REVOCA APPALTI: Consiglio di Stato, sentenza n. 4934 del 28 ottobre 2015
N. 04934/2015REG.PROV.COLL.
N. 08046/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8046 del 2012, proposto dalla s.r.l. Data
Medical Service, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e
difesa dagli avvocati Giuseppe Locati e Ludovica Franzin, con domicilio eletto
presso lo studio dell’avvocato Ludovica Franzin in Roma, via Cosseria, n. 5;
contro
la Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata
e difesa dagli avvocati Catia Gatto e Pio Dario Vivone, con domicilio eletto presso
lo studio dell’avvocato Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, n. 16;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Conferenza permanente per i rapporti
Stato Regioni Province Autonome, in persona del Presidente in carica,
rappresentata e difesa per legge dall'avvocatura di Stato, presso il cui ufficio è
domiciliata per legge, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia - Milano Sezione I n. 1667/2012, resa tra le
parti, concernente revoca della procedura d'appalto del servizio di elaborazione
dati per la valutazione esterna della qualità dei servizi di medicina di laboratorio –
risarcimento danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e della Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Conferenza Permanente per i Rapporti Stato – Regioni
- Province Autonome;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 il Consigliere Doris
Durante;
Uditi per le parti l’avvocato Ludovica Franzin, l’avvocato Marcello Molé su delega
dell'avvocato Pio Dario Vivone e l'avvocato dello Stato Angelo Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La Regione Lombardia con decreto del 14 giugno 2007 indiceva una gara divisa
in sei lotti per l’affidamento di servizi di diagnostica di laboratorio.
Con il decreto n. 8868 del 3 ottobre 2011 la Regione disponeva la revoca
dell’intera procedura d’appalto quanto ai lotti numeri 3 e 6: il lotto n. 3, relativo alle
determinazioni emocromocitometriche e il lotto n. 6, relativo alle determinazioni
di coagulazione.
Nel provvedimento di revoca la Regione riferiva delle difficoltà incontrate nel dare
esecuzione alle sentenze del gennaio 2009 che avevano annullato l’iniziale
aggiudicazione di questi due lotti e della intervenuta sottoscrizione di un “accordo di
collaborazione con la Regione Toscana in materia di implementazione della qualità dei Servizi di
Medicina di Laboratorio” che aveva determinato “un radicale mutamento dell’approccio alla
qualità dei Servizi di Medicina di Laboratorio” in ragione del quale era stato ritenuto
opportuno “non continuare nella modalità di affidamento di programmi di VEQ a Ditte
Commerciali” bensì di organizzare e garantire programmi VEQ di valenza
preferibilmente sovraregionale, nazionale o internazionale che avrebbero dovuto
essere gestiti “da soggetti terzi e non da aziende produttrici o distributrici di prodotti del settore
e servizi della diagnostica di laboratorio”.
2.- Alla procedura di gara per i lotti numeri 3 e 6 aveva partecipato la s.r.l. Data
Medical Service (d’ora innanzi DMS) che si era collocata al secondo posto in
graduatoria con lo scarto di 1,02 punti rispetto all’aggiudicataria ed aveva
impugnato davanti al TAR per la Lombardia gli atti di gara e l’aggiudicazione in
favore della Biodevelopment s.p.a., lamentando l’introduzione da parte della
commissione di gara di sub criteri non previsti nel bando per la valutazione delle
offerte tecniche.
2.1- Il TAR Lombardia con le sentenze numeri 182 e 183 del 22 gennaio 2009
aveva accolto entrambi i ricorsi ed aveva annullato tutti gli atti di gara assunti dopo
il 17 ottobre 2007, compresi gli affidamenti diretti disposti nelle more del giudizio
dalla Regione Lombardia a favore della Biodevelopment s.p.a. ed aveva ordinato
alla Regione di provvedere all’immediata rinnovazione degli atti di gara a partire
dagli atti annullati.
2.2- La Regione che seppure in ritardo aveva dato ottemperanza alle sentenze
nominando una nuova commissione giudicatrice in data 2 agosto 2010 (invero con
molto ritardo e dopo l’avvio del giudizio di ottemperanza da parte di DMS e la
nomina in tale giudizio del Commissario ad acta) abbandonava la procedura di
ottemperanza per le difficoltà operative manifestate dalla nuova commissione nel
valutare offerte tecniche presentate molto tempo prima.
2.3- La DMS che aveva intanto proposto davanti al TAR Lombardia i giudizi di
ottemperanza, con motivi aggiunti, impugnava l’atto di revoca, assumendone
l’illegittimità per elusione di giudicato.
3.- Il TAR Lombardia disponeva la conversione del rito, atteso che con i motivi
aggiunti erano stati impugnati atti successivi alle sentenze di cui era chiesta
l’ottemperanza ed erano stati dedotti motivi di illegittimità autonomi e decideva il
ricorso con la sentenza n. 1667 del 14 giugno 2012.
Con la suddetta sentenza il TAR respingeva la domanda di annullamento ritenendo
legittima la revoca ed accoglieva la domanda risarcitoria, condannando la Regione
Lombardia al risarcimento del danno per perdita di chance che liquidava in euro
32.222,00 per mancato utile e 14.328,00 a titolo di pregiudizio curriculare, da
maggiorarsi della rivalutazione monetaria e degli interessi legali.
Condannava la Regione Lombardia alla parziale rifusione delle spese di lite che
liquidava in euro 3.000,00 oltre i.v.a. e c.a.p..
Ad avviso del TAR “fino al momento della stipula del contratto, la stazione appaltante
conserva un largo margine di apprezzamento in ordine alla conclusione della procedura di gara,
restando in sua facoltà disporre il ritiro degli atti qualora non ritenga più rispondente all’interesse
pubblico l’affidamento ad un soggetto terzo dell’opera o del servizio che ne costituiva l’oggetto”.
Aggiungeva che “a nulla rileva che Data Medical Service non sia una società che effettua in
modo diretto attività di diagnostica, posto che anche sein capo alla stessa non poteva verificarsi
alcuna commistione di ruoli di controllore ed esercente del servizio, la scelta delle Regioni
Lombardia e Toscana di affidare ad un’Azienda Ospedaliera le verifiche sulla diagnostica
appare, in ogni caso, non irragionevole e, quindi, non censurabile sotto il profilo della legittimità”
4.- DMS con il ricorso di appello qui in esame ha impugnato la suddetta sentenza,
deducendo l’erroneità per i seguenti motivi:
illogicità e contraddittorietà della motivazione; travisamento dei fatti ed errata
pronuncia con riguardo alla violazione degli articoli 7, 21 septies, 21 nonies della legge
n. 241 del 1990; violazione di giudicato; contradditorietà;
illogicità e contraddittorietà della motivazione, errata ed omessa pronuncia
sull’istanza risarcitoria ed erronea e illogica determinazione del quantum;
erronea e irragionevole liquidazione delle spese di giudizio.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Lombardia che ha chiesto il rigetto
dell’appello e la Presidenza del Consiglio dei Ministri Conferenza Permanente per i
rapporti Stato e Regioni – Province Autonome di Trento e Bolzano che ha
eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, non risultando impugnati atti
ascrivibili a detta amministrazione e, comunque, ha chiesto il rigetto dell’appello
perché infondato in fatto e diritto.
Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza
del 24 giugno 2015, il giudizio è stato assunto in decisione.
5.- L’appello è infondato nel merito e va respinto, restando assorbite le eccezioni
in rito.
6.- Lo ius poenitendi è istituto riconosciuto dall’ordinamento giuridico in via
generale, salve le conseguenze di natura risarcitoria o indennitarie ove l’esercizio di
tale potere incida su situazioni giuridiche tutelate.
In base a tale potere, quindi, la pubblica amministrazione fino alla stipula del
contratto può revocare l’affidamento dell’incarico e l’intera procedura di gara ove
l’affidamento come previsto dalla procedura di gara non sia più rispondente
all’interesse pubblico che costituisce il parametro cui si ispira l’operato della
pubblica amministrazione.
A fronte dell’esercizio di tale potere non è dato ravvisare in testa ai partecipanti alla
gara un interesse qualificato e meritevole di tutela alla conclusione della procedura
di gara e all’affidamento dell’incarico ma in limine la tutela della chance (sul punto,
cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2012, n. 2338),
7.- In base a tali principi, la scelta della Regione Lombardia di revocare la
procedura di gara in itinere e di aderire all’accordo sovraregionale con la Regione
Toscana non risulta viziata sotto i profili della legittimità dell’azione
amministrativa.
Essa, inoltre, risulta conforme alle direttive indicate dalla Conferenza permanente
per i rapporti tra Stato – Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano,
atteggiandosi ad atto dovuto ed espressione di buona amministrazione, anche
perché vantaggioso dal punto di vista economico.
La Conferenza del 23 marzo 2011, avente ad oggetto “Criteri per la
riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica di laboratorio”aveva di fatto
escluso che il processo di gestione dei programmi di VEQ fosse gestito da un
soggetto commerciale, prevedendo “Le Regioni definiranno le modalità con le quali dovrà
essere garantita la partecipazione ai programmi VEQ, raccomandando preferibilmente quelli di
valenza sovraregionale, nazionale o internazionale, che dovranno essere gestiti da soggetti terzi e
non da aziende produttrici o distributrici di prodotti del settore e dei servizi di diagnostica di
laboratorio”.
In tale contesto, appare quanto mai opportuna la scelta della Regione Lombardia
di aver optato per un affidamento coerente con le indicazioni della Conferenza
Permanente del 2011, stipulando l’accordo con la Regione Toscana.
Risulta che il lavoro di collaborazione tutt’oggi esistente con la Regione Toscana si
è concretizzato con l’avvio di oltre 10 programmi di Valutazione Esterna della
Qualità (Chimica Clinica, Proteine Specifiche, Marcatori Cardiaci, Peptidi
Natriuretici, Hb glicata, Emoglobine Patologiche, Sangue Occulto, Sierologia 1 e
Sierologia 2, Droghe Screening, Droghe Conferma, Farmaci, Allergologia,
Immunoematologia, Batteriologia, Parassitologia Ematica e Parassitologia).
Il Centro di riferimento della Regione Lombardia, con sede a Crema, è in piena
attività ed è diventato il reale riferimento per la qualità per i laboratori lombardi
(allo stato sono 357 i laboratori lombardi che partecipano a uno o più programmi
VEQ).
8.- Assume la società appellante che il potere di revoca nel caso incontrava il limite
del giudicato formatosi sulle sentenze del TAR Lombardia n. 182 e 183 del 2009
che avevano annullato l’aggiudicazione definitiva della gara relativamente ai lotti 3
e 6 in favore della controinteressata Development s.p.a., sicché la revoca sarebbe
nulla per elusione del giudicato.
In merito va considerato che il giudicato riguardava l’annullamento
dell’aggiudicazione con obbligo di rinnovare la procedura di gara, fase che pur
avviata non si è mai conclusa per evidenti difficoltà incontrate nella fase esecutiva
essendo decorso un lungo lasso di tempo dalla sentenza di annullamento.
Comunque, quand’anche fosse stata data esecuzione alla sentenza e fosse stata
rinnovata la procedura di gara, ugualmente sarebbe stata possibile la revoca, atteso
che l’unico limite alla operatività della revoca è data dalla stipula del contratto.
Di conseguenza, la ricorrente era titolare della mera chance alla conclusione della
procedura di gara e non all’aggiudicazione in suo favore, non essendo scontato
l’esito della gara e non essendo possibile formulare un giudizio prognostico per
l’ipotesi di valutazione delle offerte in base ai criteri indicati nel bando attesa la
natura rinnovatoria della procedura di valutazione delle offerte ad opera della
nuova commissione di gara.
Tale situazione giuridica è stata riconosciuta dal TAR che ha per l’appunto risarcito
il danno da perdita di chance, sicché la ricorrente ha ugualmente perseguito il bene
della vita cui tendeva l’azione proposta.
9.- Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento di revoca, la
suddetta omissione non ne può comportare l’annullamento in base ai consolidati
principi che ne escludono la rilevanza, ove l’atto sia dovuto e il privato non
potrebbe, comunque, impedirne l’adozione.
10.- In ordine alla questione sulla misura del risarcimento danni, va condivisa la
liquidazione come disposta dalla impugnata sentenza che, peraltro, è conforme
all’orientamento giurisprudenziale consolidato.
Il dato di partenza è stato correttamente individuato nell’ipotetico “mancato utile”,
determinato secondo principi giurisprudenziali consolidati nella percentuale del
10% dell’importo offerto per entrambi i lotti (pari a euro 678.000,00), ridotto del
7% per un importo complessivo di euro 47.460,00 e, in assenza della
dimostrazione dell’immobilizzazione dei mezzi e delle maestranze per l’esecuzione
dell’appalto, dell’ulteriore 70% per un totale di euro 32.222,00 somma alla quale
giustamente è stata aggiunto il danno curriculare calcolato nella percentuale
dell’importo del 3% sull’ammontare offerto ridotto del 30% perché correlato alla
chance. La somma dovuta in base a tali criteri è stata poi maggiorata della
rivalutazione monetaria dalla data dell’aggiudicazione definitiva in favore della
ricorrente (individuata in via presuntiva al 23 dicembre 2008) fino alla data della
sentenza di primo grado, oltre interessi legali sul capitale via via rivalutato.
11.- Assume la ricorrente che erroneamente il giudice di primo grado ha
determinato il mancato utile – parametro necessario per la liquidazione del danno
da perdita di chance - nel 10% dell’importo offerto, pari a euro 678.000,00 per
entrambi i lotti, assumendo che tale parametro è stato individuato dalla
giurisprudenza come solo indicativo e residuale e superabile dalla prova
dell’effettivo utile che nel caso ammonterebbe al 50% circa.
Sarebbe, secondo la ricorrente che ha elencato i costi specifici e generali che
avrebbe sopportato nella gestione dell’incarico, un’attività con alto margine di utile
e costi ridotti, sicché sarebbe immotivatamente penalizzante il riferimento a
parametri presuntivi.
La prova del maggior utile che la ricorrente avrebbe tratto dalla commessa non è
tuttavia basato su elementi probatori certi e rigorosi sicché deve ritenersi corretto il
riferimento al parametro presuntivo del 10% individuato dalla giurisprudenza
come quello indicativo in via generale dell’utile ritraibile da una commessa secondo
i criteri di sana amministrazione aziendale, essendo del tutto occasionale e
imputabile a fattori transitori o a economie di mercato un utile superiore, dei quali,
come detto, non risulta sia stata fornita prova adeguata.
Ciò posto non può che confermarsi la liquidazione del danno così come elaborata
dal giudice di prima grado, peraltro non contestata quanto al metodo.
Il danno all’immagine non può essere valutato essendo assorbito nella voce del
danno curriculare.
12.- La decisione del giudice di primo grado di compensare parzialmente le spese
del giudizio, deve ritenersi corretta in relazione all’esito del giudizio, sicché
mancando profili di irragionevolezza, la decisione non è censurabile.
13.- Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)