INSEGNE D'ESERCIZIO: diniego se pubblicizzano altre imprese (sentenza 20/11/15)
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[b]TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 20 novembre 2015 n. 2450[/b]
N. 02450/2015 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3264 del 2011, proposto da:
Publionda s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Laruffa, presso il cui studio, in Milano, Via Malpighi, 4, è elettivamente domiciliata;
contro
Provincia di Milano, rappresentata e difesa dagli avv. Alessandra Zimmitti, Angela Bartolomeo, Marialuisa Ferrari e Nadia Marina Gabigliani, domiciliata in Milano, Via Vivaio, 1, presso gli uffici dell’avvocatura provinciale;
per l’annullamento
del provvedimento di diniego del rinnovo dell’autorizzazione n. 1507/2008 all’installazione di un’insegna di esercizio monofacciale tipo rotor lungo la Strada Provinciale 013 in corrispondenza della progressiva chilometrica 15 024, sul lato destro, nel Comune di Melzo, emesso dalla Provincia di Milano in data 5 luglio 2011 a firma del Responsabile del Servizio Autorizzazioni Pubblicità Stradale e notificato in data 18 luglio 2011;
di ogni altro atto ad esso eventualmente connesso, presupposto o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2015 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con due provvedimenti adottati in data 5.7.2011 la Provincia di Milano ha negato alla Publionda s.r.l. il rinnovo delle autorizzazioni n. 1507/2008 e n. 1508/2008 all’installazione di due insegne di esercizio bifacciale tipo rotor lungo la strada provinciale 013, nel Comune di Melzo, situate, rispettivamente, al Km 15+024 e 14+900, in quanto:
– gli impianti non hanno le caratteristiche dell’insegna di esercizio, così come definita all’art. 47, c. 1, d.P.R. n. 495/1992;
– gli impianti così come posizionati hanno dimensioni tali da violare l’art. 48, c. 1, d.P.R. n. 495/1992.
Con riferimento al primo impianto, l’amministrazione ha inoltre accertato che lo stesso riporta messaggi non inerenti all’attività dell’Ente Fiera di Melzo, di cui uno il messaggio “spazio libero”, in violazione dell’art. 10 del regolamento provinciale, ed ha contestato che la società non ha mai fatto pervenire la convenzione sottoscritta con il Comune di Melzo.
La Publionda s.r.l. impugna tali atti, lamentandone l’illegittimità per violazione dell’art. 3, c. 1 e 3, l. n. 241/1990; eccesso di potere per insufficienza della motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà ed erroneità dei presupposti.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Milano, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.
All’udienza del 4 novembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Ad avviso della ricorrente i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per carenza di motivazione non avendo la Provincia specificato le ragioni giuridiche o fattuali sopraggiunte per le quali abbia mutato il proprio avviso ed abbia ritenuto di non accogliere le istanze di rinnovo delle autorizzazioni, in presenza delle medesime condizioni; la motivazione sarebbe altresì erronea poiché gli impianti in questione avrebbero le caratteristiche delle insegne di esercizio, così come previste all’art. 47, d.P.R. n. 495/1992.
Infine, la ricorrente contesta la circostanza della mancata allegazione della convenzione sottoscritta con il Comune di Melzo, affermando che la stessa sarebbe stata presentata unitamente alle prime richieste di autorizzazione.
Il ricorso è infondato.
Il provvedimento è adeguatamente motivato con il richiamo all’assenza delle caratteristiche previste dall’art. 47, c. 1, d.P.R. n. 495/1992 per le insegne di esercizio.
[color=red][b]Ai sensi di questa previsione costituisce “insegna di esercizio” “la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa […]”.[/b][/color]
[b]Nel caso di specie, la documentazione depositata in giudizio dalla difesa dell’amministrazione provinciale palesa, invece, l’assenza di correlazione tra i messaggi pubblicitari riprodotti sugli impianti e l’attività in questione.[/b]
[b]Non può, al riguardo, ritenersi sufficiente – come, invece, sostiene la ricorrente – che i messaggi pubblicizzino “società che espongono o sponsorizzano manifestazioni della Fiera di Melzo”: la nozione di insegna di esercizio va, invero, intesa in senso rigorosamente restrittivo, circoscrivendola a quei soli casi in cui l’insegna – con le modalità prescritte dall’art. 47, comma 1, del d.P.R. nr. 495 del 1992 – serve esclusivamente a segnalare il luogo ove si esercita l’attività di impresa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2012, nr. 2480; 25 novembre 2013, n. 5586).[/b]
È, poi, incontestato, che un pannello riporti il messaggio “spazio libero”, in contrasto con quanto previsto dall’art. 10 del regolamento approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 21/2003.
Legittimamente, pertanto, l’amministrazione ha ritenuto che gli impianti in questione non siano qualificabili insegne di esercizio, trattandosi di veri e propri impianti pubblicitari.
È, poi, sufficientemente chiara anche l’ulteriore ragione di diniego, legata al mancato rispetto dei limiti dimensionali previsti all’art. 48, c. 1, d.P.R. n. 495/1992.
Ai sensi di questa previsione “i cartelli, le insegne di esercizio e gli altri mezzi pubblicitari previsti dall’ articolo 23 del codice e definiti nell’ articolo 47, se installati fuori dai centri abitati non devono superare la superficie di 6 mq, ad eccezione delle insegne di esercizio poste parallelamente al senso di marcia dei veicoli o in aderenza ai fabbricati, che possono raggiungere la superficie di 20 mq; qualora la superficie di ciascuna facciata dell’edificio ove ha sede l’attività sia superiore a 100 mq, è possibile incrementare la superficie dell’insegna di esercizio nella misura del 10% della superficie di facciata eccedente 100 mq, fino al limite di 50 mq.”
Nel caso di specie, trova applicazione il limite dimensionale di 6 mq., e non quello di 20 mq in quanto i mezzi pubblicitari, oltre a non potersi qualificare insegne di esercizio, non sono neppure posizionati parallelamente al senso di marcia dei veicoli ma perpendicolarmente all’asse stradale (doc. n. 17 della provincia).
I mezzi pubblicitari in questione, avendo una dimensione di 18 mq ciascuno, e dunque una dimensione complessiva pari a 36 mq, non rispettano i limiti previsti dalla norma.
Né possono valere le contestazioni formulate dalla ricorrente con la memoria depositata in data 10 aprile 2015 circa l’ubicazione degli impianti nel centro abitato e dunque l’applicabilità, nel caso di specie, della previsione di cui al comma 2 anziché del comma 1 dell’art. 48, d.P.R. n. 495/1992: si tratta invero di un motivo nuovo, inammissibile in quanto formulato con memoria non notificata.
Nel processo amministrativo sono, invero, inammissibili le censure dedotte in memoria non notificata alla controparte sia nell’ipotesi in cui risultino completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo sia quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi sostanzialmente nuovi, ovvero in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame senza possibilità di ampliare il “thema decidendum” (Consiglio di Stato, sez. III, 17 maggio 2012, n. 2878).
A fronte di un potere vincolato, qual è quello esercitato dall’amministrazione nel caso di specie non è, infine, configurabile il vizio di eccesso di potere, per contraddittorietà con precedenti provvedimenti di autorizzazione degli impianti in questione, né una posizione di legittimo affidamento al rinnovo delle autorizzazioni rilasciate in contrasto con le disposizioni sopra richiamate.
La legittimità di queste ragioni di diniego sulle quali si fonda l’atto impugnato è sufficiente giustificazione dello stesso, sicché è irrilevante l’esame della censura addotta avverso la contestazione della mancata allegazione della convenzione sottoscritta con il Comune di Melzo.
Per le ragioni esposte, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
In considerazione delle peculiarità della vicenda il Collegio ritiene equo compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Silvia Cattaneo, Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 20/11/2015.