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.

6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere

Art. 23 (Ambito di applicazione del diritto di accesso)
(articolo così sostituito dall'art. 4, comma 2, legge n. 265 del 1999)

1. Il diritto di accesso di cui all’articolo 22 si esercita nei confronti delle amministrazioni , delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24.

Art. 24 (Esclusione dal diritto di accesso)
(articolo così sostituito dall'art. 16 della legge n. 15 del 2005)

1. Il diritto di accesso è escluso:

a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;
b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi.

2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1.

3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.

4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.

5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso.

6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi:

a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;
e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato.

7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale

Art. 25 (Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi)

1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.

2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.

3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’articolo 24 e debbono essere motivati.

4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27 nonché presso l’amministrazione resistente. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione.
(comma così sostituito dall'art. 17, comma 1, lettera a), legge n. 15 del 2005, poi così modificato dall'art. 8, comma 1, legge n. 69 del 2009)

5. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo.
(comma così sostituito dall'Allegato 4, art. 3, comma 2, d.lgs. n. 104 del 2010)

5-bis.(comma abrogato dall'Allegato 4, art. 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

6. (comma abrogato dall'Allegato 4, art. 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)

Art. 26 (Obbligo di pubblicazione)

1. (comma abrogato dall'art. 53, comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013)

2. Sono altresì pubblicate, nelle forme predette, le relazioni annuali della Commissione di cui all’articolo 27 e, in generale, è data la massima pubblicità a tutte le disposizioni attuative della presente legge e a tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso.

3. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale, la libertà di accesso ai documenti indicati nel predetto comma 1 s’intende realizzata.

Art. 27 (Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi)
(articolo così sostituito dall'art. 18 della legge n. 15 del 2005)

1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.

2. La Commissione è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Essa è presieduta dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composta da dieci membri, dei quali due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro scelti fra il personale di cui alla legge 2 aprile 1979, n. 97, anche in quiescenza, su designazione dei rispettivi organi di autogoverno, e uno scelto fra i professori di ruolo in materie giuridiche. È membro di diritto della Commissione il capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri che costituisce il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione. La Commissione può avvalersi di un numero di esperti non superiore a cinque unità, nominati ai sensi dell'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
(comma così modificato dall'art. 47-bis, comma 1, legge n. 98 del 2013)

2-bis. La Commissione delibera a maggioranza dei presenti. L’assenza dei componenti per tre sedute consecutive ne determina la decadenza.
(comma introdotto dall'art. 47-bis, comma 1, legge n. 98 del 2013)

3. La Commissione è rinnovata ogni tre anni. Per i membri parlamentari si procede a nuova nomina in caso di scadenza o scioglimento anticipato delle Camere nel corso del triennio.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a decorrere dall'anno 2004, sono determinati i compensi dei componenti e degli esperti di cui al comma 2, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.

5. La Commissione adotta le determinazioni previste dall'articolo 25, comma 4; vigila affinché sia attuato il principio di piena conoscibilità dell'attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla presente legge; redige una relazione annuale sulla trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, che comunica alle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri; propone al Governo modifiche dei testi legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di accesso di cui all'articolo 22.

6. Tutte le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Commissione, nel termine assegnato dalla medesima, le informazioni ed i documenti da essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato.

7. In caso di prolungato inadempimento all'obbligo di cui al comma 1 dell'articolo 18, le misure ivi previste sono adottate dalla Commissione di cui al presente articolo.

Art. 28 (Modifica dell'articolo 15 del testo unico di cui al d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in materia di segreto di ufficio)

1. L'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, è sostituito dal seguente:
«Art. 15 ( Segreto d'ufficio ) - 1. L'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio. Non può trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in corso o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. Nell'ambito delle proprie attribuzioni, l'impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall'ordinamento».

Art. 29 (Ambito di applicazione della legge)
(articolo così sostituito dall'art. 19 della legge n. 15 del 2005)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche.
(comma così modificato dall'art. 10, comma 1, legge n. 69 del 2009)

2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così come definite dai princípi stabiliti dalla presente legge.

2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti.

2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano.
(comma così modificato dall'art. 49, comma 4, legge n. 122 del 2010)

2-quater. Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela.

2-quinquies. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
(commi da 2-bis a 2-quinquies aggiunti dall'art. 10, comma 1, legge n. 69 del 2009)

Art. 30 (Atti di notorietà)

1. In tutti i casi in cui le leggi e i regolamenti prevedono atti di notorietà o attestazioni asseverate da testimoni altrimenti denominate, il numero dei testimoni è ridotto a due.

2. E’ fatto divieto alle pubbliche amministrazioni e alle imprese esercenti servizi di pubblica necessità e di pubblica utilità di esigere atti di notorietà in luogo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà prevista dall’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, quando si tratti di provare qualità personali, stati o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato.

Art. 31. (abrogato dall'art. 20 della legge n. 15 del 2005)

riferimento id:30468

Data: 2015-11-30 08:25:30

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

[color=blue][b]APPROFONDIMENTI sul PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO[/b][/color]

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riferimento id:30468

Data: 2015-12-01 14:38:14

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

DECADENZA del titolo edilizio: RETROATTIVA ma serve provvedimento espresso

[img]https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQRmX2HnURAZGplOuz9CB-qjC3Vj9d5Xs1UL6sXwPHLhHAnvDpN[/img]

[color=red][b]Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4823, del 22 ottobre 2015[/b][/color]

N. 04823/2015REG.PROV.COLL.

N. 05475/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5475 del 2013, proposto da:
Prestige S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Guido Bardelli, Andrea Manzi, Paolo Bertacco, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5;
contro
Comune di Pescara, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Paola Di Marco, con domicilio eletto presso Roberto Colagrande in Roma, viale Liegi 35 B;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 00061/2013, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire - ris.danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pescara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Luca Mazzeo (su delega di Manzi), Bertacco e Francesco Bruno (su delega di Di Marco);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
In data 29 gennaio 2004 la società Prestige presentava al Comune di Pescara la richiesta per la realizzazione di un immobile residenziale in via Giorgione contraddistinto in catasto al Foglio 7, mapp. 686 e 757.
Il Comune di Pescara provvedeva al rilascio del permesso di costruire n. 154 del 21 maggio 2008 a distanza di oltre 4 anni dalla richiesta.
Successivamente, ottenuto il permesso, in data 2 dicembre 2008 la società avviava i lavori comunicandolo all’Ufficio preposto, tenuto conto che detto avvio era caratterizzato da una serie di attività quali: l’apertura del cantiere, l’esecuzione dei primi sbancamenti del terreno, ed in particolare lo scavo per le opere fondali verso il versante ovest del lotto con i primi getti.
Nelle more del predetto procedimento, l’Amministrazione comunale approvava con delibera c.c. n. 94 dell’8 giugno 2007 la variante al PRG denominata “Piano delle invarianti per uno sviluppo sostenibile” che mutava la disciplina urbanistica dell’area in questione, trasformandola da zona “B4” a zona “P3”- ad elevato rischio idrogeologico” ed in particolare quale sottozona G2 “verde privato di tutela”.
Intanto, con l’avvio delle opere emergevano alcune criticità legate ai rischi di smottamento della vicina parete collinare che inducevano l’appellante a svolgere alcuni approfondimenti tecnico-strutturali al fine di erigere un fabbricato che potesse presentare i migliori standard di sicurezza da un punto di vista geologico.
In particolare, a seguito di tali approfondimenti nasceva l’esigenza di un ripensamento dell’intero progetto originariamente assentito, che prevedesse in particolare una diversa e più consistente opera di contenimento del terreno lungo il versante più problematico, anche attraverso la previsione di una maggiore distanza del fabbricato dal confine ovest con una conseguente riduzione di volume e di sagoma. Conseguentemente, nell’ottobre del 2009 l’appellante decideva di comunicare all’amministrazione comunale la sospensione dei lavori in corso per predisporre una variante al titolo edilizio rilasciato. La stessa procedeva alla messa in sicurezza dell’area mediante il reinterro della zona nella quale erano iniziate le opere.
In data 5 maggio 2010 l’appellante presentava istanza di variante al permesso di costruire, che lasciava invariata la tipologia inizialmente proposta (residenza unifamiliare). La stessa proponeva la riduzione a due unità immobiliari (a fronte delle quattro originariamente assentite) in un fabbricato sempre ubicato longitudinalmente all’interno della proprietà; prevedeva data la particolare orografia dell’area, degradante dalla fascia collinare verso la costa, la realizzazione di opportune (e risolutrici) opere di contenimento del terreno soprattutto nel lato ovest. Gli Uffici comunali ponevano in essere un atteggiamento dilatorio, a fronte del quale l’appellante in data 21 marzo 2011 presentava una domanda di sospensione dei termini di validità del permesso di costruire, e a distanza di oltre un anno dalla presentazione della variante, in data 29 giugno 2011 la società Prestige si vedeva recapitare una comunicazione circa i motivi ostativi in ordine al rilascio del titolo edilizio in variante motivata nel senso che “le opere private determinano variazioni essenziali a quanto già autorizzato e pertanto necessitano del rilascio di un nuovo permesso a costruire che alla luce della normativa vigente non può essere rilasciato, in quanto la zona interessata dall’intervento ricade in sottozona G2 - verde privato di tutela e zona P3 della Carta della pericolosità geologica del PRG, dove non sono consentite nuove costruzioni”.
In data 13 giugno 2012 l’Amministrazione comunale comunicava il diniego all’accoglimento dell’istanza.
Avverso detto provvedimento la società Prestige proponeva ricorso avanti al Tar Abruzzo - Pescara conclusosi con sentenza n. 61 del 4 febbraio 2013.
In particolare, il giudice di prime cure ha dichiarato in parte inammissibile (la domanda di annullamento del diniego) ed in parte ha respinto (la domanda di risarcimento danni) detto ricorso, stante la decadenza del titolo, per mancato inizio dei lavori entro i termini stabiliti, ai sensi dell’art. 15, comma 2 DPR 380/2001, ritenendo fondata l’eccezione all’uopo sollevata dal Comune resistente.
A fronte di tale decisione, la soc. Prestige propone appello deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’integrale riforma sulla base di cinque motivi: erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, omessa motivazione: sulla erronea qualificazione delle opere progettate come “variante essenziale”; omessa motivazione: sull’erronea interpretazione dell’art. 70, comma 7 NTA del PRG; omessa pronuncia: sulla domanda di esatto adempimento; errore di giudizio ed omessa pronuncia: sulla domanda di risarcimento del danno.
Il Comune di Pescara si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Le parti in vista dell’udienza di discussione hanno depositato memorie e repliche, insistendo per l’accoglimento delle rispettive domande, eccezioni e conclusioni.
All’udienza pubblica del 9 giugno 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con la prima censura parte appellante deduce erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso principale.
La società ricorrente in prime cure ha impugnato il rigetto dell’istanza di permesso di costruire in variante e ha chiesto la condanna del Comune resistente, in via principale, al rilascio del permesso di costruire e al risarcimento del danno da ritardo per equivalente monetario e, in via subordinata, al risarcimento del danno per equivalente.
Il Comune, nel costituirsi, ha eccepito in via preliminare l’avvenuta decadenza del permesso di costruire originario (n.154 del 21 maggio 2008) ai sensi dell’articolo 15 comma 2 del d.p.r. n. 380 del 2001 e quindi l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.
Il Tar Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con la sentenza n. 61 del 2013, impugnata in questa sede, ha ritenuto l’eccezione fondata, ed ha così motivato in proposito: <<La decadenza, inoltre, opera di diritto e non è richiesta a tal fine l’adozione di un provvedimento espresso.
[b]Nonostante la presenza di un minoritario orientamento diverso, la tesi prevalente in giurisprudenza, e che il Collegio condivide, si basa sulla lettera della legge, che fa dipendere la decadenza, non da un atto amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell'inutile decorso del tempo (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 2915/2012).[/b]
Diversamente opinando, del resto, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un comportamento dei titolari del permesso di costruire ma anche della Pubblica Amministrazione che potrebbe in taluni casi adottare un provvedimento espresso e in altri casi no, con possibili ipotesi di disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presenterebbero identiche (cfr. Tar Roma sentenza n.5530/2005; Consiglio di Stato, sentenza n. 2915/2012) >>.
[b]Ritiene il Collegio che tale orientamento giurisprudenziale non possa essere condiviso per le ragioni che seguono.[/b]
Il Tar Pescara nella pronuncia di inammissibilità ha richiamato la sentenza di questa Sezione 18 maggio 2012, n. 2915, la quale, nel prendere in esame il problema di fondo che le parti in causa avevano sottoposto al suo giudizio, e cioè se l’inosservanza delle condizioni da parte del costruttore comporta automaticamente la decadenza del permesso di costruire, che gli era stato rilasciato e che fissava anche i termini di inizio e completamento dei lavori, ovvero se a questo effetto è richiesto un apposito provvedimento da parte del competente organo comunale, ha motivatamente dichiarato di optare per la prima soluzione. La tesi svolta, come meglio si vedrà in seguito, è che, ai sensi dell’art. 15, co. 2, t.u. dell’edilizia, la decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio e completamento dei lavori opera di diritto e il provvedimento, ove adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto già verificatosi.
Ha aggiunto il Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 2915 del 2012 che la sua tesi trova conforto nella notazione (del giudice di primo grado) secondo la quale, diversamente opinando, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un comportamento dei titolari della concessione, ma anche della Pubblica amministrazione, libera in taluni casi di adottare un provvedimento espresso e in altri casi no, con possibile disparità di trattamento tra situazioni identiche. Invece il diretto riferimento al dettato legislativo, per quanto attiene ai termini e alle conseguenze che derivano dalla loro elusione, elimina in radice ogni ipotesi di disparità di trattamento; al tempo stesso la necessità dell’applicazione del regime sanzionatorio per i lavori eseguiti dopo il decorso del termine stabilito dal titolo abilitativo è, a sua volta, conseguenza necessitata della violazione da parte dell’interessato di puntuali obblighi a lui assegnati dalla stessa legge. La conclusione che la citata sentenza trae dal suo argomentare è che la pronuncia di decadenza del titolo edilizio è espressione di un potere strettamente vincolato; ha natura ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del titolo edilizio in conseguenza dell’inerzia del titolare e assume pertanto decorrenza ex tunc; inoltre il termine di durata del titolo edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis, ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore.
[color=red][b]Contrariamente a quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza più volte richiamata, la giurisprudenza del giudice amministrativo, pur mostrandosi concorde nell’affermare che la decadenza del permesso di costruire costituisce un effetto che discende dall’inutile decorso del termine di inizio e/o completamento dei lavori autorizzati, è, tuttavia, in prevalenza orientata a richiedere, come condizione indispensabile perché detto effetto diventi operativo, l’adozione di un provvedimento formale da parte del competente organo comunale, ancorché meramente dichiarativo e con efficacia ex tunc, qualunque sia l’epoca in cui è stato adottato e quindi anche se intervenuto molto tempo dopo che i termini in questione erano inutilmente decorsi, e ancorché i suoi effetti retroagiscano al momento dell’evento estintivo. Si tratta, in effetti, di una giurisprudenza risalente nel tempo (cfr. Cons. St., sez. V, 15.6.1998, n. 834; Cons. St., sez. V, 23.11.1996, n. 1414, per il quale l’adozione del provvedimento dichiarativo della decadenza costituisce condizione per l’esercizio dei poteri sanzionatori amministrativi e per l’insorgenza dell’eventuale responsabilità penale del titolare del permesso di costruire per il caso di esecuzione dei lavori oltre il termine prescritto dalla concessione edilizia) e sovente riproposta (Cons. St., sez. V, 20.10.2004, n. 5228).[/b][/color]
[b]È peraltro incontestabile che anche la giurisprudenza più recente di questo giudice di appello è prevalentemente orientata nel senso che l’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo di carattere dichiarativo, che deve intervenire per il solo fatto del verificarsi del presupposto di legge e da adottare previa apposita istruttoria. Sulle stesse conclusioni è attestata anche la giurisprudenza del giudice di primo grado, per la quale la decadenza del permesso di costruire non opera di per sé, ma deve necessariamente tradursi in un provvedimento espresso che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti; che, sebbene a contenuto vincolato, ha carattere autoritativo e, come tale, non è sottratto all’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 l. 7.8.1990, n. 241; può essere adottato solo previa formale ed apposita contestazione, esplicazione di una potestà provvedimentale.[/b]
In una non recente decisione di questo Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sez. VI, 17.2. 2006, n. 671) la ragione, che giustificherebbe l’obbligo per l’ente locale di adottare un atto che formalmente dichiari l’intervenuta decadenza del permesso di costruire, è stata individuata nella necessità di assicurare il contraddittorio con il privato in ordine all’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che giustifichino la pronuncia stessa.
[color=red][b]Ne consegue che, ad avviso del Collegio, il primo motivo è fondato, non avendo il Comune di Pescara mai assunto alcun provvedimento di decadenza del titolo edilizio, essendo, anzi, tale questione stata eccepita per la prima volta in sede di memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, peraltro nemmeno notificata alla controparte, sebbene ampliativa del thema decidendum su circostanze di fatto non contemplate nel ricorso introduttivo (che invece aveva ad oggetto un provvedimento di diniego di variante al permesso di costruire). Quanto all’unica motivazione di tale provvedimento (qualifica di variante essenziale del progetto presentato), appaiono fondate le argomentazioni esposte in primo grado dall’appellante e riproposte in questa sede, trattandosi di modifiche “riduttive” al progetto originario (Prestige ha rinunciato a due unità immobiliari), laddove la semplice “variazione della sagoma dell’edificio si appalesa del tutto inidonea a … fondare la qualificazione di variante come … essenziale” (cfr. Cons. St., sez. V, 30 luglio 2002, n. 4081; Cons. St., sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5552).[/b][/color]
Non può non trascurarsi, del resto, che, come fondatamente rilevato dall’appellante, nella specie la legge regionale abruzzese n. 52/1989 (art. 5) non include il concetto di “sagoma” nel novero delle modifiche che determinano variazioni essenziali al progetto, così come non vi include tutte quelle variazioni, come quelle di cui al caso di specie, che finiscono per ridurre i parametri edificatori originariamente assentiti al fine di alleggerire il carico volumetrico dell’edificio e diminuire il rischio di dissesti del terreno. Trattandosi, pertanto, di documentata diminuzione dell’impatto urbanistico rispetto al progetto originario il titolo richiesto deve qualificarsi come variante non essenziale (cfr. Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2010, n. 3670; id., sez. V, 30 luglio 2002, n. 4081 e 18 ottobre 2001, n. 5496, secondo la quale “costituisce variante essenziale del progetto edilizio l’aumento della cubatura e non già la sua diminuzione”).
Tanto premesso, rimane da esaminare il mezzo di gravame con cui la società ha riproposto la domanda risarcitoria articolata in primo grado.
Circa la consistenza dell’onere probatorio che incombe sulla parte che propone domanda di risarcimento del danno davanti al giudice amministrativo, nonché in ordine alla natura giuridica ed agli elementi costitutivi della responsabilità dell’amministrazione per la lesione di interessi procedimentali, incluso il ritardo nell’attivazione e conclusione del procedimento amministrativo, il Collegio non intende decampare dai principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio, cui si rinvia (cfr. ex plurimis e da ultimo, Cass., sez. un., 23 marzo 2011, n. 6594; Cons. Stato, ad. plen., 19 aprile 2013, n. 7; sez. V, 12 giugno 2012, n. 1441; sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2974; sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957; sez. III, 30 maggio 2012, n. 3245; sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739; sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. giust. amm., 24 ottobre 2011, n. 684; sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291), in forza dei quali:
a) nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, co. 1 e 64, co. 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutivi della domanda;
b) la qualificazione del danno da illecito provvedimentale rientra nello schema della responsabilità extra contrattuale disciplinata dall’art. 2043 c.c.; conseguentemente, per accedere alla tutela è indispensabile, ancorché non sufficiente, che l’interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento (o da comportamento) illegittimo dell’amministrazione reso nell’esplicazione (o nell’inerzia) di una funzione pubblica e la lesione deve incidere sul bene della vita finale, che funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali, salvo quanto si dirà in prosieguo in ordine alla norma sancita dall’art. 2 bis, l. n. 241 del 1990 (secondo cui le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento);
c) la prova dell’esistenza del danno deve intervenire all’esito di una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua certezza la quale a sua volta presuppone: l’esistenza di una posizione giuridica sostanziale; l’esistenza di una lesione che è configurabile (oltre ché nell’ovvia evidenza fattuale) anche allorquando vi sia una rilevante probabilità di risultato utile frustrata dall’agire (o dall’inerzia) illegittima della p.a.;
d) i doveri di solidarietà sociale che traggono fondamento dall’art. 2 Cost., impongono di valutare complessivamente la condotta tenuta dalle parti private nei confronti della p.a. in funzione dell’obbligo di prevenire o attenuare quanto più possibile le conseguenze negative scaturenti dall’esercizio della funzione pubblica o da condotte ad essa ricollegabili in via immediata e diretta; questo vaglio ridonda anche in relazione all’individuazione, in concreto, dei presupposti per l’esercizio dell’azione risarcitoria, onde evitare che situazioni pregiudizievoli prevenibili o evitabili con l’esercizio della normale diligenza si scarichino in modo improprio sulla collettività in generale e sulla finanza pubblica in particolare;
e) la norma sancita dall’art. 2 bis, l. n. 241 del 1990 richiama (ed è sussumibile nello) schema fondamentale dell’art. 2043 c.c.; tale norma riconosce che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e rafforza la tutela risarcitoria nei confronti dei ritardi della p.a., stabilendo che le p.a. siano tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento; si riconosce che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica; in questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. «rischio amministrativo» e, quindi, spetta il risarcimento del danno da ritardo a condizione ovviamente che tale danno sussista, sia ingiusto (ovvero incida su un interesse materiale sottostante), venga provato e sia escluso che vi sia stato il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.;
f) conseguentemente, in relazione ai danni da mancato tempestivo esercizio dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del pregiudizio, specie perché ha natura patrimoniale, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo in quanto surroga l’onere di allegazione dei fatti; e se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici per fornire la prova dell’esistenza del danno e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e, quando il soggetto onerato di tale allegazione non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno a norma dell’art. 1226 c.c. perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato.
Facendo applicazione dei suesposti principi al caso di specie, è sufficiente osservare che la società ricorrente non ha soddisfatto l’onere di allegare adeguati e puntuali elementi di fatto idonei a sostenere quantomeno la prova presuntiva in ordine alla esistenza del danno e, tantomeno, ne ha provato l’entità, essendosi limitata ad indicare “stimati” maggiori costi di costruzione e ipotetici utili di impresa, senza fornire adeguata documentazione e dimostrazione.
Sulla scorta delle rassegnate conclusioni l’appello deve essere parzialmente accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il provvedimento di diniego impugnato in primo grado deve essere annullato, mentre si deve respingere la domanda risarcitoria riproposta in appello dalla società.Stante la complessità delle questioni dibattute e la parziale soccombenza, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere






L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE















DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

riferimento id:30468

Data: 2015-12-21 15:12:23

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

ANNULLAMENTO D'UFFICIO: illegittimo dopo i 18 mesi (norma retroattiva in via interpretativa)

[img]http://www.formazioneacai.it/wp-content/uploads/2015/08/annullato.gif[/img]

[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 10 dicembre 2015 n. 5625[/b][/color]

N. 05625/2015REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4696 del 2015, proposto da:

Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Spen II s.r.l., Spen I s.r.l., in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall’avvocato Alessandro Pallottino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Pallottino in Roma, Via Oslavia, 12;

nei confronti di

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difeso per legge dall’avvocato Andrea Magnanelli, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove,21;

per la riforma

della sentenza 20 novembre 2014, n. 11652, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione II-bis.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Spen II s.r.l. e di Spen I s.r.l. e di Roma Capitale;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati dello Stato D’Avanzo e l’avvocato Pallottino.

FATTO e DIRITTO

1.– Roma Capitale, con determinazione dirigenziale 24 settembre 2013, n. 569, ha annullato, in autotutela, le concessioni edilizie in sanatoria del 4 luglio 2002, numeri 282330, 282338, 282339 e 282340 relative a due corpi di fabbrica a destinazione commerciale di circa 160 mq ciascuno, acquistati, nel 2005 da Spen II s.r.l., in quanto realizzati in aderenza dell’acquedotto Traiano-Paolo e dunque in un’area su cui graverebbe un vincolo monumentale storico e architettonico.

La società ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, che, con sentenza 20 novembre 2014, n. 11652, ha accolto il ricorso in ragione del fatto che l’autotutela fosse stata esercitata in relazione a «concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima (…) per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta».

2.– Il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ha proposto appello rilevando che: i) il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, perché rilasciato senza il preventivo assenso della Soprintendenza, con conseguente impossibilità di configurare un legittimo affidamento in capo al privato; ii) le aree di sedime dell’Acquedotto Paolo sarebbero soggette a vincolo paesaggistico; iii) gli strumenti urbanistici non consentirebbero il rilascio di titoli abilitativi in aree come quella in esame e imporrebbero l’osservanza di una fascia di rispetto di inedificabilità che, nella specie, non è stata osservata.

2.1.– Si è costituita in giudizio la società, rilevando, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello, in quanto il Comune, con determinazione del 12 febbraio 2015, ha annullato in autotutela l’atto impugnato. Nel merito si è dedotta l’infondatezza dell’appello stesso, in quanto: i) le concessioni in sanatoria non sarebbero nulle, perché i vincoli non sussistereberro, come accertato dal Tribunale amministrativo regionale, con sentenza passata in giudicato; ii) sarebbe stato leso il principio del legittimo affidamento (si richiama anche la circostanza rappresentata dalla vendita da parte di Roma Capitale di porzione dei fabbricati in esame); iii) sussisterebbe difetto di istruttoria, essendo stati gli immobili costruiti prima della adozione degli strumenti urbanistici.

3.– La causa è stata decisa all’esito della udienza pubblica del 3 novembre 2015.

4.– L’appello, a prescindere dalla questione relativa all’eccepito difetto di interesse, è infondato.

[b]L’art. 21-nonies della legge 17 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.[/b]

[color=red][b]Nella specie, pur volendo prescindere dalla questione relativa alla sussistenza del vizio di legittimità dell’atto di primo grado, manca il requisito rappresentato dalla valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del provvedimento. Nel caso in esame tale affidamento era particolarmente qualificato, come messo correttamente in rilievo dal primo giudice, in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione delle concessioni annullate. In particolare, risultano trascorsi tredici anni dal rilascio del condono e ventinove anni dalla presentazione della relativa domanda.[/b][/color]

Né varrebbe rilevare che tale affidamento non potrebbe venire in rilievo trattandosi di un provvedimento nullo. L’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento: mancanza degli elementi essenziale dell’atto; difetto assoluto di attribuzione; violazione o elusione del giudicato; casi previsti dalla legge.

Nella fattispecie in esame non è dato riscontrare nessuno dei casi sopra indicati: il Comune, infatti, nella prospettiva dell’appellante, ha adottato un atto difforme dal modello legale per mancanza del parere che, in quanto tale, potrebbe ritenersi annullabile e non nullo.

[b]E’ bene aggiungere che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da «diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti.[/b]

5.– Gli altri motivi di appello sono anch’essi infondati, in ragione dell’assorbente valenza invalidante sopra riportata. In particolare, l’appellante, con tali motivi, fa valere ulteriori ragioni di invalidità delle rilasciate concessioni edilizie in sanatoria in ragione dell’esistenza di vincoli paesaggistici e per il contrasto con gli strumenti urbanistici. Quelli indicati sono, però, eventuali vizi di legittimità che, da soli, in assenza degli altri elementi costitutivi del provvedimento di secondo grado, non sarebbero comunque sufficienti a giustificare il disposto annullamento.

6.– L’appellante è condannata al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) condanna l’appellante al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori sull’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

Marco Buricelli, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 10/12/2015.

riferimento id:30468

Data: 2016-02-05 07:15:30

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA edilizia incompleta - si può intervenire solo nei 30 gg a pena di decadenza

TAR Campania (NA) Sez. III n. 140 del 13 gennaio 2016

Tuttavia, avuto riguardo all’espressa delimitazione del potere rimesso all’Autorità amministrativa (“entro il termine indicato al comma 1”), deve affermarsi che l’inutile decorso del termine preclude al Comune di intervenire per paralizzare l’intervento, se ravvisi unicamente la necessità di integrare la documentazione accessoria da allegare alla denuncia, senza evidenziare ragioni sostanziali e concludenti che attengano al divieto di esecuzione dell’opera.

In tal caso, l’intervento della P.A. ha il suo fondamento nel generale ed inconsumabile potere di repressione dell’attività edilizia contrastante con la normativa, al quale fa riferimento la giurisprudenza per la quale, anche dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 23, sesto comma, citato, <<l'amministrazione conserva il potere di verificare se le opere possono essere realizzate sulla base della d.i.a. e può esercitare i poteri di vigilanza e sanzionatori previsti dall'ordinamento" (sez. IV, sent. 12 febbraio 2010 n. 781)>> (Cons. Stato – Sez. IV, 27 gennaio 2015 n. 365; conforme per tali ipotesi la giurisprudenza di questa Sezione: cfr. la sentenza del 6 febbraio 2015 n. 937: <<Non occorreva il previo annullamento della DIA, stante la diversità dei lavori rispetto alla denuncia (per cui non v’è colleganza tra l’intento manifestato e la differente attività posta in essere) ed atteso il mantenimento in capo al Comune del potere di repressione degli abusi edilizi, pur dopo la scadenza del termine stabilito nell’art. 23 del DPR 380/01>>).

http://buff.ly/23MOZCX

riferimento id:30468

Data: 2016-07-28 10:06:02

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Dopo 60 giorni la SCIA si annulla solo in autotutela - sent. 26/7/2016

Il Comune ha violato le garanzie previste dall’art. 19, comma 4, legge n. 241 del 1990 che in presenza di una s.c.i.a. illegittima, consente certamente all’Amministrazione di intervenire anche oltre il termine perentorio di 60 giorni (30 giorni in materia edilizia) previsto dal comma 3, ma solo alle condizioni – e seguendo il procedimento – cui la legge subordina l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi e, quindi, tenendo conto, oltre che degli eventuali profili di illegittimità dell’attività assentita per effetto della s.c.i.a. ormai perfezionatasi, dell’affidamento ingeneratosi in capo al privato per effetto del decorso del tempo, e, comunque, esternando le ragioni di interesse pubblico a sostegno del provvedimento repressivo.

La d.i.a./s.c.i.a., una volta decorsi i termini per l’esercizio del potere inibitorio-repressivo, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace (sotto tale profilo equiparabile quoad effectum al rilascio del provvedimento espresso), che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria nel rispetto delle prescrizioni recate dall’art. 19, comma 4, della legge n. 241/1990. Pertanto, scaduto il termine perentorio previsto dalla legge per verificare la sussistenza dei relativi presupposti, deve considerarsi illegittima l’adozione di un provvedimento repressivo/ripristinatorio o di autotutela adottato senza le garanzie e i presupposti richiesti dall’art. 21 nonies l. n. 241/1990 per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio (cfr., in questi termini, Cons. Stato, sez. VI, 22 settembre 2014, n. 4780; T.A.R. Lazio – Roma, 8 gennaio 2015, n. 192; T. A. R. Veneto, Sez. III, 10 settembre 2015, n. 958).

http://buff.ly/2acPrUy

riferimento id:30468

Data: 2016-11-12 14:45:27

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

L’illegittimità degli atti amministrativi per vizi di forma del procedimento e l
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=36869.0

riferimento id:30468

Data: 2016-11-12 14:45:41

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Il nuovo diritto procedimentale nella riforma della p.A.: l'autotutela

http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=36727.0

riferimento id:30468

Data: 2016-11-12 14:45:53

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

AVVIO DEL PROCEDIMENTO: non impugnabile nemmeno in edilizia

http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=36701.0

riferimento id:30468

Data: 2016-11-12 14:46:29

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA - contributo di ANCI su bozza di DECRETO e parere Conferenza Unificata

http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=36456.0

riferimento id:30468

Data: 2016-11-14 09:39:07

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

PREAVVISO DI RIGETTO (10 bis) - indispensabile - CdS 28/10/2016

[color=red][b]Cons. di Stato, Sez. VI, 28 ottobre 2016, n. 4545[/b][/color]

[b]COMMENTO[/b]: http://www.quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000165907

[b]SENTENZA[/b]:


Pubblicato il 28/10/2016
N. 04545/2016REG.PROV.COLL.

N. 01253/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1253 del 2016, proposto da:
Beacom s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Mossali e Bruno Guglielmetti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Alessandria, 129;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’Editoria, Ufficio per il sostegno all’editoria, in persona del legale rappresentante pro tempore, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza 20 maggio 2015, n. 11988 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione I.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Guglielmetti e l’avvocato dello Stato Paola Palmieri.

FATTO e DIRITTO
1.– La ricorrente società Beacom, impresa di radiodiffusione televisiva, ha presentato, in data 30 gennaio 2013, alla Presidenza del Consiglio di ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, domanda per l’assegnazione, per l’anno 2002, dei contributi per le testate Sesta Rete e Telealto Veneto.
La società, in data 8 febbraio 2013, ha proceduto, altresì, ad inviare la documentazione integrativa con raccomandata con avviso di ricevimento per la testata Sesta Rete, mentre per la Telealto Veneto ha provveduto alla spedizione a mezzo posta.
L’amministrazione, con comunicazioni del 4 luglio e del 16 settembre 2013, in seguito alla ricezione delle domande, ha chiesto l’integrazione documentale a fini istruttori.
La società non dava seguito alla richiesta avendo già inoltrato tutta la documentazione.
L’amministrazione, in data 17 gennaio 2014, ha contattato la società facendo presente la mancanza della documentazione integrativa in atti. La Beacom ha dichiarato di aver già proceduto a tale adempimento e, tuttavia, per fini di leale cooperazione, ha effettuato un nuovo invio dei documenti asseritamente mancanti.
L’amministrazione, con decreto del 24 luglio 2014, p-4 14.17, pervenuto alla parte il 7 gennaio 2015, ha rigettato la domanda di finanziamento perché la documentazione integrativa sarebbe stata presentata oltre il termine annuale posto dall’art. 1, comma 461, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2006)
2.– La società ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che, con sentenza 20 ottobre 2015, n. 1198, ha rigettato il ricorso.
3.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello rilevando quanto segue.
In primo luogo, è stata dedotta eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti. In particolare, l’appellante assume di avere inviato la domanda di finanziamento, in data 8 febbraio 2013, con raccomandata 052339119344-0, agli uffici competenti, che l’avrebbero ricevuta il successivo 11 febbraio. Si aggiunge che l’amministrazione avrebbe commesso un errore materiale «avendo associato alla busta» di cui alla citata raccomandata «partita da Grugliasco in data 8 febbraio 2013 – contenente la dichiarazione sostitutiva di notorietà per la testata Sesta Rete – altra documentazione giunta nello stesso momento e cioè il preavviso di domanda per l’anno 2013 relativo all’emittente Telealto Veneto».
In secondo luogo, l’appellante ha dedotto la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.
Infine, si è assunta la violazione delle regole che impongono, in fattispecie come quella in esame, l’esercizio del soccorso istruttorio.
4.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, contestando la ricostruzione dei fatti effettuata dall’appellante e chiedendo il rigetto dell’appello.
5.– La causa è stata decisa all’udienza pubblica del 27 ottobre 2016.
6.– L’appello è fondato per violazione delle regole procedimentali.
L’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 prevede che «nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti (….). Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale».
La norma in esame mira ad «instaurare un contraddittorio a carattere necessario tra la p.a. ed il cittadino» al fine sia di «aumentare le possibilità del privato di ottenere ciò a cui aspira» (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828) sia di acquisire elementi che arricchiscono il patrimonio conoscitivo dell’amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2452), consentendo una migliore definizione dell’interesse pubblico concreto che l’amministrazione stessa deve perseguire.
La prescritta partecipazione svolge, pertanto, una funzione difensiva e collaborativa. L’osservanza degli obblighi posti dall’art. 10-bis potrebbe assolvere anche ad una importante finalità deflattiva del contenzioso, evitando che si sposti nel processo ciò che dovrebbe svolgersi nel procedimento. Se, infatti, non si rende edotto il privato di tutte le ragioni che depongono per il rigetto della sua istanza, al fine di permettergli di esprimere, in ambito procedimentale, il suo “punto di vista, si costringe l’interessato a proporre ricorso giurisdizionale per fare valere in giudizio ciò che avrebbe potuto essere oggetto di accertamento in sede amministrativa.
La violazione di tale obbligo non comporta annullamento dell’atto finale nel solo caso in cui, in presenza di attività vincolata, l’amministrazione dimostra che il provvedimento non avrebbe potuto avere altro contenuto.
Nella fattispecie in esame, l’amministrazione non ha correttamente adempiuto a tale obbligo, non mettendo in condizione l’appellante di conoscere, in via procedimentale, le ragioni ostative all’accoglimento della sua domanda.
L’amministrazione non ha dimostrato che tale violazione sia stata ininfluente ai fini della definizione dell’assetto sostanziale degli interessi di cui alla determinazione finale adottata. Dalla prospettazione delle parti e dai documenti in atti risultano oggettive incertezze in ordine al contenuto e alle modalità con cui si è stata spedita, ricevuta e protocollata la domanda di finanziamento della società indirizza all’amministrazione. Gli aspetti non chiari della vicenda avrebbero potuto essere oggetto di contradditorio procedimentale, con possibilità anche di un più agevole accesso al fatto e alla documentazione necessaria per chiarire come si sia concretamente svolta la vicenda in esame.
7.– L’accoglimento dell’appello per il motivo indicato esime il Collegio dall’esaminare le altre censure.
8.– La natura della controversia e della decisione adottata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di gdiuzio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta:
a) accoglie l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata annulla gli atti impugnati in primo grado;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
Italo Volpe, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Lopilato Sergio Santoro





IL SEGRETARIO

riferimento id:30468

Data: 2016-11-21 06:41:23

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La nuova conferenza di servizi

http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/app/uploads/2016/11/Cuttaia.pdf

riferimento id:30468

Data: 2016-11-22 09:30:53

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA non impugnabile, ma il terzo può DIFFIDARE la PA ed ottenere pronuncia

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 29 settembre – 3 novembre 2016, n. 4610

http://buff.ly/2fABCl7

riferimento id:30468

Data: 2016-11-23 06:49:02

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La tutela del terzo nel procedimento di scia dopo la L. n. 124 del 2015

Cons. di Stato, Sez. VI, 3 novembre 2016, n. 4610

http://www.quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000166443

riferimento id:30468

Data: 2016-11-26 16:25:00

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA 2 (elenco delle procedure) - Dlgs 222/2016 in vigore dal 11 dicembre
**************************
DECRETO LEGISLATIVO 25 novembre 2016, n. 222
Individuazione  di  procedimenti  oggetto    di    autorizzazione,
segnalazione certificata di  inizio  di  attivita'  (SCIA),  silenzio
assenso e comunicazione e di definizione  dei  regimi  amministrativi applicabili  a  determinate  attivita'  e  procedimenti,  ai  sensi dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

(GU n.277 del 26-11-2016 - Suppl. Ordinario n. 52)

Vigente al: 11-12-2016 

http://buff.ly/2gK76d1

riferimento id:30468

Data: 2016-11-27 10:19:37

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

[color=red][size=18pt][b]Decreto SCIA 2 (Dlgs 25/11/2016 n. 222)
Video commento a cura del dott. Simone Chiarelli[/b][/size][/color]

[img width=300 height=150]https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/t31.0-8/15272316_562292600646958_7570615585309592403_o.png[/img]

[size=18pt][b]VIDEO: https://youtu.be/2azWzdtU4-E[/b][/size]

riferimento id:30468

Data: 2016-12-02 06:27:36

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Legittimo il diniego dell'accesso agli atti del concorso se richiedono tempo e risorse per soddisfarne la richiesta

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 24 novembre 2016, n. 11777

http://buff.ly/2gGkU4C

riferimento id:30468

Data: 2016-12-05 10:05:07

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Il c.d. FOIA ed il suo coordinamento con istituti consimili

http://buff.ly/2gaBVFW

riferimento id:30468

Data: 2016-12-05 13:21:45

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La nuova disciplina dell'Istituto della Conferenza di Servizi; commento al D.lgs 30/06/2016 n. 127 di Nicola Selli

http://buff.ly/2gbfSyR

riferimento id:30468

Data: 2016-12-07 07:36:36

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Decreto SCIA 2 in Gazzetta. Ecco le nuove regole per l’edilizia

http://buff.ly/2gRwIDG

riferimento id:30468

Data: 2016-12-08 06:29:28

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

COMANDANTE POLIZIA LOCALE non può svolgere funzioni di amministrazione attiva

[color=red][b]TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. III – sentenza  24 novembre 2016 n. 5463[/b][/color]

Pubblicato il 24/11/2016
N. 05463/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01929/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1929 del 2016, proposto da:

Società xxxx Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gian Luca Lemmo C.F. LMMGLC68L21F839T, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via del Parco Margherita N.31;

contro

Comune di Benevento, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Coletta C.F. CLTLCU67R18F839I, Vincenzo Catalano C.F. CTLVCN63E01A783W, con domicilio eletto presso Luca Coletta in Napoli, via Cimarosa, 69 Studio Falcone;

per l’annullamento:

[color=red][b]della Nota prot. n. 30397 del 04/04/2016 emessa dal Dirigente Comandante del Settore Polizia Municipale – Ufficio Tecnico del Traffico del Comune di Benevento, avente ad oggetto il rigetto della richiesta di autorizzazione di impianti pubblicitari permanenti già preesistenti sul territorio Comunale di Benevento;[/b][/color]

di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti della società ricorrente ed in particolare del Piano generale per gli impianti pubblicitari approvato dal Comune id Benevento con Delibera di Consiglio comunale n. 80 del 17.12.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Benevento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’Udienza pubblica del giorno 8 novembre 2016 il Consigliere Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con il ricorso in esame la ricorrente società, esercente attività di pubblicità e titolare di 8 autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari nel resistente Comune, impugna la nota prot. n. 30397 del 4.4.2016 con la quale il Dirigente Comandante della Polizia municipale – Ufficio tecnico del traffico del Comune di Benevento comunica di non poter accogliere la predetta richiesta in quanto gli impianti che ne formavano oggetto contrastano con le nuove disposizioni del Piano generale degli impianti approvato dal Consiglio comunale con Deliberazione n. 80 del 17.12.2015.

L’impugnazione è estesa anche a siffatto Regolamento del Comune di Benevento recante il “piano generale per gli impianti pubblicitari” che all’art. 76 dispone che “si considerano revocate” le autorizzazioni degli impianti pubblicitari già installati sul territorio comunale, con obbligo di richiedere una nuova autorizzazione entro 90 giorni dalla sua approvazione, pena l’abbattimento dei manufatti ed attribuisce la competenza al rilascio delle autorizzazioni al Dirigente del Settore Polizia Municipale – Gestione del Traffico – Servizio impianti pubblicitari del Comune.

1.1.Si è costituito il Comune di Benevento con memoria e produzione documentale del 13.5.2016.

Alla Camera di consiglio del 17.5.2016 la Sezione con Ordinanza n. 779 del 2016 respingeva la richiesta di sospensiva sul rilievo dell’assenza del pregiudizio grave ed irreparabile, al danno lamentato da parte ricorrente potendo ovviarsi per via della sollecita fissazione del merito.

Alla pubblica Udienza dell’8.11.2016, fissata con la citata Ordinanza, sulle conclusioni delle parti la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse, sollevata dalla difesa comunale sostenendo la natura non immediatamente lesiva della impugnata nota, che a dire del Comune di Benevento costituisce atto interlocutorio che si iscrive nell’ambito del procedimento di verifica di conformità ed eventuale adeguamento al Piano delle autorizzazioni già rilasciate.

Ad oggi non esisterebbe alcun formale atto di revoca delle autorizzazioni né un provvedimento sanzionatorio di rimozione degli impianti. Le norme regolamentari non determinano la revoca tout court ed indistinta delle autorizzazioni precedentemente rilasciate, per cui non essendo stato a tutt’oggi adottato alcun atto di revoca o di ingiunzione di rimozione degli impianti, il regolamento non sarebbe idoneo a pregiudicare la sfera giuridica delle istanti.

Dal che consegue che il provvedimento avversato è privo di immediata lesività.

2.1. L’eccezione non persuade il Collegio e va disattesa.

Invero, la portata e l’idoneità immediatamente lesiva della nota prot. n. 30397 del 4.4.2016 a firma del Dirigente Comandante della Polizia Municipale – Settore gestione del traffico (doc. 2 produzione ricorrente) traspare incontestabilmente dal suo tenore determinativo, espresso nei termini secondo i quali “Con riferimento alla Vs. richiesta del 4.3.2016 (…) con la quale si chiede a Codesto Comune l’autorizzazione per gli impianti già esistenti sul territorio comunale, si fa presente che gli stessi non possono essere autorizzati in quanto: l’impianto n°1 di Via Posillipo è in contrasto con l’art. 5 comma 1 del P.G.I.P.”, etc.

Il Collegio è dunque al cospetto di un formale e tipico provvedimento di diniego di autorizzazione, contenente anche le relative sintetiche motivazioni.

Non può pertanto seriamente revocarsi in dubbio l’imperatività e l’immediata lesività dell’atto impugnato, che sostanzia il rigetto di un’istanza di autorizzazione e che per ciò stesso legittima il destinatario ad insorgere in sede giurisdizionale amministrativa avverso di esso nonché avverso l’atto generale presupposto di cui quel provvedimento costituisce applicazione, ovverosia il Piano generale per la pubblicità e gli impianti approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 80 del 17.12.2015 che, infatti, la ricorrente ha opportunamente contestualmente impugnato quale atto presupposto.

3. Approdando al merito del gravame rileva il Collegio che le autorizzazioni allegate dalla ricorrente all’installazione di impianti pubblicitari nel Comune di Benevento, sono state rilasciate dall’Ente resistente a tempo indeterminato e risalgono a molti anni addietro

Tanto è a dirsi per l’autorizzazione in data 12.06.2003, prot. gen. 33280 (doc.5 ricorrente) nonché relativamente all’autorizzazione del 25.1.1992, prot. 5797 rilasciata alla (Doc. 6), entrambe aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori di installazione di poster pubblicitari e quindi, specie la seconda che richiama le leggi n. 1115/1942 e n. 47/1985 concretando prevalentemente la sostanza di autorizzazioni edilizie; il che spiega anche la loro efficacia a tempo indeterminato.

Così ricostruito il contenuto e gli effetti delle autorizzazioni allegate della xxxx s.r.l.,, appare al Collegio ragionevole e non confliggente con i principi di buona amministrazione e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione la previsione che sottende le linee di fondo dell’avversato Piano generale per la pubblicità approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015, secondo la quale con tale strumento di pianificazione il Comune intende dotarsi di una regolamentazione a regime della distribuzione e dell’ubicazione degli impianti pubblicitari onde perseguire un ordinato assetto della varia segnaletica presente sulle strade, armonizzandola con quella stradale, garantendo la sicurezza della circolazione e scongiurando confusioni per gli utenti.

[color=red][b]Non è pertanto irragionevole ed incongruo imporre un generale obbligo di adeguamento degli impianti esistenti alle nuove previsioni recate dal Regolamento in questione, specie ove gli impianti pregressi siano stati autorizzati a tiolo provvisorio, se non precario, in vista ed in funzione della preconizzata novella regolamentazione ovvero a tempo indeterminato con titoli aventi la sostanza di autorizzazioni edilizie.[/b][/color]

4.Ciò posto in termini generali, nel merito del ricorso si prospettano fondati ed assorbenti due profili di censura, svolti il primo con la seconda parte del primo motivo e il secondo con la seconda parte del terzo.

[b]Quanto al primo, lamenta la ricorrente che le disposizioni regolamentari non possono avere efficacia se non per l’avvenire, conseguendone che la norma transitoria, in apertura del motivo indicata nell’art. 62 del Piano in esame, viola il principio di irretroattività applicabile anche agli atti aventi natura regolamentare soprattutto nel caso, come quello all’esame, in cui rinvengono la loro fonte di legittimazione nella legge. La violazione del divieto di irretroattività emerge nella specie anche alla luce della mancata previsione di un regime transitorio.[/b]

[color=red][b]4.1. La censura persuade il Collegio e va conseguentemente accolta.[/b][/color]

La fonte di legittimazione del regolamento impugnato, alla quale fa riferimento la ricorrente e costituente il parametro legislativo sul quale misurare la proiezione temporale delle censurate norme regolamentari, è l’art. 3, comma 4 del d.lgs. 15.12.1993, n. 507, che istituisce una regime legale di differimento dell’entrata in vigore del regolamento sulla pubblicità, il quale può trovare applicazione solo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui è divenuta esecutiva la relativa delibera di approvazione.

Alla luce di questa norma di fonte primaria, evidenzia quindi il Collegio l’illegittimità della norma di cui all’art. 62, co. 1 del Piano generale per gli impianti pubblicitari impugnato laddove disciplina l’entrata in vigore dello strumento di pianificazione in analisi.

Detta norma al comma 1 dispone, che “Il presente Regolamento e P-G-I-P. entrerà in vigore il giorno successivo alla sua esecutività”.

Sul punto rileva il Collegio che la deliberazione del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015 con cui è stato approvato il Piano generale per la pubblicità e gli impianti oggetto di impugnazione, è stata pubblicata mediante affissione all’Albo pretorio comunale il 4 febbraio 2016 (cfr. certificato di pubblicazione a firma del Segretario comunale del messo comunale) e vi è rimasta affissa per quindi giorni.

A norma dell’art.134 co. 3 del d.lgs. n. 267 del 2000, a mente del quale “Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione”. Il Piano generale sugli impianti pubblicitari del Comune di Benevento è dunque entrato in vigore il 29 febbraio 2016, ossia dieci giorni dopo il perfezionamento della sua pubblicazione avvenuto il 19 febbraio.

Il disposto dell’art. 62. co. 1 di tale regolamento, che stabilisce siffatta entrata in vigore, confligge tuttavia con l’art. 3, comma 4 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, a termini del quale “Il regolamento entra in vigore dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui la relativa deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge”.

[b]Il Piano generale impugnato, che ha la sostanza e la forma del regolamento generale per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni disciplinato dall’art. 3 del d.lgs. n 507/1993, in virtù del comma 4 di questa norma sarebbe, dunque, dovuto entrare in vigore il 1°gennaio dell’anno successivo a quello in cui la relativa deliberazione è divenuta esecutiva a norma di legge, ovverosia il 1° gennaio 2017.[/b]

4.2.Il regime legale ordinario di vigenza ed applicazione del regolamento sull’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e di effettuazione delle pubbliche affissioni è quindi improntato al differimento dell’entrata in vigore dello stesso, e ciò all’evidente fine di consentire agli operatori del settore di adattarsi alle nuove disposizioni, conoscendole anzitempo e predisponendo gli strumenti e gli assetti logistici necessari a conformarsi alle novelle disposizioni; istituendo in sostanza quel regime transitorio effettivo la cui mancanza è fondatamente lamentata dalla ricorrente.

La conseguenza del tratteggiato regime legale di posticipazione degli effetti del regolamento sulla pubblicità e le pubbliche affissioni è che ove si stabilisca, come nel caso di specie, che il regolamento o piano generale sulla pubblicità si applichi a partire dalla data di esecutività della delibera di approvazione, si dispone l’entrata in vigore retroattiva della disciplina, violandosi il principio di irretroattività.

[b]Possono quindi pertinentemente essere richiamate le acquisizioni giurisprudenziali raggiunte intorno al principio di irretroattività delle norme, che è esteso agli atti amministrativi, con particolare riguardo a quelli a contenuto generale ed astratto, aventi portata normativa.[/b]

4.3. Al riguardo, rimarca in punto di diritto il Collegio come l’irretroattività delle norme costituisca principio ordinamentale di carattere generale, derogabile dal Legislatore – non certo dall’amministrazione – in casi del tutto eccezionali che non è questa la sede per trattare.

La giurisprudenza ha da tempo sancito tale canone di civiltà giuridica, contestualmente peraltro individuando anche le ipotesi nelle quali può riconoscersi una limitata retroattività agli atti amministrativi, indicandole generalmente nei casi in cui la retroattività sia vantaggiosa per l’interessato o consegua ad una pronuncia giurisdizionale.

[b]Si è infatti precisato che “La retroattività degli atti amministrativi, in osservanza del principio della certezza dei rapporti giuridici, è in via generale da escludere; non potendo, infatti, la stessa legge disporre in via normale che per l’avvenire, a fortiori, non può disporre che per l’avvenire anche l’atto amministrativo, che si trova in posizione alla stessa subordinata. Si ammette, tuttavia, che un atto amministrativo possa avere effetto retroattivo allorquando ricorra una delle seguenti ipotesi: a) espressa previsione di legge, ben potendo la legge, salvo che in materia penale (art. 25, comma 2, cost.), disporre anche per il passato; b) essenza dell’atto (esemplificativamente: annullamento di una precedente statuizione); c) doverosità (esemplificativamente: ottemperanza a pronunce amministrative o giurisdizionali); d) vantaggio per l’interessato (T.A.R. Lazio – Latina, 8 novembre 2002, n. 994)” (T.A.R. Marche, 29.11.2006 n. 1388).[/b]

[b]Va segnalato che più di recente il Consiglio di Stato ha affermato nettamente la natura generale del principio di irretroattività e il divieto di retroattività anche dei regolamenti ministeriali, statuendo che “Il principio di irretroattività rappresenta un principio generale dell’ordinamento, che come tale vincola certamente la fonte secondaria, il regolamento ministeriale il quale, in assenza di una chiara deroga legislativa al principio di irretroattività, non può che disporre nel senso della irretroattività, essendo certamente illegittimo il regolamento retroattivo” (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882).[/b]

Con tale pronuncia il Consiglio ha a chiare note affermato che “Il principio di irretroattività, invero, sebbene non costituzionalizzato fuori dalla materia penale:

– rappresenta un principio generale dell’ordinamento, come si desume dall’art. 11 della Preleggi che espressamente statuisce che la “legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”;

– trova un suo fondamento ulteriore nei principi di tutela dell’affidamento e della certezza del diritto, la cui crescente importanza è confermata anche dalla giurisprudenza sovranazionale, tanto della Corte di giustizia quanto della Corte europea per la tutela dei diritti dell’uomo” (Consiglio di stato, Sez. VI, n. 882, par. 52).

[color=red][b]5. Con la seconda parte del terzo motivo la deducente, rubricando a tal fine il vizio di incompetenza, lamenta che risulta palese l’incompetenza del Dirigente del settore Polizia municipale, che è competente solo a verificare la compatibilità degli impianti alle disposizioni del Piano generale sulla pubblicità e gli impianti e a quelle del Codice della strada, ma non anche ad adottare gli atti di diniego e meno che mai quelli di annullamento o revoca delle autorizzazioni all’installazione degli impianti pubblicitari.[/b][/color]

Sul punto l’Avvocatura civica ribatte che è lo stesso regolamento all’art. 55 che attribuisce la competenza al rilascio dell’autorizzazione al Dirigente del Settore Polizia municipale – Gestione traffico “al contempo anche dirigente del Settore Ambiente – Energia – Mobilità, Verde Pubblico del Comune di Benevento” (memoria del 13.5.2016, penultima pagina).

Siffatta precisazione, che oltretutto in quanto proveniente dal Dirigente del settore Avvocatura comunale può essere considerata illuminante sul riparto delle competenze in seno al Comune di Benevento, fa luce sulla circostanza che il Corpo di Polizia municipale è incardinato in un’Area amministrativa più ampia, nella quale coesistono anche settori (o servizi) amministrativi, ossia quelli indicati dall’avvocatura civica nel passo sopra riportato, vale a dire il settore ambiente, il settore energia, il settore mobilità e il settore verde pubblico.

[b]Al vertice di tale congerie disparata ed eterogenea di settori e servizi è posto il dirigente Comandante della Polizia municipale, che, invero, ha sottoscritto sia il provvedimento impugnato che la relazione di servizio del 28.4.2016 prot. 38793 prodotta dalla difesa comunale in allegato alla memoria del 13.5.2016, nella precisata sua qualità di “Dirigente Comandante”.[/b]

[color=red][b]5.1. Orbene, a parere del Collegio, sotto un primo profilo di indagine, la delineata commistione e il tratteggiato cumulo di funzioni, amministrative e gestionali e al contempo di vigilanza e controllo tipiche della Polizia municipale, in capo ad una sola figura dirigenziale confliggono con i principi elaborati dalla giurisprudenza formatasi in materia e che il Collegio condivide, ed attinti dalla legge quadro sull’ordinamento della Polizia municipale n. 65 del 1986 e con il recente orientamento espresso al riguardo dall’Autorità Nazionale Anticorruzione.[/b][/color]

Correlativamente si prospetta persuasiva la censura di incompetenza articolata dalla ricorrente, secondo cui il comandante della Polizia municipale è competente solo ad accertare la compatibilità o conformità degli impianti pubblicitari alle prescrizioni del regolamento locale ovvero del Codice della strada, ma non certo ad adottare i provvedimenti di diniego delle autorizzazioni e men che meno quelli di annullamento delle stesse, nonché, aggiungasi, i provvedimenti di autorizzazione all’installazione degli impianti stessi, che, come ricorda la difesa comunale, l’art. 55 del Piano generale impugnato rimette alla competenza del dirigente comandante della Polizia municipale.

5.2. Sotto il primo profilo, concernente il cennato cumulo di competenze e la giustapposizione del Corpo di polizia municipale a settori amministrativi eterogeni (Ambiente, energia, verde pubblico etc., come segnalato dalla Avvocatura comunale) rileva il Collegio che la giurisprudenza, anche recente, ha stigmatizzato siffatto accorpamento, evidenziando la peculiarità della Polizia municipale, che ha compiti e funzioni sue proprie, non riconducibili ad alcun settore e pertanto non è collocabile in una struttura amministrativa (più ampia).

Si è in proposito statuito che “La polizia municipale, una volta eretta in Corpo, non può essere considerata una struttura intermedia in una struttura burocratica più ampia, per esempio un settore amministrativo, né essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo di tale struttura. Ne deriva l’illegittimità, per violazione della l. n. 65 del 1986, recepita in Sicilia dalla l. reg. n. 17 del 1990, del provvedimento del comune che colloca l’istituito Corpo di polizia municipale all’interno di un’Area amministrativa” (T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I , 13 aprile 2006 n. 589).

Più di recente si è in tale ottica precisato che “la polizia municipale è struttura organizzativa non dipendente da alcun “settore” e avente compiti e funzioni specifiche non riconducibili ad alcun settore” (T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 4 novembre 2010 n. 1860).

[color=red][b]6. Ricostruita nei precisati termini, in sintesi, la collocazione del Corpo di polizia municipale all’interno dell’organizzazione dell’Ente locale, consegue che al Comandante del corpo stesso non possono essere attribuite dai regolamenti locali, quali quello impugnato, funzioni di amministrazione attiva consistenti nell’adozione di provvedimenti amministrativi, sia essi di contenuto negativo, quali il diniego di autorizzazioni o concessioni, si essi di contenuto positivo, quali il rilascio di provvedimenti ampliativi.[/b][/color]

Una simile potestà autorizzatoria, infatti, determina la sovrapposizione in capo ad una stessa figura, di funzioni di autorizzazione e al contempo di funzioni di vigilanza e controllo delle autorizzazioni rilasciate, generandosi un evidente conflitto di interessi, atteso che vengono in tal modo a coincidere in un unico soggetto la funzione di controllore dei provvedimenti che egli stesso ha rilasciato e degli atti amministrativi che ha a tal fine adottato, con conseguente dequotazione del principio di imparzialità, vulnerato, anche solo potenzialmente, laddove la funzione di controllore venga attribuita allo stesso soggetto controllato.

La giurisprudenza si è già occupata della questione odiernamente al vaglio della Sezione, avendo condivisibilmente chiarito che al Comandante della Polizia municipale non possono essere attribuite funzioni proprie della ordinaria struttura amministrativa che potrebbero interessare istituzionalmente la polizia municipale sotto l’aspetto operativo, di controllo o repressione di violazioni.

Si è infatti condivisibilmente statuito che ”E’ da escludere che possano essere attribuite all’organo di vertice della polizia municipale funzioni, come l’autorizzazione alla rivendita di riviste e giornali, proprie della ordinaria struttura burocratico – amministrativa comunale (v. art. 51 lett. f), l. 8 giugno 1990 n. 142 e successive modificazioni e integrazioni) e che, eventualmente, potrebbero, istituzionalmente, interessare la polizia municipale sotto il diverso aspetto operativo, di controllo o repressione di violazioni: detta attribuzione, dunque, è contraria a criteri di logica (applicabili dal giudice della legittimità), ai principi di buona amministrazione (di cui all’art. 97 cost. e, altresì al disegno organizzativo che trapela sia dalla l. 7 marzo 1986 n. 65 sia dall’ art. 51, l. n. 142 del 1990)” (T.A.R. Molise, 7 marzo 2000, n. 42).

Sulla stessa linea esegetica si è poi ribadito, con riferimento alla L. n. 65 del 1986 che “Ai sensi dell’art. 7 della stessa legge, nei commi in cui venga istituito il Corpo di Polizia Municipale, il Comandante assume le funzioni di responsabile del Corpo stesso.

Orbene, nella specie, l’attribuzione di responsabilità assegnata al Comandante dei vigili urbani nel settore V (che comprende annona, commercio e polizia), contrasta con le indicate disposizioni di legge sotto un duplice profilo: a) il Comandante dei vigili urbani non può essere attributario di responsabilità in materia (annona e commercio) nelle quali non ha alcuna professionalità, essendo per dettato legislativo, la sua funzione di esclusivo controllo del territorio sotto il profilo di polizia e di ordine pubblico;” (T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II, 20.5.2005, n. 2412).

Il rassegnato orientamento è stato espresso anni addietro anche dal Giudice d’appello, che ha avuto occasione di precisare che “Le competenze attribuite dall’ordinamento (artt. 3 e 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, e, nella specie, art. 6 della legge regionale 24 febbraio 1990, n. 20) al corpo di polizia municipale consistono, in misura assolutamente prevalente, in compiti di prevenzione e vigilanza sull’osservanza di norme e di regolamento nei settori di competenza comunale; di accertamento e di contestazione delle eventuali infrazioni; di adozione di provvedimenti sanzionatori. A queste attività di aggiunge l’espletamento di funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale e, in determinate circostanze, di pubblica sicurezza” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 agosto 1998, n. 1261).

Segnala altresì il Collegio che, come si avvertiva più sopra, anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha di recente enunciato l’avviso, espresso in un o specifico orientamento, secondo il quale “sussiste un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale, nel caso in cui al Comandante/Responsabile della Polizia locale, indipendentemente dalla configurazione organizzativa della medesima, sia affidata la responsabilità di uffici con competenze gestionali, in relazione alle quali compie anche attività di vigilanza e controllo” (A.N.A.C. – Sito web istituzionale – Orientamenti in materia di Anticorruzione – Orientamento n. 19 del 10 giugno 2015).

[b]Nel caso al esame del Collegio si rileva che alla Polizia municipale sono conferiti compiti di controllo e vigilanza sulle autorizzazioni all’installazione di impianti pubblicitari dagli articoli 55 n. 6 e 61, co. 1 del Piano generale impugnato e correlativamente con l’art. 52 co. 4 e l’art. 55 n. 1 dello tesso regolamento, come del resto evidenziato anche dall’Avvocatura civica nel riportato passo della memoria del 13.5.2016, è attribuita la potestà di rilasciare le autorizzazioni all’installazione dei predetti impianti.[/b]

In definitiva, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, sono illegittime e vanno annullate le norme del Regolamento – Piano Genarle per gli impianti e la pubblicità approvato con delibera del Consiglio comunale di Benevento n. 80 del 17.12.2015 che attribuiscono al Dirigente della Polizia municipale il rilascio – ovvero il diniego – dell’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari, ed, in particolare, gli articoli 52, comma 4, primo periodo e 55 comma 1.

In accoglimento della seconda parte del primo motivo va invece annullato l’art. 62, comma 1 del Regolamento predetto.

Le determinazioni impugnate, adottate in applicazione delle citate disposizioni regolamentari, sono conseguentemente viziate per illegittimità derivata, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.

Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della novità delle questioni affrontate, fermo restando il rimborso del contributo unificato versato dalla società ricorrente.

P.Q.M.

[b]Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla gli articoli 62, comma 1, 52, comma 4, primo periodo e 55 comma 1 del Piano generale e regolamento degli impianti pubblicitari approvato dal Comune di Benevento con Delibera di Consiglio comunale n. 80 del 17.12.2015, nonché la Nota prot. n. 30397 del 04/04/2016.[/b]

Compensa integralmente le spese di lite tra le parti, fatto salvo il rimborso del contributo unificato a carico del Comune di Benevento.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 8 novembre 2016 con l’intervento dei Magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere

Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE              IL PRESIDENTE

Alfonso Graziano            Fabio Donadono

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Data: 2016-12-08 06:29:47

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo


ANAC - Comandante della Polizia locale NON può essere resp. servizio

Colui che riveste il ruolo di Comandante della Polizia locale non può svolgere funzioni di responsabilità nell’esercizio di servizi di un Comune per i quali è necessario emettere provvedimenti autorizzatori o concessori oggetto di attività di controllo in virtù della sua principale qualifica, sussistendo un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale

ANAC, Orientamento n. 57/2014

http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=20935.0

riferimento id:30468

Data: 2016-12-14 09:35:40

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

CONFERENZA DI SERVIZI: Ente che dà OK non può poi adottare altri atti diversi

In definitiva, le norme di disciplina della materia impediscono ad un’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio di fornire il proprio assenso nell’ambito della conferenza di servizi ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica all’esercizio di impianti di energia elettrica da fonte rinnovabile e, contestualmente, dare avvio ad un procedimento, formalmente, diverso di dichiarazione dell’area di notevole interesse culturale il cui esito incide, sostanzialmente, sulla determinazione assunta all’esito dei lavori della conferenza, impedendo lo svolgimento dell’attività autorizzata.

Consiglio di Stato Sez. VI n.4676 del 11 novembre 2016

http://buff.ly/2hugazQ

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Data: 2016-12-17 18:32:55

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La DIFFIDA non è un atto impugnabile ... è mero atto preparatorio

Invero, secondo la pacifica giurisprudenza, anche di questa Sezione (cfr. per tutte, Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2015, n. 3955; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 26 maggio 2016, n. 2719), è inammissibile, per carenza del requisito della lesività, il ricorso proposto per l’annullamento giurisdizionale di un atto comunale recante una mera “diffida”, trattandosi, infatti, di atto che assume carattere meramente preparatorio, a rigore nemmeno necessario, rispetto all’adozione della successiva ordinanza contingibile ed urgente, la quale costituisce il provvedimento conclusivo del procedimento.

TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. V – sentenza 15 dicembre 2016 n. 5782

http://buff.ly/2hGvJoA

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Data: 2017-01-12 16:28:38

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA, POTERI COMUNALI E POSIZIONE DEL TERZO

http://www.ptpl.altervista.org/dottrina_contributi/2016/veronese_alessandro_21102016_scia_poteri_comunali_e_posione_del_terzo.pdf

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Data: 2017-01-12 16:30:18

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La nuova conferenza di servizi, gli interventi edilizi e il paesaggio

http://www.ptpl.altervista.org/dottrina_contributi/2016/bigolaro_stefano_07112016_la_nuova_conferenza_di_servizi.pdf

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Data: 2017-02-13 10:26:39

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La riforma della conferenza di servizi alla luce delle recenti disposizioni del d.lgs. n. 127 del 2016

http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/app/uploads/2017/02/De-Benedetti.pdf

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Data: 2017-02-15 07:11:24

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Diniego con richiamo a pareri negativi espressi al di fuori della conferenza
**************
Il diniego di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 reso con richiamo a pareri negativi espressi al di fuori della conferenza di servizi va considerato illegittimo, dovendo gli stessi essere espressi in via definitiva in sede di conferenza di servizi e nel confronto dialettico che tale istituto ha inteso provocare.

http://buff.ly/2lgakqb

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Data: 2017-03-13 09:20:47

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Sui rapporti tra dovere di provvedere e annullamento d'ufficio come potere doveroso

http://buff.ly/2mZHf3i

riferimento id:30468

Data: 2017-03-20 10:40:27

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

La violazione delle norme sul procedimento amministrativo: l´art. 21 octies della Legge n. 241/90

http://ww2.gazzettaamministrativa.it/opencms/opencms/_gazzetta_amministrativa/_permalink_news.html?resId=7ab96d86-0706-11e7-89b2-5b005dcc639c

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Data: 2017-03-24 12:03:36

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SILENZIO ASSENSO anche per i pareri in materia ambientale

TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. II – sentenza 23 marzo 2017 n. 554

http://buff.ly/2myQEzy

riferimento id:30468

Data: 2017-03-28 13:37:43

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Timo, Considerazioni sull’ambito di applicazione della legge 241/1990

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/ndm3/~edisp/nsiga_4319355.doc

riferimento id:30468

Data: 2017-03-31 12:15:57

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Conferenza di servizi: evoluzione, questioni problematiche e connessioni con altri istituti

http://buff.ly/2op0MIk

riferimento id:30468

Data: 2017-04-01 07:00:52

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

GARANTE PRIVACY: accesso civico ed accesso L. 241/1990 - Chiarimenti

Il Garante affronta alcuni temi legati all'accesso fra cui:
1) privacy dei dati personali (in caso di accesso a nominativi di imprese sanzionate)
2) rapporti fra accesso civico e accesso L. 241/1990
3) esercizio del potere della PA

Qui il parere espresso il 16/2/2017

LINK: http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=39627.0

riferimento id:30468

Data: 2017-04-02 09:23:15

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Atto amministrativo implicito - CDS sentenza 31 marzo 2017 n. 1499

Vero è che la giurisprudenza ammette la figura dell’atto amministrativo implicito, ma ciò soltanto qualora l’amministrazione, pur non adottando formalmente il provvedimento, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato.

In altre parole, deve emergere un collegamento biunivoco tra l’atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, tale per cui quest’ultima sia l’unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà (Cons. Stato, Sez. VI, 27/4/2015, n. 2112; 27/11/2014, n. 5887; Sez. IV, 7/2/2011, n. 813; C. Si. Sez. Giur. 1/2/2012, n. 118).

http://buff.ly/2owHCR1

riferimento id:30468

Data: 2017-04-11 09:09:03

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

LA TUTELA ANNULLATORIA NEL MODERNO ASSETTO DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

http://buff.ly/2nYnCFr

riferimento id:30468

Data: 2017-04-11 09:09:22

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

L'autotutela amministrativa tra tradizione e innovazione

http://buff.ly/2oTr9tr

riferimento id:30468

Data: 2017-05-09 09:21:28

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Gli atti di diffida non vanno immediatamente impugnati

"Gli atti di diffida hanno lo scopo di mettere a conoscenza il loro destinatario dei profili di carenza/illegittimità riscontrati nella sua condotta e di assegnare un termine per provvedere a colmare le carenze o eliminare le illegittimità, e che, di conseguenza, la giurisprudenza nega che siano immediatamente lesivi e comportino un onere di immediata impugnazione (cfr. di recente, in tema di impianti di comunicazione, Cons. Stato, III, n. 5480/2015)." Lo ha ribadito la Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 5 maggio 2017. Per approfondire vai alla sentenza.

http://buff.ly/2qWCZAN

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Data: 2017-08-09 08:57:09

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Completezza e veridicità della d.i.a./S.c.i.a.

TAR Lazio Sez. II-bis n.7858 del 5 luglio 2017

La dichiarazione di inizio attività non dà vita ad una fattispecie provvedimentale di assenso tacito, bensì riflette un atto del privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge. Con riferimento sia alle d.i.a. di cui alla normativa di settore (con particolare riferimento all'edilizia) sia al modello generale di cui all'art. 19, l. n. 241 del 1990, presupposti indefettibili perché la d.i.a. possa essere produttiva di effetti sono la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione. Infatti, il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell'intervento, rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l'Amministrazione ha la facoltà e il potere di inibire l'attività o di sospendere i lavori
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=41359.0;topicseen

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Data: 2017-11-13 09:16:12

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

CONFERENZA DI SERVIZI - Circolare n. 28 del 05/09/2017 del Mininterno + approfondimenti con le FAQ sulla nuova disciplina

https://buff.ly/2mly91z

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Data: 2017-12-05 08:43:56

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Legislazione regionale in materia di procedimento amministrativo e di attuazione delle misure di semplificazione della legge Madia

https://buff.ly/2iT680L

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Data: 2018-01-08 10:56:12

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Considerazioni sull’ambito di applicazione della legge 241/1990, anche alla luce della “riforma Madia”

https://buff.ly/2CRL964

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Data: 2018-02-06 14:56:23

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

DIRETTIVE DI GIUNTA: impugnabili ed illegittime 

Consiglio di Stato, sez. I, sentenza n. 54 del 25 gennaio 2018

Il collegio ha infatti sottolineato che l’avversata deliberazione di Giunta, pur autoqualificandosi come atto di indirizzo, determina in modo assolutamente puntuale i contenuti del titolo edificatorio, con evidente sconfinamento nel perimetro dell’attività di gestione amministrativa in materia edilizia che la legge riserva ai dirigenti degli Enti locali, anche qualora comportante, come nel caso di specie, valutazioni di natura discrezionale.

http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=43537.0

riferimento id:30468

Data: 2018-12-04 05:23:06

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Conferenza dei servizi «semplificata» deve essere la regola, e l’ordinaria l’eccezione

https://buff.ly/2SrRcTb

Circolare della Funzione pubblica n. 4/2018

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Data: 2019-05-22 05:34:45

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

SCIA e poteri a tutela del terzo

https://buff.ly/2WkaDmC

APPROFONDIMENTI

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Data: 2019-06-05 04:59:16

Re:Legge 241/1990 e disciplina del procedimento amministrativo

Il preavviso di rigetto si applica anche alla SCIA Dlgs 259/2003 (art. 87 bis)
CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, sent. 3453
https://buff.ly/2WfyoYG

ATTENZIONE: non vale per tutte le scia art. 19 ... ma solo per la peculiare disciplina del Dlgs 259

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