Data: 2015-11-13 06:44:01

TABACCAI - per trasferimento fuori zona occorre distanza e redditività e altro

TABACCAI - per trasferimento fuori zona occorre distanza e redditività e altro

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[b]TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. III – sentenza 6 novembre 2015 n. 5188
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N. 05188/2015 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5564 del 2014, proposto da:

Nicola Scotto Di Uccio, Teresa De Luise, Carmine Calise, rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Iacono, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, Segreteria T.A.R.;

contro

Agenzia delle Dogane Ufficio Regionale della Campania Sede di Napoli, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ed ivi domiciliata in Napoli, Via Diaz, 11;

nei confronti di

Concetta Schiedo, rappresentata e difesa dagli avv. Claudia Trani, Corrado Diaco, con domicilio eletto presso il secondo in Napoli, Via dei Mille N.40;

per l’annullamento

del provvedimento n.3949 del 11/07/2014, avente ad oggetto autorizzazione al trasferimento “fuori zona” da via Costanito, 40 a corso Luigi Manzi, 147/149 della rivendita di generi di monopoli n. 2 ed annessa ricevitoria del lotto di Casamicciola Terme in titolarità della signora Concetta Schiedo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia delle Dogane Uff. Regionale della Campania Sede di Napoli e di Concetta Schiedo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’Udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Con il ricorso in epigrafe i tre ricorrenti, titolari di rivendite di generi di monopolio con annesse ricevitorie del lotto in Casamicciola Terme, insorgono avverso il provvedimento prot. n. 3940 in data 11.7.2014 con il quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio Regionale della Campania – Napoli, ha autorizzato il trasferimento fuori zona della rivendita ordinaria di tabacchi ed annessa ricevitoria n.2 nel predetto Comune dalla precedente ubicazione di via Costanito 4° a corso Luigi Manzi n.147/149 alla titolare di essa sig.ra Concetta Schiedo odierna controinteressata, in accoglimento della sua relativa istanza del 7.2.2014 pervenuta all’Agenzia il 21.2.2014.

Si costituiva in giudizio depositando memoria difensiva e allegata documentazione concernente il procedimento anche l’Avvocatura di Stato in data 29.11.2014.

1.2.Alla Camera di consiglio del 4.12.2014, con Ordinanza n. 2027 del 5.12.2015 la Sezione accoglieva la domanda cautelare motivando diffusamente taluni profili di fumus boni iuris che militavano nel senso dell’illegittimità del provvedimento di trasferimento emesso dall’Agenzia.

Interposto appello cautelare il Consiglio di Stato, Sez. IV, con Ordinanza n. 1322 del 24.3.2015 riformava la citata decisione del Tribunale rigettando conseguentemente la domanda cautelare sull’assunto che “la pratica per cui è causa, a seguito delle integrazioni effettuate dall’interessata in sede procedimentale, risulta corredata della necessaria documentazione normativamente prescritta”.

Si costituiva anche la controinteressata con memoria difensiva e produzione documentale del 1.12.2014, tra cui consta anche (doc. 2) una nuova perizia asseverata dall’Arch. Lucia Barile del 28.11.2014, postuma di oltre quattro mesi all’adozione del provvedimento impugnato, recante la precisazione della distanza tra la sede originaria della rivendita trasferenda e quelle ad essa più vicine.

Inoltre la controinteressata, a mezzo del nuovo procuratore Avv. Corrado Diaco costituitosi in sostituzione del precedente con atto prodotto il 23.12.2014, depositava la produzione del grado d’appello il 13.5.2015, per poi versare memoria per il merito il 28.5.2015.

Anche i ricorrenti depositavano memoria defensionale l’1.6.2015 e replica l’11.6.2015.

Alla pubblica Udienza del 2 luglio 2015, udita la discussione del predetto patrono della controinteressata, la causa è stata ritenuta in decisione.

2.1. In esito a più approfondita disamina, condotta anche per effetto della riforma in appello dell’Ordinanza cautelare n.2027/2014, degli atti e delle documentazioni prescritte dal D.M. n. 38/2013 e dalla controinteressata allegate a corredo della domanda di trasferimento fuori zona per cui è causa, deve il Tribunale confermare la valutazione di fondatezza del ricorso, in accoglimento non solo del motivo già delibato in sede cautelare ma anche di ulteriori due specifiche censure articolate con i residui motivi di ricorso.

Orbene, è posta all’attenzione del Collegio l’autorizzazione al trasferimento fuori zona (perché comportante uno spostamento di sede della rivendita superiore a 600 metri) della rivendita n. 2 con annessa ricevitoria in titolarità della signora Concetta Schiedo dalla via Costanito 40 a corso Luigi Manzi n. 147/149 del Comune di Casamicciola Terme dell’Isola d’Ischia, concessa con provvedimento prot. 3949 del 11 luglio 2014 dall’Ufficio Regionale della Campania dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in accoglimento dell’istanza presentata dall’interessata il 21.2.2014.

2.2. Avverso tale determinazione i ricorrenti, che erano già intervenuti nel procedimento in risposta alla ricevuta comunicazione d’avvio del 3.4.2014 producendo dettagliata memoria di opposizione – che innerva il terzo motivo di gravame di cui infra – con il secondo mezzo, che merita di essere esaminato per primo per ragioni di organicità espositiva, rubricando violazione dell’art. 11 del D.M. n. 38/2013 in punto di termine di presentazione dell’integrazione documentale, di completezza della documentazione a corredo del’istanza e di accertamento della regolarità urbanistica deducono due distinte censure.

Con quella sub b) lamentano che la perizia giurata prodotta dall’interessata a corredo della domanda di trasferimento e prescritta dall’art. 11, comma 2 D.M. cit., non contiene l’indicazione delle tre rivendite più vicine alla sede attuale, ossia di provenienza della rivendita trasferenda, indicando solo quelle più vicine alla sede proposta, in violazione del comma 2 dell’art. 11, stesso decreto.

Inoltre, il provvedimento impugnato, autorizzando il trasferimento della rivendita n. 2 in corso L. Manzi 147/149 infrangerebbe anche il comma 3 della predetta norma del Regolamento di cui al D.M. n. 38/2013 che impone di allegare all’istanza idonea documentazione comprovante la regolarità urbanistico – edilizia del locale proposto e la relativa destinazione d’uso commerciale, là dove la controinteressata si sarebbe limitata a presentare all’Agenzia il solo certificato di agibilità, che per i ricorrenti, con richiamo alla sentenza della Sezione n. 2240/2010, concerne solo gli aspetti igienico – sanitari della costruzione ma non anche quelli urbanistici.

2.3. La doglianza, come già motivato in sede cautelare, si presta a favorevole valutazione e va pertanto accolta, non giovando alla controinteressata, al fine di sanare le carenze documentali denunciate da parte ricorrente e involgenti sia il contenuto della perizia giurata a corredo della domanda definito dall’art. 11, comma 2, sia l’attestazione di regolarità urbanistica e della destinazione d’uso del locale, le nuove perizie versate ai docc.7 e 10 della produzione del grado d’appello depositata in questo giudizio il 13.5.2015.

E ciò poiché, ad onta della loro definizione da parte del difensore come “integrative”, in realtà tali elaborati sostanziano nuove perizie, differenti nei contenuti rispetto a quella del 10.2.2012 allegata alla domanda e redatte in data postuma, rispetto all’adozione del provvedimento, di ben oltre quattro mesi la perizia del 28.11.2014 (doc. 7 produzione Scheido del 13.5.2015 e ) e di oltre cinque la nuova perizia del 22.12.2014 (doc. 10 produzione cit.).

La predetta nuova perizia asseverata dall’Arch. Lucia Barile del 28.11.2014 constava peraltro già nella produzione documentale della controinteressata del 1.12.2014 (doc. 2) e fu già valutata come tale, ossia postuma e quindi irrilevante, dalla Sezione in sede cautelare.

2.4. Al riguardo rammenta in punto di diritto il Collegio che a norma dell’art. 11, comma 2 del D.M. n. 38/2013 le istanze di trasferimento fuori zona di rivendite di generi di monopolio “sono obbligatoriamente corredate da una perizia giurata (…) che contiene (…) b) l’indicazione della sede attuale e di quella proposta, delle tre rivendite più vicine alla sede attuale e a quella proposta”.

La necessaria indicazione delle tre rivendite più vicine sia alla sede proposta per il trasferimento che a quella attuale, ossia originaria o di provenienza di quella oggetto della domanda di trasferimento, è intuitivamente finalizzata a consentire all’Amministrazione di valutare le conseguenze l’impatto del richiesto trasferimento sull’assetto distributivo sia della zona di destinazione che di quella originaria ove è stata fino a quel momento ubicata e gestita la rivendita di cui si chiede il trasferimento, dovendo l’Agenzia delle dogane comunque valutare l’utilità del trasferimento stesso e la sua rispondenza all’obiettivo di conseguire un assetto della rete di vendita equilibrato e aderente all’effettiva domanda dell’utenza e alle necessità del servizio onde scongiurare congestioni o sovrapposizioni di esercizi di vendita nonché, per converso, carenze e lacune nella compagine distributiva.

La produzione di tale documentazione in sede di giudizio, anziché in sede procedimentale, dimostra che la determinazione amministrativa impugnata è stata effettuata sulla base di dati incompleti, manifestando peraltro la sussistenza anche dei vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, esaminati nei successivi paragrafi. Né sarebbe ammissibile che il giudice amministrativo si sostituisca all’amministrazione competente nell’elaborazione del relativo apprezzamento discrezionale.

2.4. Ciò posto, occorrendo acclarare in punto documentale se la perizia giurata presentata dalla sig.ra Scheido richiedente il trasferimento fuori zona della sua rivendita n. 2 in Casamicciola Terme facesse menzione delle tre rivendite più vicine alla sede di provenienza così come prescritto dall’art. 11, comma 2 D.M. cit. sopra riportato, può conferirsi rilevanza nella diagnosi di legittimità o meno del provvedimento di autorizzazione rilasciato dall’Agenzia resistente in data 11 luglio 2014, unicamente all’elaborato peritale redatto in epoca precedente la data di adozione del titolo autorizzatorio, non potendo, per pacifico principio, rilevare eventuali perizie redatte e prodotte in data successiva.

Orbene, la perizia giurata prescritta dal D.M. n. 38/2013, l’unica rilevante ai fini che occupano, presentata dalla controinteressata a corredo della domanda di trasferimento fuori zona, è quella redatta dall’Arch. L. Barile il 10.2.2014 e giurata con verbale del 17.2.2014 ed è stata prodotta dalla difesa erariale in allegato alla memoria difensiva il 29.11.2014.

Tale elaborato risulta carente della specifica indicazione delle tre rivendite più vicine alla sede attuale della rivendita trasferenda, ossia quella ubicata in via Costanito n. 40, indicando un dato del tutto irrilevante, ossia “la distanza di trasferimento dall’attuale ubicazione alla nuova ubicazione”, pari a mt. 1854,00 nonché “le rivendite n.1 sita in piazza marina n. 34 e la rivendita n. 3 sita in C.so Luigi Manzi n. 49” che è la via di ubicazione della sede proposta.

Difettando quindi nella perizia allegata all’istanza i trasferimento la specificazione delle tre rivendite più vicine alla sede attuale (ossia alla Via Costanito 40) imposta dall’art. 11 comma 2 del D.M. n.38/2013.

Sul punto osserva il Collegio come la delineata limitazione del contenuto della perizia de qua sia stata espressamente riconosciuta dallo stesso provvedimento impugnato (doc. 2 produzione ricorrenti) là dove si afferma come “rilevato dalla suddetta perizia tecnica dell’Arch. Lucia Barile che le tre rivendite più vicine al locale proposto”, ma non anche a quello attuale, “sono le rivendite n. 1, 3 e 4 di Casamicciola Terme”.

Ne consegue che l’Autorità procedente, avendo essa stessa ammesso che la perizia giurata prodotta dalla richiedente si limitava ad indicare solo le tre rivendite più vicine alla sede proposta ma non anche a quella originaria ovvero di provenienza, non avrebbe potuto assentire il trasferimento richiesto.

Dal che un primo profilo di illegittimità del provvedimento di autorizzazione impugnato.

2.5. Quanto alla dedotta mancata allegazione all’istanza di trasferimento che occupa, di documentazione comprovante la regolarità urbanistico edilizia del locale proposto, occorrendo infatti altresì corredare la domanda di trasferimento fuori zona di “idonea documentazione che attesta la regolarità urbanistico – edilizia del locale proposto, nonché la relativa destinazione d’uso commerciale” (art. 11, comma 3, D.M. n. 38/2013), come già anticipato in sede cautelare la delineata doglianza è fondata e va pertanto accolta.

Osserva in proposito il Collegio che il certificato di agibilità rilasciato dal Comune di Casamicciola Terme il 20.6.2014 e prodotto alla P.A. dalla controinteressata solo l’8.7.2014, tre giorni prima dell’adozione del provvedimento, a norma dell’art. 24 del T. U. sull’edilizia, unicamente “attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti”, come la giurisprudenza, anche della Sezione, ha già precisato (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, n. 2240/2010; T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, 17.9.2009 n. 4672).

Il Giudice d’appello ha al riguardo ribadito la delineata funzione già dalla giurisprudenza di prime cure riconosciuta al certificato di agibilità, avendo condivisibilmente puntualizzato la differenza ontologica tra i titoli abilitativi edilizi e il certificato di agibilità, precisando al riguardo che la “funzione del certificato di agibilità è accertare che l’immobile, al quale si riferisce, è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti; invece funzione specifica della d.i.a. (come del permesso di costruire, n.d.s.) è il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche” (Consiglio di Stato sez. IV, 26 agosto 2014 n. 4309).

La giurisprudenza ha più di recente riproposto la cennata opzione interpretativa avendo ribadito che “Il certificato di agibilità ha la funzione di attestare il conseguimento degli standard minimi e generali di qualità degli edifici. Ai sensi dell’art. 24 n. 1, d.P.R. n. 380 del 2001, esso attiene unicamente agli aspetti della conformità dell’opera ai profili tecnici e igienico – sanitari, non avendo riguardo ai profili più strettamente urbanistici” (T.A.R. Valle d’Aosta, 8 agosto 2015 n. 61).

Va inoltre soggiunto, come pure anticipato in sede cautelare, che il certificato di agibilità è del tutto inidoneo ad attestare la specifica destinazione d’uso commerciale, che, a norma dell’art. 11, comma 3 sopra riportato del D.M. n. 38/2013 deve essere attestata con idonea documentazione da allegare alla domanda di trasferimento della rivendita.

La comprova delle delineate inadeguatezze probatorie del certificato di agibilità è del resto indirettamente fornita dallo stesso contegno processuale della controinteressata, che ha versato al doc. 9 della produzione d’appello depositata in questo giudizio di prime cure il 13.5.2015, un certificato rilasciato dal Comune di Casamicciola Terme in data 19.12.2015, ossia in epoca abbondantemente postuma all’adozione del provvedimento impugnato, con il quale si “certifica la regolarità urbanistica dell’immobile sito in Casamicciola Terme al Corso luigi Manzi n° 147” altresì precisandosi che il locale in questione, sede proposta della rivendita n. 2 della controinteressata oggetto della domanda di trasferimento, è “con destinazione commerciale”.

Non si sarebbe la controinteressata procurata detta certificazione se il certificato di agibilità del 20.6.2015 allegato all’istanza di trasferimento fosse stato idoneo ad attestare anche la regolarità edilizia del locale proposto e la sua destinazione commerciale, ma si rivela all’evidenza inutile a conferire legittimità all’impugnato provvedimento di autorizzazione dell’11.7.2014 a motivo della sua tratteggiata natura postuma di oltre cinque mesi rispetto allo stesso.

2.6. Per le stesse manifeste ragioni alcun rilievo sanante può essere annesso alle nuove perizie dalla controinteressata versate a mezzo del nuovo procuratore, ai docc. 7 e 10 della produzione del grado d’appello depositata in questo giudizio il 13.5.2015 nonché, limitatametne alla perizia asseverata del 28.11.2014, l’1.12.2014, atteso che ad onta della loro definizione nella descrittiva del foliario come “integrative”, in realtà trattasi di vere e proprie nuove perizie, differenti nei contenuti rispetto a quella del 10.2.2012 prodotta in uno alla domanda e redatte quanto alla perizia del 28.11.2014 (doc. 7 produzione Scheido del 13.5.2015) oltre quattro mesi dopo l’adozione dell’impugnato provvedimento autorizzatorio e oltre cinque dopo quanto alla nuova perizia del 22.12.2014 (doc. 10 produzione cit.).

Non trova dunque riscontro documentale quanto affermato nell’Ordinanza d’appello, secondo cui a seguito delle integrazioni effettuate dall’interessata in sede procedimentale, l’istanza di trasferimento da lei presentata risulta corredata della necessaria documentazione normativamente prescritta, ostandovi il dato che il procedimento si era già concluso il con l’adozione l’11.7.2014 del provvedimento impugnato e pertanto non vi era più spazio per integrazioni procedimentali, dovendosi quindi riconoscere natura palesemente e abbondantemente postuma alle perizie del 28 novembre e del 22 dicembre 2014, sostanzianti oltretutto, come detto, documentazione non meramente integrativa ma nuova.

3.1. Tralasciando per il momento la disamina della prima sub censura del secondo motivo, l’illustrata fondatezza della doglianza appena scrutinata e la rilevata omessa rappresentazione all’Ufficio procedente delle tre rivendite più vicine alla sede di provenienza, pongono in luce altresì la fondatezza del terzo e della prima parte del primo motivo di ricorso (la seconda lamenta la violazione dell’art. 22 della L. n. 241/1990 per essere stata solo parzialmente accolta la richiesta di accesso dell’11.8.2014, doglianza inammissibile in questa sede non essendo stata veicolata in osservanza del rito in materia di accesso ex at. 116 c.p.a e dei relativi termini) che possono essere trattati congiuntamente svolgendo in sostanza le stesse censure di violazione del giusto procedimento, dell’art. 11 del D.M. n. 38/2013, dei principi di buona amministrazione di imparzialità, nonché di carenza di istruttoria e di motivazione.

Si dolgono in proposito i ricorrenti che l’Agenzia resistente non ha tenuto nella debita considerazione le loro controdeduzioni procedimentali, formalizzate con la nota da loro inviata con raccomandata del 12.3.2014 (doc. 4 produzione ricorrenti) a riscontro della comunicazione di avvio del procedimento prot. 13608 del 27.2.2014 (doc. 3 produzione ricorrenti) ricevuta dalla coricorrente De Luise Teresa il 4.3.2014.

Intervenuti nel procedimento, infatti, i deducenti rappresentavano alla P.A. da un lato la finalità che sottese l’istituzione della rivendita n. 2 oggetto della domanda di trasferimento, rivendita che “nacque proprio per soddisfare le esigenze del rione alto del paese, distante dalla fascia costiera, ma ricca di piccole strutture turistiche e di popolato centro abitato”, conseguendone che con il trasferimento richiesto e al quale si opponevano, detta zona “rimarrebbe completamente sguarnita di punti vendita per un raggio di oltre un chilometro”; dall’altro, che a seguito del trasferimento in corso Luigi Manzi, nella fascia costiera comunale, la rivendita della controinteressata andrebbe a “sconvolgere le attività di vendita delle vicine rivendite”.

Estrapolandosi le censure più degne di nota, in ricorso lamentano più in dettaglio le deducenti che oltre al depauperamento delle rivendite di tabacchi nella zona collinare determinato dalla avversata traslazione della rivendita n. 2, tale spostamento si rivela: 1) inopportuno poiché inserisce la rivendita controinteressata “nella zona costiera, dove il rapporto rivendita/abitanti è già così fortemente inferiore al minimo e dove le rivendite n. 3 (De Luise) e n. (Calise)” coricorrenti, “sono ben al di sotto dei 300 metri regolamentari”; 2) inutile ad incrementare le entrate erariali discendenti dalla vendita dei generi di monopolio oltre che dalle ricevitorie del lotto – tutte annesse a alle rivendite delle parti in causa – in quanto “a fronte di una forte riduzione della vendita nella zona di origine (collinare) non recuperabile dalle rivendite della zona costiera per le difficoltà di collegamento sopra spiegate, non porterà, per la sua nuova collocazione, alcun incremento della vendita dei tabacchi e del lotto perché attingono al medesimo bacino di utenza delle rivendite dei ricorrenti” (ricorso, pagg. 7 e 8).

Conclusivamente, secondo parte ricorrente l’Autorità procedente ha del tutto omesso di effettuare un’approfondita istruttoria e di esternare idonea motivazione in ordine alle divisate circostanze ostative debitamente rilevate in sede procedimentale.

3.2. Ad avviso del Collegio le ricostruite censure colgono nel segno e vanno conseguentemente accolte.

Evidenzia al riguardo come l’obiettivo di perseguire un ordinato ed equilibrato assetto distributivo della rete di vendita di cui si è fatto più sopra cenno costituisca una delle finalità ha hanno ispirato la novella disciplina regolamentare di cui al D.M. 21.2.2013 n. 38, che, infatti, in proposito al secondo considerando annovera “l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita adeguatamente dislocata sul territorio”(peraltro precisando che tale istanza va contemperata con l’interesse pubblico alla tutela della salute).

Invero, anche la giurisprudenza resa nel vigore della precedente disciplina assunta con circolari dell’ex Azienda Autonoma del Monopoli di Stato, escludeva che in materia di trasferimenti fuori zona di rivendite si possa prescindere non solo dai requisiti di redditività, ma anche “dal rapporto con la popolazione; elementi che, al contrario, devono necessariamente costituire la guida per il corretto esercizio da parte dell’amministrazione della discrezionalità per il concreto perseguimento dell’interesse pubblico.” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005 n. 2785) .

La valutazione del “rapporto con la popolazione” additato a uno dei criteri guida nello scrutinio della domanda di trasferimento fuori zona nella riportata pronuncia del Giudice d’appello, ha fatto dunque evidentemente difetto nella valutazione operata dall’Agenzia autorizzando il richiesto trasferimento della rivendita n. 2 senza tenere nel debito conto le circostanziate avverse deduzioni procedimentali dei controinteressati odierni ricorrenti, che evidenziavano sia l’intasamento della rete di vendita nella zona costiera già abbondantemente servita, sia, per converso, il depotenziamento della rete stessa nella zona collinare, la quale, come efficacemente rappresentavano, “rimarrebbe completamente sguarnita di punti vendita per un raggio di oltre un chilometro”.

3.3. Del pari meritevoli di condivisione appaiono le doglianze specificamente svolte in sede di gravame con i passi sopra portati del terzo motivo in scrutinio, ovvero il rilievo per cui l’avvenuto depotenziamento, per effetto dell’opposto trasferimento, della rete di vendita nella zona collinare, che risulta sguarnita di punti vendita nel raggio di oltre un chilometro e il conseguente decremento di entrata fiscale per lo Stato, non è recuperabile ovvero compensabile con un maggiore gettito fiscale derivante da un incremento della vendita nella zona costiera ove viene inserita la rivendita traslata, atteso che il nuovo punto vendita di generi di monopolio e di ricevitoria costituito dalla trasferita rivendita n. 2, va ad inserirsi nel medesimo bacino di utenza delle rivendite dei ricorrenti, dislocate a distanza inferiore a trecento metri, con il conseguente lamentato intasamento generato dall’insediamento di un’ulteriore rivendita, ossia la n. 2 della controinteressata.

Parimenti non trascurabile in siffatto contesto è la notazione, svolta tra pag. 7 e 8 del ricorso, secondo la quale le aree di passeggio tra Piazza Marina e Corso Luigi Manzi – dov’è stato autorizzato lo spostamento per cui è controversia – sono in linea di continuità tra di loro e “la rivendita n. 2 si va a frapporre tra la rivendita n. 3 e la rivendita n. 4 “determinando la presenza di tre rivendite nello spazio di ottocento metri lungo lo stesso asse viario”.

Da tale cornice consegue che la congestione di punti vendita di generi di monopolio in tal modo creatasi, a bacino di utenza invariato, non consente di compensare il decremento di entrata per l’Amministrazione dei monopoli cagionato dall’eliminazione nella zona collinare di provenienza della rivendita n. 2.

Appare con una certa evidenza come l’assetto distributivo determinatosi nel Comune di Casamicciola Terme per effetto dell’avversato trasferimento infranga i criteri di adeguata dislocazione sul territorio (contravvenendo alla “esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita adeguatamente dislocata sul territorio” di cui al secondo considerando del D.M. n. 38/2013) e di “razionalizzazione della rete di vendita” (terzo considerando, D.M. cit.), additati nel preambolo del Regolamento di cui al D.M. n. 38/2013 quali ragioni e conseguentemente obiettivi della novella disciplina.

Razionalizzazione che, infatti, secondo il medesimo terzo considerando, “previene ed esclude il possibile sovradimensionamento ingiustificato della rete di vendita”, il quale, invece, nel caso al vaglio del Tribunale si è all’evidenza prodotto relativamente alla zona costiera del Comune di Casamicciola, a detrimento invece di quella collinare che risulta impoverita e sguarnita come correttamente dedotto dai ricorrenti.

[color=red][b]3.4. Al riguardo giova ribadire che l’Amministrazione dei monopoli nell’assentire o meno il trasferimento fuori zona di una rivendita di generi di monopolio non dismette in toto la propria discrezionalità e non può pronunciarlo unicamente sulla base dei requisiti di distanza e redditività, in presenza delle specifiche circostanze evidenziate dai ricorrenti, dovendo valutare altresì la sua rispondenza all’obiettivo di conseguire un assetto della rete di vendita equilibrato e aderente all’effettiva domanda dell’utenza e alle necessità del servizio onde scongiurare sovrapposizioni di esercizi di vendita nonché, per converso, carenze e lacune nella rete distributiva.[/b][/color]

Che altrimenti non si intenderebbe la ratio dell’obbligatoria indicazione nella perizia giurata da allegare alla domanda, in ossequio all’art. 11, comma 2, lett. b), D.M. cit., sia delle tre rivendite più vicine alla sede proposta, che delle tre rivendite più vicine alla sede attuale o di provenienza.

La permanenza dei cennati margini, ancorché ridotti, di discrezionalità, è inoltre da predicarsi in forza della stessa norma di chiusura dell’art. 11 del D.M. n. 38/2013 dedicato alla disciplina del procedimento di trasferimento delle rivendite ordinarie, ossia il comma 5, a termini del quale “L’Ufficio competente, in caso di valutazione positiva della domanda di trasferimento e della relativa documentazione pervenuta, effettua la comunicazione di avvio del procedimento al soggetto che ha presentato la domanda e ai titolari delle tre rivendite più vicine situate a distanza inferiore a 600 metri” nonché a coloro che possano ricevere un pregiudizio.

Ebbene, il riferimento di cui all’incipit della disposizione al “caso di valutazione positiva della domanda di trasferimento”, che adombra anche il caso opposto, di valutazione negativa che può verificarsi malgrado l’istante abbia documentato la sussistenza di tutti i presupposti di distanza e reddituali definiti dal regolamento, non può che equivalere ad implicita attribuzione alla P.A. di un consentito spazio di discrezionale valutazione della domanda di trasferimento.

Conclusivamente, ritiene il Collegio ravvisabili a carico dell’impugnato provvedimento i dedotti profili di carenza di istruttoria e di motivazione, non avendo tenuto in considerazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli le circostanze e gli aspetti di criticità segnalati dai ricorrenti, che il richiesto trasferimento della rivendita n. 2 determinava alla luce dei criteri guida dell’adeguata dislocazione della rete di vendita sul territorio e della razionalizzazione della stessa onde tra l’altro scongiurare ingiustificati sovradimensionamenti ancorché limitati ad una sola parte del territorio comunale, tutti scolpiti nel preambolo del D.M. n. 38/ 2013.

4.1. Del pari fondata e quindi meritevole di essere accolta è la censura svolta sub a) del secondo motivo, doglianza secondo cui l’Agenzia ha violato l’art. 11, comma 4 del D.M. n. 38/2013 per avere rilasciato il provvedimento di trasferimento richiesto, malgrado fosse spirato il termine di 30 giorni entro il quale in caso di carenza della documentazione a corredo della domanda, l’istante è onerato di integrarla a seguito della relativa richiesta dell’Ufficio, termine stabilito dalla citata diposizione a pena di improcedibilità dell’istanza.

4.2. Osserva in merito il Collegio come sia documentalmente provato che l’Ufficio procedente abbia richiesto all’istante già con nota del 3.4.2015 di integrare la documentazione attestante la disponibilità del locale proposto per il trasferimento e la sua idoneità.

Più in dettaglio, consta alla produzione dei ricorrenti (doc. 6) documentazione, conosciuta per via dell’accoglimento parziale di loro specifica istanza di accesso dell’11.8.2014 ed allegata alla nota del 18.8.2014 prot. 62865 di trasmissione della stessa, da cui, e in particolare dalla nota del 25.6.2014 con protocollo parzialmente leggibile (solo le ultime tre cifre “854”) inviata per raccomandata A.R. alla Scheido per sollecitare la già richiesta integrazione documentale, risulta che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva già richiesto alla predetta i documenti comprovanti la disponibilità del locale proposto per il trasferimento con relativa dichiarazione di idoneità.

Con la citata nota del 25.6.2014 dunque l’Ufficio procedente “pertanto..” invitava l’interessata “a dare riscontro alla nota n. 28022 del 30.04.2014, che si allega in copia, entro 15 giorni dal ricevimento della presente”avvertendola che in mancanza lo scrivente Ufficio “procederà all’archiviazione della richiesta di trasferimento del 21.02.2014”.

Di tale nota del 30 aprile 2014 propt. 28022, contenente all’evidenza la prima richiesta alla Scheido della documentazione inerente disponibilità ed idoneità del locale proposto per il trasferimento (non altrimenti spiegandosi l’impiego dell’avverbio “pertanto”) è stato negato accesso ai ricorrenti, né essa è stata depositata dall’Avvocatura di Stato con la produzione coeva alla costituzione e relativa memoria difensiva del 29.11.2014 nell’imminenza della Camera di consiglio dedicata alla trattazione dell’incidente cautelare.

Tuttavia non possono nutrirsi dubbi sull’esistenza di tale prima nota di richiesta di integrazione documentale, essendo stata essa richiamata e individuata nei suoi elementi essenziali oltre che ribadita nel contenuto, dallo stesso Ufficio procedente con la prodotta nota del 25.6.2014.

Orbene, stante l’interzia dell’interessata alla produzione della documentazione integrativa attestante la disponibilità ed idoneità del locale proposto richiesta con la nota n. 28022 del 30.04.2014, l’Agenzia resistente, anziché inoltrare una nuova richiesta in data 25.6.2015 di sollecito alla produzione della documentazione in questione, avrebbe dovuto dichiarare improcedibile la domanda di trasferimento.

4.3. Non lascia infatti adito a dubbi né riserva in proposito spazi di discrezionalità all’Amministrazione la perentoria disposizione di cui all’ultimo periodo dell’art. 11, comma 4 del D.M. n. 38/2013 del quale è fondatamente dedotta la violazione.

Stabilisce invero tale norma che “4. Per le domande pervenute prive della documentazione di cui ai commi 2 e 3 gli Uffici competenti invitano il richiedente a provvedere alla loro integrazione nel termine di 30 giorni” peraltro indicando in termini tassativi e perentori anche le conseguenze dell’inutile decorso del predetto termine, all’uopo disponendo che “Decorso il termine senza che le stesse siano state integrate, le domande sono dichiarate improcedibili”.

Rammenta in proposito il Tribunale che la regola, di matrice giurisprudenziale, secondo la quale l’inosservanza di un termine previsto per la conclusione di un determinato procedimento o per l’adozione di un determinato provvedimento non ne produce l’illegittimità in caso di adozione dell’atto conclusivo oltre il termine stesso, è derogata laddove una specifica norma sancisca la perentorietà del termine ovvero la consumazione del potere amministrativo con lo spirare di esso, essendosi statuito che “il carattere perentorio del termine di adozione di un atto amministrativo, comportante in caso di violazione l’illegittimità dello stesso provvedimento, deve ricavarsi espressamente da un’apposita norma che qualifica come perentorio il termine o che prescriva la decadenza del potere amministrativo oltre un certo periodo di tempo” (T.A.R. Puglia –Lecce, Sez. II, 18 maggio 2004, n. 3001).

Sull’argomento si è recentissimamente espressa anche la Sezione, avendo precisato, in linea con l’orientamento di cui si è testé fatto cenno, che “La violazione del termine di conclusione del procedimento non determina l’illegittimità del provvedimento finale. Invero, il carattere perentorio del termine di adozione di un atto amministrativo, comportante in caso di violazione l’illegittimità dello stesso provvedimento, deve ricavarsi espressamente da un’apposita norma che qualifica come perentorio il termine o che prescriva la decadenza del potere amministrativo oltre un certo periodo di tempo” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III 11 giugno 2015 n. 3168 ). Si era già in tal senso condivisibilmente affermato che “In assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda come perentorio il termine assegnato per la conclusione del procedimento amministrativo, detto termine deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio ed il suo superamento — se abilita l’interessato ad agire contro l’inerzia dell’amministrazione — non esaurisce il potere di quest’ultima di pronunciarsi e, conseguentemente, non determina di per sé l’illegittimità del provvedimento finale” (T.A.R. Firenze, Sez. II, 8 ottobre 2013 n. 1346).

4.4. Orbene, nel caso all’esame, alla suindicata espressa norma avente rango di fonte regolamentare statale, formulata nei netti termini secondo cui ““Decorso il termine senza che le stesse siano state integrate, le domande sono dichiarate improcedibili”, non può che riconoscersi l’attitudine a prescrivere la decadenza del potere amministrativo allo spirare del termine di trenta giorni entro il quale l’Amministrazione deve invitare il richiedente ad integrare la documentazione non allegata alla domanda di trasferimento, non ritagliando a favore dell’autorità procedente la locuzione finale “le domande sono dichiarate improcedibili”, alcun consentito margine di discrezionalità.

Ispira, ad avviso del Collegio, la delineata perentorietà e vincolatività insite nella disposizione di cui all’art. 11, comma 4, ultimo periodo del D.M. 21.2.2013, n. 38, un’istanza acceleratoria e di speditezza procedimentale intesa a perseguire la certezza dei rapporti giuridici e degli assetti economici implicati nella domanda di trasferimento di una rivendita di generi di monopolio, tenuto conto che si versa in un settore dell’economia particolarmente sensibile siccome involgente interessi sovraindividuali, quali l’ordinato e capillare assetto della rete distributiva dei generi di monopolio, la tutela della concorrenza e, non ultimo, l’interesse erariale ad una proficua ed efficace organizzazione del servizio di vendita di generi e servizi, compreso il gioco del lotto, dai quali lo Stato deriva importanti entrate pubbliche.

4.5.Da tutto ciò discende che a fronte della acclarata carenza documentale della domanda di trasferimento presentata dalla controinteressata il 21 febbraio 2014 e del doveroso invito, ex art. 11, comma 4, primo periodo del D.M. n. 38/2013, ad integrarla rivolto alla stessa con la nota prot. 28022 del 30 aprile 2014, perdurando l’inerzia dell’interessata a tutto il 25 giugno successivo, ovverosia ben oltre il termine perentorio di trenta giorni di cui alla citata norma, il Direttore dell’’Ufficio Regionale di Napoli dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli non aveva facoltà di reiterare l’invito all’integrazione documentale come ha fatto con la predetta missiva del 25.6.2014 ma doveva senz’altro dichiarare improcedibile la domanda di trasferimento, come impone in termini obbligatori e perentori l’art 11, comma 4 ultimo periodo del D.M. n. 38/2013.

Da tanto consegue un ulteriore autonomo vizio e profilo di illegittimità dell’impugnato provvedimento, vizio esattamente dedotto dai ricorrenti, la cui doglianza in proposito svolta si prospetta fondata e va per l’effetto accolta.

In definitiva, alla luce delle considerazioni finora illustrate, tutte e quattro le censure contenute nei tre i motivi di ricorso si profilano fondate e vanno conseguentemente accolte, dovendosi pertanto integralmente annullare il provvedimento di autorizzazione del trasferimento fuori zona della rivendita n. 2 di Casamicciola Terme impugnato.

Le spese seguono la soccombenza e, nella misura liquidata in dispositivo, vanno poste a carico parziario dell’Amministrazione e della controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, o accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento prot. 3940 in data 11.7.2014 di autorizzazione al trasferimento in corso Luigi Manzi 147/149 della rivendita n. 2 di Casamicciola Terme.

Condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e Concetta Schiedo, in parti uguali, a corrispondere ai ricorrenti, con distrazione al difensore per dichiarato anticipo, le spese di lite, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei Magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Alfonso Graziano, Primo Referendario, Estensore

Giuseppe Esposito, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/11/2015, n 5588

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