Data: 2015-11-18 10:24:46

DISTANZE fra sale scommesse ILLEGITTIME - sent. TAR 17/11/2015

DISTANZE fra sale scommesse ILLEGITTIME - sent. TAR 17/11/2015

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[color=red][b]Tar Lombardia Milano, sentenza n. 2411 del 17 novembre 2015
[/b][/color]
N. 02411/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00627/2015 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 627 del 2015, proposto da:
Vincimax S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giulio Marinelli e Massimiliano
Gaspari, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, corso Lodi,
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contro
Comune di Milano in Persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Antonello Mandarano, Paola Cozzi, Maria Lodovica Bognetti,
Alessandra Montagnani, Elena Maria Ferradini e Anna Maria Pavin, domiciliato in
Milano, Via della Guastalla, 6
per l'annullamento
- dell'ordinanza-diffida PG 284422/2014 - Progr. 7274/2014 emessa in data 10
febbraio 2015 dal Comune di Milano, Settore Sportello Unico per l'Edilizia,
Direzione Interventi Edilizi Minori e notificata in data 13 febbraio 2015, con cui la
Sig.ra Orecchia e la società Vincimax S.r.l. sono stati diffidati "dall'insediamento ed
apertura di sala giochi e/o sala scommesse e dalla collocazione di nuove
apparecchiature per il gioco d'azzardo lecito",
- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e/o altrimenti
connesso, con particolare riferimento all'art. 13, co. 7, del nuovo Regolamento
Edilizio del Comune di Milano.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano in Persona del Sindaco
P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2015 il dott. Roberto
Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato in data 19 marzo 2015 il legale rappresentante della
Vincimax S.r.l. chiedeva l’annullamento dell’ordinanza-diffida di cui in oggetto,
deducendo l’illegittimità di entrambi i motivi posti a fondamento del
provvedimento impugnato, per incompetenza e violazione delle Leggi della
Regione Lombardia n. 12/2005 (con riferimento all’ambito di disciplina del
regolamento edilizio) e n. 8/2013 (in materia di “ludopatia”).
Si costituiva l’amministrazione convenuta, che resisteva al ricorso, e la Sezione
accoglieva la proposta domanda cautelare, con statuizione confermata in appello
dal Consiglio di Stato.
La causa è stata infine trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 4 novembre
2015.
Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata
dall’amministrazione resistente, per mancata impugnativa di precedenti
provvedimenti.
Il Collegio osserva che tale eccezione è destituita di fondamento, in quanto le
diffide cui si riferisce il Comune (del 30 maggio e del 25 luglio 2014) erano state
indirizzate a soggetti formalmente diversi rispetto alla società ricorrente, e nella
stessa diffida del 25 luglio si dava atto che la sig.ra Orecchia e il sig. De Feo,
individuati nel caso di specie a titolo individuale, avevano delimitato la loro
originaria istanza alla sola attività di somministrazione.
La diffida impugnata va dunque inquadrata come un nuovo provvedimento,
autonomamente lesivo, in relazione alla diversità formale del soggetto destinatario
e alla nuova circostanza (allestimento di una sala scommesse nel locale sito in via
Bugatti) ivi rilevata.
Nel merito, il ricorso è fondato, nei termini già evidenziati in fase cautelare, e
coerentemente con quanto già deciso su questione analoga dalla Sezione con
sentenza n. 1613/2015.
Invero, l’amministrazione ha emesso l’ordinanza de qua, da un lato, sulla base di
un’interpretazione estensiva della L.R. n. 8/2013, dall’altro, in ossequio al divieto
derivante dall’applicazione del nuovo regolamento edilizio del comune di Milano
entrato in vigore dal 26 novembre 2014.
Il Collegio ritiene che entrambi i presupposti individuati dal comune di Milano
derivino da un’errata applicazione delle norme regolanti la materia da disciplinare.
Nello specifico, occorre verificare se il Comune convenuto abbia il potere di
intervenire in materia di ludopatia, ampliando la casistica presa in considerazione
dalla L. r. n. 8/2013 e dalla D.g.r. del 24 gennaio 2014 – n. X/1274 (secondo
l’interpretazione fornita dalla Sezione, tra l’altro, con la sent. n. 706/2015).
L’art. 13, comma 7, del nuovo Regolamento edilizio del comune di Milano,
approvato il 2 ottobre 2014, prevede esplicitamente, tramite rimando alla disciplina
ivi prevista per le sale gioco, il divieto di apertura di sale scommesse in locali che si
trovino ad una distanza inferiore di 500 metri dai luoghi sensibili individuati dalla
disciplina regionale e comunale.
Il Collegio ritiene che l’amministrazione locale abbia usurpato, nel caso di specie,
una competenza normativa riservata alla legislazione concorrente di Stato e
Regione, in una materia, peraltro, in cui i titolari della relativa potestà la avevano
già esercitata, seppure in modo non organico e definitivo.
Preliminarmente, va evidenziato che la propensione al gioco d’azzardo patologico
è un disturbo del comportamento assimilabile, quanto ad effetti e a modalità di
estrinsecazione, alla tossicodipendenza, e, come tale, incide direttamente sulla
salute psichica del soggetto che ne risulta affetto.
In altre parole, il g.a.p. (impropriamente definito come “ludopatia”) rientra a pieno
titolo tra le patologie che mettono a rischio la salute intesa come fondamentale
diritto dell'individuo e interesse della collettività, la cui tutela è affidata dalla Carta
costituzionale alla Repubblica ai sensi dell’art. 32 di essa, con potestà legislativa
esercitabile in via concorrente da Stato e Regione in virtù del successivo disposto
di cui all’art. 117, comma 3.
La materia in cui si colloca l’eventuale regolamentazione del g.a.p. pare dunque, in
via prioritaria, quella della tutela della salute e non quella del governo del territorio,
che solo in via eventuale, oltre che nei limiti imposti dalla normativa regionale, può
essere utilizzata dagli enti locali per disciplinare un fenomeno prettamente
connesso alla salute psichica dei soggetti che ne risultano afflitti.
In particolare, i Comuni, nell’ambito delle competenze urbanistiche ed edilizie loro
affidate dalle singole Regioni, potrebbero legittimamente intervenire in materia di
distanza dai luoghi sensibili delle attività di gioco e scommesse, al fine di garantire
lo sviluppo dell’ordinata e “salubre” convivenza della comunità di riferimento, solo
in caso di specifiche problematiche emerse sul territorio comunale o in assenza di
normativa nazionale e/o regionale che disciplini specificamente il fenomeno de
quo.
Nel caso di specie, tuttavia, non ricorre nessuno dei due presupposti sopra citati.
Da un lato, infatti, il comune di Milano è intervenuto con una normativa di
carattere generale, inserita nel regolamento edilizio, dall’altro, sia lo Stato che la
Regione Lombardia hanno esercitato la propria competenza legislativa in materia
di ludopatia dettando una specifica, seppure non esaustiva, regolamentazione.
In particolare, l’art. 7 del cd. decreto Balduzzi (d.l. n. 158/2012) ha previsto - non a
caso, all’interno di disposizioni che si occupano anche di limitare l’esposizione dei
minori a tabacco e bevande alcoliche – determinati divieti (con riferimento ai
messaggi pubblicitari), specifici obblighi informativi sui rischi di dipendenza, e
correlative sanzioni, il tutto con riferimento alla “pratica di giochi con vincite in
denaro”.
Ai commi 9 e 10 dello stesso art. 7 su citato, il legislatore regionale ha poi affidato
alla costituenda Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il duplice compito di
pianificare controlli su base annuale ai fini di contrasto del gioco minorile, e di
“pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di
raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6,
lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773/1931, e successive
modificazioni, che risultano territorialmente prossimi” ai cd. luoghi sensibili
(istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi
di culto, centri socio-ricreativi e sportivi).
Sul punto, il Collegio ritiene di non potere recepire l’impostazione adottata dal Tar
Emilia Romagna, sede di Bologna (sent. n. 967/2014 e sent. n. 396/2015),
secondo cui “la pianificazione delle sale da gioco e la riallocazione di quelle
prossime a siti sensibili appartiene all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli,
come chiaramente indicato nel comma n. 10 dell’art. 7 del D.L. n. 158/2012”, in
quanto, da un lato, si tratta di affermazione condizionata dall’esistenza della legge
n. 5/2013 emanata dalla Regione Emilia-Romagna, il cui art. 6, al comma II,
statuisce che i comuni possono dettare previsioni urbanistiche sulle sale da gioco
solo nel rispetto delle pianificazioni di cui al suddetto comma 10 dell’art. 7 del D.L.
n. 158/2012; dall’altro, il legislatore nazionale non può comprimere la potestà
normativa concorrente regionale se non per “la determinazione dei principi
fondamentali” (art. 117, comma 3, ultima parte della Costituzione).
D’altro canto, la cd. riserva statale affidata all’Agenzia delle Dogane e dei
Monopoli riguarderebbe soltanto gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera
a) e non i centri di raccolta delle scommesse.
Tuttavia, il Collegio ritiene ugualmente incompetenti i Comuni ad imporre tramite
strumenti urbanistici/edilizi limiti distanziometrici all’insediamento di imprese
operanti attività di gioco e scommesse rispetto ai cd. luoghi sensibili, in quanto la
Regione Lombardia, come detto, nell’ambito delle sue prerogative costituzionali in
materia di contrasto alla ludopatia, ha ritenuto di imporre i suddetti limiti soltanto
per la collocazione dei nuovi apparecchi da gioco di cui all’art. 110, commi 6 e 7
del TULPS (quanto meno nella prima versione della L.r. n. 8/2013, come attuata
dalla d.G.R. 24 gennaio 2014 n. X/1274).
Ha invece taciuto con riferimento all’insediamento delle nuove attività di raccolta
delle scommesse vicino ai cd. luoghi sensibili, con ciò rinunciando implicitamente,
tramite una scelta di natura tipicamente politica, ad estendere i limiti
distanziometrici fissati per le altre pratiche di giochi con vincite in denaro.
Sostenere che il Comune possa supplire all’omissione dell’ente regionale,
estendendo l’elenco dei soggetti attinti dal divieto tramite un’interpretazione
forzata delle norme, o la regolamentazione edilizia, significherebbe di fatto
legittimare l’usurpazione di poteri normativi già esercitati e sostituire la decisione
politica generale della Regione con quella (di volta in volta diversa) dei singoli
comuni.
A ciò ostano due ulteriori considerazioni, una di natura giuridica, l’altra di natura
sistematica e pratica.
Da un lato, infatti, non si rinviene nella L.r. n. 12/2005 della Regione Lombardia
(legge per il governo del territorio) alcuna norma che abiliti direttamente o
indirettamente il Comune a dettare, tramite lo strumento edilizio, norme di
contrasto alla ludopatia, dall’altro, sarebbe irragionevole sostituire un’ordinata
pianificazione dei limiti distanziometrici, quanto meno all’interno della singola
Regione, con la possibile introduzione di distanze del tutto diverse da Comune a
Comune.
Va infine evidenziato, per dovere di completezza, che la legge regionale n. 11 del
2015 ha modificato la l.r. n. 8/2013, sostituendo, al comma 1 dell'articolo 5, le
parole: “la nuova collocazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito” con la
frase: “la nuova installazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito di cui
all'articolo 110, comma 6, del r.d. 773/1931”.
Ne deriva che la Regione Lombardia ha modificato il disposto normativo de quo,
con ciò manifestando in modo ancora più evidente la sua scelta politica, per
chiarire l’oggetto del divieto e sottrarre la regolamentazione imposta in materia di
ludopatia ad interpretazioni estensive da parte dei singoli Comuni.
Tale modifica pare, peraltro, avere nella sostanza recepito l’orientamento
interpretativo di questo Tribunale, secondo cui l’applicazione del divieto di cui
all’art. 5, comma 1 della L.r. n. 8/2013 sarebbe stato fin dall’origine limitato alle
sole nuove collocazioni di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’art.
110, comma 6 (e 7) del r.d. n. 773 del 1931.
In definitiva, dunque, da un lato, il potere pianificatorio/di regolamentazione
edilizia del comune trova un limite nell’impossibilità di introdurre divieti (nel caso
dei centri di raccolta di scommesse) o estenderli (nel caso di locali con slot
machine o VLT), in aggiunta a quanto già stabilito dalla normativa regionale;
dall’altro, i limiti distanziometrici introdotti dalla l.r. n. 8/2013 vanno riferiti alla
sola nuova installazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito di cui all'articolo
110, comma 6, del r.d. 773/1931.
Il provvedimento impugnato e l’art. 13, comma 7 del regolamento edilizio del
Comune di Milano, approvato con deliberazione n. 26 del 2 ottobre 2014, vanno
dunque annullati.
Sussistono gravi ragioni, in relazione alla novità della questione esaminata, per
compensare le spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie,
nei termini di cui in motivazione, e, per l’effetto:
annulla l'ordinanza-diffida PG 284422/2014 - Progr. 7274/2014 emessa in data 10
febbraio 2015 dal Comune di Milano;
annulla l'art. 13, comma 7, del nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Milano,
approvato con deliberazione n. 26 del 2 ottobre 2014.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Roberto Lombardi, Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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